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Autore: amy holmes_JW    19/07/2013    3 recensioni
Benedict decide di passare il compleanno da solo ma qualcosa, o qualcuno gli fa cambiare i suoi piani.
Dalla storia : "Quel 19 luglio non fu più una giornata solitaria ma una giornata per riscoprire la bellezza della vita comune...."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Benedict Cumberbatch, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Avvertenze : alcune cose su Benedict le ho completamente inventate. Ogni evento non è successo davvero e se è successo(cosa improbabile) non ne ero consapevole. Buona lettura, spero che vi piaccia
 

Era il 19 luglio,  Benedict aveva deciso di festeggiare il suo  compleanno nella completa solitudine, perché, nonostante ritenesse la sua famiglia e i suoi amici un punto fisso a cui aggrapparsi nei momenti difficili, sentiva il bisogno di una giornata tutta per lui. Lontano da ogni conoscenza e nell’anonimato. Dopo aver aperto il regalo dei genitori e risposto ai vari messaggi di auguri decise di spegnere il cellulare e di uscire da casa solo con un libro, un mp3 e il portafoglio, alla ricerca di un luogo nascosto dove godersi la lettura e la musica. Ci volle un po’ prima di trovare il posto perfetto, ma alla fine ci riuscì: era una piccola radura in un anonimo parco, la distesa verde con un albero solitario circondato da fiori bassi e con un ruscello poco distante ricordava un paesaggio dei romanzi romantici. Ben era sul punto di sedersi quando una figura alta ed esile con dei lunghi capelli mori, che poco prima aveva notato intenta a guardare il corso d’acqua, gli si avvicinò a tratti, timida e agitata. Appena lo raggiunse la poté osservare meglio. Il viso era gentile, leggermente a cuore e  le labbra, distese in un grane sorriso, mostravano i denti bianchi  per finire due smeraldi brillavano mentre lo guardavano, velocemente la ragazza fece una delle ultime cose che l’attore si sarebbe aspettato. Lo abbracciò titubante e a voce così bassa da sembrare solo un soffio di vento gli disse  :-  Buon compleanno Benedict Cumberbatch – e velocemente si staccò per ammirare la faccia sbigottita del uomo.
-  Grazie – fu l’unica cosa che riuscì a dire, l’espressione che aveva in faccia fece sorridere ancora di più quella misteriosa ragazza.
- Wow ho avuto la fortuna i incontrare il mio attore preferito nel giorno del suo compleanno e sono riuscita a lasciarlo anche sbigottito – si mise a ridere, una risata cristallina che si mischiò velocemente a quella baritonale di lui perché, in quegli anni dove era diventato un personaggio molto conosciuto, mai nessuna delle sue fans alla sua vista si era comportata come se stesse parlando con un proprio amico.
- Come ti chiami ? – chiese dopo essersi ripreso un po’ dallo shock
-  Facciamo Emma – rispose furtiva.
- Facciamo ? –  quella risposta scatenò in lui un senso di curiosità altissima.
- Sì, perché tu incontri tanta di quella gente che un nuovo incontro, anche se inaspettato, non ti colpisce e dopo poco potrebbe annoiarti, potresti anche  decidere di passare oltre. Perciò voglio farti rodere un po’ di curiosità. Ti ho detto il mio vero nome? O no? Chi lo sa – Benedict ci trovò tanta verità in quelle parole, infatti, nel giro di poco tempo quella ragazza era diventata una delle più strane e interessanti che avesse mai conosciute .Qualcosa in lei, nei suoi modi di fare o la semplice situazione  resero quel luogo più etereo di quanto già non sembrasse. Ciò che avvenne dopo fu quasi inevitabile.
- Bene Emma, posso chiederti un regalo ? -
- Certo, qualsiasi cosa  per il mio uomo ideale – parole scherzose che velavano un minimo di serietà.
- Vuoi passare la giornata del mio compleanno con me ? – una semplice domanda detta d’istinto, senza pensare ad ogni conseguenza possibile.
- Oh mio Dio, sì – una risposta quasi scontata dettata dallo stupore e dalla felicità.
