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Autore: littlemoonstar    12/07/2013    4 recensioni
Il mio nome è Cappuccetto Rosso, ma in questo nuovo mondo mi chiamano solo Red.
E in questo mondo un tempo fatato cerco di sopravvivere ora dopo ora, cercando di capire cosa lo abbia ridotto in questo stato pietoso e deprimente.
Io sono Red, e vivo in un mondo pericoloso, in cui il vissero felici e contenti non ha più senso di esistere.
Sono una sopravvissuta, e questa è la mia storia.
 
[Capitolo 18]
Ed ora era lì, quella bestia che sempre avevo temuto. Di fronte ai miei occhi, così feroce da paralizzarmi. Riusciva a risvegliare le paure più recondite, i ricordi più dolorosi e macabri della mia infanzia. Era la mia debolezza, il centro di tutta la mia paura.
Era il Lupo cattivo, ed era pronto a mangiarmi di nuovo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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thisfairitaleisradioactivenow Questa è una storia originale. E' vietato ogni tentativo di copia. Spero vi piaccia.



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1. Once upon a time.


Il cielo era coperto da un fitto strato di nebbia grigia. La fredda coltre si estendeva fino al confine, sparendo oltre la linea dell'orizzonte. L'aria era fredda, e fra poco sarebbe arrivata la neve. Nei giorni precedenti aveva nevicato talmente tanto da coprire per intero i grandi alberi della foresta. Oramai niente si distingueva più.

