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Autore: Minority    22/07/2013    4 recensioni
"E' nelle notti come queste che Billie Joe si chiede per quante volte al massimo ci si può innamorare della stessa persona."
In questo periodo mi è presa bene e pubblico una quantità spropositata di bike rispetto al solito. Godetevele, buona lettura.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ten years gone


Certe notti, quando la Luna è alta e splendente nel cielo, capita di sentirsi un po’ più bambini, capita di continuare a chiedersi se quella grande palla bianca che illumina la notte sia fatta di formaggio o soltanto di sassi: è nelle notti come queste che Billie Joe si chiede per quante volte al massimo ci si può innamorare della stessa persona. Quarantuno anni suonati e ancora non l’ha scoperto, quarantuno anni suonati e Mike continua a farlo sentire un’adolescente che, le guancie rosse d’imbarazzo, corre a casa dopo il suo primo bacio e poi via, via in camera sua a raccontarlo al suo diario segreto, quarantuno anni suonati e, in certi giorni, quel “ti amo” che gli ripete tanto spesso continua a farfugliarlo zoppicante, come nei loro primi giorni di fidanzamento.
E’ nelle notti come queste che Billie Joe si porta dietro un quaderno scuro, piccolo e con due righe sui lati, quelle per ricordare al di là di dove si può scrivere ed al di qua di dove no: è nelle notti come queste che Billie Joe si porta dietro un quaderno scuro dove, gli occhi bassi, la penna blu in mano ed il sorriso sulle labbra, si appunta meticolosamente la storia di ogni singola volta che ha perso la testa per Michael negli ultimi dieci anni e, ogni tanto, quando non ha nulla da fare perché il pranzo è pronto ed il suo ragazzo non è ancora tornato a casa da lavoro, si siede sul divano, accende il giradischi, mette su uno dei loro album preferiti e si mette a leggere.
E’ nelle notti come queste che Mike gli dice di salire sul tetto del palazzo dove vivono ed aspettarlo lì e, sempre nelle notti come queste, mentre lui attende che il suo cuore torni a casa, apre il quaderno scuro, piccolo e con due righe sui lati e si mette a leggere.
Nella prima pagina c’è solo una scritta, stampatello maiuscolo, la sua calligrafia: “tutte le volte che mi ha fatto innamorare dal 2003 ad oggi”; sorride pacatamente e va avanti.
 
Prima volta.
Non è proprio la prima: insomma, quella era tanto, tanto tempo fa, nella caffetteria della scuola – se ci penso mi viene ancora da arrossire.
Questa volta siamo a Londra, ruota panoramica, abbassiamo gli occhi e si vede il Tamigi, blu come i suoi occhi. Non so dove abbia trovato i soldi per permettersi questo viaggio, non riesco davvero ad immaginarlo, ma lo ha fatto ed adesso siamo qui: quando gli ho chiesto perché mi ci aveva portato, lui mi ha dato un bacio e mi ha messo zitto.
Siamo a Londra, ruota panoramica e le nostre mani sono unite, le dita incastrate fra loro in un perfetto equilibrio: ricorda i rami degli alberi che svettando verso il cielo nelle foreste e, pur essendo tanti, trovano ognuno il proprio spazio.
L’aria, fuori, è fresca ed io non so come ringraziarlo per tutto quello che fa per me; nel dubbio, gli dono il mio cuore per la neanche io so quale volta.
 
Seconda volta.
Non so che abbia di speciale oggi: forse gli uccelli che cantano fuori, forse svegliarsi con un vassoio pieno di pasticcini sulle gambe di Mike, accanto a me, forse lui che sorride, forse i suoi capelli biondo ossigenato che ha ritinto ieri, forse l’odore di caffè che viene dalla cucina, forse le nostre foto sul comodino o la TV accesa sul notiziario, forse la sua mano gentile intenta ad accarezzare la mia che esce appena da sotto il cuscino, forse il calendario che ci dice che è domenica e non dobbiamo andare a lavoro, forse gli schiamazzi dei bambini del quartiere fuori dalla finestra.
“Buongiorno, amore” e io alzo gli occhi verso di lui, sorrido di gusto stringendogli la mano.
“Buongiorno a te” e, senza bisogno di aggiungere altro, so che questi piccoli crampi alle pareti dello stomaco sono farfalle belle come la nostra storia che, stordite almeno quanto lo sono io ogni volta che sento il profumo di Michael, svolazzano scomposte.
 
E’ nelle notti come queste che Billie Joe scorre lesto le pagine e – il sorriso sulle labbra, quello, quando si parla di Mike, proprio non se ne vuole andare -, arrivato poco oltre la metà del quaderno, si porta una mano sul cuore, come per fargli forza leggendo il titolo dell’ultimo paragrafo:
 