 Quel 19 luglio  non fu più una giornata solitaria ma una giornata per riscoprire la bellezza della vita comune, quella bellezza che può mostratela solo una persona estranea.
- Posso pensare io a dove andare ? -
- si, mi sembra il minimo, ma vorrei per favore evitare un qualsiasi posto pieno di gente. – Fu facile scegliere di lasciarle carta bianca,la cosa migliore  era  scoprire cosa sarebbe successo in un giorno solo.
- Allora vediamo, conosciamo tutti e due Londra, niente posti affollati … ma allora non c’è nessun posto dove andare ! … - pensò Emma facendo rabbuiare  Benedict
- … A meno che il cibo non lo vada a comprare io per due mentre tu aspetti da qualche parte nascosto … e poi conosco un po’ di posti che uno come te non ci andrà da una vita. – era così divertente vedere quante facce sapesse fare quell’uomo senza che ci fosse un copione a imporgliele.
Si era fatta l’ora di pranzo così decisero di mettere in atto la prima parte di quel piano. Emma comprò da un baracchino due porzioni di fish and chips e da bere, mentre Ben aspettava sentendosi un emerito cretino dietro ad un grande albero.
- Eccomi col cibo ! – esclamò esaltata
-  Finalmente, mi sentivo un grandissimo scemo così nascosto … non dovevo mica giocare a nascondino  ! – rispose a sua volta atteggiandosi fintamente.
- Oh mamma, Benedict Cumberbatch non è il bambinone che pensavamo noi ! bisogna rimediare subito, se me lo permetti ti porterei un posto. Ci andremo in macchina… tranquillo che non ti rapisco -  ribattè restando al gioco.
- Ok, anche se non fa mai bene fidarsi così di una che ti offre fish and chips e non ti dice neanche il suo nome. -
- Allora credi che ti abbia mentito … bene – Benedict non riuscì a capire se aveva detto giusto o no perché lei guardava dritto davanti, una cosa che distraeva particolarmente era l’ombra di un sorriso enigmatico. Per tutta la strada che portava alla macchina di lei  nessuno dei due parlò, c’era tanto imbarazzo nel loro modo di camminare, non sapevano quanta distanza tenere tra loro. Ogni pochi passi Emma guardava l’attore per assicurasi che fosse tutto vero e appena i loro sguardi si sfioravano lei girava la testa velocizzando un po’ il passo, mangiando, poi, qualcosa del suo pasto. Il tempo di arrivare alla macchina e avevano consumato il pranzo, così buttarono gli avanzi e salirono in macchina. Il viaggio non fu molto lungo, niente fermò Benedict dal chiedere informazioni sui posti che avrebbero visto  ma non aveva ricevuto nessuna risposta dalla ragazza che, per tutta risposta, iniziò a canticchiare una canzone dei Fun.
- Se non vuoi dirmi nulla su dove mi porti, raccontami un po’ di te, dato che di me saprai già tutto. – Cercò di farla parlare
- So solo quello che sanno tutti, forse anche un po’ meno, o più. Comunque non c’è tanto da dire su di me. Ho pochi anni meno di te, sono un’insegnate di musica, anche se mi sono laureata in belle arti, sono nata  in Francia e vivo a Londra e la cosa migliore che mi sia successa nella mia vita, è questa pazzia che mi hai proposto. – ribattè con un fare leggermente annoiata,  ma qualcosa negli occhi e nel modo in cui stringeva il volante non lo convinsero. Tutto sommato fu un viaggio davvero piacevole e veloce. Appena Cumberbatch mise fuori la testa dalla macchina fu sorpreso di trovarsi in un altro parco, ma con panchine e giochi.
- Di tutti i posti che esistono nel  Regno Unito solo a te poteva venire in mente di portarmi in un parco giochi. -   rise sommessamente. Ogni attimo rimaneva sempre più colpito.
