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Autore: Lola_91    13/07/2013    2 recensioni
Giulia è un ragazza adolescente e spesso si trova tra tornadi di emozioni che nemmeno lei sapeva che esistessero! sola e senza una vera e propria famiglia vive la sua estate sotto l'ombra della cugina, bella e voluta da tutti. si trasferisce a Londra per raggiungere il padre. lì conosce Niall che da subito non saprà che si tratta del famoso cantante. personaggi famosi cercheranno di metterle i bastoni nelle ruote e di impedire che questo amore cresca ma amiche impensabili la aiuteranno a rivivere il suo amore con la certezza che durerà per sempre.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO 1
Sto leggendo un giornale, con le cuffie nelle orecchie che mi sparano nei timpani Il cigno nero di Fedez, mentre aspetto che anche l’ultimo giro della maledetta lavatrice che mi sta di fronte, con tutte le cose sudice ma ormai pulite della mia famiglia, finisca. In realtà quale famiglia? Già. Io vivo con mio padre che praticamente non c’è mai, per cui vivo con zia Gabriella, ma quindi io ce l’ho una famiglia? Macchè. Ma non me ne frega niente. Sto bene anche da sola. Più che altro sto bene perché faccio la mantenuta sotto il tetto della sorella di papà, perciò non ho problemi. La roba che c’è nella lavatrice è dei miei zii e mia, ma poca roba è mia. Mio padre è a Londra per motivi di lavoro, che essendo il socio di un tizio imprenditore, viaggia molto facendo il padre da lontano e mandandomi un regalino schifoso ogni mese. Mia madre invece è stata più furba di me, infatti si è sposata un riccone figlio di papà e si è stabilita in America. L’avrei seguita volentieri ma la mia vita è tutta qui, in Italia. Il mio paese non è molto grande ma mi piace perché c’è tutto, piccolo, ma tutto. Insomma c’è un piccolo cinema, la banca, la chiesa, il comune e altre robe che servono ai grandi, un centro parrocchiale e un parco giochi. Ah dimenticavo che ci sono almeno una decina di bar, pizzerie e motel. E poi c’è la lavasecco. Io sono nella lavasecco. Già. È finita la scuola da due giorni e già faccio faccende di casa a tutto spiano, e quindi è meglio che non le elenchi sennò non finisco più. Ma se giugno inizia così, luglio e agosto potrebbero essere peggio. Ma mi sta bene. Perlomeno non mi sento in colpa per essere stata scaricata dal padre nella villa degli zii. Esatto, non la casa o l’appartamento, ma la villa. I miei zii sono benestanti ma la loro prole lascia a desiderare parecchio. Infatti mia cugina passa le giornate estive nella loro piscina esosa con le amiche del cuore (come le definisce lei), ragazze costrette a seguirla e ad adularla (come le definisco io). Mia cugina si chiama Vanessa. Si ha proprio la faccia per quel nome, una faccia da strega. Gli si addice proprio. Vanessa ha due anni più di me ma sicuramente quattro in meno per quanto riguarda l’intelligenza. Veste rigorosamente Armani, D&G, Gucci, Chanel, e altre miriadi di marche che costano dai 200 in su. Io invece nonostante mio padre abbia un lavoro ben pagato mi limito al mercato o a qualche negozietto come H&M. Ma non perché sono tirchia, ma perché trovo inutile spendere 345 euro per una camicia di Armani, quando so che tra un anno non ci entrerò nemmeno con una mano. Ma mia cugina non la pensa come me, no di certo. È la ragazza più popolare della scuola, ha mille ragazzi che le cadono ai piedi e due imbambite che glieli leccano. Capelli biondi e lunghi, corpo magro ed