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Autore: Virginia Of Asgard    08/07/2013    2 recensioni
"Tutte le storie, quelle belle, Iniziano con un viaggio, o un rinnovo spirituale; Un Matrimonio, oppure una Nascita, Una vincita alla Lotteria oppure una sorpresa inaspettata.
La mia; Inizia con un Funerale.
Il Mio funerale."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
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 The Phantom of my Requiem.
“I fear I am writing a requiem for myself”
W. A. Mozart.


 


Middelburg, Olanda; Ottobre 2010.

 

 
Tutte le storie, quelle belle, Iniziano con un viaggio, o un rinnovo spirituale; Un Matrimonio, oppure una Nascita, Una vincita alla Lotteria oppure una sorpresa inaspettata.
La mia;  Inizia con un Funerale.  
Il Mio funerale.
 

§§§

 
Mi svegliai che non ricordavo più nulla della serata precedente, e neppure delle ultime dodici ore. Infatti mi svegliai fra l’erba fresca di un grande prato verde, su di una collina Olandese; Costellato da miliardi e miliardi di pietre funebri di marmo bianco, con qualche albero qua e la, giusto per… Ravvivare il tutto.
Non capivo che cosa mi fosse successo, o quale droga avessi assunto la serata prima, per aver cancellato totalmente dalla mia memoria quei ricordi, che, ora come ora non apparivano nemmeno minimamente offuscati.
Mi avvicinai ad un mucchio di persone vestite di nero, confusa, in cerca di spiegazioni che chissà per quale gioco assurdo del destino, erano state cancellate dalla mia memoria.
Una quindicina di persone era riunita attorno ad una lapide, nel mentre in cui la bara funebre stava calando lentamente – seguita dalla benedizione del Parroco – verso l’inesorabile buca, tre metri sotto terra.
Non sarebbe certo stato appropriato interrompere una così triste cerimonia, unicamente per chiedere a qualcuno qualche cosa che, molto probabilmente non avrebbe mai saputo spiegarmi, ma dovetti contraddirmi.
Fra la scarsa quindicina di persone che, riunite pregavano per l’anima del defunto, scorsi un volto anche troppo familiare, e poi un altro, un altro ancora, ed ancora così via. Deglutii ed inorridii allo stesso tempo, erano presenti unicamente parenti miei.
Mia madre – terribilmente in lacrime – e mio padre, mia sorella minore, mia nonna, le tre zie ed i rispettivi mariti; Ed in fine la mia migliore amica e Klaus. Gli altri non li conoscevo.
Forse c’era un motivo se mi trovavo lì, con tutti i parenti ed amici. Stavamo celebrando la morte di qualcuno, qualcuno molto vicino a me, come a tutta quella poca gente;
Qualcuno che di certo, non era stato tanto amato in vita.
Mi voltai per andare nella direzione di Klaus, intenta ad avere una minima informazione sulla perdita appena ricevuta; Certo non avrei fatto la migliore delle figure, poi sarebbe anche bastato leggere il nome sulla lapide, ma almeno avrei avuto un pretesto valente per rivolgergli la parola!
Dovete sapere che, Klaus – un chitarrista dai lunghi capelli neri e mossi – era l’unico uomo che avessi mai amato in ventitré anni di vita. Era sempre stato quel traguardo irraggiungibile per ogni ragazza; Il migliore amico bello ed impossibile, quello che rispecchia tutti i vostri canoni di bellezza ideale, che però non starebbe MAI con una come voi.
Ero almeno riuscita ad avere la sua amicizia, se non potevo avere il suo amore tanto valeva buttarsi dal terzo piano di un edificio, eppure avevo resistito anche a quell’ennesima tentazione di suicidio, per stargli accanto, come amica.
Sentii un brivido ghiacciato, attraversarmi le spalle, allora notai con orrore che – oltre al fatto “Ottobre Inoltrato” – non indossavo alcuna giacca o cardigan, lasciando così gli avambracci scoperti e in vista.
Impallidii presa di un potente attacco di batticuore; chiunque mi avesse vista a braccia scoperte, avrebbe anche scoperto il mio orribile e patetico segreto.
Ogni volta che ce l’avevo con me stessa, con i miei genitori, o andavo su tutte le furie, oppure tutte le volte che soffrivo ingiustamente per cause a me non troppo care, beh, prendevo la prima cosa che mi capitava sotto mano, e mi tagliavo, sfregiavo e graffiavo auto-lesionandomi, non sapendo su chi sfogare la rabbia, se non me stessa.
Nel momento in cui il prete iniziò a recitare la benedizione in latino, mi diressi più decisa che mai verso quella scarsa folla, ma il mio sguardo ne incrociò un altro, a dir poco sconosciuto.
Appoggiato pigramente ad un albero, v’era un uomo dalla bellezza davvero insolita e particolareggiata.
Guardava dritto verso di me, indossava una maglia coperta da un giubino di Jeans, e dei pantaloni di altrettanto Jeans. Stava mangiando una mela verde, ed indossava occhiali da sole tondi e neri.
Il volto velato da qualche segno dell’età emanava quel fascino vissuto alla quale non tutte sanno resistere, per non parlare della più grande caratteristica che rientrava nei MIEI canoni di bellezza ideale: i capelli scuri, lunghi e mossi. Una caratteristica che mi faceva impazzire letteralmente, negli uomini.
Non capivo tuttavia, come mai se ne stesse la, in disparte.
In un attimo mi parve addirittura che mi stesse sorridendo; in effetti lo stava facendo.
Preoccupata di ricambiare facendo la mia solita figura di merda quotidiana, mi voltai per essere certa che non stesse sorridendo a qualcun altro, ma non vidi nessuno; Così mi voltai e ricambiai il sorriso, imbarazzata.
Mio Dio, non avevo mai visto tanta particolarità, in un uomo! Quel naso aquilino e filiforme, quelle labbra sottili, quella barba a fior di pelle, e quegli zigomi ossuti rendevano quell’essere completamente de irresistibilmente affascinante.
Scossi la testa contrariata;
Stavo volgendo le mie attenzioni ad un potenziale quarantenne fico, invece che chiedere a Klaus chi fosse il morto del giorno?
Che persona orribile potevo essere, considerato che ad un novanta percento di probabilità era anche un mio parente? Oh, la persona più orribile del mondo!
 