- Mi sembrava un idea carina e innovativa, volevo farti riscoprire uno dei primi posti  dove ogni bambino  inizia la sua “vita sociale”. Prima ancora della scuola qui trovavi gli amici e avevi anche le prime delusioni. Pensa solo quando volevi l’altalena e in quel momento era occupata – quelle parole lo fecero ridere ancora di più
- Ora le altalene sono libere però – la prese gentilmente per il polso e la portò vicino al gioco, poi si sedette e lei lo imitò – Fammi indovinare, questo è il parco della tua infanzia ? – continuò.
- Sì, siamo poco fuori da Londra ed è qui dove ci trasferimmo io e mia madre dopo che mio padre e lei divorziarono, non ero esattamente piccola, avevo intorno ai 10 anni quando ho scoperto questo posto. Non è mai successo niente in questo recinto ma è un posto che mi ha segnato. Qui potevo pensare in pace e progettare il mio futuro. – un velo di tristezza gli si dipinse in volto, e per mascherarlo iniziò a dondolare piano.
- Per te forse non sarà successo un granchè ma io invece ci vedo parte della tua vita. Ecco, lì sotto il tettuccio dello scivolo ti immagino in un angolo che decidi il lavoro che vorrai fare, e su quel dondolo con una  tua amica a parlare di quel ragazzo che ti piace e che, a volte, si ferma a guardarti. E ancora sotto quel albero mentre suoni un pezzo che devi imparare per un saggio o un esame. – voleva tirarla su. Sembrò funzionare.
- Come sai che suonavo ? -
- Facile, sarai pure laureata in belle arti, ma per fare l’insegnante di musica devi avere comunque delle conoscenze che puoi avere appreso a scuola o con qualche corso – spiegò davanti ad Emma che tornava a sorridere.
- Wow non sapevo che fossi un po’ come Sherlock -
- Ogni personaggio mi ha lasciato qualcosa, dalla genialità di Sherlock alla determinatezza di John Harrison. Un po’ come i quadri, prendi per esempio i quadri di Monet, Picasso, Van Gogh ognuno di questi artisti ha messo del suo in ogni quadro.  – era strano quanto fosse facile fare discorsi seri con leggerezza ma in quel momento la realtà era lontana e rimaneva solo quella bolla  di tranquillità.
- Come siamo seri, voglio sdrammatizzare facendoti vedere una cosa – detto questo trascinò Benedict giù dall’altalena fino in cima allo scivolo e lì gli mostrò un piccolo fiore e un incisione “ la vita non aspetta nessuno ”
- Hai indovinato, guarda la scritta, l’ho fatto io, il giorno che ho deciso che compiuta la maggiore mi sarei trasferita nella capitale, in tre anni sono riuscita a convincere mia mamma e ho iniziato la mia vita -  per qualche motivo la ragazza era in vena di ritirare fuori la sua storia di fatta di alti e bassi –  ti va di farmi da psicologo? È una cosa un po’ pesante ma ti prego,  solo un minimo –  si mise a sorridere.
- Certo, voglio sapere tutto della tua vita. -
- Bene, ma prima di tutto fammi andare un po’ sull’ altalena, se vuoi leggi pure – rise spensierata e in due falcate era di nuovo a dondolare .
Passò molto tempo prima che lei si fermasse e che lui smettesse di guardarla, era davvero bella, i capelli si spettinavano ogni volta che andava in alto, e le coprivano la faccia mentre scendeva. La risata che invadeva l’area era di una donna ma in quel momento sembrava quella di una bambina. Per le quattro del pomeriggio decisero di andare a mangiarsi un gelato da qualche parte. Il viaggio in macchina fu ancora una volta silenzioso ma leggermente più lungo, Emma aveva scelto un paesino fatto in pietra,sperduto nella campagna, e il gelato era uno dei più buoni che l’attore avesse mai mangiato.  Il paese era immerso nel silenzio, così poterono girare tranquillamente tra le stradine senza disturbi e senza fretta.