esile con una tintarella da far invidia a Carlo Conti e beh…i soldi che sbatterebbe in faccia volentieri a chi dice che i soldi non fanno la felicità. Ma io mica mi lamento, peso 50 chili e sono alta uno e settanta. Mica la invidio. Io sto bene. Mora, carnagione dorata e occhi marroni cioccolato. Sono bella pure io. Mica solo la principessina sul pisello. Quando rientro a casa con la borsa la mia cuginetta del cuore non manca di farmi notare che dovrei fare shopping e cercarmi un fidanzato che sennò chiama il marito di Cenerentola a sollevarmi il morale. E dicendo la sua battuta quotidiana mi passa di fianco sventolando la chioma dorata, sculettando come un cammello e seguita a ruota dalle amichette che ridono come delle galline. Che dire, se loro si divertono con poco. Metto la roba nella lavanderia di Pamela, la domestica brasiliana, che poi ci pensa lei a sistemarle come vogliono i ricchi di casa. Le mie robe me le prendo da sola e le porto direttamente in camera mia, una modesta stanza di quattro metri per tre, confronto a quella di Vanessa che è sei metri per sette. Ma la mia è bellissima perché è completamente tappezzata da poster del mio idolo, FEDEZ, e poi c’è il terrazzo. È piccolo ma io lo adoro, soprattutto perché non da sul giardino dove le tre galline cantano ma si stende sul retro regalandomi la vista di un lago magnifico. Il lago di Garda è semplicemente fantastico quando arriva l’inverno e i tedeschi lo popolano. C’è vita! Ehi non sono mica una depressa solo perché ascolto un rapper!! Adesso mi vado a divertire anche io. Acchiappo asciugamano e occhiali da sole e il libro di Twilight, mi metto il costume sotto la mia canotta extra-larga e uscendo dalla villa mi dirigo alla spiaggia.
 
Quando arrivo mi stendo al sole con Fedez che mi canta nelle orecchie e mi addormento. Sogno che faccio il Dj nella canzone Erba cattiva mentre Fedez canta. Parla più che canta. Perché i rapper mica sono melodiosi e sdolcinati come quei froci che ascoltano le bimbe minchia, come si chiamano….One Direction e Justin Bieber. Che cazzate. No, i rapper sono molto meglio. Dicono come stanno le cose senza drammi, senza bugie, senza essere sdolcinati e melodrammatici, no loro dicono la fredda verità. È bello sapere che il proprio idolo non mente. Le parole di Fedez mi colpiscono sempre. Sono vere. Sono come se scherzassero sulla realtà, la politica, la droga, il sesso e anche sulla famiglia. E io in tante canzoni mi sono sentita protagonista. Infatti la mia famiglia non esiste più da sette anni, per cui fa schifo. E le uniche persone su cui puoi contare alla fine, sei solo tu e qualche parente che ti capisce, ma io non ho nemmeno quello.
Quando mi sveglio il sole sta tramontando. Mi rimetto la canotta e arrotolo l’asciugamano. Mentre mi dirigo nel mio quartiere due ragazzi vestiti total fluo mi si avvicinano e mi lasciano un volantino. È bello, fatto bene, complimenti a chi lo ha progettato. Il volantino dice che domani sera ci sarà una festa sulla spiaggia per tutti i ragazzi dai 14 anni in su. So che queste feste sono a base di alcool e che non sarebbe poi così sicuro andarci ma i miei genitori non ci sono, quindi io sono libera di divertirmi come voglio, quindi con una vena di trasgressione mi dirigo verso la villa decidendo che non me la posso perdere.
 
Ovviamente è mattina e Vanessa grida per la casa tutta felice perché alla festa ci andrà anche lei e urla dietro a Pamela ogni dieci minuti per dirle tutte le cose che deve preparare.
