Libri > I diari della mezzanotte
Ricorda la storia  |      
Autore: Macy McKee    04/07/2013    1 recensioni
‹‹A cosa devo l’onore di questa visita?›› domandò Rex, lasciandosi cadere sulle lenzuola aggrovigliate.
‹‹Ma come, Loverboy? Cos’è questa diffidenza? Una vecchia amica non può farti visita senza secondi fini?›› gli domandò, sbattendo le ciglia lunghe con malizia mal dissimulata.
‹‹Davvero?›› le domandò Rex, con l’espressione di chi non ha creduto per un solo istante a quello che ha sentito.
‹‹No. Sono venuta a dirti di darci un taglio con le tue paranoie da mezzo Oscuro, perché mi stai facendo impazzire›› gli disse seccamente, mettendo i piedi sul letto.

Dopo Samhain, per Rex diventa sempre più difficile tenere sotto controllo la sua metà Oscura. Sa di avere bisogno dell'aiuto di Melissa prima che lei parta, ma è troppo orgoglioso per chiederglielo. Cercare di tenere nascosto un segreto ad una Telepate, però, non è un'impresa facile.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note: Ambientato fra l'ultimo capitolo de "I cacciatori della Notte" e l'epilogo dello stesso volume. Si colloca fra il disastro Samhain e la partenza di Melissa, Jessica e Jonathan per cercare nuovi Midnighters.

Farewell gift

La luce entrava a frammenti sul pavimento, scontrandosi contro le persiane e insinuandosi solo attraverso le fessure. Si gettava sul pavimento sporco in segmenti, come se passasse attraverso le sbarre di una gabbia.
Rex distolse lo sguardo, arricciando un labbro per il disgusto. Ma non c’era possibilità di sfuggire al bagliore blu che lo avvolgeva ovunque si voltasse, inseguendolo, afferrando il suo corpo come una trappola nell’erba. Il bagliore era ovunque: sulla sua pelle chiarissima, sui suoi capelli corvini, sui suoi abiti troppo larghi per lui. gli aggrediva gli occhi come il faro di un’automobile puntato nelle pupille dilatate di un animale braccato dai cacciatori.   
Rex si gettò sul letto con un grugnito impaziente, stringendo le lenzuola fra le dita e sentendo la stoffa tendersi sotto le sue unghie. Da quando portava le unghie così lunghe? Non se ne era nemmeno reso conto.
Grugnì di nuovo, voltandosi a pancia in su. Voleva soltanto che l’Ora Blu finisse, per poter chiudere gli occhi e dormire. Non che prendere sonno gli fosse risultato semplice, negli ultimi giorni, ma era sempre meglio che impazzire nel tentativo di ignorare la luce Blu che lo accerchiava.
Era diventato più difficile, negli ultimi tempi. Inizialmente era stata dura accettare che una parte di lui era stata contaminata dall’oscurità delle terribili creature che lui e i suoi amici avevano affrontato per tutta la vita, ma dopo Samhain la situazione sembrava essere migliorata.
Certo, era sempre terribile per lui accettare che, seppellita nella sua mente, ci fosse una punta di ferocia animale che non gli apparteneva. Peggio, che proveniva da ciò contro cui aveva lottato fin da quando ne aveva avuto la capacità. Però, dopo la violenta sconfitta subita dagli Oscuri, la belva che si aggirava circospetta dentro di lui era parsa essersi acquietata. Rex aveva creduto di averla messa a tacere per sempre, e ne era stato sollevato. Dopo ciò che era accaduto a casa di Madeleine aveva desiderato con tutto se stesso liberarsi della sua parte Oscura affinché quell’episodio fosse il primo e l’ultimo.
Con il passare del tempo, però, la situazione era peggiorata. Forse era stato in parte dovuto alla sparizione di Jessica: per quanto Rex non volesse ammetterlo, Jessica era la persona più tranquilla ed equilibrata del gruppo. Di più: era il collante che teneva il gruppo unito. Senza di lei, i Midnighters avevano cominciato ad allontanarsi, e di certo il non avere più l’obiettivo comune della difesa dagli Oscuri aveva contribuito alla lenta ma inevitabile disgregazione del gruppo.
Qualunque fossero le cause, era innegabile che la scintilla accesa dagli Oscuri dentro di lui avesse ricominciato a bruciare. Ogni notte che passava, sembrava incendiare una nuova parte del suo cervello, prendendo lentamente il sopravvento. Era come una belva feroce che conficcava gli artigli nelle sue sinapsi, mordeva il suo subconscio con denti affilati come lame, strappava brandelli della sua celebre calma.
