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Autore: Glaucopide    19/01/2008    4 recensioni
Vi ho chiesto di ricordare, vi ho chiesto di vivere in un tempio laico, vi ho chiesto di mobilitarvi e riscattare la memoria, la morte di tutti noi, vi ho chiesto di farci rivivere, anche se solo come idee.
Ma perché l’ho chiesto?
Nessuno sta ascoltando…
Il rumore delle mandibole che masticano è troppo forte, la mia voce non la sente nessuno… Come non l’ha sentita nessuno mezzo secolo fa.
Che voi possiate avere la mia stessa sorte.
Che possiate restare nel buio, nella vergogna, nella rabbia, come me, Mikol.
N.B.In realtà non sono sicura di averlo piazzato nella categoria giusta, ma non sapevo veramente risolvermi e poi non è che sia tanto lucida ^^"
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Olocausto
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Mikol

Introduzione
Questa One-shot è nata dopo l'allegra visione di Kundun, Tibet: il grido di un popolo ed altri documentari e testi. Mentre me ne stavo comodamente seduta in casa mia a guardare tutto ciò sul mio bellissimo portatile, mangiucchiando un pasticcio di patate, ho provato una profonda vergogna ed ho pensato che nessuno di noi ha il diritto di lasciar passare cose simili. Dopo ciò che la Seconda Guerra Mondiale (e non solo) ha portato, il mondo avrebbe dovuto essere un monumento alla memoria: il solo modo per rispettare e rendere in qualche modo giustizia a quelle persone, oggi come oggi, sarebbe vegliare affinchè mai più accadano atrocità simili.
Ebbene, questa balzana idea pare solo mia. Non mi importa assolutamente, io cercherò di fare del mio, e se uno è una goccia in mare, il mare è fatto di gocce.
Se ho scritto 'sta cosa è perchè: ero molto triste e dovevo in qualchje modo sfogarmi; volevo sapere se, per incidente, non sono l'unica ad avere certe pensate.
Non è certamente un gran capolavoro, nemmeno qualcosa di particolarmente originale, è solo uno sfogo che volevo condividere.

Va da sè che il "voi" a cui lo spettro si rivolge include anche me.

