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Autore: itstimetolisa    15/07/2013    1 recensioni
Cassie Adams ha una cotta per Conor Maynard da due anni ed è sicura che lui non si accorgerà mai di lei.
Però spera sempre che un giorno tutto cambi, in fondo la speranza è l'ultima a morire.
E se magari quel giorno fosse...oggi?
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Conor Maynard, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Iniziava una nuova giornata di scuola.
Una nuova giornata in cui l’avrei visto ma sicuramente lui non avrebbe visto me.
Erano ormai due anni che avevo una cotta per Conor Maynard. Ma ovviamente non si era mai accorto di me, semplicemente per il fatto che lui era uno dei ragazzi più popolari della scuola e poteva avere tutte le ragazze che desiderava, perché mai avrebbe dovuto perdere tempo con me:
Cassie Adams, la ragazza timida che a scuola solo in pochi conoscono e non aveva nemmeno una media spettacolare. 
Esatto, ogni cosa girava sempre intondo a questa realtà dei fatti, eppure continuavo a sperare, e sperare e sperare, anche se mio fratello continuava a dirmi di lasciar perdere in quanto suo grande amico. 
Sentivo spesso dirmi: Non smettere mai di credere Non perdere tempo a sognare, ma ormai avevo smesso di ascoltare, ero racchiusa in una barriera di indifferenza e rammarico.
Se c’era una cosa che sapevo meglio dei testi di canzoni dei miei idoli e di citazioni di alcuni film o libri era che se una cotta durava più di quattro mesi poteva definirsi amore…ma ovviamente questa era solo una diceria che le donne di una certa età di mia madre amavano ripetere quasi come matra o vecchi saggi su una montagna desertica. 
   Osservai ancora per alcuni secondi l’entrata della mia scuola prima di decidermi a camminare.
Controllari il perimetro, stringendomi nel mio giubbotto quando il vento freddo di novembre mi colpì. Non era uno dei migliori momenti di Brighton, con il cielo plimbeo e grigio, l'umidità che si alzava e increspava i capelli e l'asfalto bagnata e scivolosa.
   Pochi ragazzi erano rimasti fuori, direi i più coraggiosi, perché la temperatura alle otto in punto di mattina era poco sopportabile in quel periodo dell'anno.
   Salii tre scalini e poggiai la mia mano sulla maniglia della porta, fredda a contatto con le mie mani riscaldate dalle tasche della giacca, e con un movimento deciso la abbassai. Il caldo mi investì subito, confortante e con un leggero tanfo di aria consumata e chiusa. Il corridoio era pieno di studenti che ridevano e parlottavano animatamente tra loro.
   Mi diressi verso il mio armadietto. Zigzagando tra la folla e cercando di schivare alcuni ragazzi che occupavano quasi tutta la parte iniziale del corriodio, con i loro scherzi e movimenti bruschi. Arrivai al mio amadietto, quasi alla fine del corridoio, vicino alla classe di biologia e inserii la combinazione. Ormai ero così abituata a fare quei movimenti, che non gli diedi tanta imprtanza e agii macchinamente: un automa più simile a una studentessa con le occhiaie. Una cosa, però, mi lasciò perplessa. Dall'armadietto di un blu cobaldo arrugginito cadde un piccolo foglietto piegato in modo molto accurato e di un bianco candido. Mi guardai attorno, pensando che forse era uno scherzo stupido dei miei stupidi compagni di scuola, ma nessuno sembrava prestarmi attenzione, continuavano a ridere per fatti loro. Allora loo raccolsi e lessi sul retro una scritta con una calligrafia assolutamente perfetta e lineare:    
“per Cassie”
   La fissai, analizzandola, qualche altro istante prima di decidermi ad aprirla. Osservai attentamente la carta: era bianca, con dei righi viola anche all'interno oltre che all'esterno. Aveva l'aspetto di essere completamente intonso, nonostante fosse stato strappato da un quaderno, cosa che non si riusciva a notare subito. Scossi la testa stralunata, sgranando impercettibilmente gli occhi man mano che andavo avanti nella lettura.
Sul biglietto c’era scritto, sempre con quella calligrafia ordinata, che alla pausa pranzo questo ragazzo anonimo mi avrebbe aspettato nel cortile dietro la scuola.
Setacciai ancora una volta tutti gli studenti prima che suonasse la campanella, per poi soffermarmi su uno in particolare: Conor.
   I suoi occhi celesti si incontrarono con i miei verdi per una frazione di secondo ma questo bastò per far andare il mio cuore dritto alle Olimpiadi per stracciare di brutto Bolt e vincere l'oro. Sembrava voler scappare e abbattere a pugni le mie costole per fiondarsi nelle braccia del ragazzo. Distolsi lo sguardo in fretta.
   Una testolina bionda mi fece sussultare mettendosi di fronte a me, sempre con uno dei suoi sorrisi che mi rallegravano la giornata dalle elementari.
   Allyson Forbes, la mia migliore amica da 10 anni.
«Ehi, Cass, cos’hai ora?»mi chiese sprizzando gioia come suo solito. Anche di mattina, un giorno scolastico per di più, sapeva essere allegra e vivace come non mai. La invidiavo un po', con i capelli lisci che nonostante l'aria umida rimanevano tali, gli occhi simili all'oro fuso e un sorriso che avrebbe potuto scintillare.
  «Adesso ho  la cosa che odio di più fare alle prima ora: Matematica» risposi con tono drammatico, mettendomi una mano sul viso teatrale, imitando una possibile tragedia greca. Chissà perché la matematica alla fine si era sviluppata in Grecia. 
   «Perfetto, anche io ho matematica» Allyson saltellò sprizzando sempre più gioia, rallegrata da questa notizia e ovviamente non badando al mio finto tono drammatico degno di oscar.
    Il nostro dialogo venne interrotto dal suono della campanella.
   Chiusi con uno scatto veloce il mio armadietto e seguii Allyson verso l’aula di matematica ma prima riposi il bigliettino nella tasca inferiore del mio zaino verde acqua con delle spille rosse e celesti. Un accozzaglia di colori, ma alla fine esprimevano i sentimentri contrastanti che provavo quasi ogni giorno. 

