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Autore: 2calzona3    22/07/2013    11 recensioni
Mischiare più amori, più labbra, più mani. Mischiare più sentimenti e sporcare la purezza di un bambino, non l'avrei mai fatto, e neanche Jessica.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nulla che sia tuo

 

 

 

 

 

Jessica entrò sul set, mi domandai cosa ci facesse lì, non era assolutamente il suo turno di riprese quel giorno. Sembrò cercarmi con lo sguardo per qualche minuto, e sembrò proprio che io preferissi nascondermi dietro alle quinte. La sentii chiedere in giro e pronunciare il mio nome, ed ogni volta che sentivo “Sara” pronunciato da lei, avrei voluto uscire dalla tana e andarle incontro. Lo diceva troppo bene, non correttamente fino all'ultimo accento, ma troppo bene. Avevo un presentimento, una certezza non sicura sul motivo per cui mi cercasse. Evitando sia il suo sguardo che quello di ogni persona potenziale spia mi chiusi in camerino. Un senso di sollievo mi pervase, lì avrebbero dovuto bussare per entrare e io avrei potuto far finta di non esistere. Ma come mi era facile dimenticarlo, Jessica non bussa mai per entrare oltre i tuoi confini, lei è impulsiva e lo fa, punto.

“Sara so che sei lì dentro, ti conviene aprirmi e farmi entrare perché tra meno di mezz'ora devi comunque andare in scena”

“non sono in camerino”

“già e io non sto per prendere a pugni la porta rovinando le mie fantastiche...”

“mani” aprii la porta e la scoprii con il pugno alzato, pugno che non ebbe il tempo di abbassare, perché finì ad essere parte integrale dell'abbraccio che le stavo dando. La sua mano chiusa in segno di lotta rimase appoggiata tra il mio petto e il suo, rimase schiacciata dai nostri corpi e malgrado questo, testarda come lei si dischiuse in gran segreto, fu una carezza illegittima. Anche questo abbraccio, questo buttarsi immediatamente dentro l'altra, era uno dei gesti impulsivi più belli che potessimo compiere. Entrò senza che ovviamente le chiesi di farlo.

“non lavori oggi, cosa ci fai qui?”

“sono venuta per te, ti avevo detto che saresti stata la prima. Ok non sei la prima, ho provato a fare la dolce amica del cuore ma ho dovuto dirlo in famiglia prima”

mi tremavano i polmoni, io, cantante, non stavo avendo il minimo controllo dei miei polmoni. Avrei voluto cantare di gioia e piangere...piangere quasi di dolore, un dolore che non doveva appartenermi, che non dovevo pronunciare o sentire.

“sono di quattro settimane, ho aspettato un po' per dirtelo, insomma...non si sa mai cosa può succede qui dentro” si mise una mano sul ventre e mi sorrise. Certo, perché sapeva che quel sorriso poteva alleviarmi il senso di schiacciamento che stavo provando. Sfoderai il più naturale dei sorrisi, realmente naturale, perché non sapevo mentirle con la bocca. Non uscivano mai parole false, sorrisi non veri o espressioni mascherate. E fu questo mio impossibile modo di mentirle che scatenò una catena di avvenimenti. Le corsi incontro e allargai le braccia, tanto quanto bastava perché lei ci si potesse incastrare, la strinsi forte, forse troppo, forse troppo poco.

“Sono felice, lo sai. Perchè questo è positivo. Questo ridimensiona i castelli nella mia testa, so che sei sua, che questo bambino è suo, so che io non centro niente e nulla è mio, mi porta alla realtà Jessica. Eppure lo sai...” mi guardò con occhi tristi, impietositi dalla situazione in cui mi trovavo. Come darle torto. Anche io la guardavo con gli stessi occhi.

 

 

 

 

 

 

 

Sara mi fece sentire tutto il peso delle mie azioni con uno sguardo. Azioni tutt'altro che malvagie, avevo fatto solo del buono da quando era nata questa cosa tra me e lei, tipo fare figli, forse troppi. Si, esagero quando faccio belle cose.

