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Autore: Ashbear    14/07/2013    0 recensioni
Rinoa e Squall. Una storia per tutti coloro che non avrebbero mai voluto che la storia d'amore finisse. Nella buona e nella cattiva sorte, questa storia segue i primi quattro mesi della loro relazione. È il viaggio della scoperta, il viaggio che insegna.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rinoa Heartilly, Squall Leonheart
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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DANCING IN TIME
scritto da Ashbear, tradotto da Alessia Heartilly e Shu
~ Capitolo XXX: Un tempo per Nascere ~

4 luglio

Nel buio dell'aula, tutto sembrava a posto. Non c'era il bene, non c'era il male, e non c'erano le sfumature di grigio. Si sentiva velata nel nascondiglio delle ombre; voleva poter svanire lentamente nelle loro profondità. In questo regno, sarebbe stata dimenticata, lasciata alle prove della sua immaginazione. Lì era al sicuro dall'ignoranza e dalla falsità del mondo; ma anche lì non era al sicuro dal proprio giudizio. Rinoa si sentiva come se avesse raggiunto un accordo silenzioso con i suoi più cari amici. Loro sapevano chi, cosa era diventata - e l'avevano accettata per questo.

Squall l'aveva accettata per questo.

Aveva cercato di dimenticare. Dio, quanto provava sempre a dimenticare quella realtà. Voleva essere normale. Voleva solo essere vista come un'adolescente media tra la popolazione del Garden - tra la popolazione del mondo. Negli ultimi mesi, aveva lentamente iniziato ad accettare il fantastico potere che possedeva. Anzi, una volta aveva persino detto a Squall che era felice del suo destino.

Ma lo era?

Certo, Rinoa aveva a cuore il legame che condivideva con il suo Cavaliere. Ma era dovuto solo alla novità della loro relazione, o alla sua inesperienza e apparente ingenuità di ciò che era sconosciuto? Erano entrambi mentalmente e fisicamente adolescenti, ma entrambi erano stati costretti a crescere oltre l'età anagrafica. Con il tempo, lui si sarebbe stancato e avrebbe provato risentimento per il suo dovere? Non c'era onestamente nulla che li tenesse legati. Lui poteva svegliarsi un mattino e accorgersi di in che cosa si era andato a cacciare. Poteva facilmente dirle addio e non guardarsi mai indietro; lei non avrebbe mai avuto quella scelta.

Le relazioni finiscono. Era semplice. E una relazione con Squall Leonhart sembrava sempre più improbabile più tempo passava a pensarci. Lui aveva il Garden. Lei che cos'aveva? Aveva un mucchio di dubbi e legami interrotti. Aveva molti obiettivi nobili e sogni idealistici. Soprattutto, aveva un mondo di persone che avrebbero potuto volere il suo sangue, se avessero scoperto la verità. Non aveva nemmeno ancora avuto il coraggio di dirlo a suo padre, come poteva affrontare il mondo?

Sembrava che fallisse disperatamente, a prescindere dalle circostanze.

"Rinoa." La voce di Squall tagliò dolcemente l'aria. All'inizio la spaventò; non aveva sentito entrare nessuno, anche se non era impossibile sentirlo tra le lacrime. Era patetico che la Strega di cui tutti potevano avere paura stava seduta in un angolo buio rannicchiata come una bambina fragile.

"Come?" riuscì a dire tra singhiozzi spezzati.

Nessuno l'aveva vista andare da quella parte; almeno non credeva. Era a malapena riuscita a camminare nei corridoi deserti, ma era sicura che nessuno l'avesse vista. Lì, nascosta dalle ombre del Garden, pensava di essere invisibile per il mondo, anche per lui.

"Non lo so," rispose lui avvicinandosi al suono della sua voce. "Vorrei poterlo spiegare. Solo che - mi ha guidato qualcosa."

"I-io," iniziò a dire lei, ma non uscì altro. Non riusciva nemmeno a formare una frase coerente.

Il suo ultimo tentativo di parlare gli indicò la posizione esatta, e lui si avvicinò, evitando attentamente gli ostacoli lungo il tragitto. Mentre si avvicinava, riuscì a percepire la confusione e la paura di Rinoa. Il Cavaliere si inginocchiò a terra senza pensarci due volte, sedendosi direttamente accanto a lei. Era come se i suoi sensi fossero più ricettivi, in quel momento. Poteva quasi sentire l'odore delle lacrime salate che le riempivano gli occhi. Si sedette con le braccia sulle ginocchia e la schiena contro il muro. Si prendeva la piena responsabilità di ciò che lei stava provando.

"Rinoa, non lo sapevo."

"Per niente?"

Forse non era il momento di mettere in dubbio la sua parola, ma lui sapeva così tante cose sul Garden. Passava innumerevoli ore a lavorare, ad allenarsi e a vivere in quelle mura. Come aveva potuto non sapere che gli altri SeeD stavano facendo la stessa cosa? I SeeD bianchi... quelli che si sarebbero inevitabilmente allenati fino al regno di Artemisia. Quelli che l'avrebbero uccisa senza esitare.

Lui sospirò. Era responsabile di così tante cose, aveva affrontato così tante cose negli ultimi quindici mesi. Poteva a malapena ricordare metà delle cavolate che aveva sulla scrivania. Se ci si era imbattuto, se l'aveva letto superficialmente, onestamente non riusciva a ricordarlo. E se l'aveva guardato, probabilmente non avrebbe pensato all'esistenza dei SeeD bianchi nello stesso contesto in cui li pensava lei. Vedevano le cose in modo diverso - l'avevano sempre fatto quando si trattava del Garden. Ora non poteva biasimarla. Dopo aver sentito Weatherly quella sera, aveva in verità più paura per ciò che le sarebbe toccato.

Non avrebbe mentito, ma non conosceva la verità esatta. Appoggiò la testa al muro e chiuse gli occhi. "Non penso di averlo saputo, onestamente non me lo ricordo. Ma Dio, Rinoa, avrei dovuto pensarci."

"Mi odiano," riuscì a dire lei attirandosi le gambe al petto e appoggiando la testa sulle ginocchia. "Mi vogliono morta. In realtà si allenano... per uccidermi."

"Rinoa, dannazione. Basta."

Permettendo al suo istinto di avere la meglio, lui la attirò a sé. Lei non oppose resistenza, si lasciò semplicemente cadere tra le sue braccia. "Non ti conoscono. Rin, non ti odiano, semplicemente non capiscono." Non sapeva di chi fossero i dubbi che cercava di dissipare, se suoi o di Rinoa. Accettò la colpa senza fare domande.

"Tu lo faresti?" Rinoa non singhiozzava più, preoccupata della possibile debolezza che mostrava, reale o no. Sembrava che tutto stesse crollando e aveva solo bisogno di qualcuno che facesse ordine in quei cocci. Doveva essere una notte che lei avrebbe ricordato per sempre - sfortunatamente si era trasformata in una notte che non avrebbe mai dimenticato. "Dico sul serio, Squall... se tu non mi conoscessi, capiresti?"

Di nuovo, non le avrebbe mentito. Lei si aspettava di più da lui, meritava di più. "No, non capirei." A quella risposta lei singhiozzò più forte, e lui sentì il suo penso aumentare contro il proprio petto. "Ma ci proverei," disse, così piano che poteva darsi che non fosse stato sentito. Si sentiva così impotente. Non riusciva a dire o a fare la cosa giusta. Si era perso. Dopo quello che era appena successo al piano di sotto, non sapeva come gestire quello che tutti volevano da lui. La maggior parte del tempo non sapeva cosa voleva da se stesso. Cosa poteva saperne degli altri?

"Mi ha chiamata ignobile scusa di vita."

"Chi l'ha fatto?" domandò Squall.

"Solo un... SeeD bianco."

"Un SeeD bianco sa che sei una Strega?" La mente del Cavaliere iniziò a galoppare, e un migliaio di scenari iniziarono ad affacciarsi alla sua mente. Non tentò nemmeno di cercare di nascondere il vacillare della sua voce. Avrebbero dovuto farlo secondo i loro tempi; sarebbe stato dannato piuttosto che lasciar controllare la loro vita a qualcun altro.