Novantanovesima volta.
Non so dove mi stia portando, so solo che sono con lui e, perciò, mi fido ciecamente.
“Posso aprire gli occhi?”
Sento le sue mani sul mio volto, il suo profumo che, delicato, scivola nel mio naso e, neanche mi facesse il solletico, mi fa sorridere come un povero scemo, che poi forse è proprio quello che sono: che poi forse è proprio quello che sono tutti gli stupidi innamorati di questo mondo, tutti quelli che – ah, maledetto lui! – Cupido ha condannato ad annegare in questo dolce, dolce, dolce oceano di gioia. 
“No, non ancora”
Cammino seguendo d’istinto i movimenti delle sue gambe chiedendomi perché abbia voluto portarmi qui, proprio qui: a giudicare dall’odore di umida erba tagliata, direi che siamo in un parco e, dai filetti appena bagnati che mi accarezzano quel poco di gamba che esce dai calzini e dai pantaloni, direi che ho ragione.
“Ecco, siamo arrivati:”, mi toglie le mani dagli occhi “guarda adesso” e quello che vedo è una tovaglietta stesa per terra con sopra un paio di hamburger, delle patatine, una bottiglia di birra ed una lattina di coca-cola: direi che è stato da McDonald e che, se tutta quella merda di distruggerà lo stomaco, non si sa come Mike è riuscito a farmi sciogliere di nuovo il cuore – come diavolo è possibile, dopo tutti questi anni? Come diavolo è possibile dopo che mi sono innamorato di lui già altre novantotto volte, che io continui a sentirmi così?
Mi volto verso di lui, gli butto le braccia al collo e, con le labbra vicino alla sua pelle mormoro un “ti amo” di quelli strascicati come un cencio per terra, di quelli che dicono le ragazzine di dodici anni al loro primo fidanzatino e che io continuo a dire al mio nonostante ne abbia quaranta. Inspiegabile.
 
 -Ciao, Billie Joe.
 
Alza gli occhi dal suo quaderno piccolo, scuro, con le righe sui lati e lui è lì: lì, proprio davanti a lui, la camicia bianca per le grandi occasioni, i pantaloni neri di stoffa del vecchio smoking - quello che non si mette da talmente tanti anni che ha perso il conto anche lui -; lì, proprio davanti a lui, con una bottiglia di champagne in mano che, a giudicare dalle belle lettere dorate scritte sopra, è costato una fortuna al discount infondo alla strada. E Billie Joe, sorriso sconcertato sulle labbra, decide che deve ricordarsi ogni dettaglio perché, già lo sa, questa è la centesima volta.
 
-Ciao, Michael.
 
Centesima volta.
Non so come fa, davvero non lo so: mi batte forte, forte, forte, forte, fortissimo il cuore solo a vederlo là infondo, là davanti a me, là con quella bellissima bottiglia in una mano e il mio cuore nell’altra, al sicuro, come al solito, come solo lui sa tenerlo. Ah, no: non è il mio cuore quello – scusatemi, ero sovrappensiero -: è soltanto il sacchetto con la nostra cena – sacchetto che, a quanto dicono gli ideogrammi dorati scritti sullo sfondo scarlatto – viene dal ristorante cinese due vie più giù.
“Che ne dici?” chiede raggiungendomi, il suo passo delicato, il suo volto che mi fa sorridere come un deficiente :“Ti va di innamorarti di me per …” fa una pausa, si aspetta che continui io.
“Centesima volta” proclamo orgoglioso, orgoglioso come mai prima, orgoglioso di essere quello che il destino ha riservato all’uomo migliore del mondo, il co-protagonista della storia che Amore ha tessuto per Mike.
C’è un’elettricità strana, nelle notti come questa, una musica che sale dal nostro terrazzo, una di quelle che ci hanno accompagnati negli anni, su cui ci siamo parlati, baciati, tenuti per mani, una di quelle su cui abbiamo fatto l’amore e che, da bravo sentimentalista che sono, mi fa piangere dolci lacrime ad ogni ascolto: una di quelle canzoni imbevute del mio ragazzo, di quelle che portano il suo profumo di bucato addosso, il suo sapore, il tono rassicurante della sua voce, le note del suo basso che suona per me quando trova un po’ di tempo. 
C’è un’elettricità strana, nelle notti come questa, e nonostante io sia pronto a giurare che una sensazione bella così non l’ho mai provata prima, queste sono le notti in cui Mike – non l’abbiamo mai fatto, mai così, ma lo sento, come funzionano le cose in queste notti – mi prende la mano e mi chiede di ballare con lui, su questa dolce melodia che sale da casa nostra, che ci avvolge come una coperta lisa dai ricordi, come il famigliare tempore di un focolare, come l’abbraccio della persona di cui si è innamorati – di cui ci si sta per innamorare di nuovo, per la magnifica centesima volta.
C’è un’elettricità strana, nelle notti come questa ed io, incapace di dirgli di no, mi abbandono fra le sue braccia forti, contro il suo petto caldo, sulle sue labbra morbide, e, come un adolescente che scopre l’amore, dondolo impacciato stretto a lui.
Alzo la testa verso di lui.
Lui abbassa la testa verso di me.
“Ti amo”, ma lo mormoriamo in coro, mangiandoci affamati le lettere come la prima volta, oggi, però, in una tenera risata.
“Lo so bene” e mi stringo a lui, forte, senza smettere mai – neanche per un secondo – di ridere.

 



minority's corner
(ma che bellino il blu?)


Sì, il titolo è una canzone dei Led Zeppelin ma, nonostante l'abbia scritta ascoltando la suddetta e tutto quanto, non mi sento di mette song-fic perché, alla fin della fiera, non lo è.
Sì, ho messo AU perché, come penso si sia capito, è ambietata in un simpatico universo alternativo -probabilmente il nostro *coffcoff*- in cui Billie e Mike sono una coppia di persone normali felicemente fidanzate e bla, bla, bla, bla, bla. Insomma, avete capito.
Detto ciò: tremate, oh utenti di efp, perché in questo periodo, sarà che non ho da fare una beata minchia (YEEE), sarà quel che sarà, mi sono rimessa a scrivere e quindi ad insudiciare il fandom con queste cosette. No, insudiciare proprio no, anche solo perché sono bike, ma poco ci manca.

Sperando di salvarmi anche questa volta dalle verdure avariate (siete così carini di solito ;____;),
peaceandbike,
minority.

   
 
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