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Autore: Ziggie    16/07/2013    3 recensioni
It's never too late to mend, perchè non è mai troppo tardi per redimersi. Un'avventura per i fratelli Blues lunga una vita, ma al loro fianco non vi era solo la Banda, ma anche Ziggie. Recensite se vi va :) Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti cari lettori!!!!
Perdonatemi il madornale ritarno con cui aggiorno ma,oltre all'università e ad altri impegni, questi ultimi capitoli non sono stati affatto facili da sfornare!  Eccoci comunque qui, questa storia è giunta ad una conclusione e una lacrimuccia scende, soprattutto perchè ormai sono quasi due anni che vi lavoro. Volevo ringraziare tutti coloro che mi hanno supportato, la mia sister Sax, Joliet, JakeandElwood, tutti coloro che leggono, che recensiscono, che recensiranno. Un grazie in particolare a questo cult movie che accompagna la mia vita, a Dan Aykroyd e John Belushi semplicemente per aver dato vita a questa meraviglia su pellicola, alla grande famiglia della blues brothers tribùte band che mi infonde energia ad ogni loro concerto!

 

          30. Un posto riservato ad un cappello nero e a degli occhiali scuri

Attimi, suoni cullati dal vento ed ombre posate sul muro.

Un carillon risuonava nella piccola stanza dalle pareti bianche, con una piccola culla al centro; la finestra aperta, faceva passare il vento che suonava la sua melodia con esso, mentre i raggi del sole accarezzavano la giostrina proiettandola sul muro.

Suoni che sfumarono quando la brezza di fine febbraio cessò; suoni che sfumarono, il bimbo sarebbe dovuto nascere attorno al 20 di marzo e già sembrava che Chicago lo richiamasse, già sembrava che Chicago volesse conoscere quel nuovo Blues che sarebbe arrivato in città.

Da quando Jake se ne era andato le giornate non erano più le stesse, ogni membro della vecchia banda si era rifatto una vita, quasi tutti avevano lavori rispettabilmente allegri, dico quasi perchè Faboulous, non aveva un lavoro così felice, lavorando come becchino, io avevo il mio posto fisso al bar ed Elwood lavorava come meccanico in un'autofficina di Calumet City. Ci si ritrovava a suonare ogni tanto, durante qualche weekend, suonando al mio pub o in altri locali dove la nostra fama, nonostante il tempo passato, era ancora grande. La blues brothers band era ancora viva in città.

Da quando Jake se ne era andato era passato quasi un anno, ancora faticavamo a crederlo possibile, ma quando ti ritrovavi di fronte una fredda lapide grigio scura tornavi a fare i conti con la realtà, anche se le parlavi come se davanti avessi lui in carne ed ossa.

Da quando Jake se ne era andato, la nostra visita al cimitero era un fattore quotidiano e non poteva essere altrimenti.

Da quando Jake se ne era andato, la vita era un pò meno movimentata, io ed Elwood abitavamo nel mio vecchio appartamento e gli avevamo dato una sistemata, dato il nuovo arrivo nel mio grembo. Stavamo per diventare genitori, un'emozione indescrivibile quando ne venimmo a conoscenza. Una famiglia nostra, una famiglia vera e propria, due canaglie che avevano vissuto una vita di alti e bassi, tra marachelle e galera, due orfani che ora divenivano mamma e papà. Era un arrivo inaspettato quello di quel piccolo blues, un punto di partenza per un nuovo inizio, nuovi sorrisi in quel mese di Marzo per noi così nero da quel fatidico giorno.

Famiglia, dei tre anni vissuti con i miei genitori ho sempre avuto ricordi vaghi, se non alcuni sorrisi che mi riportavano alla mente piccole cose quotidiane, piccoli ricordi lontani. Famiglia, un termine che, sia a me che ad El, ha sempre fatto riflettere. Due orfani come noi sarebbero stati in grado di affrontare l'avventura dell'essere genitori? Cosa fare, come agire, ci si riuscirà?  Riflessioni, pensieri e domande che sparirono quando la notizia ci avvolse, quando la felicità ci avvolse, quando tutto divenne reale.

Il grembo che cresceva di giorno in giorno, di mese in mese, era la risposta a tutte quelle domande che ci eravamo poste, perchè non è importante chi sei, la vita che hai fatto, il tempo passato o il tempo presente, un bambino è una nuova partenza, una nuova vita che si unisce alla tua, alla nostra, perchè tutti possono dare vita ad una famiglia e noi l'avevamo già fatto, anche se in maniera un pò diversa: eravamo famiglia quando c'era Jake, quando eravamo all'orfanotrofio, con la banda, tanti piccoli rami legati ad un tronco che ora generava una nuova strada, un nuovo ramoscello da accudire e stavolta con le nostre sole forze.

Era una giornata in cui il freddo la faceva da padrone nonostante l'inverno fosse giunto quasi al suo termine, ma nessuna condizione ambientale ci avrebbe fermato nell'andare a salutare il nostro fratellone. Era passato quasi un anno da quel giorno in cui tutto era precipitato nell'oblio ma, anche se ora aspettavo un bimbo, avevamo entrambi un lavoro ed un bell'appartamentino, le cose non erano poi così cambiate e quella divisa che era un pò come la nostra seconda pelle era ancora parte del nostro abbigliamento quotidiano, per Elwood soprattutto, perchè lui non aveva problemi di pupo in pancia, anche se aveva messo su qualche chilo.

Il silenzio del viale alberato del cimitero accompagnò i nostri passi, mano nella mano, fino al luogo di sepoltura di Jake. Una lapide grigio scura ad attenderci, un cappello nero posato sopra ad un angolo di essa, qualcuno lo aveva lasciato in ricordo. Sorrisi lievi scambiati tra noi, prima di iniziare quel dialogo quotidiano con un fratello ormai lontano, ma mai così tanto vicino.