“Sara non devi...dirlo. Non aiuta” speravo per la prima volta, che non si aprisse a me, per quanto amassi le sue parole e i suoi sentimenti per me, farlo non mi avrebbe aiutata.

“si invece. Non riesco a zittirmi, perché dentro urlo e non puoi obbligarmi a tacere, perché mi costringeresti a fare qualcosa e tu non l'hai mai fatto. Jessica tu sai perché ora ho questi occhi, sai tutto quello che sto per dirti, lo sai sempre. Eppure parlare serve per esorcizzare il dolore, portare fuori ciò che sento, delineerà soltanto ciò che siamo e ciò che sbagliamo ad essere. Ma te lo devo dire, ti devo dire quanto questo mi faccia in verità male. Quel semplice gonfiore sul tuo ventre, che probabilmente mi sto immaginando, non fa altro che ricordarmi quanto non sia mia, ed è il suo dovere e lo accetto”

“fermati ti prego”

“ma sai quanto vorrei che tutto questo fosse nostro. E so quanto lo volevi anche tu prima...prima che la realtà di questa gravidanza ti cadesse addosso, probabilmente. Ora siamo così, io sogno e sbatto la testa, tu vivi e schivi il muro con un bambino”

“ho sbattuto la testa più forte di te. Ti sei fidanzata e poi ti sei sposata. Ho sentito le stesse identiche cose che senti tu ora”

“lo so, non ti sto rinfacciando niente. Le nostre vite vanno come devono andare. E noi ci distruggiamo a vicenda, senza neanche viverci”

“no Sara non...farlo. Non piangere ti prego”

“mi hai promesso di non obbligarmi a far niente” mi disse lei, con la voce, il cuore, gli occhi e il viso rotto.

“ti ho promesso anche di far di tutto per farti sorridere, ti ho promesso tante cose” le posai una mano sul viso, cercando inutilmente di alzarle l' angolo della bocca con le dita, che strana carezza, che strano inconscio modo di dimostrarle che volevo sorridesse

“e ci riesci, sempre” mi sorrise, perché io ci potevo riuscire, sempre.

 

 

 

 

 

 

Ogni tanto accadeva. Ogni tanto potevamo baciarci, sul set o nei camerini, per sbaglio o per lavoro.

Ma non ebbi il coraggio nemmeno di avvicinarmi al suo viso, come se quel bambino stesse facendo da repellente alle mie labbra, non sarebbe stato giusto. Mischiare più amori, più labbra, più mani. Mischiare più sentimenti e sporcare la purezza di un bambino, non l'avrei mai fatto, e neanche Jessica. Il sorriso che portavo sulle labbra continuava ad esistere, insieme alle lacrime, due mondi apparentemente diversi sullo stesso viso, in verità andavano continuamente in comunione, lacrime e sorrisi, occhi asciutti e felici e labbra tristi. Piano mi lasciai andare con il corpo, non riuscivo più a reggere la schiena dritta e le spalle alte, fu lei a reggermi avvicinando il bacino al mio e tenendo il viso e le spalle lontane, solo per guardarmi. Sentii il suo bambino così vicino al mio ventre da farmi sentire male. Mi stava guardando il dolore, e le piaceva studiarlo per ricordarsi quanto era facile per lei vedermi scoperta.

“Jessica, mi vergogno a dirlo. Lo sento un po' mio”

“bene. Perché lo sento un po' tuo”

ci spaventammo entrambe per le parole appena pronunciate.

Le baciai la fronte facendo cadere le mie lacrime nei suoi occhi, restando lì, a benedire ciò che stava per ricevere dalla vita. A benedire i passi avanti che stavo compiendo per lei, a benedire quel bambino, quei baci che non le diedi, quei nostri sogni mai, mai restati addormentati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N.d.A

 

giuro che se una delle due resta incinta e mi accorgo di aver sprecato un capitolo per “dove finiscono loro” vado a vendere tappeti volanti sotto l'oceano indiano.

 

Necessito recensioni quanto Sara e Jessica necessitano di amarsi. Onoratele!

Grazie popolo.

   
 
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