                                                                                              



   Subito dopo che il professore di letteratura finì di assegnare i compiti la campanella che annunciava la pausa pranzo suonò, con gran gioia di ogni studente - e sicuramente anche qualche professore scocciato di dover sempre badare a una banda di bambocci in piena crisi ormonale.
   I ragazzi della mia classe si alzarono velocemente, come se quella campanella fosse la loro salvezza.
   Mi alzai anche io e riposi il mio materiale nello zaino per poi metterlo su una spalla. Uscii dalla classe e vidi Allyson dirigersi verso di me con un passo piuttosto veloce.
   Allyson ama la pausa pranzo, era il momento perfetto per lei per raccontarmi tutti i pettegolezzi che aveva sentito dire in giro, durante le feste o agli allenamenti delle cheerleaders, veri o no che fossero.
    «Cass, vieni a pranzo?» mi chiese finalmente raggiungendomi dopo aver schivato i vari ragazzi che sciamavano come ossessi fuori dalla classe.
   «Vai intanto, ti raggiungo dopo. Devo fare una cosa prima» le risposi, ricordandomi del biglietto di stamattina, ancora custodito nella piccola tasca del mio zaino. Mi squadrò e andò verso la fine del corridoio insieme agli altri studenti.
   Non ero sicura di ciò che stavo per fare ma le mie gambe si mossero da sole, già conoscendo la strada. Nella mia testa frullavano varie ipotesi su chi potesse essere questo ammiratore. E se non fosse per confessarli che li piaccio ma in realtà fosse un killer incaricato di uccidermi?
Aspetta…perché dovrebbero uccidermi? Non ho fatto niente di male…almeno credo. Insomma se masterizzare musica era un reato e non ero ancora finita in carcere perché avrei dovuto morire per una stupidata? Sempre se lo fosse. Magari era un mafioso venuto a riscuotere il suo debito! Che poi il debito in realtà ce lo avrei avuto solo in matematica alla fine dell'anno. 
   Cacciai via questi pensieri dalla mia testa.

   Troppi  film horror, Cassie,  mi dissi, poggiando la mia mano sulla maniglia della porta d’emergenza che dava sul cortile.

