SCRITTA PER TE:
California primi anni
novanta, che posero fine ai difficili anni ottanta.
Seduto su una poltrona del
suo piccolo appartamento Billie Joe,
componeva le parole di una nuova canzone.
Avevano da poco sostituito il
batterista cambiando il nome della band in Green Day.
La penna d’inchiostro nero
scivolava inesorabilmente sul foglio a quadretti, ogni tanto si interrompeva
pensando a come proseguire mangiucchiando il tappo in cima alla penna… davanti
i suoi occhi aveva solo il suo viso: forse un po’ paffuto ma incredibilmente
bello, incorniciato da una matassa di capelli neri.
Il piccolo ma accogliente
salotto era avvolto nel silenzio, interrotto dallo strimpellare insistente del
campanello.
Sbuffando il ragazzo si alzò,
lasciando il quaderno sulla poltrona, andò ad aprire.
Guardò nello spioncino, che
rivelò la faccia, tutta smorfie, di Tre Cool.
Scuotendo il capo divertito
gli aprì la porta di ingresso.
<< Come ti va? >>
gli chiese il suo ospite già diretto in cucina. << Mi prendo una birra!!! >>
<< Fa pure >>
disse in tono neutro, tanto nemmeno un diniego lo avrebbe fermato.
Tre ritornò nel salotto con in mano una bottiglia di birra stappata, che a tratti
sorseggiava; come se fosse a casa sua andò a sedersi nella poltrona poco prima
occupata dal collega.
Quando Billie
se ne accorse, ricordandosi di aver lasciato il quaderno dimentico proprio su
quella poltrona, era ormai troppo tardi, Tre lo aveva già tra le mani.
<< E questo
cos’è? >> chiese con la fronte aggrottata guardando il foglio.
<< Niente >> in
due passi Billie gli fu vicino, cercando di
strapparglielo dalle mani, ma quello lo allontanò da lui.
<< E’ un testo di una
nuova canzone!! >> esclamò felice della scoperta
<< Perché non me lo hai detto? >>
<< Perché è solo un abbozzo >> disse risentito l’altro,
appoggiato al muro con le braccia conserte.
Era incredibile la curiosità
di Tre, uno aveva o no diritto ad un po’ di privacy?
Sentì la voce del batterista
leggere i primi righi del testo:
<< La mia stabilità mentale raggiunge il
suo tagliente limite e tutti i miei sensi si scollano. C’è qualche cura per
questa malattia che qualcuno chiama amore? Non finché ci sono ragazze come te.
>> Tre alzò gli occhi a guardalo divertito
<< Chi è la fortunata?? >>
Billie volse lo sguardo altrove, non voleva parlare di ciò
che sentiva, né tanto meno rivelare il nome di colei che lo aveva preso così
tanto.
Tre sbuffò andandogli vicino:
<< A me puoi dirlo, su…
e poi non sembra male il testo >> lo guardò con occhi supplichevoli.
Il chitarrista lo guardò a
sua volta impassibile, ma alla fine scoppiò a ridere e rivelò il nome della
ragazza amata:
<< Adrienne,
la ricordi? L’ho conosciuta a
Minneapolis >>
Tre annuì
ma qualcosa trapassò la sua espressione, qualcosa che Billie conosceva bene.
<< Due puntini piccoli,
piccoli… uno abita lontano da te, cosa risolvibile se non fosse già impegnata
>>
<< Grazie d’avermelo
ricordato, da solo non ce l’avrei mai fatta >>
disse Billie sedendosi sconsolato in poltrona.
Erano mesi che pensava a lei
e alla fortuna spettata al suo ragazzo, di poter stringere tra le braccia una
ragazza tanto straordinaria.
Tre lo guardò scettico,
scosse il capo posando la birra sul davanzale:
<< Messo male, eh?! >>
Billie lo guardò torvo, non gli piaceva che glielo si facesse notare.
<< Ok,
ok sto zitto... anzi ti
lascio alla tua canzone >>
Billie rimasto seduto prese rassegnato
il foglio sconsolato.
******
Nei giorni seguenti, Billie continuava la stesura della sua canzone, più per
sfogo che per puro interesse.
Con la chitarra acustica, che
poi sostituì con quella elettrica, adattò una melodia che potesse
seguire alla perfezione il testo.
Un pomeriggio era assorto
negli accordi, di un’altra canzone, quando squillò il
telefono: la voce dall’altra parte del filo, gli fece battere il cuore a mille.
<< Adrienne!!
>> esclamò felice.