Rinoa sentì che lui si irrigidiva e che gli batteva più forte il cuore. Dopo tutto stava usando il suo corpo come supporto.

"No," chiarì Rinoa. "Non sapeva nello specifico di me, è solo che si riferiva alle Streghe in generale. A quanto pare, non sapeva nemmeno che io sono la tua ragazza."

"Oh."

Squall si sentì piuttosto imbarazzato per ciò che aveva supposto. Anche se questo portava alla domanda: che cosa aveva portato all'argomento Streghe, tanto per cominciare? Soprattutto, il fatto di essere la sua ragazza che cosa c'entrava con tutto il resto? Ora era solo tanto irritato e confuso quanto prima.

"Rin, dimmi esattamente cos'è successo, ok?"

"Un SeeD bianco mi ha chiesto di ballare." Sospirò, asciugandosi le lacrime. "Quando ho visto la sua uniforme... ho solo... beh, immagino si possa dire che non ero in me. Immagino che abbia preso il mio shock come qualcosa... beh, più come meraviglia. Mi ha detto che mi avrebbe protetto dalle malvagie e vili Streghe o una cosa così. Come se fosse orgoglioso di questo."

"Mi dispiace."

"Dio, chi avrebbe mai pensato che l'idea di uccidermi sarebbe diventata una frase da rimorchio."

Tutta la situazione era quasi comica in modo morboso. Rinoa avrebbe potuto trovarci dell'umorismo, se non si fosse trattato di una discussione su gente che voleva il suo sangue. Si mosse per aggiustare la sua posizione, perché una parte dell'uniforme iniziava a lasciarle un marchio permanente sul viso. Lui sapeva che non poteva essere comoda; non che gli interessasse la propria scomodità, ma non voleva nemmeno rimanere in quell'aula. C'era una certa consolazione nel buio, ma voleva solo allontanarsi da tutto ciò che aveva a che fare con la SeeD - beh, il più lontano possibile senza lasciare l'edificio.

"Dai." Colse l'occasione per mettersi in piedi. Anche se notò che lei non lo seguiva, anzi: lei tornò a collassare contro il pavimento.

"Squall, non esiste che io torni là dentro." Rinoa si sentiva così infantile a restare a terra, come se fosse una bambina di quattro anni che fa i capricci in un negozio di giocattoli. Affrontare ciò che il mondo credeva era qualcosa che non era ancora pronta a fare.

"Lo so. Non te lo chiederei mai." Pensò all'ironia della cosa. Non esisteva che lui tornasse là dentro. Chissà, forse se ci avesse anche solo provato la sicurezza lo avrebbe fermato, dopo il suo sfogo pubblico. "Credimi, tornare è l'ultima cosa che passa nella mente anche a me."

Allungandosi di nuovo, la aiutò ad alzarsi. Lei tremava tra le sue braccia. "Rinoa, te lo prometto, non te lo farei mai. Fidati di me."

"Mi fido," sussurrò lei piano, ma senza esitazione. Quella semplice risposta lo rassicurò. Lui avrebbe gestito il mondo e i suoi problemi l'indomani; quella sera era stranamente in pace con quell'aspetto della sua vita.

Socchiudendo la porta, guardò in corridoio per assicurarsi che ci fosse via libera. Mentre la guidava lungo il corridoio, sentirono il ritmo della musica emanare dal salone. Se avesse indugiato ancora sull'incontro di quella sera, Rinoa avrebbe potuto sentirsi male. Invece si concentrò solamente sulla sensazione delle loro dita intrecciate mentre lui la guidava in silenzio. Prima di arrivare all'incrocio con un altro corridoio, lui si mosse verso una porta d'emergenza. Si infilò la mano in una tasca interna della giacca ed estrasse un passepartout. Se c'era un grosso vantaggio nell'essere il Comandante del Garden di Balamb, decisamente secondo lui era l'uso di quella scheda. E tanti saluti alla fama, alla gloria e all'adorazione dell'eroe che molti associavano alla sua posizione. Con quella semplice scheda poteva sfuggire ben oltre la portata del corpo studentesco.

Questo cambio di avvenimenti non placò la curiosità di Rinoa; anzi, la stuzzicò ancora di più. Lui aveva questo suo modo di guidarla e di farsi seguire da lei ciecamente, come nel loro viaggio di mezzanotte al Centro Addestramento di Trabia, o l'avventura mattutina al mausoleo della sua famiglia a Winhill.

"Squall, dove stiamo andando?"

"Ti puoi arrampicare?"

Non era una risposta; tutto quello che ottenne fu di portarla ad altre domande. Il Comandante si fermò, dopo che ebbero superato una coppia di porte tagliafuoco. Almeno lungo le scale si sentiva più a suo agio. Non c'era modo di essere trovati dal resto del Garden senza che partisse l'allarme antincendio. Per non parlare del fatto che la luce era confortante. L'unica illuminazione erano le luci di sicurezza, e lasciavano praticamente la scala in ombra.

"Cosa?" chiese lei. L'ultima cosa a cui pensava era arrampicarsi. A quanto pareva lui non aveva fatto il pieno di eccitazione dopo aver scalato una scogliera quella mattina.

"Puoi arrampicarti un pochino con il tuo vestito?"

"Intendi arrampicarti su quelle?" chiese Rinoa, indicando le svariate rampe di scale oltre le porte successive.

"Beh sì, anche quelle, ma intendevo più su una scala verticale."

"Ah... sì, penso di sì. Potrei dovermi togliere le scarpe." Si preoccupava per lui, a volte. Ma come aveva detto prima, si fidava di lui. E lo avrebbe seguito senza esitazione.

Lui sorrise brevemente prima di prendere di nuovo il comando. "Ok, allora saliamo."

*~*~*~*~*

Lui non le disse mai quante rampe di scale avrebbe dovuto scalare, e probabilmente per un buon motivo. La Strega era contenta di aver deciso di non contarle una per una; doveva essere un numero enorme, soprattutto con i tacchi alti. Da qualche parte nel mezzo dell'arrampicata si era fermata e si era tolta quelle scarpe scomode. Era più semplice camminare solo con le calze che con quelle atrocità. Onestamente, desiderava di aver scelto gli stivali da combattimento.

Stavano arrivando in cima, o almeno quello che immaginò Rinoa, data la lunghezza della loro avventura. Lui si fermò su un pianerottolo e sbloccò una porticina in metallo che gli arrivava circa alla vita. Senza dire nulla, lui saltò nello spazio più piccolo e si voltò, offrendole la mano.

"Uhm... va bene."

Lui le rivolse un sorriso estremamente raro, in cui sembrava davvero felice. Aveva visto quell'espressione solo una manciata di volte. Certo, lui a volte le faceva quel mezzo sorriso, ma c'era una differenza, come quella notte sul balcone. Quella era stata la prima volta in cui aveva visto la bellezza contenuta nel suo sorriso.

Sollevandola nello spazio più piccolo, lui riuscì a farci entrare entrambi prima di chiudere la porticina. Si tolse dalla tasca dell'uniforme una piccola torcia. A quanto pareva i SeeD erano sempre pronti a tutti, inclusi i blackout non previsti... e fare scale in spazi angusti e bui.

"Ok, vai prima tu, io sto dietro se cadi."

"Squall?" vacillò lei. "Uhm, indosso tipo un vestito."

Lui ridacchiò piano. "Sì, e prometto che non sbircerò. Voglio solo poter riuscire a prenderti se cadi. Io me la caverò benissimo a salire con la luce. L'ho già fatto svariate volte."

"Noto," rispose lei. Poi ebbe uno strano pensiero e sbottò a parlare prima di poterci pensare per bene. "Intendi da solo, vero?"

Lui sospirò, mentre gli brillavano gli occhi nella luce della torcia. "Sì, Rinoa, certo."

"Scusa," disse lei umilmente. Onestamente non sapeva per quale motivo l'avesse chiesto; poteva intuire dalla sua espressione che lui era leggermente ferito, ma passò velocemente.

"Sali e basta, io sarò proprio qui dietro."