Camminavo a passo rapido, e il rumore delle suole su quel miscuglio di ghiaccio e nevischio provocava un crepitio quasi rilassante. Non c'era altro suono, in quel momento. Tutto taceva. Anche il mio cuore, che per un attimo aveva smesso di tenere quel ritmo accelerato che oramai avevo imparato a riconoscere. Una tachicardia fisiologica iniziata dal momento in cui tutto era finito.
L'aria calda che oltrepassava coraggiosamente le mie labbra si bloccava a metà strada, sfumando in una nuvoletta di vapore bianco.
Non so quanti gradi facessero, ma strinsi a me il mantello e coprii i capelli con il cappuccio, pregando che gli stivali di pelle riuscissero a reggere il freddo e che i piedi non mi si staccassero da un momento all'altro.
Oramai mancava poco alla meta. La prima di una lunga serie, ma sempre un punto di arrivo.
I grandi occhialoni da aviatore mi stringevano la fronte, quel tanto che bastava per rimanere in bilico sulla testa. Mai avrei pensato di indossare una roba simile, ma in situazioni di emergenza si poteva arrivare a tutto: e quando sarebbe arrivata la tempesta di neve, ne avrei avuto bisogno. Non andavo fiera di me stessa per averli rubati, ma in quel momento erano un bene primario per una viaggiatrice. In quel mondo non c'erano stagioni, né il sole splendeva alto nel cielo portando gioia e serenità a tutti. Erano tutte stronzate.
Ora tutto era cambiato.
« Ehi, ragazzina. Quanto tempo è passato... ».
Mi voltai, vedendo dietro di me solo la distesa di neve bianca. Il silenzio invase di nuovo l'aria intorno. Tenni stretta la lancia nella mano destra, e la lama affilata brillò sotto la luce del cielo plumbeo.
Sapevo difendermi, oramai: non ero più la timida ragazzina con il vestitino a fiori e il cestino di primizie, che vagava ingenuamente tra i boschi. Un fiocco di neve mi sfiorò il viso e cadde sugli aderenti pantaloni in pelle, finendo dentro gli stivali. Guardai in alto, ma dal cielo non arrivava nulla. Mi accorsi che si trattava di un grumo di nevischio residuo, caduto accidentalmente dall'albero sopra di me.
« Dannazione. » imprecai, stringendo i denti. E a quel punto mi scappò una risatina. « Devi smetterla di farmi queste improvvisate. ».
Nella mia testa già si confondevano le decine di alternative per fuggire da quella situazione spiacevole, nel caso in cui si fosse rivelata pericolosa: avevo un coltello all'altezza della coscia, tenuto stretto da una fascia elastica. La lancia era affilata. Nella sacca che portavo a tracolla c'erano altre utilità, ma ci avrei messo del tempo per tirarle fuori. Ma adesso sapevo di non dovermi preoccupare, nonostante lo spavento iniziale.
« Lo sai che sono fatto così. » proseguì la voce, che ora si distingueva chiaramente dietro di me. Mi voltai.
« L'apocalisse non ti ha cambiato di una virgola, Peter. » mormorai, e lui si fermò finalmente a terra.
« Scusa. Per la neve, intendo. » disse, posando i piedi sulla coltre bianca. Sapevo che era stato lui.
Lo guardai a fondo, cercando in lui un minimo segno di stanchezza. Ma la sua espressione era la stessa di quando giocava con le sirene, o si beffava dei pirati. Un eterno bambino, ma con gli occhi profondi e consapevoli di un adulto.
Forse il cambiamento maggiore era stato quello: nonostante tutto, anche lui era cresciuto un po'.
« Begli occhiali. » continuai, notando gli occhialoni da aviatore simili ai miei, proprio sopra al cappello verde smeraldo.
« Regalo dei bimbi sperduti. Non chiedermi dove li hanno trovati. » mormorò, guardando l'orizzonte.
« Che ci fai nel mio bosco, Peter? Ci deve essere un motivo, suppongo. » tagliai corto io, sapendo che non poteva essere lì per caso. Da quanto sapevo uno dei bimbi sperduti era gravemente ammalato per via delle radiazioni, e la sua attenzione era concentrata interamente verso di lui.
« Il tuo bosco? » ripeté lui, portando le braccia sui fianchi. « da quando in qua si fanno queste divisioni? ».
« Ci sono sempre state. »
« Non ora. ».
Non riuscii a rispondere, perciò lo lasciai nel silenzio: aveva maledettamente ragione. In tutta quella confusione, e con tutti quei cambiamenti, cosa importava fare distinzioni?
Il mondo delle Favole era un vero disastro.
« In che stato è l'Isola ? » chiesi, cambiando argomento. Speravo si trovasse in condizioni migliori rispetto al mio bosco, in cui imperava quel fastidioso Inverno nucleare da cui non riuscivo ad uscire. Peter poteva volare, e informarmi di ciò che succedeva all'esterno. Lo vidi fare una smorfia.
« Uno schifo. Le sirene non si vedono da giorni, e questo inizia a preoccuparmi. E gli indiani si stanno decimando. » rispose lui, massaggiandosi le tempie. « Sto andando alla ricerca di una cura per Pennino, non voglio che ne muoia un altro. ». Si alzò in volo, e le sue orme rimasero impresse nella neve candida.
Sussultai appena. Guardai in alto, verso di lui, che mi lanciò uno sguardo ruvido, scalfito nella roccia. Era davvero cresciuto.
« L'hai più trovata, la tua ombra? » mormorai, sapendo di toccare un tasto dolente. Lui sorrise, amareggiato.
« Lo sai benissimo, Red. » aggiunse poi, guardando l'orizzonte. « l'ombra se n'è andata con lei. ».
Ogni volta finivamo a parlare di quello. Lo stesso discorso sempre e ancora e ancora.
« Non puoi saperlo. Non puoi sapere se è morta davvero. » ribattei, stringendo la lancia con forza.
« Chi, la mia ombra? »
« No. Sto parlando di Wendy, Peter. E lo sai benissimo. » dissi con decisione, guardandolo dritto negli occhi.
Il dolore si fece vivido nei suoi occhi. « Ognuno di noi ha perso qualcosa, Red. E io sono sicuro di averla persa per sempre. ».
Volò più in alto, fino a raggiungere la cima degli alberi. « Fai attenzione, e rimani viva! » gridò, sparendo nel cielo grigio.
Osservai le sue impronte impresse sulla neve: Peter aveva perso l'amore, la gioia. In poche parole, la sua umanità. Per questo la sua ombra era sparita, finita chissà dove. Ma mi rifiutavo di credere che Wendy fosse morta. Mi rifiutavo e forse questa negazione era sbagliata.
Ma in fondo aveva ragione, ognuno di noi aveva perso qualcosa in quella battaglia che era solo all'inizio.
Guardai il braccio libero, piegando le dita della mano. Sentivo i meccanismi elettronici sotto la pelle, le valvole e i congegni attivarsi per far muovere il polso e i polpastrelli.
Avevo un braccio meccanico perché il mio era stato strappato via da un lupo, pochi minuti dopo il mio risveglio. E ancora non riuscivo ad abituarmici del tutto.
« Cominciavo a preoccuparmi. » sibilò una voce alle mie spalle, sinuosa e calda. Mi voltai.
« Scusa il ritardo. » mormorai, sorridendo al mio interlocutore. Lui avanzò verso di me a passo lento, provocando quel crepitio che calmò i battiti sordi del mio cuore.
Ma in fondo di ritardi, lui, se ne intendeva.
Le lunghe gambe bianche si uniformavano alla tinta chiara del paesaggio, contrastando con il panciotto color petrolio e il grande orologio d'oro che spuntava dalla tasca.
« E' un piacere rivederti, Red. » rispose lui, sistemandosi i tondi occhialetti dalle lenti colorate sul naso rosa.
« Il piacere è tutto mio, Bianconiglio. ».







  
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