Tempio profanato

Mi chiamo Mikol, il cognome non ha importanza.
Sono morta.
Sono entrati in casa, ci hanno detto che dovevamo seguirli, che saremmo stati messi sotto la tutela della croce rossa. Non abbiamo protestato: la nostra famiglia sapeva che per noi ebrei è sempre così. Non abbiamo più un paese, ogni tanto altri popoli ci scacciano, e noi dobbiamo ricominciare da qualche altra parte. E’ triste la nostra vita così. Noi viviamo nel rimpianto di Israele. E’ come vivere un eterno crepuscolo, sul filo della paura della notte incipiente, ma senza speranza di un’alba.
Mia madre piangeva un poco. Io e mia sorella la motteggiammo: volevamo sdrammatizzare…
La camionetta è partita.
Sembra un sogno.
Sembra un incubo.
Il mio incubo non ha fine. Io non avrò pace mai.
Mi hanno portata ad un treno, mi hanno fatta salire su un vagone… Non si respirava, non ci si poteva sedere, non ci davano da bere… Abbiamo sofferto lungo quel viaggio, non avevo mai sofferto tanto. Non sapevo cosa mi aspettava.
Dicevano che ci trattavano come animali. No, non vengono trattati così gli animali. Nessun animale tratta l’altro in questo modo, e nessun uomo tratta così gli animali. Certe cose si fanno solo agli altri uomini.
Io non capisco cosa sia accaduto.
Perché, com’è successo?
Io conoscevo i miei vicini di casa, i commercianti… Persone normali.
Com’è potuto accadere?
Che follia ha preso tutti, tutti insieme? E’ come se tutti gli uomini si fossero sbronzati…
Mi hanno tagliato i capelli, mi hanno tolto i vestiti, mi hanno separata da mia sorella. Lei l’hanno mandata a farsi una doccia.
Non l’ho rivista mai più, nemmeno dopo che anche io… che anche io…
Forse lei ha raggiunto la pace, o un’altra vita, o chissà? Non lo so, so solo che io non posso, non riesco… E ce ne sono tanti come me.
Avevo freddo, avevo fame, sono rimasta sola… Sola completamente.
Ci picchiavano, a volte hanno abusato di me. Ci prendevano a calci nello stomaco. Ci mettevano a districare i cadaveri e mettere a posto le scarpe dei morti.
Non è rimasto niente di me.
Vuota, intontita, senz’anima… la mia anima è fuggita, il dolore, l’incubo… Non potete capire.
A volte ci mettevano in fila, ne sceglievano uno, poi lo buttavano a terra e gli spezzavano il collo con un colpo di stivale. Almeno era una morte rapida.
Perché?
Come?
Erano demoni quegli esseri con le divise ed i fucili?
O erano dei posseduti?
Come puoi arrivare a fare una cosa simile… io non capisco.
Com’è successo, chi vi ha stregati? Quell’uomo di bassa statura, forse?
Non dite “cos’ha di speciale?”, non ditelo. Lui era speciale. Lui era una manifestazione demoniaca.
Non credo, non ho mai creduto… Ma come spiegare altrimenti?
Il dolore, la rabbia e la paura hanno preso corpo, ed eccoli, parlano alla radio. La sua voce ronzante racconta favole di miele e sangue, e tutti ascoltano, tutti vogliono credere…
Mentre stavo laggiù, all’inferno, a volte sollevavo lo sguardo per cercare il cielo, ma era sempre invaso dal fumo, dal nostro fumo, dal fumo di mia sorella e di mia madre e di mio padre e poi anche mio… Arrampicandoci per il cammino guadagniamo una strana libertà…
L’inferno esiste. Gli uomini lo hanno creato per loro stessi. Perché?
La mia prigionia, in ogni caso, non durò molto, no. Un giorno svenni per il freddo.
Mi portarono nella stanza, e là… Là fu terribile!
Ho avuto… paura. Io non volevo morire! Non volevo morire così!
E’ come se un diavolo ti estirpasse l’anima… Le unghie piantate nella carne, gli occhi fuori dalle orbite, non è umano questo… Non è umano.
Non morii allora. No.
Non so perché. La mia vita doveva durare ancora qualche ora, forse meno…
Mi svegliai in un ambulatorio.
Non fui risparmiata, no. Temevano che parlassi della camera. Ma tutti sapevano: noi, i soldati, i contadini intorno, tutta Europa sapeva.
Mi spararono alla nuca, e poi mi bruciarono.
Ma io non posso andar via, io non posso aver pace.
Piango.
Da quando sono morta piango il mio dolore, anche se i miei occhi sono vapore, anche se le mie lacrime sono polvere… Non sai perché?
Per la mia sorte?
Un pochino, in un certo senso…
Io sono rimasta… Ho visto e vedo. Non ho raggiunto l’aldilà, o il nulla, o qualsiasi altra cosa ci sia. Sono rimasta qui.
Sono venuti dei soldati stranieri, hanno aperto i campi.
Forse non era per noi che sono venuti, ma hanno aperto i campi.
Parlate a tutti di ciò che avete visto, descrivete l’inferno!
Io sono morta, ed in parte ho perdonato.
Se fossi stata tedesca, mi sarei resa conto di impazzire? Tanta gente normale è caduta nella trappola… Forse anche io ci sarei cascata.
Per questo io ho perdonato chi mi sparò alla nuca.
Sì.
Non nutro quasi più rancore.
Non è per questo che sono rimasta.
Amarezza, rancore, rimpianto… tutto questo però mi lega ancora al mondo.
Tutto questo lo provo per chi vive, per chi ora cammina e respira.
E’ per colpa di chi oggi vive sei io, che resi l’anima più di mezzo secolo fa, mi trascino nel dolore e nella vergogna.
Non capisci perché?
Non lo capisci?
Voi avete assassinato milioni di persone ancora, voi li assassinate ogni giorno, ogni ora calpestate i nostri corpi, ogni minuto ci puntate la pistola alla tempia e tirate il grilletto.
La colpa è vostra, e voi non avete nessun’attenuante. Voi siete gli assassini.
Non capisci?
Non intendi?
Io sono rimasta. Io ho visto, io vedo.
Una mostruosità come quella che mi ha portata via non si era mai verificata: nessuno poteva aspettarsi una catastrofe così.
Ma ora?
Ora io guardo… Ora io vedo…
Io che male facevo vivendo?
Nessuno.
E quei monaci in Tibet che male facevano?
Meno ancora di me.
Eppure vengono torturati, eppure vengono uccisi, umiliati, come noi.
Che male facevano i religiosi Birmani?
Nessuno, nessuno.
Eppure anche loro hanno la stessa sorte.
Ed in Darfur, che succede?
Il mondo è un pianto senza fine…
Ma allora… Nel buio mi chiedo…