§§§

 
 Feci per toccare la spalla di Klaus, quando involontariamente i miei occhi caddero sulla scrittura incisa nella lapide.
Deglutii, e non certamente impallidii, nel notare che la data di nascita corrispondeva per filo e per segno,  alla mia.
Ma la cosa alquanto più inquietante era che, la data di morte, era quella di ieri.
Ora, come diavolo era possibile che, la data della morte del mio parente corrispondesse al giorno della quale non ricordavo nulla?
Scossi la testa nuovamente, decisa a tornare sulla terra senza troppi problemi o "pippe mentali".
Dovevo scoprire chi era morto, e parlare così con Klaus.
«Klaus» sussurrai, ma parve non sentirmi.
Notai mia sorella – di tre anni più giovane di me – avvicinarsi al mio amico. Klaus le mise un braccio attorno alla vita e la strinse a sé, tristemente.
 Non mi avevano nemmeno vista!
«So quello che stai passando, Tilde, mi dispiace davvero molto, credimi!» Le sussurrò all'orecchio, ma ella non rispose, poggiando la sua testa sulla sua spalla, in totale silenzio.
Che diavolo stava tentanto di fare? Ci stava provando, con Klaus? Il MIO Klaus?
Mi schiarii la voce, ma non si voltò anima viva, così poggiai una mano sulla spalla del ragazzo, per farlo voltare, ma esso non lo fece.
«Mi sembra impossibile che se ne sia andata così, senza dire nulla. Mi sembra che sia ancora qui, tra noi…» asserì tutt'un tratto Tilde.
«Tilde, Tilde, chi è morto, si può sapere?» decisi di rivolgermi a mia sorella, sperando di essere notata, ma non fu così.
OK. Che diavolo stava succedendo? Perché tutt’un tratto nessuno pareva vedermi? Ero forse io l’assassina che però non ricordava nulla?
Potevo davvero essere arrivata ad uccidere un uomo con le mie mani?
Niente più droghe per un po’, Adrielle!” Mi dissi tra me e me.
Allora mi feci spazio evitando ogni persona, per arrivare in prima fila e leggere finalmente il nome dell’estinto; Ma venni distratta dall'urlo di mia madre.
«Perché si è uccisa?» scoppiò a piangere fra le braccia di mio padre.
Continuavo a non capire, qualunque scherzo fosse quello, di certo era di pessimo gusto.
Chiunque fosse stato lo stronzo che aveva inscenato tutto ciò meritava la morte più di chiunque altro!
Chi diavolo aveva scritto il mio nome sulla lapide?
«Mamma! Mamma, c’è qualcosa di sbagliato, io sono viva! Viva e vegeta, non sono morta!» gridai davanti aiu suoi occhi affranti, persi nel vuoto.
Ma non ricevetti alcuna risposta. «Papà! Hey, qualcuno mi può ascoltare per un secondo??»
Gridai con tutt
a me stessa, certa che anche un sordo mi avrebbe udita, eppure nessuno si posse di un millimetro. La cerimonia era terminata, stavano procedendo ora con la copertura della bara.
Nessuno mi poteva vedere, ma io non ero morta! Ne ero certa! Volevo morire, ma non volevo farlo ieri, ne oggi ne mai! Era solo un’ossessione per scegliere la via più facile, era parte della mia malattia, la Depressione!
Non era possibile che lo avessi fatto davvero.
Un momento! Quell’ uomo, quel quarantenne fico, lui mi aveva certamente vista, mi aveva sorriso!
Mi voltai vero l’albero dov’ era poggiato sino ad un secondo fa, ma non trovai nessuno. Se non un torsolo di una mela spolpata sino all’ osso.


Je vis pou elle_

Salve a tutte :) Ho deciso di partire con una nuova stora, e giuro che mi impegnerò parecchio, perché mi sta davvero a cuore, perché unisce due delle cose che più amo al mondo:
Il Fantasma dell'opera ed il Requiem di Mozart.
Voglio in ogni caso farvi sapere che la trama di questa storia non seguirà certo quella del fantasma dell'opera, ma la protagonista - oltre che ad essere ispirata alla cantante dei Nightwish, Tajira - è ispirata a Christine, del fantasma dell'opera:
Una giovane promessa della musica lirica, che si trova ad un tratto a dover scegliere che fare della sua vita.
Spero di avervi incuriositi e di non aver fatto troppi errori di battitura é.è

Alla prossima! :) Fatemi sapere che ne pensate e se ne vale la pena continuare ^^

P.s. La ragazza che intermpreta Adrielle è la modella Catrinel Marlon.
P.s. del P.s., scisate per l'orribilezza (?) della copertina D: faccio un Liceo Atristico, ma non sono nell'indirizzo di Grafica Pubblicitaria, abbiate pazienza é.è

Je vis pour elle_.

 
   
 
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