Jim
Moriarty si trovava ai suoi piedi, si era appena sparato togliendogli
ogni
speranza di poter trovare una soluzione a quel problema. Eppure... Quel
gioco
non era ancora finito, alcuni uomini erano già in posizione
per poter uccidere
John, la signora Hudson e Lestrade, questo nel caso non si fosse
buttato.
Diede
un'ultima occhiata a quello che ormai era diventato un semplice
cadavere, proprio
come quelli che spesso utilizzava per svolgere i suoi esperimenti.
Possibile che fosse arrivato a tanto per vincere quella partita? Eppure
doveva
pur esserci una soluzione, non poteva finire per forza in quel modo,
lui lo
sapeva.
Si
voltò e si incamminò verso il cornicione per
puntare gli occhi sull'asfalto sul
quale nel giro di pochi minuti si sarebbe ritrovato.
Senza
distogliere lo sguardo, Sherlock, prese il cellulare dalla tasca.
Era
sicuro
che John sarebbe arrivato da un momento all'altro, la signora Hudson
non si era
sentita male, l'aveva di certo già scoperto. Difatti un taxi
si fermò
dall'altra parte della strada e il dottore scese con una certa fretta.
Sherlock
cliccò il pulsante di chiamata e avvicinò
l'apparecchio all'orecchio. Doveva
trovare le parole giuste, doveva fare in modo che John non capisse il
motivo di
quello che stava per succedere.
"Sherlock!"
La
voce
dell'amico lo raggiunse immediatamente, fortunatamente non si era
ancora girato
e non l'aveva visto in piedi su quel cornicione, non aveva la minima
idea di
quello che stava per capitare.
"John..."
Gli
stava tremando la voce? Era davvero tanto sconvolto? Le lacrime
iniziarono a
rigare le guance pallide. Non doveva lasciarsi andare, doveva rimanere
calmo
senza perdere il controllo della situazione.
"Sherlock!
Tutto bene?"
No,
non
doveva raggiungerlo.
"Voltati
e torna da dove sei venuto.", disse cercando di mantenere un tono di
voce
deciso.
"Sto
arrivando."
"Fai
come ti sto dicendo! Per favore...", la voce cedette
nuovamente,"Fermati lì."
"Sherlock..."
"Ok,
guarda in alto, sono sul tetto."
Il
dottore si bloccò ed alzò lo sguardo verso di
lui. Sembrava alquanto confuso,
ma non era stupido, stava già intuendo qualcosa.
"Io...
Io non posso scendere, quindi dovremo continuare in questo modo.", un
attimo di silenzio, doveva trovare il modo più
appropriato,"Ti devo delle
scuse. E' tutto vero."
"Cosa?"
"Tutto
ciò che hanno detto su di me.".
Doveva
fare in modo che una volta tutto finito John non ne avesse sofferto
più di
tanto, doveva dargli una ragione per accettare la sua morte, doveva
accertarsi
che il dolore non lo distruggesse.
"Io
ho inventato Moriarty.", si voltò a guardare il cadavere del
suo acerrimo
nemico, tutto stava accadendo a causa sua.
"Perchè
dici così?"
Fu
la
voce del dottore a risvegliarlo dai suoi pensieri, non doveva
dimenticarsi del
piano. Tornando a guardare l'amico aggiunse più serio che
mai:"Sono un
impostore.". Gli fu impossibile trattenere ulteriormente le lacrime, la
voce tradiva il suo stato.
"Sherlock..."
"I
giornalisti avevano ragione. Voglio che tu lo dica a Lestrade, voglio
che tu lo
dica alla signora Hudson e a Molly... Devi dirlo a chiunque voglia
ascoltarti.", loro dovevano crederlo, dovevano assolutamente credere
che
non se n'era andato per salvare la loro vita. "Ho creato Moriarty per
scopi personali."
"Ok,
smettila Sherlock, basta, zitto. La prima volta che ti ho visto... La
prima
volta che ti ho visto sapevi tutto di mia sorella, giusto?"
"Nessuno
è tanto intelligente...", doveva farlo dubitare.
"Tu
si."
Silenzio.
Possibile che fosse tanto convinto? Davvero nutriva tutta questa
fiducia nei
sui confronti?
"Io
ho fatto delle ricerche. Prima di incontrarti ho scoperto tutto il
possibile
per impressionarti. Era un trucco, un semplice trucco."
"Ok,
smettila adesso.", John si incamminò verso l'edificio, di
certo aveva
intenzione di raggiungerlo.
"No,
rimani esattamente dove sei. Non muoverti!", lo avvertì
immediatamente.
Non poteva permettergli di muovere un altro passo.
"D'accordo...",
il dottore alzò una mano per confermare che non si sarebbe
mosso dal punto in
cui si trovava.
"Tieni
gli occhi fissi su di me.", la voce rotta dai singhiozzi
abbandonò le
labbra di Sherlock che allungò una mano verso l'amico,
"Fallo, te lo
chiedo per favore."
"Ma
cosa..."
"Questa
chiamata è il mio biglietto. E' così che le
persone fanno, no? Lasciano un
biglietto..."
Watson
allontanò il cellulare dall'orecchio per poi avvicinarlo
subito dopo. Aveva
capito le sue intenzioni ma non voleva crederci: "Lasciano un
biglietto?
Quando?"
"Addio
John..."
"No..."
Sherlock
lo fissò. Era per lui che lo stava facendo, nessuno gli
avrebbe torto un solo
capello, John sarebbe stato sano e salvo nel momento in cui lui avrebbe
raggiunto l'asfalto.
Chiuse
la chiamata e buttò da parte il cellulare, lo sguardo ancora
puntato sull'amico
che lo fissava disperato.
"Sherlock!",
lo sentì gridare.
Non
aveva intenzione di tornare indietro.
Allargò
le braccia e si lasciò cadere nel vuoto. Il suolo sembrava
avvicinarsi tanto
velocemente... Quanto ci avrebbe messo a raggiungerlo? Non
più di una decina di
secondi, questo era certo. Non avrebbe avuto il tempo di ripensare ai
momenti
passati, si limitò ad osservare la figura dell'amico che
impotente lo fissava
compiere quell'atto che sicuramente avrebbe giudicato di pazzia.
L'aveva
convinto? Aveva svolto bene il suo lavoro? Probabilmente no... John
l'aveva
visto all'opera più di una volta, lui non era come quei
giornalisti. John aveva
fiducia in lui.
Andava
bene così.
Voltò
nuovamente lo sguardo verso il marciapiede, mancava poco.
Tre...
L'avrebbe
perdonato?
Due...
Sarebbe
tornato al loro appartamento? Sarebbe stato in grado di continuare a
vivere
nella loro casa?
Uno...
L'oscurità
lo avvolse.