-Pamela non dimenticarti di lucidarmi le scarpe, devono essere una favola stasera è chiaro? E non confondere quelle sabbia con quelle dorate, voglio quelle sabbia!-
Tra le due paia di scarpe non c’è alcuna differenza. E anche se Pamela si sbaglia, Vanessa non se ne accorge mai. Per cui lasciamola urlare come vuole, tanto lo sa l’intero vicinato che sono solo urla per sentirsi bella ma soprattutto ricca. Stasera però ho deciso anche io di brillare, per cui mi metto i miei tacchi neri e un tubino color crema, il solo regalo intelligente di papà, il trucco sarà leggero, tanto poi cola tutto, gioielli niente tranne la mia solita collanina di bigiotteria e i miei soliti orecchini-per –tutte-le-occasioni. Sono andata solo una volta a una festa sulla spiaggia e mi ricordo di essermi divertita un sacco. I miei capelli sono a boccoli naturali per cui non ho bisogno di grandi pieghe. Mia cugina invece è già dal parrucchiere e poi diretta dall’estetista pronta a strapparle tutti i suoi schifosissimi peli del corpo. Di solito quando torna dall’estetista è tutta rossa in faccia, segno che ha fatto baffetti e sopracciglia, e tutta unta perché la pelle dopo la ceretta di secca molto e quindi Francesca, l’estetista, la immerge nell’olio di jojoba. Ma siccome detesta che la si veda in faccia dopo la visita a Francesca, si nasconde in camera sua ed esce solo alla sera prima di uscire. Non viene nemmeno a cena, la principessina, si fa portare infatti il piatto in camera da Pamela.
Io non ho molte amiche, anzi non ne ho e basta, ma conosco praticamente tutti e tutti conoscono me come la-cugina-depressa-della-Dea. Si, Vanessa è soprannominata Dea da tutto il paese. Ma io sono sicura che le ragazze la chiamano tutte Puttanella-bionda. Ne avevo sentite due che parlavano male di lei una volta che sono andata al bar. Ma il loro disprezzo era dettato dal fatto che una sarebbe potuta essere usata come cavia per testare creme da viso, tanto non ci sarebbe stato il problema di rovinarle la faccia anzi, e una diciamo che non avrebbe sicuramente avuto un futuro da modella.
 
È sera, e mentre mia cugina si fa accompagnare per dieci metri con l’Audi di famiglia, tutta nuova e bianca, mentre io mi faccio la “faticosa camminata”, come dice la principessina, tutta a piedi e con i tacchi. Mi piace camminare, mi rilassa. In questo momento ne approfitto per stendere un po’ i nervi tesi dall’emozione di ricevere le occhiatacce di tutti quando i miei tacchi toccheranno i sassi della spiaggia.
Quando arrivo alla festa mia cugina è già la reginetta della serata, ma questo almeno mi impedisce di sentirmi tutti gli occhi addosso degli altri. Arrivo vicino a quella che dovrebbe essere la pista da ballo. C’è un pezzo dei Club Dogo. Io adoro anche loro. Sono uno sballo!! Mi lancio in mezzo agli altri. Un ragazzo con i capelli leggermente schiariti dal sole mi si avvicina. Ha la pelle ben abbronzata e gli occhi nocciola. È bellissimo, non c’è che dire. Ballo con lui tutta sciolta. Mi cinge i fianchi con le mani e balliamo strettissimi. Talmente stretti che da dietro mi bacia il collo. Un brivido mi percorre la schiena e le braccia che il misterioso lui mi sta sfiorando facendomi venire la pelle d’oca. Le sue labbra sono morbide e toccano il mio collo come il tocco di una farfalla. Io intanto chiudo gli occhi e mi lascio trasportare da quel bacio che mi porta il sangue in superficie. Mi abbraccia sempre da dietro e mi stringe a sé tendendo sempre le labbra sul mio collo che ora mi è diventato bollente. Ho caldo. Ma sto lì e ballo tra le sue braccia e le sue labbra.
-chi sei?- mi sussurra nell’orecchio
-Giulia- rispondo
-sei carina…Giulia- dice il mio nome in un respiro
-tu chi sei?- chiedo sempre voltandogli le spalle
-Marco-
Balliamo ancora, ma non per molto. Infatti mia cugina si avvicina e lo strattona da dietro mettendogli le braccia al collo non appena se lo ritrova di fronte.
