Il veleno del peccato.
Uno sguardo
fugace, quasi feroce, lontano eppure abbastanza vicino da sfiorare il confine
troppo sottile che li separava. Furono le parole dette a toccarlo per davvero e
i gesti che seguirono a oltrepassarlo. Il tocco leggero delle sue mani guantate
e il dolce fruscio del suo vestito spensero l’ultime barlume di raziocinio che
gli era rimasto, mentre, sospinto da un desiderio famelico, aveva infranto ogni
distanza e aveva cercato di nuovo i suoi occhi per ritrovarli eternati in uno
sguardo che sembrava poter penetrargli l’anima, e trafiggerla, e salvarla. Ma
sentiva bruciante, di fronte a quell’azzurro intenso che lo fissava, il peso
del peccato, un peccato diverso, nuovo, un peccato non suo, il cui grido
sembrava risvegliare una coscienza troppo a lungo addormentata.
Fu un grande peccato, quello di
chi inventò la coscienza. Perdiamola per qualche ora. [1]
“Non
dovreste…”
“Allontanatevi”
La
confusione che la attanagliava sembrava averle fatto perdere la capacità di
discernere i suoni: nessuna parola era uscita dalle labbra del suo visitatore
né dalle sue serrate come per trattenere l’impulso che l’aveva pervasa, eppure
le sue orecchie si riempivano di quei mancati avvertimenti. La mano del Lord
Cancelliere tra i suoi lunghi capelli sciolti era una sensazione pericolosa, ma
Caterina, immobile con quegli occhi innocenti spalancati, si lasciava andare
inconsapevolmente di buon grado alla carezza di quel futuro rimorso.
Spesso una goccia di
male contamina la sostanza più pura. [2]
Lei era
stupenda, come un angelo con le ali spezzate che sembrava essere destinato a
peccare, peccare con lui, diavolo apparente che non poteva redimersi se non
peccando ancora. Il confine tra Inferno e Paradiso non era il Purgatorio, ma il
contatto tra i loro corpi. E per la prima volta comprendono che una parte di
vita va vissuta sulla terra, e per la prima volta comprendono che sulla terra
c’è la carne e la carne ha desideri che lo spirito alle volte si rifiuta di
condannare, ma anzi al contrario inaspettatamente asseconda per sopravvivere.
Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio.
[3]
Thomas
Cromwell era il male, ma un genere di male che la faceva sentire bene, un
genere di male che la rendeva libera, libera di conoscere il piacere. Le sue
grandi mani sul suo corpo e le sue labbra che coprivano ogni suo respiro;
scuoteva la testa la Principessa vedova, ma ogni parte di lei non smetteva di
tremare ad ogni rinnovato contatto. Vita, morte, odio, amore, peccato,
redenzione, si compendiavano in quell’incontro di due esseri che per un breve
spazio smettevano di essere.
Ti odierò se potrò, altrimenti ti
amerò mio malgrado. [4]
Un altro incontro, altri due, tre, e innumerevoli
diventavano le parentesi di vita che avevano iniziato a ritagliare come fossero
pezzi di un puzzle già di per sé complicato. Complicato, com’era per lei la
ricerca di una giustificazione; complicato, com’era per lui la ricerca di una
via di uscita dal molteplice dilemma in cui si trovava coinvolto: bene o male,
amore o odio, ciò che voleva o ciò che doveva. Caterina era entrata nella sua
vita di prepotenza insieme al grande problema del Re che lo aveva portato al
potere, ma nel suo cuore c’era entrata per caso, lentamente, portando l’indefinibile
a diventare sublime. Eppure l’assaggio di Paradiso che aveva avuto non poteva
essere sufficiente ad annientare l’Inferno cui inevitabilmente apparteneva e
lui elevarsi al di sopra non sapeva.
L'uomo non è né
angelo né bestia, e disgrazia vuole che chi vorrebbe far l'angelo fa la bestia.
[5]
Era una sera di
Gennaio quella destinata ad essere scenario del loro ultimo incontro. Seduti
uno di fronte all’altra, con due calici di vino vicini eppure non abbastanza da poter essere confusi,
Thomas prese con impercettibile esitazione il suo, cercando di non tradirsi,
mentre era lei quella che stava tradendo.
“Cosa succede,
Master Cromwell?” chiese lei in un sospiro, afferrando anche lei il calice e
piantandogli i suoi occhi cristallini addosso.
“Tutto e niente”
rispose lui enigmaticamente, distogliendo lo sguardo e stringendosi le mani
come per bloccarsi dal bloccare lei.
Ma Caterina
aveva già avvicinato la bevanda alle labbra e non aveva frapposto indugi prima
di iniziare a sorseggiarla. Era inaspettatamente insapore il gusto del veleno.
Perché questo era il contenuto reale del calice che aveva tra le mani e questo
lo sapevano entrambi. Thomas aveva portato a termine la sua missione e Caterina
aveva acconsentito; del resto era assuefatta da tempo ad un veleno più letale.
Di tutti i
veleni l'anima è il più forte. [6]
[1] Fitzgerald [2] Shakespeare [3]
Foscolo [4] Ovidio [5] Pascal [6] Novalis