Fandom: Glee
Autore: warblerslushie –
potete trovare il quindicesimo capitolo in lingua proprio QUI
Titolo: When
We’re Older
Pairing: Blaine
Anderson/Kurt Hummel
Genere: Drama;
Hurt; Comfort
Rating: T
Avvertimenti: MPREG
Disclaimer: non
sono RIB quindi non possiedo né Glee né nessuno dei suoi
personaggi. Se altrimenti, sarei ricca e probabilmente non scriverei
fanfictions!
Inoltre, il gene Reddin che menziono in questa storia è basato sul
personaggio
di Reddin del film Junior del 1994. Dovreste proprio
vederlo se
vi piace la tematica. È un buon film, lo prometto – su cui, per inciso,
non ho
nessun diritto.
Traduzione
a
cura di Killing
Loneliness.
When We’re Older
Capitolo 15.
«Finn!
Respira?
Ti
prego, dimmi che respira!»
Rachel
stava singhiozzando, con una
mano teneva il cellulare di suo marito all’orecchio e l’altra era
premuta sul
petto, come se lei stessa faticasse ad ingabbiare l’aria.
Finn era
seduto sul pavimento, la
testa appoggiata sul torace di Blaine, intento ad ascoltare il cognato
prendere
un lento e roco respiro.
Non
riusciva a tollerare l’idea di dare
un’occhiata alla testa di Blaine, al bernoccolo che si stava gonfiando
su un
lato, e non voleva nemmeno guardargli il braccio, che era sicuramente
dislocato
o rotto.
Si accertò,
invece, che Blaine stesse
almeno respirando – cosa che
stava facendo e di cui Finn era
davvero grato.
«Sta
respirando, Rach, ma è debole»
«Ha
s-sbattuto la testa. O mio Dio, ha
sbattuto la testa» Rachel cadde in ginocchio accanto al corpo prono di
Blaine e
posò la mano libera sul suo ventre «O mio Dio, il bambino. Oh, no, no,
no, no,
no»
Finn fissò
il palmo della moglie
contro lo stomaco gonfio di Blaine e deglutì pesantemente, sfiorando
l’attaccatura dei capelli dell’uomo con la mano, laddove un brutto
bernoccolo
si era formato.
«Blaine?
Blaine, riesci a sentirmi? Se
mi senti, apri gli occhi o che altro o stringi la mano di Rachel. Per
favore.
Andiamo, amico»
Guardò il
braccio di Blaine e sibilò appena
notò come era disteso sul pavimento –
visto il modo in cui era stramazzato al
suolo, Blaine aveva colpito il lato destro piuttosto duramente e
l’impatto
della caduta aveva coinvolto perlopiù la spalla e parte della testa:
aveva
probabilmente una commozione cerebrale e un braccio possibilmente rotto
e, forse,
quello non era nemmeno il peggio, nonostante Finn sperasse e pregasse
che tutto
quello che stava accadendo non fosse vero.
Più che
altro, si augurava che il bambino
non avesse risentito della caduta e che stesse bene, perché non sapeva
come
Blaine l’avrebbe gestita se l’avesse perso... non dopo aver visto come
era
eccitato per la gravidanza.
Asciugandosi
qualche lacrima che non
si era accorto di star versando, Finn guardò Rachel e la vide comporre
dei
numeri sul cellulare con frenesia.
«L’ospedale
– »
«L’ambulanza
sta arrivando. Sono
ancora in linea con loro ma non riesco a mettermi in contatto con Kurt.
Non
risponde, Finn! Non risponde!»
«Dammi il
tuo telefono» disse Finn,
afferrando l’apparecchio dalle mani della moglie prima che anche lui
cominciasse
a telefonare Kurt ancora ed ancora.
Per diversi
minuti lo chiamò sul cellulare
e sul telefono di lavoro, ma non riuscì ad avere risposta su nessuno
dei due, e
stava per ritentare quando Rachel, che non aveva notato lasciare il suo
fianco,
arrivò con due paramedici.