Gli disse che era in città, proponendogli
di vedersi quel pomeriggio stesso: Billie colse al
volo l’occasione invitandola a venire da lui.
La aspettò impaziente, si
cambiò i vestiti, mise apposto il piccolo appartamento.
Quando finalmente le aprì la
porta, gli sembrò un miraggio.
Gli offrì da bere e seduti
sullo stretto sofà si raccontarono i fatti avvenuti nel tempo che non si erano
visti.
Ma qualcosa si mosse all’interno
della giovane star, una forza più forte di lui, lo spinse a fare una mossa del tutto inaspettata e sbagliata, dato il momento.
Avvicinò il suo viso a quello
di lei, che immediatamente si alzò di scatto.
<< Non so cosa tu ti
sia messo in testa… ma io non posso di certo
assecondarla! Sono fidanzata con un altro, e con lui sto molto bene >>
Billie la guardò sofferente:
<< Mi dispiace, non so
cosa mi sia preso >>
Adrienne annuì nervosamente:
<< E’ meglio che me ne
vada, ti chiamo io >>.
Billie la lasciò andare senza muovere un dito, non cercò
nemmeno di lottare.
Nella disperazione più nera,
prese il foglio della canzone che stava scrivendo per lei, folgorato da un altro
pezzo:
“ Ogni cosa che fa
mette in dubbio la mia salute mentale, mi fa perdere il controllo, non riesco
proprio a fidarmi di me stesso. Se qualcuno mi sente prenda a schiaffi i miei sensi.
Ma tu volti la testa e io finisco a parlare da solo. L’ansia mi ha lasciato
sconnesso e frustrato, quindi perdo la testa o la sbatto contro il muro.
Qualche volta mi chiedo se io debba essere lasciato da solo e rinchiudermi in
una stanza imbottita ”.
Scese in strada, entrando nel primo bar che trovò,
si sedette al bancone.
Una ragazza con una maglia bianca, intenta ad
asciugare un boccale, gli chiese cosa volesse.
Billie
ci pensò un attimo, aveva bisogno di qualcosa di forte.
<< Un gin tonic
>>
La barista lo guardò confusa:
<< Cominciamo presto >>
Ma nonostante l’ora lo accontentò, tanto che quello
finì ubriaco fradicio.
Uscì dal locale barcollando, urtò contro un
passante, a quel punto si sedette sul duro asfalto, anche perché la testa gli
doleva fortemente.
Con la testa tra le man fu colpito
da un conato di vomito… dopo di che cominciò a ridere, senza importagli dei
passanti incuriositi, non le percepiva nemmeno le loro occhiate scettiche e fugaci.
La mattina dopo, si svegliò con una forte emicrania si
fece un caffè amaro cercando di sbollire la sbornia, ma senza efficaci risultati
così optò per una doccia… il getto dell’acqua lo riportò al presente, facendolo
tornare lucido.
Ripulito e vestito completò il testo della canzone,
che scelse di intitolare: 80.
“ Mi siedo e mi vomito le budella all’aria aperta, nessuno vuole sentire
un pazzo ubriaco. Non mi preoccupo se questo andrà avanti perché ormai sembra
che io sia troppo andato. Devo ammettere che mi diverto, per favore 80 continua
a stravolgermi.”
******
Berkeley
2006.
Non seppe dire mai in futuro perché trovò proprio
quella mattina quel vecchio foglio stropicciato.
Con la fronte aggrottata, Billie
Joe, guardò il foglio ingiallito dal tempo.
<< Che cos’è? >>
La voce di sua moglie lo fece voltare.
<< Te la ricordi questa? >> le chiese
mostrandogli la pagina.
Adrienne
lo prese tra le mani, lesse qualche riga accompagnata
da un’argentina risata.
Billie
la osservò, pensando che niente fosse più bello della sua risata.
Tornò a guardare il marito, scuotendo il capo.
<< Eri completamente andato, eh?! >> lo canzonò lei bonariamente.
<< Se è per questo, lo sono tutt’ora >> le rispose ridendo a sua volta, le posò
le mani sui fianchi: << Grazie 80, per non aver smesso di stravolgermi!
>>.
FINE!
Questa fan fiction, la voglio dedicare alla mia amica Carolina, un piccolo pensiero che ho
appositamente scritto per i suoi 20 anni, mi auguro che oltre a gradire il
gesto, questa piccola storia le sia piaciuta.
Tanti auguri di buon compleanno.
Ps.
Spero che l’esonero sia andato bene…!
Maryana.