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Autore: Figlia del Sole    17/07/2013    1 recensioni
Non seppero mai che quella fu la causa della loro morte, quel medesimo creatore e assassino.
Lo stesso sangue.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Cesare Borgia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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La luna si celava tra le torbide nubi incorniciate dai profili candidi che irrompevano nell'oblio di quella notte senza stelle.
L'assiduo frascheggio della tempesta ed il boato dei tuoni destavano d'intanto l'assopimento di Lucrezia, che giaceva china sul suo grembo gravido.
Accanto a lei volle solo suo fratello Cesare, che le stringeva la mano ad ogni sua cortonsione. 
I sogni della fanciulla smisero di essere rosei da anni; non di rado suo marito, Alfonso d'Este, la abbandonava a se stessa mentre lui si recava nelle zone più impervie d'Italia, con il
nobile scopo di ossequiare il nome del suo casato.
Nella dolorosa solitudine, Lucrezia accorreva tra le braccia del fratello che gremiva il vuoto di una vita contesa tra ostentazione e modestia.
Gli Este non videro mai di buon occhio l'affluire di tutto quel sangue spagnolo all'interno del loro ducato, ma per il mantenimento delle alleanze politiche dovettero accogliere
a palazzo anche l'adorato fratello della signora di Ferrara.
Chiunque avesse osservato la scena dall'esterno senza conoscere il nome dei Borgia, avrebbe dedotto senza troppe esitazioni che Cesare fosse il padre del pargolo che Lucrezia
portava in grembo; nonostante i due avessero gli stessi capelli dorati e il medesimo sangue che scorreva nelle vene.
Di certo non mancavano i pettegolezzi che si diffondevano come olezzo spregevole persino nelle più adombrate vie di Roma, dove l'aristocrazia amava malignare sul conto di
quei forestieri che in poco tempo si erano accaparrati tanto potere da riuscire ad eguagliare per fama e ricchezze le famiglie dell'alta nobiltà italiana; le più raccapriccianti
calunnie attribuivano ai Borgia reati di incesto e avvelenamento, e quel legame amorevole tra Lucrezia e Cesare non faceva altro che alimentare quelle ciancie; ma questa era solo
una delle tante insinuazione associate al nome di quell'arcana famiglia.
Entrambi conoscevano le accuse che li additavano come i più spregiudicati peccatori, lussuriosi servi di satana inclini al vizio e alla libidine, ma il loro rapporto era tanto tenace
da uscire intonso da ogni presunto misfatto; d'altro canto l'uno non poteva fare a meno dell'altra, e in quella notte burrascosa il nome dei Borgia risuonava in ogni ala del palazzo d'Este.
-Erano molti ad ipotizzare che fosse stato Cesare ad inseminare il ventre di Lucrezia e si aspettavano che la giovane desse alla luce un figlio storpio, il castigo divino più 
inequivocabile per quegli atti esecrabili, abminio agli occhi dell'umanità.
Quale pena perfetta per due dissoluti figli illegittimi di un papa, se non quella di generare un mostro dal loro stesso turpe sacrilegio?
Loro padre era Rodrigo Borgia, eletto sovrano della chiesa di Roma con il nome di Alessandro VI; il titolo di pontefice abbinato al volto di quell'uomo suonava come una sottile nota
d'ironia in quella che era la città dominata dalla corruzione più perversa, l'apoteosi dell'ipocrisia e delle contraddizioni.
Erano ciò che rimaneva di un nome destinato a lasciare un segno indelebile nella storia, i primi a nascere e a morire; Lucrezia non poteva fare a meno di lasciarsi trasportare dai
sogni d'infanzia e rivisse quei tempi lontanti, oscurati dal susseguirsi degli anni. 
Quanto avrebbe voluto rivivere quei momenti e rivedere il volto di sua madre che accennava un timido sorriso nella dolce luce dell'alba, non sapeva nulla di lei se non fosse per le rare
volte nelle quali le fu concesso di vederla; ripensò ai pomeriggi d'estate in cui lei e Cesare giocavano a nascondino sulle soglie di un bosco,
 al giorno in cui Jofrè vide la luce e tutti si strinsero intorno a lui, 
ricordò le liti tra Cesare e Giovanni che dopo gli sgridi del padre finivano con un armistizio degno dei figli di un papa.
Le si illuminò inconsapevolmente il volto, al profumo di quegli echi remoti; però c'era qualcosa che lentamente carpiva con un ombra di malinconia quei ricordi, e lasciava una sapore
amaro. Si trattava dell'assassinio di Giovanni, molti vociferarono che si fosse compiuto per mezzo di Cesare, quanto abbominio! Chiunque credesse a questa fanfadonia di certo
non avrebbe mai dovuto avere nulla di simile ad un fratello; sicuramente i due avevano molta rivalità repressa, ma Cesare fu il primo a soffrire della mancanza del fratello e quando seppe
della tragedia restò chiuso nella cappella di famiglia per tre giorni e tre notti dicendo di dover chiedere perdono di tutte le marachelle al fratello defunto.
Ma forse più che di Giovanni, il cui assassinio era stato compiuto per mano di dichiarati nemici di famiglia, Lucrezia rimembrava a malincuore la morte del marito Alfonso d'Aragona
ordinata da Cesare stesso; molti sospetti ricaddero su di lui anche se nessuno osò mai sottoporsi ad una simile sfrontatezza e lei preferiva fingere di essersere dimenticata nonostante
le urla di quell'uomo risuonassero costantemente nella sua anima.