Le mise una mano sulla schiena, guidandola verso una scala in metallo. Prima si era ritratto dal contatto con la sua pelle nuda, e ora si trovava ad indugiare per un secondo di troppo.

Non era semplice, dovette ammettere Rinoa. Lungo la salita si strappò il vestito; lo strato esterno di chiffon si rompeva facilmente. Non le importava; sapeva già che l'abito sarebbe stato pieno di sporco e fuliggine per quell'esperienza. Nulla al mondo a parte loro due aveva importanza in quel momento. La scala in metallo non era così alta, solo qualche piano di distanza. Certo, le sembrava che fosse davvero una montagna con lo sforzo che ci aveva messo, ma non aveva mai pensato di arrendersi. Era scomodo, ma non impossibile.

Quando si avvicinarono alla cima, c'era un'altra porta. Poteva a malapena vedere la serratura vista la scarsa illuminazione, ma immaginò logicamente che fosse l'unica opzione. Non era chiusa a chiave, e si aprì facilmente. Fece gli ultimi gradini e trovò il modo si superare la soglia senza perdere la propria grazia.

Quello che vide le tolse il fiato: una vista del Garden oltre ogni immaginazione. Anzi, era una vista dell'intero continente che la riempì di meraviglia. Si potevano vedere le luci della città a sud-ovest. Poteva perfino riconoscere le strade individuali dalla posizione dei lampioni e dei bordi sottolineati dai fari lampeggianti. Oltre quella distanza, poteva vedere le luci di piroscafi e pescherecci in mare. Era come se vedesse per la prima volta ciò che la circondava. Balamb era davvero spettacolare.

Si avvicinò velocemente alla ringhiera. Ignorò il dolore della ghiaia che le punse i piedi nudi. Rinoa si sporse e guardò in basso, dimenticandosi di ogni paura dell'altezza che poteva aver avuto. Da lì poteva vedere alcuni balconi di svariate parti del Garden. Credeva persino che uno fosse quello del salone, mentre altri erano stati aggiunti con la ristrutturazione. Le forme, i picchi e i pavimenti del Garden sembravano casuali da lì. Lassù tutto sembrava così triviale, anche se sapeva che dipendeva solo dalla sua prospettiva. Persino le macchine che riempivano il parcheggio non sembravano altro che giocattoli da bambini.

Poi andò sul lato opposto. Non c'era una visione completa a trecentosessanta gradi, per via della torre principale, che la ostruiva. Ad ogni modo, da quel lato poteva vedere il Centro Addestramento e persino la Zona Segreta. Dovette ridere a quell'idea - ora, questa era una zona segreta nel più letterale senso del termine. Era come se per un momento nel tempo avesse dimenticato tutti i suoi problemi. Era stata trasportata in un altro modo. Se aveva paura dell'altezza, non l'aveva mostrato. Era troppo meraviglioso per fermarsi a pensare a dettagli così insignificanti.

"Ti piace?" Le sussurrò all'orecchio una voce quasi seducente. La pelle di Rinoa fremette per la vicinanza. Rimase leggermente delusa quando lui si posizionò poi accanto a lei.

"È bellissimo, Squall." Sentì il vento giocare dolcemente con i capelli che le erano sfuggiti dalla pettinatura. Chiuse gli occhi e lasciò che la mente si appuntasse quel momento; era quasi perfetto.

"A me piace molto."

"Sei... sempre venuto qui?"

Lui scosse la testa e si appoggiò disinvolto alla ringhiera. "No, affatto."

Faceva caldo nel clima costiero di Balamb, anche se non di certo come quel giorno a Dollet. La temperatura quella sera era tollerabile, ma non era l'ideale per vari strati di vestiti. L'esterno non offriva la comodità dell'aria condizionata. Squall iniziò a togliersi la giacca dell'uniforme, mentre continuava, "prima che tu cominciassi a lavorare per Cid, ho dovuto portare qui alcuni tecnici di FH per della manutenzione di routine. Quando hanno finito sono rimasto qui per un po'... mi sembrava solo che fosse un posto lontano da tutto e da tutti."

Lei continuò a guardare l'orizzonte; non era nulla di meno che mozzafiato.

"Vieni qui molto?"

"Quando ho davvero bisogno di allontanarmi, o quando ne ho tempo, il che non è spesso."

"Quindi," disse, capendo il suo sacrificio, "perché mi hai portata qui adesso?"

Lui non rispose. Semplicemente non le rispose. Rinoa capì che quello era l'unico posto in cui lui si era permesso di fuggire, e lei si era intromessa come aveva fatto per qualsiasi altra cosa. Chiuse gli occhi e desiderò piangere ancora, ma lottò disperatamente contro quell'istinto. Forse avevano capito quando litigavano; forse aveva avuto ragione a voler evitare del tutto quella festa. Se non avesse mai partecipato, in quel momento sarebbe stata in camera sua a guardare la televisione con Angelo. Desiderava così profondamente tornare indietro a prima della serata; la consapevolezza di quella notte le avrebbe lasciato per sempre delle cicatrici. Ora sembrava che persino Squall soffrisse a causa sua.

"Che cosa vuoi, Rinoa?"

La sua risposta la colse alla sprovvista; che cosa significava quella domanda? Come se non si sentisse già abbastanza male per quella serata, ora lui aveva dei dubbi? Forse Squall l'aveva portata lì solo per dirle di non poter gestire certi aspetti della loro relazione. Era insicura e infantile, a volte. Era consapevole delle sue azioni, e di come a volte venissero fraintese dagli altri. Lui aveva il suo orgoglio e le sue lealtà; non avrebbe mai ammesso apertamente con lei cose del genere. Sapeva che quell'anno lo aveva prosciugato emotivamente, anche se lui non l'avrebbe mai mostrato. Lei aveva visto segnali, sprazzi delle sue incertezze, in quei momenti in cui le aveva permesso - per quanto accidentalmente - di vedere quella parte della sua personalità. Non avrebbe mai apertamente mostrato del risentimento nei suoi confronti o per il suo ruolo nella loro relazione.

Forse erano ancora le emozioni conflittuali dentro di lei; qualunque cosa fosse, si manifestava come una nebbia tormentosa che le copriva il giudizio. Ne sarebbe uscita con grazia, prima di portarlo giù con sé. Se qualcuno le avesse detto la sera prima che avrebbe anche solo contemplato una cosa del genere, avrebbe riso e sorriso. Ora non si scherzava affatto. Sembrava che la serietà di chi e che cosa lei era coprisse tutta la sua concentrazione... un'ignobile Strega...

"Mi dispiace", si scusò. Rinoa tenne gli occhi bassi, imbarazzata da alcuni dei suoi modi infantili, dalla sera in cui si erano incontrati fino a quel momento. "Non ti disturberò più. Mi dispiace se ti ho causato dei problemi."

"Rinoa!" Sentì salire la rabbia quando lei si scusò e iniziò ad allontanarsi. "Smettila, mio Dio, che stai facendo?"

Gettò con forza la giacca a terra. Tutto quello che lei faceva era scusarsi - rivoltava tutto su di lei, diceva 'scusa', e poi iniziava ad andarsene. Era uno stramaledetto schema, con lei. Poi lui si incolpava di qualsiasi cosa avesse fatto, o detto, di male e cercava di sistemare il problema. Per metà delle volte non aveva alcuna idea di che diavolo avesse fatto o non avesse fatto. Non pensavano secondo gli stessi schemi; sembrava che non fossero mai sulla stessa lunghezza d'onda.

"Perché fai sempre così, invece di parlarmi e basta? Non posso indovinare che cosa vuoi. Non capisco," pretese di sapere Squall facendo svariati passi verso di lei.

Lei non lo affrontò. Era bloccata, e sentiva un'improvvisa irritazione per i suoi commenti. Lui era sempre così vago; non sapeva mai cosa le stava dicendo. Per metà delle volte non riusciva a decifrare il suo umore, ed era stanca di camminare sui gusci d'uovo ogni volta che lui era nei paraggi. Era sicura che lui se ne sarebbe andato se avesse detto la cosa sbagliata - il problema era che sembrava che lei non dicesse mai la cosa giusta. Come poteva dirgli che cosa voleva, quando non era sicura di cosa voleva lui?