Aveva creduto di poter chiudere la fiera in gabbia, ma si era sbagliato: appena abbassava la guardia, la belva attaccava. A volte si trattava di attacchi violenti, momenti in cui Rex perdeva completamente la testa e non sapeva più chi fosse. Fortunatamente, questo accadeva soltanto quando era solo, permettendogli di mantenere il suo segreto ben chiuso nella sua testa. Altre volte, però, erano attacchi più subdoli: l’oscurità strisciava sotto la sua pelle, avvolgeva con delicatezza la sua mente, si insinuava nei suoi pensieri. Se si faceva attenzione, si poteva capire che qualcosa non andava: un lampo di compassione che sarebbe dovuto comparire nei suoi occhi e invece non arrivava, una scintilla di crudeltà che si accendeva per un istante sul suo volto, un labbro che si incurvava in una smorfia di indifferenza. Erano questi i momenti in cui Rex aveva più paura di se stesso, perché si rendeva conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Momenti in cui rispondeva con ferocia ad un professore, scusandosi un istante dopo. Momenti in cui litigava con Jonathan e provava l’istinto di sferrargli un pugno e gettarlo a terra. Momenti in cui voleva afferrare il collo dei bulli che lo aggredivano fra le mani e stringerlo, fino a vederli annaspare in cerca d’aria.
Quando il momento passava, il terrore lo assaliva. Si guardava le mani come se fossero state grondanti di sangue, incapace di accettare che una parte della sua mente avesse desiderato, seppure per un istante, utilizzarle per ferire qualcuno.
Erano quelli i momenti in cui tornava a casa di corsa, sbattendo la porta alle sue spalle con così tanta forza da farla vacillare sui cardini, e si gettava a faccia in giù sul letto. Rimaneva immobile così fino a sera, fino a quando la quiete blu calava su Bixby e gelava ogni movimento, ogni parola, ogni respiro.
Allora e solo allora, con la certezza che non fosse rimasto più nessuno a cui fare del male, osava muoversi. Certo, c’era Melissa, c’era Jonathan, c’era Dess e, quando non trascorreva la sua unica ora di vita al giorno ad accarezzare i capelli di una immobile Beth, c’era Jessica. Rex, tuttavia, non temeva per loro: Jonathan provava ancora abbastanza risentimento nei suoi confronti da essere pronto a volare via insieme a Dess e Jessica in qualunque istante, portandole al sicuro lontano da lui, mentre la mente di Melissa aveva abbastanza forza da svuotargli il cervello se lui avesse anche solo pensato di alzare un dito su di lei. Non che ne avesse intenzione, comunque.
Poi c’era Madeleine. Madeleine che ancora non riusciva a parlare, capace a malapena di tenersi in piedi e di incollare il suo sguardo vuoto alla finestra. Rex non riusciva ancora a provava sensi di colpa per lo stato in cui l’aveva ridotta: lei aveva trascorso decenni ad insinuarsi nelle pieghe delle menti e dei pensieri delle persone, violando i loro segreti più intimi e modificando i destini di così tante persone da non poterle più contare. Avrebbe dovuto provare rimorso per averla ripagata con la sua stessa moneta? No, Rex non ci riusciva. Provava compassione per lei, certo, ma non rimorso. Sapeva che se la sua mente non avesse reagito all’attacco della vecchia Telepate ora lui si sarebbe ritrovato esattamente nelle stesse condizioni. Per quanto potesse essere un pensiero egoistico, preferiva che fosse la donna ad essere in quello stato, piuttosto che lui: dopotutto, era stata lei a divertirsi a giocare con i destini e le vite delle persone senza esitare un istante a metterle in pericolo, non lui. Era stata lei con le sue stesse mani a causare ogni singolo evento che le era accaduto.
Rex si alzò di scatto, interrompendo ogni riflessione. Strizzò gli occhi, cercando di guardare oltre le sagome degli elettrodomestici distrutti che coprivano il pavimento e il comodino.
Gli era parso di udire un colpo leggero proveniente da molto vicino e, considerando i suoi nuovi sensi estremamente acuti, era piuttosto sicuro di non essersi sbagliato.
Mentre scendeva dal letto, un altro colpo risuonò nella stanza. Come previsto, non si era affatto sbagliato.
Affrettando il passò raggiunse la finestra e, gettando a terra il cadavere della radiosveglia che lui stesso aveva rotto tempo addietro, si appollaiò sul comodino e si sporse per aprire le imposte.
‹‹Buh›› bisbigliò Melissa, sogghignando sul davanzale della sua finestra.
Rex scosse la testa, facendosi da parte per lasciarla passare. Dalla Grande Isteria di Bixby, Melissa era diventata ancora più insolente e spavalda del solito, per quanto l’impresa potesse sembrare difficile. Forse era il nuovo taglio di capelli, ma i suoi lineamenti sembravano più spigolosi e affilati che mai, dando l’impressione che sfiorandola ci si potesse tagliare. In realtà, Rex sapeva che questo non era vero: se qualcuno avesse tentato di sfiorarla, Melissa gli avrebbe rotto il naso molto prima che il malcapitato potesse raggiungere i suoi zigomi.
