Un nuovo
bacio
- I.
- «Sei
una persona triste, Morgan
Anderson.»
- Ora, qualcuno
sarebbe tanto
gentile da spiegarmi per quale motivo io non abbia ancora mandato Grace
al
diavolo? Voglio dire, non solo sono abbastanza depressa per conto mio,
ci
volevano anche lei e i suoi stupidi insulti gratuiti. E che nessuno
abbia la
faccia tosta di dirmi che me li merito. Anche perché non
è assolutamente vero.
Proprio no. Per niente. Affatto.
- Io, Morgan
Anderson, non ammetterò
mai, nemmeno sotto tortura, di essere stupida, immatura e
fondamentalmente
idiota. Chi dovrebbe ammetterlo, invece, è Benjamin Barnes,
alias Mr. Ho
Trentadue Anni E Conosco Il Mondo Meglio Di Te. Povero
scemo.
- Se per caso vi
fosse passato per
la testa che le cose tra me e Ben non procedono propriamente per il
meglio,
be’, sappiate che ci avete visto bene. Anzi, benissimo. Per
usare un eufemismo
non del tutto elegante, direi che la situazione attuale è
una merda. E no, non
voglio essere delicata e dire che le condizioni in cui mi trovo
rasentano il catastrofico.
Io voglio essere volgare, sfacciata e maleducata.
- Perciò
vaffanculo.
- «Mi
hai rotto le palle, Grace.»
sbotto, dopo un minuto di intensa riflessione che, ovviamente, non
è servito a
niente. Lo so, lo so, non dovrei essere tanto scortese, ma che volete
che
faccia? Sto per subire un tracollo e i miei nervi sono partiti per la
tangente.
Se continuo così, è molto probabile che i miei
capelli diventeranno bianchi nel
giro di un paio di giorni o, magari, li perderò e basta.
- «Non
prendertela con me, Morgan!
Sei tu che mi hai chiamata, perciò vedi di non
scassare.» mi ringhia contro.
Ecco: se anche Grace perde la pazienza, significa che sto tirando
troppo la
corda. Be’, in realtà no, visto che Grace di
pazienza non ne ha proprio. Lei è
una che incanala le emozioni nel giro di un minuto, esplode,
dopodiché torna
apatica come una quercia secolare. Sì, dai, avete capito. Se
ne stanno lì, per secoli,
a non fare un cavolo. Grace
è un po’ così.
- «Non
ce la faccio più, miseria
ladra! Io sto impazzendo.» certo, come se non fosse
già abbastanza chiaro.
Scosto la tenda con un gesto secco, per controllare che non ci sia
alcuna
traccia di Ben e della sua stupidissima faccia, dopodiché
guardo di nuovo le
valige spalancate sul letto matrimoniale, e sospiro.
- Mi sento
strana. Il nodo che sento
alla gola è così stretto che potrei soffocare e
non riesco ad allentarlo in
alcun modo. Perciò mi dirigo verso l’armadio
già aperto, afferro la mia camicia
bianca e comincio a piegarla con precisione quasi maniacale.
- «Cosa
stai facendo?» Grace è
perplessa, ed è una cosa del tutto comprensibile, visto che
l’ho fatta
precipitare qui, chiamandola nel bel mezzo di una lezione universitaria
e
supplicandola di raggiungermi.
- «Mi
preparo per gli Hunger Games.»
replico, sarcastica. Grace sbuffa, poi alza gli occhi al cielo.
- «Divertente,
davvero. Vuoi parlare
o no, Morgan?»
- No, in effetti.
Non voglio
parlare, non voglio dire niente. Non voglio nemmeno respirare, anche se
è
un’impresa decisamente difficile, se non impossibile. Voglio
dire, forse potrei
provare a soffocarmi da sola, ma se nessuno c’è
mai riuscito un motivo ci sarà,
no?
- «Me
ne vado.»
- Ed è
nel momento esatto in cui lo
dico, che realizzo davvero quello che sto per fare; me ne sto andando.
Come una
fottuta ragazzina in una fottuta telenovela spagnola, quelle piene di
Alejandro
e Rosalinda che si rincorrono come se non ci fosse un domani. Dio,
Grace ha
proprio ragione: sono una persona triste.
- «Nel
senso che ti prendi una
vacanza?» domanda Grace, perplessa. Povera, piccola, ingenua
Grace. A volte mi
domando se mi conosca davvero o se sia ancorata alla me stessa delle
scuole
superiori. All’epoca, ero solo una ragazzina stupida e
spensierata, senza
nessuna preoccupazione se non la ciccia che strabordava e gli occhi
azzurri di
Robert Swan che, una volta, avevano incrociato i miei.