"Cosa c'è da capire, Squall? Cerco di stare fuori dai piedi. Cerco di non essere un peso per te. Ho solo così paura che-" Si fermò; le parole le si erano bloccate in gola. Se lui l'avesse saputo, sarebbe stato scocciato con lei... o forse si sarebbe sentito come se gli fosse stato tolto un peso.

Lui disprezzava la sensazione di dipendenza. Disprezzava non avere il controllo. Soprattutto, disprezzava i dubbi e la confusione. Non gli piaceva ciò che non aveva un regime specifico e una sembianza d'ordine - anche se si trovava a credere nella loro relazione, cosa che andava contro tutto ciò che gli era mai stato insegnato. Valeva la pena combattere innumerevoli battaglie per vincere quella guerra.

"Cosa, Rinoa, di cosa hai paura?"

Il suo tono era ancora autoritario, come se fosse più semplice quando poteva ricadere in qualcosa di familiare. Con quella voce dava ordini ai soldati. Loro dovevano ascoltarlo... ma lui sapeva che lei non era obbligata. Era difficile per lui spostarsi da un ruolo all'altro; era innaturale e a volte quasi forzato. Aveva passato così tanti anni a scappare via dagli altri e dai loro problemi. Era estremamente difficile per lui esprimere le sue emozioni. Anche quando desiderava farlo. Si allungò verso di lei, in un misto di disperazione e confusione. Lui non capiva... aveva solo bisogno di farlo. Aveva bisogno di lei.

Il suo tocco la colse di sorpresa. Perse quasi l'equilibrio quando si voltò velocemente verso di lui. "Dimmelo." Lui sembrava insicuro, e i suoi occhi esprimevano la stessa incertezza. "Di cosa hai davvero paura di questo posto? Di loro?" Cercò di strapparle una risposta. Ricordava i suoi stessi conflitti e l'immediatezza con cui non gli era piaciuto Weatherly. "Sono davvero i SeeD bianchi?"

Lei abbassò gli occhi e scosse la testa. Aveva paura di loro, certo, lo aveva ammesso da basso, nell'aula. Ma non era quello che l'aveva portata ad avere così tanti dubbi. Non poteva limitarsi a sorvolare sulla sua domanda con una risposta semplice come i 'SeeD bianchi'. Forse quella era la risposta che lui sperava di sentire, ma non era la verità completa.

"Hai paura di qualcosa. Posso... posso sentirlo," ammise, vergognandosi leggermente di permettersi di essere così emotivamente leggibile.

Dubitava che lei conoscesse l'impatto che ciò che pensava, e soprattutto ciò che temeva, aveva su come agiva lui. Non era sicuro nemmeno di cosa provasse lui stesso per quell'intrusione mentale. Era una sensazione a cui non era abituato, e a volte non riusciva a separare le emozioni e opinioni di Rinoa dalle proprie. Questo lo spaventava.

L'unico modo per muoversi da lì era andare avanti, e iniziava con lei che gli diceva la verità. "Rinoa, per favore dimmelo. Ho bisogno di saperlo."

Lei sapeva che lui non avrebbe mai implorato; non era nella sua natura farlo. Ma Squall Leonhart era arrivato vicino a farlo più di quanto avrebbe mai fatto. Era stato attraverso emozioni silenziose, gli occhi, e persino nel tono insicuro della voce. Lui aveva bisogno di conoscere la risposta, e non riusciva a pensare ad altro modo che non fosse chiederla a lei direttamente. Forse lei aveva camminato su gusci d'uova fin dal giorno in cui lo aveva incontrato. Forse i loro litigi e disaccordi del passato sarebbero sembrati insignificanti rispetto a ciò che li aspettava. Questa era la paura che lei aveva cercato di reprimere nei sogni. La paura che aveva avuto fin da quando aveva amato l'uomo in piedi davanti a lei in quel momento.

"Tu..." disse, soffocata a metà. Rinoa non riuscì a spiegare; riuscì a malapena a dire la prima parola. Non piangeva, ma le sembrava di avere il corpo seriamente disidratato. Mentre tremava nella sua presa, le ci volle tutta la sua forza per continuare. Gli occhi le bruciavano per il solo sforzo di tenerli aperti. "Ho paura che tu... tu-"

"Io?" domandò ad alta voce, senza trattenere lo shock e una punta di amarezza. Scosse la testa disgustato. La cosa più nauseante era che capiva che lei non lo stava ingannando. Desiderò poter percepire di non essere la causa della sua più grande paura, ma non sentì altro a parte la sua stessa confusione. Si ritrasse immediatamente da qualsiasi contatto fisico, chiudendo i pugni lungo i fianchi. Lei non avrebbe visto il suo dolore, la sua incertezza, o gli immediati pensieri di tradimento che annebbiavano tutti gli altri.

"Vattene," riuscì a dire, voltando la testa.

Non riusciva a sopportare di guardarla in quel momento. Si maledì per aver lasciato che qualcuno si avvicinasse così tanto a lui. Sapeva che era un errore; si rivoltano tutti contro di te, o alla fine se ne vanno. Sapeva che avrebbe dovuto darle più tempo - una spiegazione, delle scuse, qualsiasi patetico tentativo lei avesse da offrire. Ma dopo l'incontro con Cid, quella sera, sentiva che il suo mondo stava andando a pezzi. Qualsiasi tentativo sventurato avesse fatto di farsi una vita sembrava sfuggirgli dalle dita.

Lei era stupefatta della sua reazione brusca - di come sembrasse che lui la chiudesse fuori con tanta facilità dopo tutto quello che avevano passato. Forse era l'accumulo di una valanga emotiva che era iniziata con l'esame SeeD di quel giorno e si era ingrossata con l'incontro di quella sera. Conosceva il suo dolore, anche se lui cercava di mascherarne gli effetti. All'apparenza era persino calmo, a parte le nocche che diventavano bianche per quanto stringeva in pugni.

"Mi chiedi la verità e poi mi chiedi di andarmene? Beh, non me ne vado. Non questa volta, mi starai a sentire..." iniziò, anche se sembrava, dalla postura, che lui non avrebbe accolto bene la sua spiegazione - era immobile, rigido, e militare fino alle scarpe lucidate che in qualche modo si erano messe sull'attenti. L'unica cosa che non seguiva lo stereotipo del protocollo militare era che aveva la testa ancora voltata; rifiutava ancora di guardarla negli occhi.

"Squall, sto sperando... sto pregando... che tu non voglia davvero che io me ne vada. Non dirò che ti conosco completamente, non lo dirò mai. Spero solo che tutto quello che condividiamo basti a farmi capire una piccola parte di te - la parte di te che ha paura... proprio come me."

Inspirò, guardandolo alla ricerca di una reazione; lui aveva ancora gli occhi fissi sull'orizzonte.

"Volevi... no, Squall, avevi bisogno di sapere la verità." Rinoa iniziò a tremare per il salasso emotivo. Dopo un altro respiro profondo, seppe di dover parlare apertamente della sua paura. Persino in quel momento sapeva che quell'attimo avrebbe definito per sempre il suo futuro, e Dio, aveva bisogno che quel futuro fosse con lui...

"Ho paura che tu... che un giorno tu veda quanto puoi avere di meglio. Ci sono così tante cose con cui non mi posso paragonare..." Tutte le insicurezze e i dubbi di Rinoa sarebbero stati messi in piazza; lui l'avrebbe vista per ciò che lei era davvero...

"Dio, Squall, ti accorgerai che c'è così tanto di più là fuori. Sono una Strega - una Strega. Ti sveglierai e ti accorgerai cosa diavolo significa questo. Alla fine vedrai in cosa ti sei cacciato... ti accorgerai che non-"

Si fermò bruscamente, rimproverandosi per aver quasi detto che non mi ami più, ma sarebbe stato presuntuoso pensare anche solo che lui provasse questo, tanto per cominciare. Certo, sapeva a che a lui importava, non ne aveva mai dubitato, ma dove finiva l'affetto e iniziava il dovere? Si strinse le braccia intorno alle spalle nude, rabbrividendo per un'altra brezza. Forse non faceva così freddo fuori, ma sentiva un gelo nell'aria che le arrivava fino all'anima.