-Marco ma che fai??- gli chiede lei con la voce da gallina e lo sguardo da cretina
-ballavo con Giulia- e mi indica guardando lei serio, come per dire “lasciami ballare in pace”
-no no! Tesoro tu ora balli con me!!- gli dice mentre comincia a ballargli addosso manco fosse un palo da lup dance e leccandogli il collo.
-eddai Vane, fammi ballare con lei- cerca di dirle in modo carino lui mentre si scansa dalla sua lurida lingua da biscia.
Io intanto mi allontano schifata e lasciandolo in mano a quella strega. Non mi va proprio di sembrare la classica sfigata battuta dalla puttana.
-che c’è Giulia?? Sei rimasta sola??- mi grida Vanessa. Tutto tace nel giro di due secondi. Tutti sanno che adesso è il momento del “prendi in giro i pollo”. Un classico dei ragazzi di queste parti, succede a tutte le feste del paese, anche in discoteca, e chi inizia è sempre Vanessa, per quanto io sappia, che prende in giro le ragazze o i ragazzi meno fighi. Io in questo momento sono il pollo.
-allora??- mi guarda fissa ridendo –sei rimasta sola? Non ce l’hai il ragazzo??- e si morde un labbro facendo quel suo sguardo sensuale che stende i ragazzi, io invece lo trovo disgustoso. Ma io non mi faccio certo battere da una stronzetta come lei per cui rispondo
-beh Vanessa, sempre meglio non averlo che far passare a ogni ragazzo il mio apparato riproduttore!-
Un ululato generale è la ciliegina sulla torta per Vanessa, che ora è seria e sta per urlare. Ma per non rimanere schiacciata da me cambia discorso e punta su un altro tasto dolente lasciando Marco e avvicinandosi a me lentamente con passo da gatta eccitata.
-beh, io almeno non faccio shopping al mercato, non ho il padre lontano perché gli faccio schifo, non ho la madre che se ne va con un americano, cara!- si ferma davanti a me, a pochi centimetri mettendo in mostra tutto il suo strumento poderoso e allungando una gamba di lato e mettendo le mani sui fianchi, sorridendomi sicura di sé come solo lei sa fare.
-non devo certamente spiegazioni della mia vita a te brutta strega!- ribatto, ma già mi sento colpita nel mio punto più debole
-ma ti sei vista tesoro?? So perfettamente che mi invidi tutto specialmente…la famiglia- l’ultima parola la pronuncia lentamente, troppo lentamente per me, che sono lì a sentire tutte quelle lettere pronunciate da lei che formano parole e poi una frase che poi mi affonda come una barca da peschereccio.
Non dico niente e mi volto prima che le lacrime possano essere viste da più di 300 persone, tutte lì con lo stesso scopo che ha Vanessa, farmi del male, ma non fisicamente. Giuro che avrei preferito che mi pestassero a sangue, perché le parole fanno male, molto male. Perdi ogni sicurezza in te stessa, affondi nel terreno, e quando cammini ti senti grassa, brutta, piena di difetti, senza niente, povera e sola. Mi allontano da tutto e da tutti a pezzi ma soprattutto con la certezza di essere diventata 180 kili.
Mi pesano le gambe, mi fanno male i piedi e le vesciche sul retro dei piedi mi bruciano. Ma niente è più doloroso dell’amara sconfitta. È bestiale. Mi corrode sapere che tutte quelle parole quella strega le abbia dette per davvero, in pubblico e direttamente sulla mia faccia. Mi tolgo le scarpe e camminando a piedi scalzi sento l’asfalto rovente dalle ore di sole e tutti i sassolini e i mozziconi di sigaretta che si attaccano. Non mi fa schifo anzi, avrei preferito che mi attaccassero anche le cicche da masticare sotto i piedi piuttosto di sentirmi tanto male. I talloni mi sanguinano un po’. Sento che mi fa male, ma non importa perché tanto questi si possono disinfettare e coprire con un cerotto, ma non posso fare un trapianto di cuore. Nella testa mi rimbombano sempre quelle parole offensive sulla mia famiglia, sul mio abbigliamento, sulla mia vita. So che non sono la persona più fortunata del mondo ma piuttosto di essere in mezzo alla strada la mia situazione è decisamente da baciarsi le mani e anche i piedi.