Melissa gli scoccò un sorriso che ricordava pericolosamente l’espressione soddisfatta di un gatto che atterra sulle zampe, saltando dal davanzale dentro la sua stanza.
‹‹A cosa devo l’onore di questa visita?›› domandò Rex, lasciandosi cadere sulle lenzuola aggrovigliate. Melissa lo imitò, lanciando a terra una maglietta stropicciata prima di distendersi.
‹‹Ma come, Loverboy? Cos’è questa diffidenza? Una vecchia amica non può farti visita senza secondi fini?›› gli domandò, sbattendo le ciglia lunghe con malizia mal dissimulata.
‹‹Davvero?›› le domandò Rex, con l’espressione di chi non ha creduto per un solo istante a quello che ha sentito.
‹‹No. Sono venuta a dirti di darci un taglio con le tue paranoie da mezzo Oscuro, perché mi stai facendo impazzire›› gli disse seccamente, mettendo i piedi sul letto.
Rex le spinse giù le gambe.
‹‹Vuoi dirmi che la grande Telepate ha perso il controllo sui suoi poteri e non riesce più a bloccare i miei pensieri?››
‹‹Ti piacerebbe, eh? Sono sempre perfettamente in grado di bloccare i pensieri di chiunque… quando voglio.››
‹‹Allora smettila di saltellare nella mia mente. Problema risolto.››
‹‹Ah, Loverboy, come sei di cattivo umore. Il gattino non ha avuto il suo gomitolo con cui giocare, oggi?›› lo prese in giro lei, sorridendo.
Sorprendentemente, questo servì a far rilassare Rex. Il Vedente la fissò per un istante, stupito, prima di scoppiare a ridere. Melissa rise con lui.
‹‹Sembra di tornare ai vecchi tempi, vero?›› chiese lei.
Rex fece finta di imbronciarsi, dandole una pacca leggera sulla spalla.
‹‹Smettila di leggermi i pensieri›› le disse, fingendosi risentito.
‹‹Come se non sapessi che ti fa piacere›› lo rimbeccò lei, stuzzicandogli un braccio con la punta delle dita.
Rimasero in silenzio per qualche istante, fissando l’alone blu che riempiva la stanza. Poi, Rex si lasciò andare all’indietro, appoggiando la schiena al materasso come Melissa.
‹‹Allora, Cowgirl, cosa ci fai qui?››
‹‹Sono venuta a vedere come stai.››
‹‹E…?››
‹‹E cosa facciamo?››
Rex sospirò, facendo dondolare le gambe.
‹‹Ci ho riflettuto›› cominciò, passandosi una mano fra i capelli.
Automaticamente, Melissa lo imitò.
‹‹Lo so. È per questo che sono qui. Ho bisogno di sapere che qualcuno sa cosa fare.››
‹‹Da Samhain, ci sono decine, forse centinaia, di ragazzi impauriti e sconvolti che notte dopo notte si svegliano e trovano il mondo congelato. Peggio ancora, ognuno di questi ragazzi terrorizzati si sta rendendo conto, anche in questo momento, di poter fare cose che nessun altro esser umano può fare. C’è bisogno di qualcuno che li trovi e spieghi loro cosa sta succedendo. Bisogna istruirli, prima che i loro poteri diventino un pericolo per loro stessi e per chi li circonda.››
‹‹E per questo vuoi lasciarmi da sola con Flyboy e Jessica a vagabondare per il mondo, giusto?››
‹‹Io non posso venire, Melissa.››
Melissa annuì, arricciando le labbra.
‹‹Non posso dire che l’idea sia allettante›› borbottò, seppellendo il viso nel cuscino di Rex.
Il Vedente si sporse verso di lei, annuendo.
Melissa grugnì, alzando una mano alla cieca per tirargli un pugno amichevole sul braccio.
‹‹Forza, ora. Risolviamo il tuo piccolo problemino.››
Rex si immobilizzò, fissandola a bocca aperta.
‹‹Il mio problemino?›› domandò, senza capire.
‹‹La tua follia Oscura e tutto il resto, Loverboy›› sbottò lei, come se fosse ovvio. Si puntellò sui gomiti, mettendosi a sedere.
‹‹Come ti ho detto, sento tutte le paranoie che corrono nella tua piccola testolina. Credi che non mi accorga di quando ti irrigidisci come un gatto che sta per graffiare ogni volta che quell’imbecille di Jones cerca di darti fastidio? O di come tu abbia massacrato ogni apparecchio elettronico in questa camera? Dio, sembra di essere nel cimitero della tecnologia scadente›› proseguì lei, afferrandogli con sicurezza il mento.