La voce le tremava, ma sapeva che era ora o mai più. Se lui voleva davvero sapere cosa divorava la sua sicurezza, non gli avrebbe più nascosto la verità. A quanto pareva quella sera avrebbe smesso di camminare su gusci d'uova con le sue parole, e avrebbe iniziato invece a colpirle con un martello immaginario.

"Domani, quando mi sveglierò, sarò ancora una Strega. Basta, è chi sono. È tutto ciò che sarò mai - è permanente. Un Cavaliere può essere semplicemente un titolo. Puoi tirarti indietro." Pronunciò dolcemente le ultime parole. "Io non valgo i problemi... lo vedrai."

Le parole lo ferirono profondamente. Avevano litigato in passato, ma era sempre stato qualcosa, credeva, nei confini di una normale relazione. Erano per la loro personalità o testardaggine. Erano per ragazzi del passato o gelosia infondata. Squall e Rinoa erano due personalità separate che cercavano di imparare, di affrontare, e soprattutto di mischiarsi l'una all'altra. Stava cercando semplicemente di trovare un terreno comune come coppia. Erano entrambi spaventati dalle infinite possibilità che avevano davanti. Ma questa, questa rivelazione era qualcosa che lui non poteva nemmeno iniziare a comprendere...

Lei non si fidava di lui.

Almeno, questa fu la sua riposta iniziale. Si costrinse a guardarla. Non voleva che lei vedesse l'effetto che avevano avuto su di lui le sue parole. Lei aveva detto di amarlo... e lui le aveva creduto. Per una volta nella vita, aveva creduto a qualcuno. Si allungò a posarle una mano su entrambe le spalle. Per quale motivo sentisse il bisogno di toccarla persino in quel momento non lo capiva. Il suo corpo reagì prima della sua mente, come succedeva spesso quando era coinvolta lei. Il fatto era che tutti volevano qualcosa da lui; in cuor suo, si rifiutava di credere che lei non fosse diversa. Lei era diversa. Doveva esserlo.

"Rinoa, è questo che pensi? Credi onestamente che me ne andrò da tutto questo, da noi?"

L'ira nella sua voce la spaventò. Rinoa desiderò poter tornare indietro nel tempo e far svanire nel nulla tutta quella serata. Sfortunatamente una Strega non aveva quel potere. E che gli dei aiutassero la Strega che credeva davvero che quella fosse la risposta. Poteva essere stata un'idea passeggera, ma persino lei sapeva che la realtà era un suggerimento contorto. Sapeva che per apprezzare davvero ciò che c'era di buono, avrebbe dovuto trionfare su ciò che c'era di cattivo.

Lui mise da parte la sua umiltà, lasciandosi i dubbi alle spalle. C'erano ancora, non sarebbero mai andati via del tutto, sarebbero solo stati sepolti abbastanza a lungo da vedere che cosa aveva davanti. Forse, dopo tutto il tempo in cui lui aveva avuto paura di essere abbandonato, lei aveva la stessa identica paura. Aveva paura di essere abbandonata da lui; aveva paura di affrontare il suo futuro da sola. Forse erano più simili di quanto sembrasse. Sarebbe stato dannato piuttosto che lasciarle sentire di essere sola in tutto quello.

"Ho delle novità per te, Rinoa: siamo in questa cosa insieme a prescindere da tutto. Non è qualcosa che mi abbandonerà - mai! Sto cercando di adattarmi a tutti questi cambiamenti. Sto cercando di capire chi sono. Non sei l'unica confusa, qui. Posso non essere la Strega, ma ne sento eccome gli effetti."

Lei sapeva che non era giusto credere che lui non avrebbe sofferto conseguenze se si fossero separati. Ma sapeva anche che alla fine, se fosse successo il peggio, lei avrebbe sofferto da sola. Il mondo lo avrebbe guardato come a una qualunque altra delle vittime impotenti della Strega. La terrorizzava il pensiero che un giorno anche lui potesse arrivare a crederci. O peggio, e lei fosse diventata malvagia e lui l'avesse seguita? Sarebbe stata davvero la sua rovina. In ogni caso, l'incertezza del futuro la spaventava più di quanto le piacesse ammettere.

Lui vacillò sulla sua convinzione. "Non conosco le parole per aggiustare questa cosa. Non posso dire quello che non capisco... conosco solo questa incertezza che è dentro di me. E qualunque cosa sia... è a causa tua. È a causa nostra. Non intendo arrendermi. Intendo usarla per crescere. Tu la userai per crescere."

Poteva non essere stato un discorso eloquente, ma non poteva offrirle altro in quel momento. Erano entrambi spaventati e appesantiti dall'ignoto che li guardava. Lui sapeva che però, qualunque cosa fosse quella che stava provando, qualunque cosa avesse imparato, lei ne avrebbe fatto parte - fino alla fine erano legati.

Le parole successive di Rinoa lo avrebbero perseguitato. Comunque, sarebbero state le parole che li avrebbero portati a capire il loro legame. Alla fine sarebbero state le parole che li avrebbero salvati.

"E se i SeeD bianchi hanno ragione? Squall, e se sono destinata a essere malvagia? Ero... lo sono stata in passato."

Lei parlò piano, e lo addolorò sentirla parlare così. Ma sapeva che lei aveva bisogno di parlarne; doveva accettare le sue paure. Non potevano affrontarle insieme se non sapevano dove erano radicate. Quindi la tenne semplicemente per le spalle, lasciandola parlare di un argomento che affrontavano pochissimo.

Da parte sua, lei aveva bisogno che lui sapesse che cosa era lei davvero - il male che giaceva in attesa dentro al suo corpo. Lo amava più di qualsiasi altra cosa al mondo; la cosa migliore che poteva fare era permettergli di saperlo. Mai aveva ammesso queste verità con qualcuno, ma erano state parte de suoi incubi in molte occasioni. Lui doveva conoscere il potere rivoltante che le scorreva nelle vene.

"Vuoi davvero sapere di cosa sono capace? Quando ero nello spazio, sono stata io a liberare Adele dalla sua prigione... ero la responsabile della Lunatic Pandora. Ho tradito tutta l'umanità, ho tradito te."

Si sporse in avanti, cadendo a terra. Squall la supportò immediatamente con le braccia, muovendosi per inginocchiarsi accanto a lei, mentre lei sembrava prendersi sulle spalle il peso di errori del passato.

"Squall, li ho uccisi - ho ucciso tutte quelle persone innocenti a Esthar. Riesco ancora a sentire le loro grida quando dormo. Non importa se tutti dicono che ero posseduta - sono state le mie mani a rompere il sigillo. Tu sai la verità Squall, Artemisia non poteva semplicemente prendere il mio corpo - io dovevo darglielo. Ho ceduto alla mia debolezza... ecco che cosa sono, Squall... debole."

Alla fine guardò verso di lui e disse qualcosa che non aveva mai immaginato di dire. "Non capisci? Ho paura che tu capisca quanto sono orribile in realtà..."

Allora Squall Leonhart capì che aveva scoperto due verità quella notte - non era solo che lei aveva paura di essere sola, era che non si fidava di se stessa. Aveva paura del potere che le correva dentro, aveva paura delle accuse, ma soprattutto aveva paura che il potere alla fine si sarebbe corrotto, e non poteva affrontare l'idea di fare del male.

Non si era mai accorto di quanto profondamente il diventare una Strega l'avesse marchiata. Certo, aveva accennato sulla Lagunarock che tutti sarebbero stati arrabbiati con lei. Ora vedeva con i suoi occhi quanto profondamente lei si incolpasse del Pianto Lunare. Sentire e vedere i SeeD bianchi quella sera confermava semplicemente tutto nella sua mente. Odiavano quelle come lei, ma non quanto lei odiava se stessa per ciò che era. Non era una cosa su cui sorvolare e basta, o da trattare con leggerezza.