Questi si
inginocchiarono rapidamente accanto
a Blaine, sul pavimento, e cominciarono a controllare i suoi segni
vitali.
Finn si
alzò e prese la moglie in
lacrime tra le braccia, zittendo i suoi singhiozzi mentre guardava,
impotente,
i paramedici fare quel che potevano per aiutare suo cognato.
Appena
legarono Blaine sulla barella
con le cinghie, Finn lasciò andare Rachel ed afferrò i loro cellulari,
spingendo
la donna fuori dalla porta cosicché lei potesse andare con Blaine
mentre lui si
assicurava che tutto in cucina fosse spento prima di seguirla in taxi.
Durante la
corsa verso l’ospedale, il
ragazzo fece del suo meglio per rintracciare Kurt sia dal proprio
cellulare che
da quello di Rachel e, quando non riuscì ad ottenere risposta a nessuno
dei
due, usò il telefono di Blaine per una chiamata d’emergenza all’ufficio
principale
di Vogue, ringraziando Dio che qualcuno avesse risposto e che avesse
preso il
suo messaggio per poi passarlo alla stagista di Kurt.
Dopo che fu
tutto detto e fatto,
telefonò ai loro famigliari: Burt e Carole e Cooper.
Aveva
appena riattaccato dopo aver
parlato con un agitatissimo Cooper quando arrivò all’ospedale.
Gettò il
denaro al tassista prima di
correre dentro la struttura, raggiungendo il bancone della reception
per vedere
se riusciva trovare Blaine o Rachel.
Una donna
anziana era davanti a lui,
intenta a chiedere delle sorti del proprio marito, e Finn incrociò le
braccia
sul petto –
il cuore gli batteva veloce come un ghepardo mentre si interrogava sul
benessere
di Blaine e della sua nipotina o nipotino.
Chiudendo
gli occhi, pregò che tutto
andasse bene.
Non voleva
che niente accadesse al
bambino che Blaine aspettava, non dopo averlo appena scoperto ed aver
appena
avuto il tempo di eccitarsi all’idea.
Era così
pronto per essere uno zio,
così pronto di avere qualcuno nella sua vita da viziare, e se fosse
capitato
qualcosa che gli avrebbe portato via tutto quanto... beh, non sapeva
cosa
avrebbe fatto.
Era
terrorizzato.
«Per favore, fa che vada tutto bene»
****
Kurt
si catapultò praticamente fuori dal taxi, precipitandosi all’interno
dell’ospedale più in fretta che poteva, quasi investendo una manciata
di persone
durante la corsa.
All’ingresso
principale si guardò intorno, i suoi occhi scrutarono ogni persona che
potevano
individuare, prima di vedere lui: Finn,
là in piedi, appoggiato contro un distributore automatico con le
palpebre
abbassate.
Sembrava
fosse invecchiato di diversi anni nel giro di poche ore.
«Finn!
Finn, dov’è lui?»
«O
mio Dio, dove sei stato?» sibilò Finn, afferrandolo per il bicipite con
una
mano per trascinarlo verso una fila di ascensori.
Le
porte di quello centrale si aprirono e Finn tirò Kurt all’interno – i
suoi occhi
pesantemente cerchiati fissi sul fratello, tristezza e stanchezza
scritte su
tutto il suo volto.
«Rachel
ed io abbiamo provato a chiamarti per un’eternità e tu non hai mai
risposto»
«Il
m-mio cellulare era spento» sussurrò Kurt.
Il
suo sguardo era fisso sulle porte chiuse dell’ascensore e più la cabina
si
muoveva, più si sentiva come se stesse per vomitare.
La
mano di Finn rimase stretta intorno al suo braccio, ancorandolo lì al
suo
posto, e quando Kurt fu finalmente capace di distogliere gli occhi
dalle ante
trovò suo fratello intento a fissarlo.
«Abbiamo
chiamato per più di un’ora, Kurt. Un’ora.