‹‹Considerando che hai deciso di spedirmi lontana con i due piccioncini, non posso certo lasciarti qui da solo in queste condizioni. Non voglio tornare a Bixby a trovarti e scoprire che hai addentato qualche bullo puzzolente finendo dietro le sbarre. Servono precauzioni.››
E senza ulteriore preavviso, strattonò il viso del ragazzo verso il suo, premendo le sue labbra contro le sue.
Rex rimase pietrificato per qualche istante prima di riuscire a rispondere al bacio. Non era il loro primo bacio, niente affatto. E dal momento che ufficialmente potevano essere considerati una coppia a tutti gli effetti, per quanto una coppia unica al mondo, non avrebbe dovuto essere sorpreso.
Ma le labbra di Melissa sapevano di esitazione, di timore di essere abbandonata, di preoccupazione. In tutte le volte in cui le loro menti si erano unite, riversandosi l’una nell’altra vicendevolmente, mai Rex aveva avvertito simili sentimenti in lei. Fu in quel momento che si rese conto di quanto lei gli sarebbe mancata una volta partita: chi gli avrebbe impedito di impazzire senza la sua calma gelida, la sua indifferenza, il suo equilibrio? Senza di lei, chi gli avrebbe garantito che la metà Oscura prendesse il sopravvento? Si rese conto di aver covato dentro di sé quei dubbi fin dal primo momento in cui aveva considerato la possibilità di chiederle di partire senza di lui, ed era certo che lei lo sapesse.
Puoi scommetterci che lo so, Loverboy, ghignò una voce nella sua mente. Credevi davvero che ti avrei lasciato qui da solo a fare a pezzi Bixby, elettrodomestico dopo elettrodomestico?
Rex sorrise sotto le sue labbra, trovando finalmente la forza di rispondere al bacio. E mano a mano che le sue difese venivano abbassate, sentì la mente di Melissa abbracciare la sua e aprire i cassetti in cui aveva chiuso a chiave i dubbi, la paura, il terrore di essere diventato un mostro e di non sapersi controllare. Lei li spalancava, vi frugava dentro, estraeva le insicurezze e le faceva sparire, lasciando al loro posto una calma pacifica.
Contemporaneamente, lui camminava a passi incerti nella mente di lei, sfiorando i suoi dubbi sull’imminente partenza, le domande sul futuro che l’attendeva ora che l’Ora Blu non era più una loro esclusiva, i timori sul trascorrere il suo immediato futuro sola con Jonathan e Jessica. Non appena Rex si avvicinava a questi pensieri essi svanivano, permettendo a Melissa di rilassarsi un po’. Per lui non fu difficile: ora che la Telepate aveva imparato a controllare il suo dono, la sua mente non somigliava più ad un campo di battaglia coperto di detriti. Ora era più simile ad un capannone in via di restauro, nel quale i pezzi sparsi sul pavimento venivano raccolti e rimessi al loro posto piano ma con costanza.
Quando le loro labbra si separarono, Rex si rese conto che mentre era stato occupato ad alleviare le preoccupazioni di Melissa anche lei aveva avuto il suo bel da fare nella sua testa: improvvisamente, la belva che grattava sulle pareti del suo subconscio si era assopita, e sembrava un sonno destinato a durare. Non sentiva più la continua tensione che irrigidiva i suoi muscoli né il ronzio di costante irritazione che lo manteneva sempre sulla difensiva. C’era ancora tanto da aggiustare nella sua mente, ma all’improvviso la prospettiva di trascorrere i mesi successivi lontano da Melissa non sembrava più così pericolosa. Nemmeno il bagliore blu della Mezzanotte lo infastidiva, ora.
‹‹Piaciuto il mio regalo d’addio, Loverboy?›› gli domandò lei con una smorfia maliziosa. Rex sorrise, e Melissa fa sollevata nel vedere che era un sorriso sincero, quasi calmo. L’inquietudine nei suoi occhi era sparita, finalmente.
‹‹Hai davvero bisogno che te lo dica?››
‹‹No, ma mi piace obbligarti a farmi i complimenti.››
‹‹Il miglior regalo d’addio che io abbia mai ricevuto. Anche se in realtà non è un regalo d’addio.››
‹‹Ci puoi scommettere. Se pensi che basti rifilarmi i due piccioncini per liberarti per me, ti sbagli di grosso.››
Il sorriso di Rex si allargò.
Melissa lo guardò negli occhi per un istante, poi afferrò la sua nuca con una mano pallida e lo attirò di nuovo verso di sé.
Rex si tirò indietro, sorpreso.
‹‹E questo per cos’è?›› domandò, aggrottando le sopracciglia.
‹‹Questo›› cominciò Melissa, avvicinando di nuovo il viso del Vedente al suo. ‹‹È il tuo regalo d’addio per me.››
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > I diari della mezzanotte / Vai alla pagina dell'autore: Macy McKee