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Autore: Milla Chan    12/07/2013    5 recensioni
E se improvvisamente piombasse in casa tua il Te Stesso di 600 anni prima?
Una coppia in crisi, un incantesimo piantagrane, un bambino e un libro da trovare.
Uno scoppio fragoroso e inaspettato lo fece rizzare in piedi e, immediatamente, con una velocità sorprendente, qualcosa crollò dal soffitto e rotolò sul pavimento.
Lukas trattenne il fiato e si spalmò contro il muro, spostando gli occhi sconvolti prima sul buco sopra la sua testa, poi sull’uomo steso sul parquet, tra i pezzi di intonaco e legno.
Genere: Commedia, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mathias era disteso sul divano e sonnecchiava indisturbato. Ogni tanto riapriva gli occhi, senza capire se fosse sveglio o solo in un adorabile stato di dormiveglia.
Sentì dei passi scendere le scale e spostò lo sguardo assonnato in quella direzione. Vide Lukas affacciarsi al corrimano con una maglietta stropicciata in mano e, prima che potesse proferire parola, se la ritrovò spalmata in faccia.
“Ti ho detto mille volte quanto mi danno fastidio i tuoi vestiti lasciati sul pavimento del bagno.”
Il danese sbuffò e la spostò da davanti agli occhi.
“Scusa.”
“Me l’hai detto anche l’altra volta e quella prima ancora.” mormorò stizzito l’altro, appoggiando le mani sui fianchi.
“Quanto sei acido.”
“Se mi aiutassi qualche volta, magari non lo sarei così tanto.”
“Ehi, io cucino tutti i giorni e lavoro duro, non è colpa mia se ho bisogno di riposarmi e tu sei pigro anche solo per dare una pulita alla casa...”
“Forse ti sei dimenticato che anche io lavoro, proprio come fai tu, ma non faccio la vittima come te.”
Mathias si mise a sedere e fece una smorfia particolarmente irritata. Gli lanciò di rimando la maglietta.
“Invece a me sembra che tu stia solo continuando a lamentarti di quello che faccio.”
“Di quello che non fai, semmai.” Lukas evitò la maglietta e strinse il corrimano di legno tra le mani. “Continua pure a dormire, mi hai stufato.”
“Finalmente.”
“Bene.”
“Ottimo.”
Il danese si voltò e tornò a sdraiarsi sul divano, imbronciato, con le braccia incrociate al petto. Rimase ad ascoltare i passi pesanti salire le scale e strizzò gli occhi quando una porta si chiuse con violenza.
Lui provava sempre a mettere a posto le cose, a sdrammatizzare, a prenderla sul ridere, ma Lukas era testardo e il suo senso dell’umorismo era crollato sottoterra.
Il rapporto con Lukas era diventato incredibilmente difficile. La maggior parte delle giornate passava tra frecciatine fastidiose e rimbecchi stupidi e si trovavano in disaccordo per questioni sempre più importanti. Non andava mai bene niente e a Mathias in realtà pesava andare avanti in quel modo, ma gli voleva troppo bene e anche solo pensare a una vita senza di lui lo faceva stare male. Forse non era stato un bene crescere per un paio di millenni al fianco di un’altra nazione, stabilire con essa un rapporto così profondo da superare la fratellanza e, forse, anche l’amore.

Un rombo assordante lo fece trasalire e spazzò via tutti i suoi pensieri. Mathias saltò in piedi e, inciampando tra le sue ciabatte, corse alla finestra. Il cielo era terso e non c’erano nuvole all’orizzonte, ma quello che aveva sentito era sembrato proprio un tuono. Un fulmine a ciel sereno? Così vicino?
Aprì la porta e uscì in giardino, osservando il cielo, sospettoso. Con la coda dell’occhio, notò del movimento tra i cespugli e, colto alla sprovvista, indietreggiò di qualche passo.
Rimase a guardare in silenzio, il cuore diviso tra la curiosità di scoprire che razza di animale si stesse nascondendo nel proprio cortile e il turbamento di quel fragore improvviso.
“Ahi...”
Mathias sentì una voce impastata lamentarsi mollemente e, subito dopo, il suo cervello elaborò le informazioni ricevute dagli occhi con una sola frase: costume di carnevale?
Una figura con una veste viola si alzò traballante e ripulì dalle foglie la gonna ricamata con fili dorati.
L’uomo alzò lentamente lo sguardo sul suo volto e incontrò un paio di occhi indaco, seri e profondi.
Rimasero a guardarsi per secondi lunghissimi, prima che Mathias scoppiasse a ridere.
“Lukas, ma ti sembra il caso di conciarti in questo modo!? Vai a una rievocazione storica? Potevi anche passare dalla porta! Ma ti sei buttato dalla finestra? Non hai idea di che spavento mi sono preso!”
Gli si avvicinò ridendo sguaiatamente, ma l’espressione inorridita dell’uomo davanti a sé frenò le sue risate, che si spensero tristemente con un verso strozzato.
“... Ma sei rintronato?”
“Scusa?”
“Il tuo discorso non ha alcun senso Dan, hai battuto la testa cadendo?” scandì meglio le parole, congiungendo pazientemente le mani come se stesse parlando con un bambino. “ E soprattutto, quando hai trovato il tempo di vestirti come un idiota?”
“Lukas... ”
“E mi puoi spiegare chi è Lukas?”
 