E non siamo stati in grado di metterci in contatto con te. Rachel è
lassù e sta
uscendo di testa perché non riesce a sapere niente e tu non hai
risposto al
telefono – »
«Smettila,
Finn!» urlò Kurt mentre strattonava indietro il proprio arto superiore
e si
premeva contro la parete, le braccia strette intorno alla propria vita
«So
cos’è successo, okay? Ho spento il mio cellulare e qualcosa è successo
a Blaine
e nessuno è riuscito a farmelo sapere! L’ho capito
e mi sento di merda in questo momento, okay? Quindi non osare iniziare
a
perdere il controllo con me!»
Lo
sguardo di Finn si ammorbidì.
«Fratello,
mi dispiace. È solo che io… sono scosso da tutto questo. Vedere Blaine
in quel
modo e... non essere capace di rintracciarti… è solo che... le cose
sono
precipitate veramente in fretta e non ho intenzione di prendermela con
te, è
solo che... sono spaventato»
L’ascensore
suonò impercettibilmente e le porte si aprirono.
Kurt
lanciò al fratello uno sguardo triste prima di uscire dalla cabina come
una
furia e raggiungere la reception del reparto senza degnare di una
seconda
occhiata l’uomo che lo seguiva.
Appena
si fermò davanti al bancone, un’infermiera dal viso gentile puntò gli
occhi su
di lui e sorrise.
«Posso
esserle d’aiuto?»
«Mi
chiamo Kurt Anderson-Hummel. Io... mio marito, Blaine, è stato portato
qui
circa un’ora fa. Vorrei vederlo, per favore»
La
donna annuì e controllò la cartella dei pazienti, il suo dito scorreva
sulla
lista mentre cercava il nome di Blaine.
Alle
spalle di Kurt, Rachel arrivò di corsa e gli afferrò la mano,
sorridendo mestamente
appena lui incontrò i suoi occhi.
«Ah!
Blaine Anderson-Hummel, giusto?» chiese l’infermiera.
Quando
lui assentì, lei gli diede un pass per visitatori e chiamò qualcuno al
cercapersone dalla scrivania.
Prima
che Kurt avesse la possibilità di correre alla stanza di Blaine, un
uomo alto
con degli occhiali dalla montatura rotonda entrò nel suo campo visivo.
«Lei
deve essere il marito di Blaine, giusto? Salve, sono il dottor Marten,
colui
che è attualmente incaricato di prendersi cura di suo marito, o almeno
fino a
quando il suo medico curante potrà occuparsi di lui in prima persona.
Mi segua,
per favore»
I
due uomini camminarono per il corridoio, il medico intento a leggere
per sommi
capi gli appunti segnati sulla cartella che teneva tra le mani.
Si
fermò fuori da una stanza e guardò Kurt, rivolgendogli un sorriso
gentile.
«Suo
marito è stato ricoverato questa sera con una febbre atipicamente alta
ed un
aumento della pressione sanguigna. Stando a quanto ha detto sua
cognata, Blaine
è svenuto e ha sbattuto la testa ed il braccio sul pavimento della
cucina.
Fortunatamente, vista l’angolazione della caduta, non è stato fatto
troppo
danno al suo stomaco – »
«Il
bambino?»
«Ora
come ora, il bambino sembra stare bene. Abbiamo collegato Blaine ad un
monitor
e le pulsazioni del feto sono un po’ basse, ma stiamo tenendo d’occhio
i suoi
progressi. Dunque – »
«Aspetti,
suoi? Intende dire Blaine o – »
«Suo
figlio, signor Anderson-Hummel... oh, io – »
La
mano di Kurt cadde sul cuore mentre respirava lentamente.
Un figlio.
Stavano
per avere un maschietto e non lui non lo sapeva nemmeno.
D’altronde,
non era nemmeno sicuro che Blaine lo sapesse dal momento che avevano
mancato il
loro ultimo appuntamento, ma...