"Rinoa..." sussurrò infine, dopo che gli parve che lei non avesse la volontà di continuare. Lì, sotto la luce, vide qualcosa che non aveva mai visto. Vide la paura e il disgusto di sé che c'erano ancora dentro di lei. Era grato di conoscere le paure, anche se era violentemente in disaccordo con esse. Rinoa era bellissima; non avrebbe mai potuto diventare la persona che credeva lei. Il fatto però era che lei ci credeva. Era un suo dovere come Cavaliere aiutarla a superare quelle paure, e vedere la loro forza insieme.

Per quanto riguardava l'altra paura, non poteva far nulla per rassicurarla che non l'avrebbe abbandonata - ci voleva tempo. Ironico, era lui a pensarla così; di solito era il contrario. Ma sapeva che la cosa migliore che potesse fare era starle accanto, anche se non la capiva. Sapeva anche e soprattutto che non potevano più evitare l'argomento del suo essere Strega. Anche se al momento non era di dominio pubblico, in futuro poteva non essere così. Dovevano capire e controllare il suo potere. Alla fine poteva alleviare parecchie paure... soprattutto quelle di Rinoa.

Spostandosi, Squall prese la giacca che aveva buttato per terra prima. Normalmente era estremamente attento alla sua uniforme. In quel momento non sembrava così importante. La stese il più possibile e si sedette su un lato, lasciando libera la parte più grande di tessuto. Con un semplice gesto, fece un cenno verso il posto libero. Lei accettò l'invito silenzioso, mentre tentava ancora di dare un senso a tutto ciò che era successo.

Con un sorriso malinconico si sedette. Era difficile con il vestito, e il risultato finale non fu dei più raffinati. Lui la mantenne in equilibrio, aiutandola mentre lottava con l'abito. Era strano come i loro amici dentro stessero bevendo, ballando e divertendosi un mondo, mentre loro facevano una discussione che avrebbe cambiato per sempre e inevitabilmente le loro vite.

Si sedettero leggermente separati; solo la gamba di Rinoa sfiorava quella di Squall, per la dimensione della coperta di fortuna. Lui si appoggiò le braccia sulle ginocchia, guardando verso il cielo notturno. Dopo essersi sfregato le mani per togliere i sassolini, si schiarì la gola.

"Rinoa, voglio capire questo legame tra noi. Non mi piace non avere il controllo delle mie emozioni, a volte. Soprattutto non mi piace il fatto che non ci sia un minimo avvertimento, sempre che ci sia. Inoltre non mi piace dover tentare di decifrare cosa significhino. Di solito quando lo capisco è semplicemente troppo tardi. Ci sono molte cose che non mi piacciono di questa situazione, ma ce ne sono di più che mi piacciono."

Non indugiò su quelle che gli piacevano; non era ancora disposto ad ammetterle apertamente. Sperava solo che lei capisse che quella parte gli avrebbe richiesto del tempo. Il fatto era che c'erano cose che gli piacevano, ed erano quelle che rendevano il negativo molto meno intimidatorio.

Continuò a parlare, voltandosi ora a guardarla. "Non accetterò mai che tu sia corrotta, non è nemmeno una realtà per me. Non potrò mai farti cambiare ciò che provi. Ma se puoi percepire cosa provo io, come riesco a fare io con te a volte, sai che non lo credo nemmeno per un secondo. Forse non è la conferma che ti serve, ma è tutto ciò che ho da offrirti."

In quel momento per lei era abbastanza. Lui aveva ragione; le sue paure non sarebbero svanite all'istante con le parole. Potevano non svanire mai del tutto, ma poteva imparare a superare i dubbi con il suo aiuto. Voleva imparare ad usare il potere in equilibrio con quello di Squall. Era lì che credeva davvero che ci fosse la loro forza. Se poteva usare le sue capacità per aiutare gli altri, che fosse con magie di guarigione o di protezione, sarebbe stata disposta a stare al fianco dei suoi amici e soprattutto del suo Cavaliere.

Rinoa lo guardò direttamente negli occhi. La Strega si appoggiò alla sua forza interna, forza da cui era arrivata a dipendere nei mesi. Pronunciò le parole come se fossero la cosa più ovvia del mondo. "Squall, sono una Strega."

"Sì, lo sei." Annuì, capendo il significato della sua dichiarazione.

"Perché è così difficile per me ammetterlo ad alta voce?"

Squall non aveva una risposta immediata. Lentamente, le mise un braccio intorno alle spalle, guidandola gentilmente accanto a sé. Lei si appoggiò al suo petto. Era una scena che ricordava quello che era successo prima nell'aula, e così tante volte ancora. Poteva essere assolutamente infilata nelle categorie delle 'cose che gli piacevano' di quella relazione, anche se non lo disse.

"Rinoa, non è il fatto che per te sia difficile da dire, il problema è che è difficile per gli altri ascoltare. C'è differenza. Tu dici una cosa, ma loro ne sentono un'altra."

"Tipo che voglio dominare il mondo e uccidere tutti quelli che si oppongono?"

Lui sospirò. "Sfortunatamente sì."

"Perché la gente pensa che con il potere arrivi la felicità?"

"Chiedi a me della gente?"

Sapeva che era una domanda retorica. Chi sapeva perché al mondo qualcuno faceva qualcosa? Artemisia, Adele... a dire il vero, non c'era nemmeno bisogno di limitarlo a una Strega: Norg, Vinzer Deling, e moltissimi altri prima di loro provavano questa cosa. Che cos'era il potere, comunque? Per definizione, alcuni pensavano che Squall stesso fosse potente, eppure eccolo lì a sentirsi piuttosto impotente su un tetto nascosto al resto del mondo.

Come fosse un segnale, sentì una sgradita vibrazione nella tasca, che aveva imparato a disprezzare dalla sua apparente 'ascesa al potere'. Persino lì sopra non poteva nascondersi dai suoi doveri di Comandante del Garden di Balamb. Sapeva che anche lei era consapevole che gli stava squillando il cellulare; era evidente anche dove si trovava lei.

"Squall, ti stanno chiamando."

"Sì, vero," disse lui, respingendo la chiamata con la mano libera.

"Non devi tornare giù?" chiese lei voltando la testa per guardarlo quando lui non fece alcun tentativo di muoversi.

Lui incontrò il suo sguardo lentamente e deliberatamente. Di proposito, spostò il braccio dalle spalle alla vita di Rinoa e sussurrò piano, "mi sembra di essere esattamente dove devo essere."

"...E i tuoi doveri?"

Lui la schernì, pensando a ciò che era successo prima nel salone. "Penso che la SeeD e tutti i suoi problemi ci saranno anche domattina."

Il Comandante rifletté tra sé e sé prima di parlare ancora. Ad ogni modo alla fine sarebbe saltato fuori, e lui doveva affrontare l'argomento. "Rin, penso che avrò un po' di tempo libero dal lavoro."

Lei piegò la testa confusa, ritraendosi leggermente. Era molto improbabile che lui si prendesse del tempo libero; così le era stato detto. Gli veniva concesso occasionalmente un fine settimana libero, come quando erano stati a Winhill. Comunque, durante il suo incarico al Garden, non si era mai sentito di un tempo prolungato di assenza.

"Intendi che andrai in vacanza?"

"Non proprio. È più come... tempo libero obbligatorio."

Voltò la testa mentre ammetteva quel fatto. Il Comandante sapeva che non era sceso completamente a patti con ciò che era successo prima. In un certo senso, si sentiva come se avesse tradito tutto ciò che aveva mai saputo. Eppure sapeva che non era un tradimento alla SeeD, sono di alcuni dei loro arcaici concetti sulle Streghe.

"Cosa è successo?"

"Ho disobbedito a un ordine diretto, tra le altre cose."

Sapeva che avrebbe dovuto spiegare, ma in quel momento aveva solo bisogno di averla accanto. Quando, quando era diventato quel tipo di persona? A un certo punto avrebbe raccontato il suo scambio con Cid, senza preoccuparsi di chi ne rimaneva ferito. La verità era assoluta; le bugie e l'inganno erano per i deboli. Non le avrebbe mai detto una bugia, ma poteva facilmente evitare i fatti. In quel momento aveva bisogno del suo supporto, tanto quanto aveva bisogno di credere in loro. Aveva anche paura che lei si sarebbe addossata la colpa. Era quasi scontato, sapendo com'era fatta.