L'aveva fatto per gelosia, lei era sua ed era tutto ciò che voleva e ciò che di più eccitante potesse esistere; un giorno suo padre disse a Cesare -Possibile che, eccetto
voi, non riteniate alcun uomo meritevole di stare al fianco di vostra sorella?-. Sorrise di nuovo.
Ricordò quando Cesare era tornato da una battaglia a Pesaro e lei lo aveva accolto a braccia aperte, e un uomo guardandoli sussurrò ad un altro:-Come può accogliere fra le sue 
braccia quelle dell'assassino di suo marito e di suo fratello?- Lei sorridendo disse:- Vedete, quest'uomo è un fratello e un amante migliore di chiunque altro- Al che i due uomini si
indignarono e Cesare sorrise.
Cesare. Lui era davvero un rifugio sicuro per lei: un fratello, un amante, un padre, un amico; si domandò se lo splendore di quella passione potesse davvero offendere Dio.
Lo guardò mentre dormiva, era così bello ed immacolato da sembrare un angelo: i suoi capelli lunghi e ricci scuriti dalla luce della notte, la barba pungente, il petto vigoroso che
respirava piano; per un attimo ebbe la tentazione di baciarlo, ma non lì, non nelle terre estensi.
Lui aprì gli occhi e i loro sguardi si incrociarono come se non si fosse mai addormentato, Lucrezia sussultò forse per il terrore antico che i suoi sogni proibiti fossero stati
origliati o per lo stupore alla chiarezza emanata dal volto del fratello.
-Non è notte per dormire questa, sorella-
-Ho tanti pensieri Cesare, più di quanti immaginiate-
-Ricordate quando eravamo fanciulli, e ad ogni brutto sogno accorrevate nel mio letto?- Disse sorridendo.
-A volte quella degli incubi era solo una scusa per starvi accanto-
-Non avete bisogno di scuse per starmi accanto, sorella- Il suo volto si fece serio ora, era quasi commosso.
-Fatico ad avervi al mio fianco nonostante dei validi motivi, sembra che facciano di tutto per tenerci separati-
-Qualsiasi cosa mi allontani da voi, assaggerà la mia spada- Accarezzò il volto della sorella con le mani ruvide, poi scese seguendo il profilo dei seni ed infine si posò sulla curvatura del
suo ventre, lei accompagnò ogni suo movimento posando dolcemente la sua mano su quella del fratello.
-Temo che più che di un incubo, questa volta si tratti di una triste verità-
-Non dovete temere Alfonso, sa che per qualsiasi oltraggio nei vostri confronti dovrà vedersela con me-
-E' qualcosa di più grande, Cesare, e di più pericoloso-
-Sono sempre stato al vostro fianco, ditemi tutto-
-Dovete promettermi che resterà un segreto e che non reagirete con violenza-
-Lucrezia, mi conoscete più di ogni altra persona al mondo!-
Lei strinse la mano di Cesare attorno al suo grembo.
-Questo è vostro figlio-
Cesare restò in silenzio, pietrificato da quelle parole, e Lucrezia poteva vedere i tratti del suo volto deformati dalla paura nella fievole luce della luna.
La tensione si spezzò grazie ad un abbraccio che fece gemere di solievo la sventurata, mentre il cuore di Cesare  stretto al petto della sorella, mancò di un battito per la paura; si
chiesero entrambi cosa sarebbe stato di loro e del loro bambino.
Si chiusero in quella stretta eterna trovando conforto l'uno nelle braccia dell'altra come se quello fosse l'antidoto contro ogni avversità della sorte, nessun malumore del fato o sciagura del destino avrebbe mai potuto recedere l' amore,  indissolubilmente
congruo da essere la loro forza e il loro abisso nello stesso tempo; avevano insanguinato i tramonti delle proprie vite con le stesse mani che ora sfioravano la testimonianza del mortale fallo commesso.
Nonostante tutto sapevano che a entrambi sarebbe bastato restare insieme, non esisteva nessun domani che potesse destarli dal calore di quel contatto proibito che faceva tanto rabbrividire la pelle di Lucrezia; Cesare diede un bacio sul collo della sorella,
non poteva provare astio contro alcuno tranne che con se stesso e forse nemmeno; non erano più fanciulli e sapevano a cosa sarebbero andati in contro, ma era stato inevitabile;  anche se solo per quella volta il nobile cavaliere si era abbandonato alla
tentazione fatale che avrebbe segnato la loro rovina.
Lucrezia sospirò per quell'abbraccio tanto confortevole-Ho paura-Disse con un filo di voce mentre una lacrima inumidiva la gota teneramente accarezzata dalla dolce mano del fratello -Non voglio dare alla luce un demone-. 
Cesare fisso quegli occhi blu scuri come l'oceano-E' sempre un Borgia, un Borgia purosangue e anche se non conosciamo ciò che ci aspetta, saremo in due ad affrontarlo- La sua voce risuonava con una sottile venatura di commozione, Lucrezia sapeva bene
che il fratello non era facile al pianto, ma quella era un'eccezione in ogni singolo gesto.
-E se ci separeranno? Come potremmo vivere?-La giovane era terrorizzata alla sola idea di perdere il suo sole, l'unico uomo del quale si fidasse ancora e per sempre.
-Scapperemo insieme, non importa dove, scapperemo al più presto. Io e te.-
Lucrezia sorrise e si addormentò facendosi cullare da quelle parole. Lei e il suo amato Cesare, l'essenziale.
Non seppero mai che quella fu la causa della loro morte, quel medesimo creatore e assassino.
Lo stesso sangue.
 
 
 
  
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