“O mio dio”
«Aspettiamo
un maschio?»
«Sì.
Le porgo le mie scuse, signore, pensavo lo sapesse. Spero di non aver
rovinato
nessuna sorpresa»
«No.
No, non l’ha fatto. È solo che... io... come sta Blaine? Sta bene?»
Il
dottore guardò di nuovo la cartella e scosse lentamente la testa.
«Suo
marito avrà bisogno di moltissimo riposo nelle prossime settimane.
Secondo i
documenti che l’ambulatorio della sua ginecologa ci ha mandato per fax,
Blaine ha
saltato un paio di importanti iniezioni ormonali sostitutivi per la
gravidanza,
e la mancanza di questi ormoni vitali
all’interno del suo organismo l’hanno portato a soffrire di qualche
piccolo
imprevisto»
«Ovvero?»
«Se
suo marito non fosse svenuto a causa della pressione sanguigna ed
avesse
continuato ad andare avanti senza le sue iniezioni di ormoni per
qualche altro
giorno, avrebbe potuto perdere il bambino. Ora, non voglio spaventarla,
ma devo
altresì sottolineare che c’è l’eventualità che il malessere possa
provocare un
aborto per via del trauma della caduta. Dall’ecografia che abbiamo
fatto quando
Blaine è stato inizialmente portato da noi, il bambino sta bene e la
placenta
non si è staccata o ammaccata con la caduta, ma dipende tutto dal corpo
di
Blaine riprendersi e non rifiutare la gravidanza. Capisce, signor
Anderson-Hummel?»
Kurt
fissò la porta, avvertendo un nodo alla gola stringersi mentre si
grattava il
pomo d’Adamo.
«Quindi
potrebbe ancora perdere il bambino?»
“No, no,
no, no, no. Di tutto quello
che può succedere...”
«È
una possibilità. Speriamo di essere in grado di dargli gli ormoni
abbastanza in
fretta da invertire il processo ma, vista la febbre da cui Blaine è
tuttora
affetto, è solo questione di tempo prima di poter dire cosa succederà.
Ho
grandi speranze per la sopravvivenza del feto ma a volte la natura
cambia il
suo corso. Per il momento, Blaine sta riposando e se la sta cavando
bene. Gli
abbiamo dato le sue iniezioni d’ormoni per ordine del suo ostetrico e
abbiamo
sistemato il suo braccio – »
«Cosa?»
«Quando
è caduto, è atterrato sul lato destro e si è dislocato la spalla. Siamo
stati
in grado di rimettergliela in sede e stiamo monitorando la pressione e
la
febbre. Finora, la febbre è calata leggermente ma la pressione rimane
un po’
alta, quindi vogliamo di tenerla d’occhio. Inoltre, suo marito ha un
bernoccolo
sulla testa dovuto alla caduta e abbiamo concluso che potrebbe avere
una lieve
commozione cerebrale. Non è qualcosa di cui preoccuparsi eccessivamente
ma non
è comunque da ignorare. Abbiamo intenzione di tenere Blaine sotto
sorveglianza
per i prossimi giorni, giusto per stare sul sicuro, e la sua ostetrica
sarà qui
domattina per controllare le condizioni del bambino»
«P-posso
vederlo ora?» chiese Kurt, lo stomaco
ancora sottosopra e sopraffatto da un senso di nausea per via di quello
che gli
era appena stato detto.
Il
medico annuì ed aprì la porta della piccola stanza, permettendo a Kurt
di
entrare prima di seguirlo per rimpiazzare la cartella ai piedi del
letto.
Dentro
la camera, macchinari ronzavano e suonavano con il loro tipico bip – i
rumori provocarono
a Kurt un brivido che gli percorse la spina dorsale.
Si
guardò intorno prima di posare lo sguardo sul letto su cui Blaine
giaceva, nel
bel mezzo della stanza.
Il
braccio destro di suo marito era fasciato e, proprio sopra l’occhio,
c’era un
bernoccolo dalle dimensioni di un uovo d’oca.
