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Autore: Malvagiuo    17/07/2013    2 recensioni
Il mondo è divenuto un luogo desolato e pericoloso, dove gli ultimi sopravvissuti - riuniti in un'organizzazione conosciuta semplicemente come la Comunità - combattono con ogni mezzo per restare vivi. I rapporti personali sono severamente proibiti, ma questo non impedirà al capitano Alice e al suo subordinato Rob di intrattenere una relazione illecita. Ma i tempi in cui vivono Alice e Rob non consentiranno loro di scoprire la felicità.
Genere: Dark, Horror, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Via libera».
Il sussurro giunse all’orecchio di Alice come un sospiro di aria gelida. I suoi occhi saettarono da un estremo all’altro del campo visivo. Buona parte della visuale era ostruita dalle fronde lussureggianti degli alberi, oscillanti sotto il leggero soffio della brezza primaverile. I raggi del sole del pomeriggio filtravano attraverso il fogliame, generando un fitto intrico di luci e ombre in tutto il sottobosco. Di tanto in tanto si udiva il cinguettio di qualche uccello nascosto tra i rami, oppure il lieve suono martellante di un picchio intento a beccare un tronco. Entrambi erano buoni segni: dimostravano che loro non erano vicini.
«Avanti» sussurrò in risposta Alice.
Quattro figure accovacciate si sollevarono in piedi, avanzando con circospezione lungo il manto erboso. Il gruppo si muoveva con la massima cautela, attento a non provocare il minimo rumore. Anche se la zona pareva sicura, non si poteva mai essere davvero certi di qualcosa. I tempi delle relative certezze erano finiti da molto. Solo Alice aveva con sé un’arma da fuoco, con l’ordine di non usarla se non per questione di vita o di morte.
Emersero dalla boscaglia uno per volta, a circa dieci passi di distanza uno dall’altro. Il silenzio era pressoché totale. L’erba del campo arrivava al ginocchio, ma non rappresentava un problema. Loro non erano abbastanza evoluti da tendere agguati.
Alice fece ancora segno di procedere. A trenta metri di distanza si stagliava netta la sagoma dell’edificio, un blocco in cemento alto quattro metri con una sola via d’accesso. La facciata era coperta da un velo di muschio verdastro, mentre l’edera aveva cominciato a inglobarla. Il posto sembrava disabitato da almeno un anno, in concordanza con le descrizioni ricevute. La loro speranza era che fosse stato abbandonato in fretta e furia. In tal caso, c’erano buone probabilità che fossero stati lasciati dei rifornimenti, di qualunque tipo.
Alice era in testa alla colonna. La sua mano destra impugnava la calibro 9 con la sicura inserita. All’erta per ogni segnale sospetto, colmò rapidamente la distanza che la separava dalla porta metallica verniciata di marrone scuro. Con un cenno della mano sinistra, invitò il resto dei compagni a fermarsi. Accostò l’orecchio alla superficie della porta e ascoltò per qualche momento. Nessun suono dall’interno.
Afferrò la maniglia e la torse verso il basso. La serratura era bloccata.
“Merda” pensò, con amarezza. “Se hanno avuto il tempo di chiuderla, significa che non è stata una fuga precipitosa.”
Probabilmente, quello che avevano di fronte era un deposito vuoto. Ma non potevano andare prima di esserne certi.
«Rob!» chiamò Alice.
Biondo e dagli occhi azzurri, con il bel volto pallido ricoperto da uno strato di polvere e il fisico magro e asciutto, Rob le si avvicinò. Appoggiò lo zaino per terra ed estrasse un lungo piede di porco. Glielo porse e si allontanò a distanza di sicurezza.
Gli altri conoscevano la procedura. Si disposero in cerchio, con lo sguardo rivolto verso l’esterno, in modo da individuare subito un’eventuale minaccia e dare l’allarme. Alice armeggiò con l’attrezzo per una decina di secondi, ma dopo un paio di energiche pressioni la porta si spalancò. Il fracasso echeggiò nei dintorni per quelle che sembrarono ore.
«Jerry, Lloyd, rimanete fuori. Rob, con me».
L’interno del deposito era avvolto nell’oscurità. Qualche flebile raggio di luce penetrava attraverso feritoie orizzontali lungo la sua sommità. Nonostante la porta spalancata, tutto rimaneva nascosto nel buio. La scarsa luce rifletteva un denso alone di polvere sollevatosi dopo l’apertura forzata del rifugio. Alice non aveva torce con sé. Solo le pattuglie notturne le possedevano, benché ormai la ricognizione di notte fosse un fatto eccezionale.
Procedendo per prima, sostò dieci secondi sulla soglia per abituare gli occhi all’oscurità. Il pavimento era ricoperto da un fitto strato di sporco, disseminato di piante parassite e sbarre arrugginite. Il fetore che aleggiava dappertutto era opprimente, un misto di chiuso e marcio che soffocava. Si portò una mano al volto a coprire naso e bocca.
Sulla parete antistante, Alice riconobbe qualcosa. Non ne vedeva uno da anni: un pannello elettrico. Quel posto era stato una centralina elettrica. Lo sconforto cominciò a prendere possesso di Alice. Difficilmente avrebbero trovato rifornimenti in un posto come quello.
«Via libera» ripeté.
Rob le si affiancò. La visibilità era scarsa, ma nel disordine generale Alice iniziò a distinguere dei dettagli. La stanza non era ampia, ma lo era a sufficienza per contenere, sulle due pareti all’angolo opposto, due scaffali di metallo. Non erano vuoti, ma non era facile capire che cosa vi fosse stipato. Rob si avvicinò.
«Stai attento» disse Alice.