- Qual è stato il periodo più difficile della tua vita ? – chiese Benedict a bruciapelo
- Come ogni qualsiasi storia di questo mondo, l’adolescenza … il tuo? – rispose leccando il suo gelato
- Più  che l’adolescenza penso la sua fine e quando ho dovuto iniziare a cercare lavoro, questo è un mondo difficile, devi tirare fuori i denti altrimenti rimarrai nel’ombra e finirai a lavare i cessi del peggior locale di periferia – rispose
- Devo dire che te la cavi più che alla grande, ti immagino già tra i grandi, come Johnny Deep o Morgan Freeman e infondo hai già lavorato con un tre importantissimi  registi – gli sorrise
- Sono lusingato. I registi sono più di tre ma devo dire che  Steve è davvero professionale ma ti fa sentire a casa come pochi, anche Abrams è stato un ottimo direttore e per il poco che ho passato con Peter devo dire che è stato davvero simpatico – sorrise al ricordo delle riprese di ognuno di quei film – allora… questo posto è significativo come il parco o è un posto qualsiasi che ti è passato sotto gli occhi? – chiese, infine, leccando a sua volta il suo gelato.
- No no, è un luogo come un altro, devo averlo visitato… - non finì la frase che si fermò di colpo e Benedict le finì addosso allontanando il dolce con la mano destra e, con l’altra, le strinse la vita spostandola al suo fianco.
- Scherzavo, ci sono passata di qua ma non l’ho mai visitato – disse e le guance si imporporarono tanto da sembrare due mele mature. Lui credette  che fosse colpa del braccio che ancora la stringeva. Per scusarsi e godersi ancora quel rossore  le diede un bacio leggero su una guancia. Come immaginato divenne ancora più rossa. Ciò che l’attore non potè immaginare fu il cambiamento repentino il di Emma, prima completamente imbarazzata, due minuti dopo con un sorriso serafico leccava con gusto e leggermente provocante il cono mentre guardava fisso davanti.
- Qui l’ho fatto per la prima volta, naturalmente all’insaputa di mia madre – si girarono a guardare il “luogo del delitto”. Un piccolo hotel a basso costo ma con un entrata accogliente.
- Avevo sedici anni, per mia madre ero a casa di una mia amica, quella che, secondo il suo pensiero, mai mi avrebbe coperta per fare certe cose. Io e il mio ragazzo venimmo in questo hotel… in tutti i sensi – ammiccò
- Prevedibile – stette al gioco.
- Naturalmente, solo se non contiamo il fatto che tutti sapevano tranne lui, almeno credevo… quella sera lo presi dal suo gruppetto e lo portai qui. Il giorno dopo al mio risveglio mi disse : “ringrazio che i miei amici mi abbiano infilato in tasca un preservativo, è stato fantastico ”. Tornati a scuola venni a sapere che aveva fatto una scommessa che avrebbe usato i preservativi di una scatola con una ragazza diversa e che l’ultimo sarebbe toccato a me.  Un fatto comune per una vita comune -
- Non ne sono sicuro, in fondo lo stereotipo della prima volta è vero quanto ben fondato – la rassicurò.
- Non dirmi che anche tu hai fatto lo stronzo con una alle prime armi ? – lo rimbeccò.
- Ehi così mi offendi, in realtà ero un po’ sfigato da questo punto di vista. La mia prima volta fu poco prima di Olivia. Non mi ricordo come si chiamava ma ricordo cosa mi fece. Mi invitò per studiare , esattamente  il tempo di sedermi a un tavolo della biblioteca e mi aveva  fatto capire chiaramente i suoi interessi. Finimmo nel bagno e lì immagina : io, impacciato come pochi, e lei che faceva ogni cosa che ti possa passare per la testa. Il giorno dopo era in mezzo al suo gruppetto e se la rideva alla grande – non ebbe il tempo di finire la storia che fu interrotto da una risatina trattenuta
- Non ci credo!  Quello che oggi più di mezzo Regno Unito definisce il sexsymbol inglese per eccellenza è stato usato da una donna, e se tutto va bene la sua prima volta è stata a 21 anni! Spero solo che adesso quella donna si renda conto della fortuna che ha avuto! – riuscì a dire tra un singhiozzo e l’altro
- 21! Non esagerare, ne avevo 18 e comunque che ora abbia una fanpage dedicata interamente al sottoscritto – scherzò unendosi alla risata. Continuarono a camminare, parlando, oltre agli amanti che ha interpretato, del più e del meno. La città continuava in silenzio a osservare quanto si fossero avvicinati, più di una volta era capitato che le mani si sfiorassero e ormai camminavano fianco a fianco. Era ora di tornare verso la caotica Londra e anche questa volta il viaggio fu silenzioso, non per l’imbarazzo ma bensì per l’assoluta quiete del momento.