Non me la sento di tornare a casa. Non voglio vedermi allo specchio della mia stanza. Ho sicuramente una faccia rigata dalle lacrime, il naso rosso e gli occhi che dimostrano tutto quello che ho passato. Si, non è la prima volta che succede e questo mi ricorda tutto….
 
Ero alle medie e un ragazzino mi prendeva continuamente in giro per tutto e io l’unica cosa che sapevo fare era piangere. Oltre a lui c’era una ragazza napoletana che seguiva un telefilm per ragazzine dove c’era una tipa bella che insultava una povera ragazza con l’apparecchio, e questa piangeva tutte le volte, come me, che mi sentivo gridare dietro racchia ormai da tutti i miei compagni di classe che non sapevano nemmeno chi fossi. Mi dicevano che non ero niente, che ero brutta. Ogni giorno della mia vita per tre anni tornavo a casa in lacrime. Quelle poche amiche che avevo non potevano nulla contro 20 persone. A me piaceva la scuola e ho sempre studiato volentieri, non mi dispiaceva, ma poi la scuola è diventato il mio incubo, la mia croce. Andavo a scuola con le gambe che tremavano sperando che quei due fossero stati assenti per tutta la vita, ma ogni volta erano sulla porta lì ad aspettarmi, sempre pronti allo sgambetto, all’insulto di essere racchia. E le mie lacrime correvano sulle mie guance ricordandomi che ancora una volta, per un’altra mattina, ero scesa all’inferno.
 
Mi siedo, ormai senza più lacrime da versare, su un muretto molto lontano dalla festa e mi ripeto che devo calmarmi e respirare a fondo. Mi dico che sono sempre io, bella e magra. Mi sento bella per un istante. Ma poi tutto cala su di me e tutto dentro sembra pesare il doppio. Ho la sensazione che tutto il mio corpo stia ingrassando a vista d’occhio. Ma non è così, lo so, lo vedo che sono sempre con il mio fisico, ma forse sono troppo triste e amareggiata per sentirmi bella. Quindi non sono bella.
-Giulia!- sento questa voce che mi chiama e so che è Marco, il tipo del ballo, quindi mi alzo e corro via non appena lo intravedo. Corro più che posso.
-Giulia aspetta!- ormai lo dice col fiatone, ma io di fiato ne ho ancora quindi corro e non mi fermo
-eddai Giulia fermati!!- sento che non ce la fa più, ma di certo non ho bisogno di sentirmi dire che Vanessa è così, che non ci devo badare, che era sbronza eccetera. So perfettamente che era più lucida di me per cui non credo che sto qui mi possa essere di grande conforto.
Mi sento tirare per un braccio, mi ha raggiunta.
-Giulia…finalmente ti ho fermata..oddio che corsa!!- tra un po’ sono sicura che gli scoppiano i polmoni
-senti mi dispiace per quello che è successo!- dice con tono da disperato a cui io non credo
-tutto bene? Dai fammi un sorriso almeno a me!- manco fosse il mio ragazzo. Ma che cazzo vuole?? Abbiamo ballato mica scopato! Alzo il viso, che fino a quel momento lo avevo tenuto abbassato, lo fisso mentre mi libero dalla sua presa.
-sparisci ipocrita!-
Mi lascia e io corro via più veloce del vento. Ho ancora fiato per allontanarmi di circa due kilometri. Mi fermo vicino a un casotto abbandonato e lì mi fermo e mi butto a terra mettendomi sdraiata sul fianco. Piango ancora e vorrei passare la notte lì, lontano da tutto e da tutti, ma soprattutto lontano da Vanessa, con la quale sono sicura dovrò condividere la casa per il resto dell’estate finché mio padre non torna.
Ma poi mi alzo perché penso che sia da stupidi passare l’intera estate allo stato selvatico. Con le gambe che tremano sempre per l’amarezza mi avvio per la strada di casa. 
  
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