   Presi tre lunghissimi respiri prima di trovare la forza per aprirla. Scesi gli scalini e, quando le mie puma blu con lacci lilla toccarono l’erba di un verde reso scuro dalla poca luce, mi guardai intorno. Avevo un po’ di paura a essere sincera. Era la prima volta che mi capitava questo genere di "avventura", non avevo mai avuto ragazzi mentre le mie coetanee ne avevano già lasciati tre o quattro, se tutto era andato bene.
   Non vidi nessuno in giro e, quando stavo per arrendermi e andare in mensa, scorsi un ragazzo appoggiato a un albero con il viso rivolto verso l’alto mentre osservava le nuvole grigie.
  Feci qualche passo ma mi bloccai appena riconobbi il ragazzo appoggiato all’albero. E trattenni il respiro e l'aria fredda congelò la mia bocca. 
   Conor Maynard
   Sicuramente era un caso, non poteva essere lui ad avermi scritto quella lettera, Conor non sapeva nemmeno il mio nome, benché fosse venuto a casa mia un centinaio di volte per le riunione da idioti con mio fratello e i loro amici. 
   Poteva anche essere un caso ma in giro non vedevo nessun altro. Non avrei dovuto farmi vedere, lì immobile a osservarlo, mentre mi aggiravo per il cortile da sola. Non sarebbe stata una bella figura. Pensai più volte a ciò che la mia testa mi diceva di fare, cercavo di pensare ad altro ma alla fine crollai.
   Presi, di nuovo, qualche respiro per farmi coraggio ed iniziai a camminare. Il fiato si condensava in nuvolette bianche che si disperdevano nell'aria. Il mio sguardo era fisso sulle mie scarpe mentre il mio cuore stava gareggiando per la vittoria dei 1000 metri a ostacoli alle olimpiadi talmente batteva veloce. E questa volta Bolt non avrebbe avuto speranze!
   Quando  delle scarpe entrarono nel mio stretto campo visivo alzai lo sguardo e i suoi occhi incontrarono i miei ma questa volta non solo per una frazione di secondi. Ci osservammo per interi secondi che potevano anche essere minuti o ore per quel che il mio cervello riusciva a comprendere, prima che mi sorridesse.
    Si diede un piccolo slancio con il piede sull’albero e si avvicinò con passo sinuoso e leggiadro. I suoi piedi non scalpiciarono nemmeno sui sassolini del cortile. 
   «Ciao» mi salutò con quella sua voce che non avevo mai sentito rivolta a me se non per un "hai una penna in più?"  che mi chiedeva durante i corsi che avevamo insieme. A parte che proprio non se la portava mai, una penna, ma ogni volta mi causava attacchi di cuore e formicolii indesiderati.
   Fu proprio il primo giorno, durante la lezione di storia, che mi persi nei suoi occhi, e con me anche la mia razionalità. Ormai Conor Maynard affollava i miei pensieri. 
   «C-Ciao»ricambiai titubante, l’emozione era troppa, avevo desiderato questo momento da anni e nel tempo libero che passavo senza leggere o vedere telefilm avevo anche preparato  un discorso ma adesso tutto quello a cui avevo pensato per mesi si era come volatilizzato dalla mia testa. Il mio cervello poteva anche essersi trasformato in una scimmia che batteva i piatti o si spulciava, perché balbettai senza emettere però nessuna parola con un senso compiuto. Perciò optai per il silenzio strategico, cercando di assumere un'aria sicura.
  «Hai letto il biglietto, dunque» esclamò sorridendo. Delle piccole rughe si formarono all'altezza degli occhi e quest'ultimi si socchiusero.
   Quella frase fu il colpo di grazia, la goccia che fece traboccare il vaso e...si be' era chiara la situazione. Ora la scimmia aveva lasciato il posto al nulla assoluto. I miei occhi si sgranarono, osservandolo quasi come una pazza da legare.

   È lui, pensai, è lui che mi ha scritto.

