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Autore: Sai Sama    14/07/2013    1 recensioni
"Se io sono l'autunno, morto per metà e pronto ad andare oltre, lui è la primavera, l'inizio acerbo della vita e per lui, quindi, la mia comprensione di ciò che inevitabilmente mi aspetta è impossibile."
Storia arrivata terza al concorso "Il puzzle...e la citazione"
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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• Lunghezza: 753 parole non contando il titolo
• Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico
• Avvertimenti: //
• Rating: Verde
• Credits: "Non esiste separazione definitiva fino a quando c'è il ricordo" La frase non è mia ma di Isabel Allende, dal libro Paula.
• Note dell'autore: Non ci sono molte note da fare, probabilmente la più importante riguarda l'approfondimento dei personaggi; come spesso succede io tendo a non approfondire il singolo personaggio, preferndo approfondire la situazione in cui sitrovano, in modo da, idealmente, permettere al lettore di immedesimarsi al meglio. Ma questa è solo una mia fissazione^^ Ah, come ho detto nei credits la citazione, in corsivo nel testo, è di Isabel Allende.
• Introduzione alla storia: "Se io sono l'autunno, morto per metà e pronto ad andare oltre, lui è la primavera, l'inizio acerbo della vita e per lui, quindi, la mia comprensione di ciò che inevitabilmente mi aspetta è impossibile."

 

La morte allo specchio

 
Bianco.
Freddo, gelido, impersonale bianco.
Tutti immaginano che la morte sia nera, un unico lungo e profondo abisso di oscurità che ti inghiotte senza più lasciarti andare, eppure io sono sicuro che non sia così, sono sicuro che in realtà la morte sia bianca.
Come le mura di quest'ospedale, come la neve che impedisce all'erba di crescere, come i camici dei medici e le ali degli angeli.
Perchè c'è un Angelo della Morte, ma nessun diavolo.
Ci avevate mai fatto caso?
Bhe, io si.
Troppo tempo per pensare e poco da fare.
-Trovato!-
La voce mi fa riprendere dai miei pensieri e sorrido quando mio fratello gemello mette trionfante il pezzo del puzzle che stiamo facendo nel posto corretto.
Uno dei pochi giochi che mi permettano di fare qui dentro.
Chiaramente non posso andarmene a correre in giro e i videogiochi o il pc mi fanno male agli occhi, quindi sono relegato a questa roba noiosa.
Non vedrò mai questo puzzle finito.
La verità della cosa mi colpisce con la forza di un pugno in pieno stomaco.
Non sopravviverò così a lungo.
Sapere che si sta per morire è una consapevolezza dolceamara, delicata eppure pesante, che si apposta nel tuo cervello e ti pervade tutto, fino a che non ne senti il sapore, l'odore, il suono, fino a che non la vedi e non la tocchi.
Sorrido a mio fratello, cercando pigramente un pezzo utile nella scatola che contiene i pezzi non ancora sistemati.
-Smettila.-
Alzo lo sguardo su Leo, fisso i suoi occhi chiari tanto uguali ai miei.
-Non fare quel sorriso.-
La sua voce è seria, così come il suo volto.
-Non sorridermi come se sapessi già tutto, come se avessi già fatto pace con tutto...come se fossi già pronto a lasciarmi.-
Lo guardo e guardo me stesso, quel me stesso che sarei dovuto essere, giovane e forte.
Allungo la mia mano e accarezzo i contorni del suo volto, le ossa dure che premono contro la pelle chiara, i contorni delle labbra strette, la linea cartilaginea del naso.
È come guardare in uno specchio, guardare la vita che non ho mai avuto.
-Non esiste separazione definitiva fino a quando c'è il ricordo.-
Dico, ritirando la mano e guardandolo alzare un sopracciglio in un'espressione confusa.
-L'ho letto in uno dei libri che ci hanno dato a scuola per le vacanze. In parole semplici, Leo, ti basta ricordarmi perchè una parte di me sia sempre con te. E tu sei facilitato in questo, ti basta guardarti allo specchio per ricordarti di me.-
Spiego, alzando le spalle e fermandomi all'improvviso durante il movimento con un sibilio di dolore.
-Non voglio ricordarti, voglio che tu viva.-
Cocciuto come sempre, scuoto la testa.
-La morte è la morte, quando vuole arrivare lo fa, senza che noi ci possiamo fare niente. Non sarei neanche dovuto vivere fino ad ora Leo, ho avuto anni in più, sono pronto ad andarmene.-
Semplice, lineare, un ragionamento che non fa una grinza, eppure so che per lui non è così.
Se io sono l'autunno, morto per metà e pronto ad andare oltre, lui è la primavera, l'inizio acerbo della vita e per lui quindi la mia comprensione di ciò che inevitabilmente mi aspetta è impossibile.
Gli voglio bene anche per questo.
Uguali come gocce d'acqua e diversi come un serpente e un topo.
-Leo, voglio che tu finisca questo puzzle.-
D'altro canto non c'è molto altro che possa chiedergli, ma quel: "vivi anche per me" è rimasto sospeso tra noi, non detto.
Leo non risponde, ma si china a mettere con delicatezza il pezzo fatto del puzzle nella scatola, per poi buttarci dentro tutti i pezzi non ancora utilizzati.
-Ti odio. Ma non ti dimenticherò mai.-
Questa è l'ultima cosa che mi dice, sulla soglia della porta, rivolto in avanti e la testa appena voltata verso di me, in modo che riesca a vedermi solo con la coda dell'occhio, come se non riuscisse a guardasi indietro, come se facesse già male.
Anche a me il cuore fa male, e stavolta non è per la mia malattia.
-Lo so.-
Le parole rimbombano per la stanza bianca ormai vuota a parte me.
Mi volto verso la finestra, ormai è buio e il mio volto pallido e emaciato si riflette nel vetro, e mi rendo conto che da ora in poi ogni volta che si guarderà, mio fratello vedrà la morte allo specchio.
 
 
 
   
 
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