- Non che sia
cambiata poi tanto. La
ciccia straborda ancora e sono sempre abbastanza stupida.
Così stupida da
essermi fidanzata con un attore piuttosto famoso e quasi dieci anni
più grande
di me; così stupida, da essere andata a convivere con lui e
aver accettato una
proposta di matrimonio. Tanto stupida da scappare senza nemmeno dare a
Ben la
possibilità di spiegare il perché del suo
comportamento idiota.
- Ma a chi voglio
prendere in giro? Se
vedessi Ben, adesso, probabilmente lo ucciderei a suon di sprangate. Il
che
comporterebbe un lungo e doloroso processo in tribunale, che mi
condannerebbe a
chissà quanti anni di carcere. Per non parlare, poi, delle
fan di Ben, che mi
ammazzerebbero senza pensarci due volte.
- «No,
Grace. Nel senso che me ne
vado.» più di così non riesco a dire, o
rischio seriamente di scoppiare a
piangere per la disperazione. Non trovate anche voi che sia
sorprendente il
modo in cui sto affrontando la situazione?
- Della serie
“Si ride per non
piangere”. Il fatto è che non
c’è proprio niente da ridere. Grace stringe lo
sguardo, sondandomi con preoccupazione. Forse si aspetta che
cederò da un
momento all’altro e, in effetti, non ha nemmeno tutti i
torti. Non so nemmeno
io come faccio ad essere tanto serena.
- Dovrei essere
fiera di me, perché sto
affrontando la situazione come una persona matura e…
- «Morgan,
sei a casa?»
- Merda!
Cosa
ci fa Ben a casa? Ero convinta che sarebbe rientrato questa sera e che,
per
allora, io sarei stata lontana. Avevo già stilato, nella mia
mente, un
programma ben preciso di come sarebbero andate le cose: mi avrebbe
chiamato, ma
io non avrei risposto e mi sarei limitata a piangere come una bimbetta
isterica. Dopodiché Ben si sarebbe presentato a casa di
Brian, dove io mi sarei
rifiutata di parlargli, perciò Brian gli avrebbe detto che
non c’ero e che
doveva lasciarmi in pace. A quel punto Ben si sarebbe arreso e sarebbe
tornato
a casa, dove mi avrebbe odiata profondamente. E io avrei pianto, ma
prima o poi
mi sarebbe passata, magari nel giro di un paio di secoli.
- Sento i passi
di Ben lungo il
corridoio, poi qualche secondo dopo si affaccia in camera da letto.
- «Sei
qui.» mormora, con un sorriso
dolce sul volto. Ha l’aria stanca e la barba di un paio di
giorni gli
conferisce un aspetto tremendamente affascinante. I suoi occhi sono
così scuri
e così intensi che per un attimo mi dimentico di quello che
sto facendo e vengo
travolta dal desiderio di corrergli incontro e buttarmi tra le sue
braccia
forti.
- Poi i suoi
occhi si accorgono
della valigia e la sua espressione si fa più confusa. Grace,
intanto, lo ha
salutato con un cenno del capo. Sento a malapena il suo “ti
aspetto in macchina”,
perché sono troppo impegnata a guardare Ben.
- «Cosa
significa?» domanda,
tremendamente serio. Mi stringo nelle spalle e continuo a riempire la
valigia. Il
suo sguardo mi segue, senza lasciarmi nemmeno un attimo e, di nuovo,
l’impulso
di abbracciarlo mi fa bloccare nel bel mezzo della stanza. Sospiro,
scuoto la
testa e mi impongo di non farmi ingannare di nuovo dai miei stupidi
sentimenti
per lui.
- «Morgan?»
mi richiama di nuovo, ma
faccio finta di non sentirlo. Allora Ben si avvicina, mi toglie
delicatamente
il maglione di mano e lo appoggia sul letto. Mi ferma, stringendomi
delicatamente per le spalle, poi si china per cercare di guardarmi
negli occhi.
Mi volto, perché non riuscirei a dirgli la verità
affrontandolo così
apertamente. Se lo guardassi negli occhi, dimenticherei ogni proposito
di
andarmene di qui.
- «Mi
dispiace, Ben.» sussurro, con
voce fioca. Mi divincolo dalla sua presa, poi velocemente finisco di
riempire
la valigia e la chiudo, con mano tremante. Me ne sto andando. Lo sto
lasciando.
E la colpa è sua.
- «Ti
dispiace per cosa?»