   E questo mio pensiero non impedì alle mie labbra di formare un sorriso a 32 denti. Non perfetto come quello di Ally, ma non era così penoso - sperando. Avrei potuto iniziare a ballare e saltare come i ballerini nel video di Cheap Thrills di Sia, ma quel poco di contengo che rimaneva ebbe la meglio. 
  «Prima che tu possa dire qualsiasi voglio dirti solo una cosa: ascoltami»mi guardò con uno sguardo sicuro. Lo osservai in silenzio come per dargli il permesso di continuare.
   Prese un lungo respiro chiudendo gli occhi e poi iniziò  a parlare: «Da tre anni abbiamo gli stessi corsi e dal primo anno ti ho notata, il primo giorno quando sono tornato a casa non ho fatto altro che pensare a te, la ragazza dai capelli rossi e dagli occhi verdi, così timida ma solare. Mi ricordo benissimo che eri seduta nel banco in seconda fila e io in quello dietro il tuo. Ti chiesi anche una penna e da quel giorno fingo di non averne per trovare una scusa per parlarti» rise, una risata soffusa e calda. «Ti vedevo scherzare con la tua amica che avevi conosciuto quel giorno, bionda, sorriso vivace sul viso che faceva sorridere anche te.»
   Sorrisi di rimando pensando al primo giorno, anche io l’avevo notato ma non ricordavo tutti quei particolari. E in più fingeva di essere uno smemorato solo per attirare la mia attenzione, nonostante non ce ne fosse il bisogno.
   «Volevo parlarti ma non trovavo mai il coraggio infondo era solo il primo giorno e non mi conoscevi ancora perciò pensai che non avresti reagito molto bene.» Chiuse gli occhi e prese una pausa per respirare, dopo la velocità inaudita con cui aveva detto tutte quelle parole. «Così un anno passò con le mie insicurezze sul parlarti o no. Secondo anno, divenni piuttosto popolare.» Alzai un sopracciglio a quell’affermazione, piuttosto popolare era dire poco, diciamo che tutti conoscevano Conor Maynard,  persino l'istituto privato a pochi isolati dalla loro scuola. 
   «E la pressione di ciò si fece sentire»continuò non badando alla mia espressione e trattenendo un sorriso. «Ero sempre assalito da un gruppo di ragazzi che volevano parlarmi mentre tu eri appoggiata al tuo armadietto non molto lontano dal mio mentre parlavi con la tua amica bionda, mi sembri si chiami Allyson»
   Feci cenno di "sì" col capo, confermando il nome della mia amica. Ricordava anche il suo nome...solo wow, nient'altro.
   «Così oltre alle mie insicurezze si aggiunsero i miei, come dire, impegni di popolarità. E inoltre avevo anche conosciuto tuo fratello, del quarto anno e lui mi aveva detto che nessuno poteva accivinarsi a te.» Quella rivelazione rese l'immagine del fratello dittatore più dolce e delicata, ma non avrebbe dovuto parlare per me. Accidenti, piacevo a Conor Maynard! «Ma ora, al terzo mese dell’inizio del terzo anno ho finalmente trovato il coraggio di dichiararmi scrivendoti quel bigliettino, dove ti invitavo a venire nel cortile della scuola. Non ero sicuro che saresti venuta ma adesso tutte le mie paure sono sparite e anche se mi dirai di no accetterò questa cosa anche se sarà difficile per me dimenticarti» finì chiudendo gli occhi e stringendo le mani a pungo, come se si stesse preparando a una cosa brutta che li avrebbe fatto male.
   Ero scioccata, in due anni non mi ero mai aspettata che quelle parole uscissero da quella bocca. Non sapevo cosa fare né cosa dire. Era la prima volta, non avevo esperienza. Alla fine non ci pensai e seguii l'istinto, prendendo la sua mano.
   Lui aprì gli occhi di scatto e mi guardò.
   Intrecciai le mie dita con le sue e alzai lo sguardo e puntai le miei iridi verdi nelle sue celesti. Mise la sua mano libera sulla mia guancia che era diventata di un color porpora per la vicinanza e quando sentii il suo tocco, un calore si diffuse per tutto il mio viso. Lentamente si avvicinò, il mio cervello era in panne, non riuscivo a reagire, sapevo solo che il viso di Conor si faceva sempre più vicino e il mio cuore andava sempre più veloce.
   Alla fine le distanze tra le nostre labbra furono annullate completamente. Sentivo una marea di farfalle nel mio stomaco, degli elefanti in un negozio pieno di cristalli sarebbero stati più delicati.
   Le nostre labbra si staccarono dopo interminabili secondi di piacevole ebrezza e lo guardai negli occhi.
   «Ho sempre aspettato questo momento e finalmente è arrivato.» Non so con che coraggio parlai, ma subito dopo mi senti più sollevata, avevo espresso ciò che sentivo con nove semplici parole. Il suo discorso mi aveva come ispirato. Solo lui poteva farmi sentire così.
   Conor mi sorrise e di rimando lo feci anche io, le mie guance, se possibile, divennero ancora più rosse.
«Anche io» aggiunse e azzerò le distanze tra i nostri volti. Mi baciò di nuovo. Le sue labbra soffici sulle mie, e sentii come la terra mancarmi sotto i piedi. Sentivo di star decollando verso una realtà che avevo sempre sognato. 








SALVE
Allora come vaaa? Ho aggiustato qualche particolare perché mi ero resa conto della quantità di errori mostruosi. Inoltre ho cambiato alcune cose per rendere il racconto più fluido e con un senso, almeno. 
Spero che vi piaccia e fatemelo sapere magari con una piccola recensione! ;) 


Potete trovarmi su:
Twitter: @ehjmaynard
Wattpad: itstimetolisa (dove pubblicherò le mie storie da adesso.)

Ci vediamooo
-Annalisa
   
 
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