Erano tornati al punto di partenza e, forse, era il momento di salutarsi ma il tempo non era della stessa idea : chiusa la macchina dal cielo già grigio cadde una grossa goccia, presto seguita da altre, sempre più grandi, sempre più rapide.
- Vieni, ora ti porto io in un posto. Nessuno ci può salire, ma se hai l’amico giusto non sei “nessuno” – la prese per mano  e iniziarono a correre rapidi. La ragazza si stupì di dove l’aveva portata, era ferma davanti alla “London Eye”.
Benedict, intanto, si era allontanato per andare dal suo amico.
- Ehilà Ben, cosa ti porta qui da me con questa pioggia? -
- Ciao Jack, vorrei fare un giro. Se ti è possibile fermarti  in alto per una decina di minuti per favore – chiese allungando una generosa mancia.
- Oh oh, leggeremo presto di una nuova fiamma? E questi sono fin troppi, sei sempre mio amico no ? -
- Non dubitarne mai, praticamente salgo sempre gratis quando ho voglia di fare un giro e mi sembra giusto pagarti  almeno una volta, perciò, questi sono il minimo. La ragazza  bhè, l’ho incontrata così per caso e qualcosa mi ha spinto a chiederle di passare la giornata insieme. È un mistero, pensa che non so se il nome che mi ha detto è il suo o no -    
 - Wow, è strano… ma sembra romantico – scherzò, ma qualcosa nell’espressione faceva vedere che ci credeva alle parole appena dette.
- Grazie Jack -
- Di nulla, ricordati di invitarmi… - Ben lo fermò indicandolo con l’indice, in segno di ammonizione, e sorridendo tornò da Emma. Galantemente aprì lo sportello della “capsula” e spingendola leggermente con la mano la portò dentro. La ruota iniziò lentamente a girare e loro rimasero in silenzio guardando quello spettacolo unico, entrambi persi nei loro pensieri. Arrivati in cima la ruota si fermò. Emma era ancora intenta a guardare tanto che non se ne erano nemmeno accorta, l’attore,invece, aveva notato le guance bagnate. La girò verso di lui tenendole le spalle, poi, lentamente portò le dita a fermare le lacrime, d’istinto sorrise contagiando anche lei.
- Scusa, spesso mi capita di piangere, senza motivo. Adesso, però, lo so bene il perché. Sono felice. Scusami ancora ma son una tale piagnucolona – si sfregò gli occhi per poi girarsi a guardare fuori.
- Dovresti prenderti un po’ meno sul serio, e non sottovalutarti, dove hai lasciato la ragazza che mi aveva ammutolito ? è rimasta in quel parco? Prendi me per esempio: nella vita non mi prendo per niente sul serio, ci pensano i miei personaggi a rendermi serio – disse per poi sorridere contagiando anche lei
- Hai ragione,diciamo che quella ragazza non è la solita che gira in giro, esce solo di rado quando ci tiene tanto a qualcosa – era un discorso controverso ma che Benedict capì ugualmente.
- Dovresti farla uscire più spesso.È una che piace, grintosa… una che non ha paura di niente – la ragazza a queste parole si girò
- Pensi che non abbia paura di nulla ? ho paura di un sacco di cose -
- Come tutti, ma in questa giornata non ti ho vista spaventata, tanta gente ha paura anche di raccontare la propria storia -  si avvicinarono molto lentamente, erano entrambi appoggiati alla sbarra vicino alla finestra e Ben iniziò ad allungare il braccio per intrappolarla, spalle contro il vetro e occhi nei suoi. Il tempo di attaccarsi con l’altra mano e la ruota ripartì facendo sussultare Emma.