Dopo il battibecco con Mathias, il norvegese si era chiuso nello studio e aveva iniziato a girare su se stesso, seduto sulla sedia con le rotelle della scrivania. Mentre guardava il pavimento, si rese conto di quanto fosse triste, ma, d’altro canto, fu sollevato dal fatto che Matt non potesse vederlo in quello stato. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere che ci era rimasto male, soprattutto perché si sentiva davvero arrabbiato con lui; non solo per quel giorno, ma anche per tutti gli altri, tutte le altre volte che lo aveva irritato facendo lo stupido e rischiando di far esaurire la sua pazienza.
Uno scoppio fragoroso e inaspettato lo fece rizzare in piedi e, immediatamente, con una velocità sorprendente, qualcosa crollò dal soffitto e rotolò sul pavimento.
Lukas trattenne il fiato e si spalmò contro il muro, spostando gli occhi sconvolti prima sul buco sopra la sua testa, poi sull’uomo steso sul parquet, tra i pezzi di intonaco e legno.
“Maaaaamma mia che maaaale...” si lamentò con voce acuta, rotolando su se stesso e tenendosi le testa con le mani.
Il norvegese esitò prima di avvicinarglisi cauto e di chinarsi a guardarlo, confuso.
“Matt?” mormorò flebile, dopo un lungo momento di riflessione, corrucciando la fronte. “Che cosa... Hai fatto crollare il soffitto. Il fottuto soffitto. Come... ?”
L’uomo a terra aprì gli occhi e lo fissò di rimando. Le sue iridi erano di un blu così limpido che Lukas si sentì in soggezione.
Quello si aprì in un sorriso enorme e si sedette, lo trascinò con le braccia alla sua altezza e lo strinse in un abbraccio vigoroso.
“Nor! Siamo caduti vicini! Che sollievo!”
“Cosa... !?
“Ti sei fatto male? Dov’è Is? Ma cosa... quelli sono pantaloni?”
“Mathias, dannazione, da dove sei caduto?” sbottò, staccandosi da lui e fulminandolo con lo sguardo. Che vestiti assurdi stava indossando? Erano così familiari. Non capiva cosa stesse succedendo. Magari si era addormentato e stava sognando? Stupido inconscio!

La porta dello studio si spalancò ed entrò Mathias, con il fiato corto e gli occhi strabuzzati.
Lukas si sentì mancare e indietreggiò di nuovo contro il muro. Guardò i due uomini identici e fece fatica ad ossigenare il cervello.
“Che cosa cazzo sta succedendo.” disse con un tono di voce incredibilmente basso e la fronte così corrugata che le rughe sembravano essersi scolpite sulla pelle.
Accanto a Mathias, sullo stupite della porta, sbucò in tutta calma un uomo con un lungo vestito viola e l’espressione annoiata.
“Che avvenimento curioso.” mormorò, fissando Lukas. Abbassò gli occhi sull’uomo a terra e sembrò illuminarsi. “Dan!”
“Norge! Allora sei qui!”
Norvegia scostò Mathias in modo poco gentile e si avvicinò all’altro Danimarca, inginocchiandosi e ricambiando il suo abbraccio.
“Dov’è Islanda?”
“Non lo so, magari è qui nei paraggi, dato che noi siamo caduti vicini...”
“Aspettate, caduti da dove? Cosa siete?” esordì Mathias, confuso.
“... Da quello che vedo, noi siamo voi. Oppure voi siete noi. Oppure siete persone incredibilmente simili a noi. Siete nazioni? In che anno del Signore siamo?” chiese il Norvegia seduto a terra, ancora tra le braccia del suo Danimarca.
“Una cosa per volta.” si intromise Lukas, facendo qualche passo verso di loro. “Mi sembra chiaro che voi siate i Norvegia e Danimarca del passato, visti i vostri abiti. Cioè, sì, siete noi, ma...”
“Benvenuti nel 2013!” esclamò Mathias.
Lukas lo zittì con un’occhiata e poggiò le mani sulle ginocchia, chinandosi verso i due seduti a terra.
“Da che anno venite? Come siete arrivati qui?”
I due iniziarono a parlare risoluti, ognuno per conto proprio, talmente velocemente che non si riuscì a distinguere nessuna parola oltre "Islanda!".
Lukas inclinò la testa e fece una smorfia, cercando di capire. “Parliamone con calma davanti a una tazza di caffè.”
La risposta che ottenne fu incredibilmente veloce e sincronizzata:
“Una tazza di che!?” 

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Angolo autrice
Breve primo capitolo per tastare il terreno!
E quindi mi sono buttata su questa nuova storia che avevo in mente da aprile...
Spero che vi piaccia e che vi abbia interessato! Fatemi sapere! :3
Un bacio!
   
 
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