- «Per
tutto. Mi dispiace di non
essere la donna giusta per te, mi dispiace di non essere abbastanza
forte e di
non riuscire a sopportare la tua vita. Mi dispiace rimanerci male ogni
volta
che vedo una tua foto con qualche attrice famosa, in giro per Los
Angeles o New
York o Dio solo sa dove e mi dispiace, ma non ce la faccio
più a rimanere qui,
in questa casa, dove tu non ci sei mai. Io non ce la faccio, okay? Mi
sento
sola, e tu mi manchi di continuo ed io non manco a te, evidentemente,
oppure
non te ne andresti in giro con Amanda Seyfried! Perciò me ne
vado.»
- Ben sussulta,
come se gli avessi
dato una coltellata in pieno petto, poi scuote la testa.
- «Non
è così, Morgan. Tu mi manchi
di continuo, mi manchi sempre, in ogni istante. Ci sposeremo presto!
Come puoi
pensare che non ti ami? Morgan, dico davvero, non puoi andartene. Siamo
adulti,
comportiamoci come tali.»
- «Ho
ventitré anni, Ben! Voglio
poter stare con qualcuno che sia sempre presente. Voglio dormire con
l’uomo che
amo, voglio svegliarmi al suo fianco tutti i giorni, non una volta ogni
tre
mesi. Ho ventitré anni, e vivo da sola, rimanendo fedele ad
un uomo che non
vedo mai! Dio, come faccio a spiegartelo? Io mi sento in gabbia, Ben. E
l’amore
non è questo. Dovrei sentirmi al settimo cielo, dovremmo
organizzare il
matrimonio insieme, invece tu sei a spasso con Amanda e io sono qui da
sola, a
piangere perché lei è molto più bella
di me! Credo di aver raggiunto il
limite.»
- Il vero
problema non è Amanda,
ovviamente. So che Ben non mi ha tradita, almeno spero, ma non riesco
più a
vivere così. Insomma, ho la vita sociale di
un’ottantenne e non va bene. Penso di
continuo a lui, ma è sempre lontano ed io mi sento
così sola che vorrei morire.
Questa situazione mi sta uccidendo.
- E la mia
– di per sé esigua –
capacità di sopportazione è giunta allo stremo.
Non posso più andare avanti,
non così.
- Ben rimane in
silenzio,
probabilmente troppo sorpreso per riuscire a fare altro. Sono sicura
che non ha
mai pensato che un giorno sarei potuta scappare da lui e dalla nostra
vita
insieme. Ha sempre dato per scontato che l’avrei aspettato e
che sarei stata
sempre pronta a sposarlo, in qualunque momento. Il che è
vero, ma ultimamente
non mi basta più.
- «Voglio
essere felice, Ben.»
singhiozzo.
- «Ti
amo, Morgan.»
- «Anche
io, ma forse non è
abbastanza.»
- Mi sento
libera. Distrutta, col
cuore a pezzi, spezzata, inerme e devastata, ma libera.
L’espressione di Ben è
imperscrutabile, gli occhi così neri che sembrano pece e le
labbra strette in
una linea dura e inespressiva. So che sta soffrendo e so anche che non
mi
tratterrà. Vorrei che lo facesse? Sì, lo vorrei,
ma questo non cambia le cose.
- Sfilo
l’anello di fidanzamento e
glielo consegno senza nemmeno guardarlo in faccia. Lo bacio sulla
guancia, un’ultima
volta, poi afferro la valigia e me ne vado.
- L’ultima
immagine che ho di Ben, è
quella delle sue spalle contratte e dei pugni stretti. Forse mi odia,
forse è
solo deluso.
- Quando entro in
macchina, Grace mi
lascia una carezza sul braccio e mette in moto senza dire nemmeno una
parola.
- «Sai…»
farfuglio, poco dopo. «Hai ragione:
sono davvero una persona triste.»
- ***
- Ammettetelo!
Questo non ve l’aspettavate
proprio. In realtà, non me lo aspettavo nemmeno io. Ma oggi
Ben e Morgan sono
tornati alla mente con così tanta insistenza che non ho
potuto non scrivere di
loro. Non so ancora cosa succederà, come si evolveranno le
cose, né quanto sarà
lunga la storia, ma…
- Sono tornata!
- Spero che
questo primo capitolo vi
sia piaciuto e non vi abbia depresso troppo. A me piace abbastanza, se
devo
essere sincera, perciò boh.
- Fatemi sapere,
se vi và, ci terrei
un sacco! ^^
- Un bacione e
alla prossima,
- Fede.
- P.s. Per chi
volesse, mi trovate
su Twitter come @FTheOnlyWay e su
Facebook come TheOnlyWay Efp
- Ah, mi sono
dimenticata di dirlo,
ma per chi non lo sapesse, questa storia è il seguito di
“L’importante è
incontrarsi”