«Ti preoccupi sempre troppo» le rispose Rob, sorridendole. Alice non poteva vederlo sorridere, ma lo conosceva abbastanza da non avere dubbi sulla sua espressione in quel momento.
Rob si inoltrò nella penombra. Lo spazio era angusto, ma Rob non ebbe difficoltà a farsi strada all’interno. Era l’esploratore della squadra, con il compito di trovare oggetti utili per la Comunità. Ed era anche l’uomo che amava. Alice non sopportava l’idea di doverlo mandare in avanscoperta da solo, ma se avesse modificato il protocollo senza una valida spiegazione, gli altri membri della squadra avrebbero capito qualcosa che doveva rimanere segreto. Di lì in poi, tutti l’avrebbero saputo nel giro di un mese, e sarebbero stati separati. 
Alice sapeva fin troppo bene quanto le relazioni non programmate dal Consiglio venissero scoraggiate. Lei era un capitano di pattuglia: non era previsto che si accoppiasse fino al compimento dei venticinque anni, e anche allora non le sarebbe mai stato assegnato come compagno un membro della sua stessa squadra. Il coinvolgimento sentimentale era stato bandito fin dall’istituzione della Comunità. I sentimenti erano incompatibili con la sopravvivenza.
Nonostante gli sforzi, i suoi sentimenti si erano da sempre rivelati incontrollabili. Ci avevano provato entrambi, ma semplicemente non potevano smettere di amarsi. Magari avessero potuto! Sarebbero stati in grado di servire la Comunità con ogni frammento di loro stessi. Non potevano dare tutto alla Comunità, se una parte di loro bramava l’altro con quell’intensità.
Distratta dai suoi pensieri, fu per questo, più che per la sorpresa, che urlò quando il trambusto di una lotta eruppe dall’interno del deposito. C’era qualcun altro, lì dentro. E c’erano anche pochi dubbi sul fatto che dovesse trattarsi di uno di loro.
Quando Alice si precipitò nel buio della stanza, le fu sufficiente uno spiraglio della luce che filtrava dalle fessure in alto per prendere la mira e sparare. Aveva estratto la pistola nello stesso momento in cui aveva udito il fracasso. Non aveva esitato a togliere la sicura al pensiero che Rob fosse in pericolo. Il fragore dello sparo echeggiò per miglia, il bagliore del fuoco esploso dalla canna illuminò per una frazione di secondo la scena. Il ritornante doveva essere morto da almeno due mesi, a giudicare dallo stato di decomposizione. Il tanfo avvertito in precedenza era generato da lui.
Quanto era stata stupida. Aveva ignorato un chiaro segnale d’allarme. Non se lo sarebbe mai perdonato.
Jerry e Lloyd erano alle sue spalle. Fissavano la zona in penombra, in attesa di veder uscire altri di loro.
«Dobbiamo andarcene. Siamo scoperti» sussurrò Lloyd.
«Tornate a sorvegliare. Recupero Rob».
Alice sentiva il cuore sprofondare a ogni passo. L’attacco era stato rapido e breve, ma poteva aver prodotto danni irreparabili. Quando trovò Rob, era ancora disteso a terra. Un brutto segno.
«Rob?» disse, individuando a tastoni la testa di Rob e sollevandola con la mano.
«Alice... mi ha morso».
Nemmeno il tempo di covare una tenue speranza. Era successo. Era finita. Sentì lacrime roventi accumularsi negli occhi.
«Devi farlo. Adesso, prima che sia troppo tardi».
«Sì. Io...».
Perché la pistola era d’improvviso così pesante e gelida? Perché i tendini della mano si contraevano in modo così anomalo? Perché non aveva mandato il protocollo a farsi fottere e non era andata lei in avanscoperta?
«Presto, Alice... ho già freddo, devi...»
«Rob» mormorò Alice, controllando la voce. Si era spostata, ora le sue ginocchia sostenevano il capo di Rob e le sue mani gli cingevano il volto, come per evitare che si staccasse dal resto del corpo. «Parlami ancora un po’, ti prego».
Rob sospirò. «Stai rendendo tutto più difficile, Alice. Per te».
«Non mi importa. Non posso lasciarti andare senza parlarti un’ultima volta».
«Non è stata colpa tua. Non è colpa di nessuno... non tormentarti».
«Cercherò. Non posso garantirti che ci riuscirò».
«Puoi fare tutto, Alice. Sei la persona... più forte che conosca. Mi hai regalato tanti momenti felici... un grande dono in un mondo... come il nostro.»
Non poteva baciarlo. Ormai era infetto. Anche la saliva era mortale. Questa consapevolezza, quest’intrusione della ragione e dell’istinto di sopravvivenza acuirono il suo strazio.
«Ti amo, Alice».
«Ti amo anch’io, Rob».
Alice sapeva quello che doveva fare. Le sue mani non cingevano la testa di Rob solo per sorreggerla. Tra i compiti dei capitani di pattuglia c’era anche quello di impedire il ritorno dei caduti. I ragazzi della Comunità imparavano a spezzare un collo umano ancor prima di apprendere i rudimenti dell’arte della sopravvivenza.
Le dita di Alice erano serrate intorno al volto di Rob. La punte delle falangi premevano contro la pelle di lui, che già si raffreddava. La sua testa tremava, in preda ai brividi della febbre mortale che l’avrebbe stroncato entro pochi minuti. Il respiro diventava affannoso a ogni istante, gli occhi si spegnevano. Le unghie di Alice cominciavano a scavare graffi sulle guance di Rob, mentre ripeteva a se stessa che andava fatto. Più lo ripeteva, più il cuore diventava pesante. Alla fine, capì che non l’avrebbe fatto.
Uscì dalla stanza di corsa, richiamando Jerry e Lloyd con un gesto perentorio e ordinando la ritirata. 
   
 
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