- Tempismo perfetto Jack – soffiò piano leggermente indispettito
- Eravamo fermi? – chiese stupita. E risero, per tutto. Per la giornata, per quell’uscita e per il tempismo perfetto di Jack.
tornarono presto a godersi la visuale. Londra sotto la pioggia vista da lì era uno spettacolo surreale, pochi o nessuno avevano avuto il privilegio di vederla. Il cielo era ormai scuro a causa delle nuvole, e le luci delle case e delle strade erano l’unica cosa a illuminare la città. Emma azzardò a poggiare la testa sulla spalla di Benedict che per risposta le cinse la vita. La discesa sembrò troppo corta a tutti e due. Un po’ malinconici tornarono alla macchina, lentamente, indifferenti nel sentire le gocce bagnarli dalla testa ai piedi. Era ora di salutarsi.
- Bhè, che dire… non ho mai fatto la pazzia di invitare una ragazza sconosciuta a passare una giornata con me e raccontarle cose che, per fortuna, sono ancora oscure al mondo. Quindi non so cosa fare adesso. -
- E io non sono mai andata ad abbracciare un mio idolo per auguragli buon compleanno e poi raccontargli la mia vita. Però permettimi di farti regalo, per così dire -
- Ok, anche se penso di dovermi preoccupare -
- Grande! Ora chiudi gli occhi -
ubbidì e lei gli si avvicinò piano, a poca distanza si sollevò sulle punte per lasciare un bacio casto sulle sue labbra. Poi si allontanò. Ben aprì gli occhi e la guardò intensamente, per poi prenderle il viso e lasciare una breve scia di baci che partivano dalla tempia, Emma assaporava il contatto a occhi chiusi e con la bocca socchiusa, poi le loro bocche si incontrarono. Le loro lingue esploravano, cercavano per poi trovarsi, intrecciandosi. Fu un bacio dolce che sembrò durare una vita ma che in sé durò pochi minuti. La ragazza non voleva fermare le carezze che l’attore lasciava distrattamente sui suoi capelli dopo essersi allontananti quel poco per guardarsi in faccia. Nessuno dei due osò parlare, erano persi uno negli occhi dell’altro, il verde speranza era annegato nel colore indefinito ma bellissimo del mare, e viceversa.
- L’anno prossimo mr. Cumberbatch, se vorrai io sarò dove mi hai incontrata. – lo fermò quando riavvicinò i loro volti. Si allontanò un po’ per aprire la macchina.
- dimmi la verità, Emma è il tuo vero nome ? – chiese quasi disperato tenendole il polso
- Direi proprio di no – gli sorrise sedendosi in macchina e chiudendo la portiera
- e qual è allora ? – domandò
- L’anno prossimo mr. Cumberbatch, l’anno prossimo – gli rispose sporgendosi dal finestrino abbassato per poi mettere in moto e allontanarsi.
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È  il 19 luglio e Benedict è da un anno che aspetta l’arrivo del suo compleanno, come se fosse tornato bambino. Ogni giorno pensava a quella ragazza e teneva il conto a quanto mancasse per tornare in quella radura.  Per gli altri lui aveva deciso di ripassare il compleanno da solo unendosi a loro, infine, per una serata tranquilla. In quel momento però voleva solo rivedere quella misteriosa donna per starle vicino e farle riscoprire la  sua parte grintosa. Poi a fine giornata non l’avrebbe lasciata andare. Forse mai più.




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Ed ecco un'altra storia non betata (immagino già tutti i grando scrittori rivoltarsi nelle tombe) haimè questa volta è a causa del tempo. Ho finito ieri di scrivere, e oggi l'ho ricontrollata. Mi scuso per errori, se la parte di Ben inventata da me non piace e per la scritta sull'immagine, non ho trovato modo di farla risaltare.  Grazie a chiunque commenterà.
Se l'immagine  piace, bhè bisogna ringraziare il Dottore :D

  
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