- Un cappello nero a dimostrare la tua presenza - commentai accarezzando quell'indumento, come se fosse stato davvero il suo - un gesto da parte della tua Chicago, che dedica ogni nota di blues suonata per le strade a te -.

- Già, manchi davvero a tutti, bello! - soggiunse Elwood, passandomi le braccia attorno alla vita e accarezzando lento il grembo - Tanto che la città sembra impaziente di vedere zompettare il tuo omonimo per le sue vie - aveva sempre un tono di rammarico quando parlava con il fratello tramite quella fredda lapide, un tono che di giorno in giorno diveniva però più saldo, più sicuro.

- Non potevamo non chiamarlo come te, alla fine, scalcia che è una meraviglia e se va avanti così, credo proprio ricalcherà le orme  dello zio su un campo da football - ammisi a mia volta, accarezzando le mani di El sul mio ventre, sorridendo a quel nome inciso sulla pietra fredda.

- Jake Junior Blues, un JJB proprio come lo zio e so che ti stai chiedendo il perchè di quel junior, ma credo che tu sappia già la risposta... Di boss ce ne è uno e non si nasce Joliet Jake tutti i giorni - qualche tempo prima un'uscita come quella Elwood non l'avrebbe mai fatta, l'avrebbe dovuta meditare, avrebbe avuto bisogno dei suoi tempi ed ora, invece, eccoci qui, nero su bianco, a parlare con un fratello scomparso si, ma sempre presente; a parlare con lui come se stessimo vivendo le nostre vecchie e classiche discussioni, le nostre vecchie e classiche chiacchierate davanti ad un pranzo, ricordi che vivevano ogni giorno.

- Io qui ti saluto fratellone, tu ed Elwood avete bisogno di scambiare le vostre quotidiane chiacchiere da uomini e il pupetto ha iniziato a scalciare, fai il bravo ai piani alti, mi raccomando - feci il segno della croce e lasciai un bacio sulla mano, prima di posarla sulla lapide in segno di saluto - ti aspetto in macchina, signor B - sussurrai poi ad El, lasciandogli un leggero, ma sentito, bacio sulle labbra prima che potesse obbiettare e mi avviai verso l'uscita.

Il freddo iniziava a farsi sempre più pungente e con il bimbo che scalciava non era bene stare troppo in piedi, ma non lasciai Elwood da solo con Jake per questo, i due fratelli avevano bisogno di parlarsi da soli, in privato ed il vento mi ringraziò, accompagnandomi alla bluesmobile avvolta in un abbraccio fraterno.

                                                          ********

Guardai Ziggie incamminarsi per quel viale alberato percorso insieme poco prima e sospirai, ma aveva ragione, quello era il tempo per la chiacchierata tra soli uomini, tra fratelli e avevo una cosa importante da comunicare a Jake, un pensiero che aveva atteso troppo tempo prima di divenire decisione.

- Ancora qualche settimana e diventerò papà, ci credi? Una canaglia, un quarantenne plurirecidivo che terrà in mano un frugoletto, che diventerà genitore, un ruolo che non ha mai conosciuto durante la sua vita - presi fiato e mi appoggiai con la schiena all'albero poco dietro di me - io ancora non ci credo, è solo guardando Ziggie e il suo ventre che cresce di giorno in giorno che me ne capacito - non era facile trovare le parole adatte, era uno sfogo quello, era quanto non avrei detto a nessun'altro all'infuori di lui, erano le parole di un uomo che stava affrontando un nuovo inizio. - Sai... non ho mai creduto nel fattore famiglia, conosci meglio di me le volte che hanno tentato di addottarmi e il risultato fallimentare di queste e i vari perchè... Ciò che si avvicinava di più a quest'idea eravate tu, Curtis, la Pinguina, la Banda e Zig... Ed è in questi ricordi, in questi attimi vissuti con Ziggie da quando sono uscito di galera, nel semplice gesto di venire qui tutti i giorni, nel semplice gesto di sistemare casa, di comprare un lettino per il bimbo, che risiedono i mattoni per creare quanto non ho mai avuto e conosciuto... Lo so come la pensi, bello! E' come se la tua voce risuonasse nel dirmi che devo riflettere, che quanto sto per dirti è un vincolo che reclude la libertà, ma penso che saresti d'accordo con me nel sostenere che nulla è peggio del carcere... Nulla è peggio dello stare lontano da un fratello con il quale avevi discusso... Nulla è peggio dello stare lontano dalla tua donna per anni... E quando esci da quella realtà, il mondo ti viene incontro con tutte le mancanze... Conosci bene anche tutta la storia con Ziggie, il nostro distacco, le nostre riprese, basi che si sono saldate nel corso del tempo e che ora vorrei crescessero di più: un bimbo, una casa... Una moglie - feci una pausa di silenzio, piuttosto lunga. Avevo bisogno che quelle parole uscissero fuori, un riscontro con Jake e una presa di coscienza - Si, bello! Hai capito bene... Mi sposo! - gli comunicai con un leggero sorriso, staccandomi dal tronco dietro di me e posando su quella fredda lapide una mano, come se quella fosse la spalla, che stringevo per incoraggiarlo, un saluto giornaliero prima di voltare le spalle. Mi fermai, però, dopo pochi passi, voltandomi di nuovo verso di lui e verso quel copricapo in nero all'angolo - Dimenticavo... Il posto del testimone è riservato ad un cappello nero e a degli occhiali scuri, che tanto ci mancano, ma che non sono mai stati così vicini -.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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