"Squall?"

Lui sorrise leggermente allungandosi e rifiutandosi di permetterle di ritrarsi ancora dalla sua stretta. Erano due adolescenti gettati in situazioni ben più grandi di loro, seduti in alto sopra il mondo che li elevava fino a quell'altezza. Eppure, dopo tutto, erano semplicemente due adolescenti insicuri delle emozioni che andavano loro incontro. Non erano eroi secondo loro; erano semplicemente Rinoa e Squall.

A volte la realtà lo sopraffaceva; avrebbe deriso chiunque si fosse trovato in quella posizione, un anno prima. Si trovò a vagare con le dita sulla pelle nuda della schiena di Rinoa, invece di cercare il tessuto. Forse poteva distrarla dal fare altre domande.

"Hey, hai visto quella stella?" Le baciò dolcemente la nuca, sperando di spostare la sua attenzione. Di sicuro aveva distratto lui abbastanza durante il corso della loro relazione, e anche qualche tempo prima.

Rinoa rabbrividì involontariamente quando sentì il suo respiro solleticarle la pelle sensibile. Comunque la giovane Strega sapeva cosa stava facendo, o cercando di fare, lui. In qualche modo, sapeva che stava nascondendo qualcosa della sua storia. Per quanto si godesse quel contatto, e Dio, se lo stava godendo, aveva bisogno di sapere cosa lui potesse aver fatto per giustificare quel tipo di punizione.

"Sei terribile a cambiare discorso, Squall Leonhart. Non mi arrendo così facilmente. Dimmi cosa è successo, o non me ne vado di qui."

Lui ridacchiò tra sé e sé per l'ironia della cosa. Forse se non le avesse mai detto cos'era successo, lei sarebbe rimasta lì per sempre. "Promesso?"

"Eh?" riuscì a dire lei, sempre provando a lottare contro la tentazione di cadere impotente nella nuova sensazione di essere toccata da lui. Perché Cid gli avrebbe anche solo proposto di prendersi del tempo libero? Per quanto ne sapeva Rinoa, era un SeeD modello, e un Comandante anche più stupefacente. Poi ricordò improvvisamente la sua confessione sul 'nessun avvertimento sul controllare le sue emozioni'. Era venuto a cercarla quasi subito dopo che lei aveva lasciato il salone; non aveva mai nemmeno considerato l'idea che le sue emozioni avessero avuto un effetto su di lui, quella sera. Prima aveva detto che 'lui poteva andarsene', ora sapeva che era vero tutto l'opposto. Ora si sentiva egoista per ciò che aveva detto, sapendo di aver in qualche modo causato quella punizione.

"Oh mio Dio, è stato a causa mia!" esclamò Rinoa quando capì. Si ritrasse immediatamente e cercò di alzarsi. Forse poteva rimediare a un po' del danno che aveva inconsciamente causato, anche se doveva marciare dritta di sotto e dire la verità a tutti. Lui non avrebbe dovuto soffrire a causa sua. Non meritava quella punizione; la meritava lei.

"Torna qui," disse lui offrendole la mano. Cercò in verità di non ridere al suo tentativo di alzarsi così in fretta. Rinoa somigliava a un cucciolo di Chocobo che cercava di stare in equilibrio su zampe incerte per la prima volta, anche se sembrava che il Chocobo potesse cavarsela meglio di lei. Sfortunatamente, inciampò con le dita nella parte strappata del vestito, cadendo all'indietro e atterrando in grembo a Squall. Lui si era preparato all'impatto; anche se non era certo la posizione più comoda al mondo, era ben lontana dall'essere la peggiore. In verità lei sembrava più imbarazzata di lui, per una volta, dalla situazione.

"Non pensarci nemmeno. Non sei stata tu, sono stato io. In quelle circostanze, non cambierei nulla di ciò che ho detto o fatto."

"Ma il tuo lavoro... non voglio che nulla lo metta a rischio," ammise lei in fretta.

"Ed è esattamente il motivo per cui sono qui. Non voglio niente che metta a rischio nessuno dei miei lavori..."

Si mosse in avanti, mettendosi davanti alla giacca. Poi si coricò del tutto, e lei lo guardò, incuriosita dalle sue azioni. Con il braccio che la teneva ancora morbidamente alla vita, la spinse delicatamente a stendersi accanto a lui. Aveva il petto in parte sul suo corpo e in parte sulla fodera in seta della giacca. Lui si mise un braccio sotto la testa; funzionava da cuscino scomodo. L'altro braccio non la lasciò andare. Lei non oppose resistenza, era in qualche modo paralizzata dal momento e dalla sua audacia. Era un momento raro, e lei aveva cura di ogni secondo in cui lui le permetteva di stargli vicino.

Parlavano raramente di come i suoi lavori insieme di Cavaliere e di Comandante potessero scontrarsi. Con un unico gesto, lui le disse più di quanto potessero fare le parole, solo continuando a tenerla stretta. Lei non avrebbe mai osato chiedergli di lasciare la SeeD, non se lo sarebbe mai aspettata da lui. Ma per tutte le notti in cui non si erano visti, o gli appuntamenti a pranzo cancellati, per lei significava un modo che lui ci fosse quando aveva bisogno di lui.

"Per quanto riguarda la SeeD, come ho detto, il lavoro ci sarà ancora domani. Avrò un rimprovero ufficiale, un po' di tempo libero obbligatorio per 'riflettere sulle mie azioni' e alla fine non cambierà niente. Posso dirti che non è la prima volta in cui mi è stato fatto rapporto o sono stato sospeso per qualche giorno. Ho avuto svariati scontri con il Comitato Disciplinare, ricordi?"

Le mosse le dita tra i capelli, giocando di nuovo inconsciamente con le ciocche libere dalla pettinatura.

"I tuoi scontri prima non erano per Seifer? Voglio dire, stavolta sei nei pasticci per colpa mia."

Rinoa distolse la testa dal suo petto, dove l'aveva posata. Era imbarazzata per avergli causato così tanti guai. Per non parlare del fatto secondario che era riuscita a parlare ancora di Seifer in un momento cruciale. L'ultima cosa di cui entrambi avevano bisogno era di tirar fuori quell'aspetto delle loro vite.

"Rinoa, ascoltami... non tutte le volte è stato per colpa di Seifer. Proprio come stanotte non è stato per colpa tua. Le mie azioni sono mie, e mie soltanto. A volte, come stasera, possono esserci circostanze attenuanti, ma alla fine la scelta è mia."

Sapeva che sarebbe stato difficile per lei accettare che lui era da biasimare; Rinoa si sarebbe presa sulle spalle tutti i fardelli del mondo se ne avesse avuto la possibilità. Comunque, aveva bisogno che lei capisse che c'era una sola persona nella sua vita che aveva colpe - lui stesso.

"Penso sia molto importante che tu capisca che quando parlavo con Cid stasera, ho capito che le parole e i sentimenti non erano del tutto miei. Avrei potuto decidere di fermarsi ad ogni momento. Il fatto era che... in fondo a tutto, ero d'accordo. I SeeD bianchi si sbagliano, è semplice. Non tutte le Streghe sono malvagie, è questo il pensiero ottuso che ci trattiene tutti."

Rinoa rimase insolitamente silenziosa. Parte di lei capiva le sue parole; si sarebbe sentita allo stesso modo a parti invertite. Se avesse continuato a incolpare se stessa, avrebbe solo fatto del male a lui, ed era l'ultima cosa che voleva fare. Quindi per il momento respinse il senso di colpa, lasciando semplicemente che il suono del suo respiro la cullasse in uno stato pacifico.

Quando lei non rispose, lui ne fu grato. Ad ogni modo c'era un'altra cosa che era sorpreso di voler ammettere. "Sai tenere un segreto?" Lei annuì in silenzio, permettendogli quella rara opportunità di esprimere se stesso.