Perchè sono morta?
La mia morte non è servita a niente.
Io e milioni di persone abbiamo sofferto, pianto e tirato le cuoia… per nulla.
Dopo una simile ecatombe, dopo un bagno di sangue del genere avreste dovuto destarvi, fare del mondo il nostro tempio.
Ma ciò che è accaduto si ripete, e si ripete, e si ripete.
Perché nessun paese interviene?
Per interesse forse?
Puttane, tutti voi. Voi che eleggete i vostri capi come io non potevo fare, voi siete conniventi.
Per ogni atrocità che lasciate passare, che la colpa ricada su di voi.
Per questo io non posso riposare.
Io non volevo morire così.
Io non volevo morire per nulla.
Ma grazie a voi, adesso io non sono servita a niente, e milioni di persone non sono stati più importanti di un primo tempo drammatico al cinematografo.

Vi si sfaccia la casa,
la malattia v’impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

La conoscete?
Io prego che accada.
Ogni volta che chiudete gli occhi, noi moriamo ancora, e ancora, migliaia di volte, e la nostra agonia è senza fine. Che siano maledetti non solo i carnefici, ma i vigliacchi,coloro che potrebbero dare un senso al nostro incubo triste e che non lo fanno.
Non esistono scusanti, non esiste perdono.
Consumatori, comprate ed ingrassate e questo mondo è un gran mercato di macellai. Vendetevi la dignità un tanto l’etto e comprate la mia maledizione.
Aprite la vostra anima e segnate i nomi delle persone che uccidete ogni giorno, ogni volta che avallate certe situazioni. Scrivete i nomi di operai sfruttati quando vi vestite di panni sporchi di sangue, scrivete i nomi di minatori minorenni quando comprate un paio d’orecchini, scrivete i nomi di migliaia di persone qualsiasi ogni litro di benzina o gas che consumate, e scrivete il mio nome, Mikol, per ogni volta che vi voltate altrove, per ogni volta che scrollate le spalle.
Mikol, il cognome non conta, ce ne sono state tante come me.
In migliaia di migliaia siamo nel fango, in migliaia di migliaia siamo negli sputi e negli scarti, grazie a voi.

La nostra memoria non è servita a niente, il nostro tempio è profanato.

Le mie lacrime avrebbero potuto far germinare un mondo migliore.
Voi avete reso sterile la terra.
Quando dite: "I tedeschi certamente sapevano", provate a pensare a tutto ciò che sapete, a quanto fate, e capirete perchè vi condanno.
Vi ho chiesto di ricordare, vi ho chiesto di vivere in un tempio laico, vi ho chiesto di mobilitarvi e riscattare la memoria, la morte di tutti noi, vi ho chiesto di farci rivivere, anche se solo come idee.
Ma perché l’ho chiesto?
Nessuno sta ascoltando…
Il rumore delle mandibole che masticano è troppo forte, la mia voce non la sente nessuno… Come non l’ha sentita nessuno mezzo secolo fa.
Che voi possiate avere la mia stessa sorte.
Che possiate restare nel buio, nella vergogna, nella rabbia, come me, Mikol.

  
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