"C'era qualcosa di quasi liberatorio in stanotte. So che avrei potuto gestire la situazione in maniera molto più... diplomatica. Ma per una volta sentivo di non essere legato a regole o protocolli." Ridacchiò leggermente, muovendosi quanto bastava per baciarla esitante sulla fronte. Poi posò la testa accanto a quella di Rinoa e chiuse gli occhi. "Credimi, so che i miei gesti erano del tutto fuori luogo, ma il solo essere qui, adesso... sembra quasi una ricompensa. Gestirò le conseguenze domani. Non cambierei per nulla al mondo quello che sto condividendo con te."

"Davvero?"

"Sì, davvero."

Rinoa sentì che se avesse risposto ancora avrebbe in qualche modo spezzato la magia che li circondava. Era sorprendente che fosse lui a cercare di alleggerire l'atmosfera, con un tentativo di umorismo fuori dagli schemi. "Aiuterebbe se ti dicessi che ti proteggerò da quegli ignobili SeeD bianchi e dalle loro pessime frasi da rimorchio?"

"Un po'." Sorrise, accoccolandosi più vicina. Sapeva che lui ci stava provando, e lo amava per questo. Non poté evitare di ricordare il loro primo incontro; la sua battuta d'apertura non era andata molto meglio.

"Ma Squall, nella scala generale del rimorchiare le donne, non so ballare non è tanto meglio come battuta."

"Questo mi offende. Se devo dire la verità, non stavo cercando di rimorchiarti... per quanto riguarda questo, nemmeno 'ti piaccio' è un classico a prova di rifiuto."

Lei sorrise tra sé e sé, ricordando quella notte con vivida chiarezza. "Beh, a quanto pare ha funzionato. Guarda dove sono adesso."

Lui continuò a giocare con le ciocche di capelli libere, dato che nemmeno lui se ne rendeva conto. "Ti piacerebbe pensare che è stato il tuo straordinario uso delle parole, vero? La verità è che... è stata la minigonna."

Lei boccheggiò forte, più per fare scena che altro. "Squall Leonhart, non l'hai detto davvero! Voglio dire, avevo già sentito quei commenti da Irvine, ma di certo non me li aspetto da te!"

"Sono umano... ed era una gonna corta."

"Chissenefrega," sbuffò lei. Rinoa fece finta di essere scocciata, anche se sapeva che lui non credeva alla recita nemmeno per un secondo. Ed era vero, l'anno prima aveva sentito di aver bisogno l'attenzione in qualche modo; ora non era così. Entrambi erano cresciuti e maturati nel frattempo, anche se non completamente; stavano ancora semplicemente affrontando quelle nuove sfide insieme.

Nel silenzio della notte, l'atmosfera passò da divertente a un po' più seria. Lei guardò la coperta del cielo punteggiata di stelle. Sembrava tutto così semplice, una volta; persino il cielo ora era carico di domande. "Squall, che cosa facciamo adesso?"

"Beh, penso che non si possa più trattare con così tanta disinvoltura il fatto che sei una Strega. Non lo annunceremo pubblicamente, ma dobbiamo essere pronti. Dobbiamo capire questo legame e come controllarlo."

Lei torse il collo per guardarlo mentre giacevano entrambi a terra. Sorrise quando i loro occhi si incontrarono; poteva vederci il presente e il futuro, poteva vederci un mondo ancora sconosciuto a entrambi.

Aveva bisogno che lui sapesse cosa provava; aveva bisogno che lui sapesse quanto significava per lei.

"Ti amo."

"Rinoa, io-"

Lei gli mise dolcemente un dito sulle labbra quando lo vide cercare di mascherare l'apprensione. Non voleva nulla in cambio se non ciò che le offriva in quel momento - la sua accettazione. Era un dono che considerava più prezioso di quanto due semplici parole potessero descrivere.

"Sshh, Squall, non dire nulla. Sappi solo che a volte ho bisogno di dirlo. Fa parte di chi sono."

Rinoa sorrise quando lui si rilassò sotto di lei. Non diceva mai quella frase senza un motivo, perché voleva che le parole avessero sempre il loro pieno significato. I gesti dicevano tutto, con lui, e quella sera significava più di quanto lui avrebbe mai saputo.

*~*~*~*~*

Era allo stesso tempo la notte più spiacevole e quella più confortante che avessero mai condiviso. Solo loro, il silenzio e la bellezza delle stelle lassù. Lei si era addormentata per prima, con la testa sul suo petto; lui riusciva a sentire il suo respiro caldo attraverso il tessuto della maglietta. Lei ogni tanto rabbrividiva involontariamente per il freddo della sera o per la mancanza di copertura che le offriva il vestito. Lui sapeva tutto ciò di cui lei era capace, e non considerò mai nemmeno una volta di tirarsi indietro.

Era quasi l'alba quando si svegliarono; l'umidità e la rugiada si erano mischiate al freddo della sera. Erano riusciti a scendere e alla fine erano andati ciascuno in camera sua. Rinoa non si preoccupò di cambiarsi, e cadde sul letto nelle prime ore del mattino. Ricordava a malapena di aver preso la coperta più vicina, rannicchiandosi vicino al calore di Angelo. Era quasi pomeriggio quando si svegliò, era dolorante e rigida per aver dormito sul tetto. Il vestito era scomodo, e il tessuto iniziava a darle prurito. A quel punto, non era nemmeno sicura di come fosse riuscita a riaddormentarsi con quello addosso - probabilmente una combinazione di stress e stanchezza.

Riuscì a tirarsi su a sedere, ignorando le proteste del suo corpo. Guardando il comodino, fu attratta da un oggetto sconosciuto. Era un'unica rosa rossa avvolta delicatamente nella carta. Sorrise radiosa mentre armeggiava con le dita per aprire la bustina accanto al fiore.

"Chissenefrega - per sempre"

Esaminò attentamente la rosa, guardò ogni intricato dettaglio. Dai petali che si curvavano all'infuori ai bordi dentellati delle foglie del fiore.

Ed era perfetto, proprio come lui.

*~*~*~*~*

Nota dell'autrice: wow, è finita... beh, tipo! I primi quattro mesi sono finiti, e ufficialmente Dancing in Time è arrivata alla sua conclusone. Penso che sia una buona cosa finire questa parte adesso: stavo finendo i "Tempo di..." per i titoli dei capitoli. Avrei dovuto iniziare a inventarli io, cosa che non va mai a finire bene.

Gli ultimi capitoli hanno stabilito il tono della prossima storia, che si concentrerà anche sui poteri di Rinoa. Sarà scritta allo stesso modo: storie brevi sia drammatiche che divertenti. Ovviamente la trama principale sarà la relazione in sé; chi avrebbe mai pensato che una semplice storia senza trama sarebbe andata avanti per oltre 180.000 parole. Ma credo che a volte la trama più grande possa essere la vita stessa. Ovviamente un sacco di cose sono rimaste in sospeso apposta, perché sono cattiva.

Grazie a tutti quelli che mi hanno aiutato a correggerla negli anni: Vick330, Robert, Lisa, e ovviamente Nicole, la mia migliore amica. Grazie a ognuno di voi che si è preso il tempo di leggere questa storia. Spero che vi siate divertiti a leggerla quanto io a scriverla. Apprezzo il supporto che mi avete dato negli anni, nei momenti belli e brutti. Spero di vedervi tutti per i prossimi otto mesi della relazione nel seguito, Endless Waltz.

Per adesso e per sempre, grazie del supporto.
Kristine (Ashbear)

"Just a turn of the cards, a roll of the dice,
I opened my eyes and
I'm dancing in time.
Who could have believed that the world would be mine?"
- James P. Dunne (Tema di "Lottery!")

*****
Nota delle traduttrici: il seguito di questa storia non è ancora finito, ma verrà comunque tradotto e pubblicato... solo quando sarà un po' più vicino alla fine :)
vi ricordo come sempre la newsletter, aggiungo anche la pagina facebook dedicata ad Ashbear, da cui potete seguire gli aggiornamenti in italiano e inglese, e come sempre ogni commento verrà tradotto & inoltrato ad Ashbear. Siccome abbiamo aperto su ff.net un account apposito, lo useremo per pubblicare le recensioni tradotte, e tradurremo poi ogni eventuale risposta dell'autrice, inviandole come risposte alle singole recensioni se serve.
Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

   
 
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