Macchine
e fili erano collegati tutt’intorno a lui, venivano dalle braccia e
dallo
stomaco; due monitor per il controllo cardiaco erano in funzione, uno
per
Blaine ed uno per il bambino – il loro figlioletto,
precisò la mente di Kurt – e, quando guardò il rigonfiamento
all’altezza del
ventre delle coperte che coprivano suo marito, Kurt sentì un immenso
senso di
colpa bruciargli la pelle, le fiamme leccavano la sua carne mentre
fissava il
marito privo di sensi.
«O
mio Dio, Blaine – » esalò.
Il
medico dietro di lui disse qualcosa sul concedergli un po’ di tempo da
solo e si
allontanò dalla stanza, lasciando Kurt con l’uomo che aveva ovviamente
ferito
in maniera terribile.
Dopo
un’occhiata più attenta, Kurt poté vedere quanto Blaine sembrasse
fragile –
come la sua pelle fosse pallida, come ci fossero le occhiaie sotto i
suoi occhi
e come apparisse malato.
L’uomo
era sembrato spento per giorni e non
una volta Kurt si era fermato per controllare come stesse e dov’era,
ora? In
ospedale, incredibilmente malato e ferito, e c’era la leggera
possibilità che
potesse perdere il bambino.
Loro figlio.
Kurt
sedette su una sedia accanto al letto e prese con gentilezza la mano,
sotto
terapia endovenosa, di Blaine nella sua.
Fissò
i tubi fermati con del nastro che uscivano dalla mano di suo marito e
quando
notò il sangue che doveva essere scivolato fuori dalle vene mentre
infilavano
l’ago in lui, cominciò a piangere.
Non
si era mai sentito più disgustato di sé stesso in tutta la sua vita che
in
quell’esatto momento.
****
Cooper
non riusciva a respirare.
Il
minuto in cui il suo cellulare era squillato ed aveva scoperto che il
suo
fratellino era in ospedale, aveva preparato una borsa ed era saltato su
un
aereo per andare da lui.
Ed
ora era là, in piedi nella sala d’attesa assieme al fratello di Kurt e
a sua
cognata, tutti e tre in attesa di sentire da Kurt cosa c’era che non
andava in
Blaine.
Stando
a quanto diceva Finn, Kurt era sparito dietro le porte principali ore
prima e non
era mai tornato – e, a tutti loro, la cosa non piaceva.
Dopo
aver saputo che Blaine si era fatto male, nella mente di Cooper non
c’era stato
alcun dubbio che suo cognato avesse qualcosa a che fare con la vicenda,
e quando
Finn l’aveva chiamato e gli aveva detto che Blaine era svenuto nella
loro
cucina e che non riuscivano a mettersi in contatto con Kurt, Cooper
aveva
desiderato di avere il potere di teletrasportarsi a Vogue ed uccidere
il marito
di suo fratello.
C’era
stata molta riluttanza nel lasciare Blaine da solo con quell’uomo dopo
quello
che era successo mesi prima, nonostante Natale fosse sembrato essere un
punto
di svolta per Kurt, ma Cooper non era stupido – o accecato dall’amore
come era
il suo fratellino – e sapeva che Kurt l’avrebbe ferito di nuovo.
Comunque
non aveva mai immaginato che avrebbe
portato Blaine ad un ricovero in ospedale
ed a mettere a rischio la vita del suo futuro nipotino o
nipotina.
«Odio
Kurt Hummel da morire» sibilò tra i denti Cooper mentre usciva per
darsi una
calmata e, per una volta, non gliene fregò un cazzo che qualcuno –
appartenente
alla famiglia di Kurt o meno – lo sentisse.
****
«Come
sta?»
Kurt
osservò il gruppo di persone che si era radunato intorno a lui ed
incrociò le
braccia sul petto.
Finn
e Rachel lo guardavano con aria stanca e Cooper sembrava semplicemente
incazzato, gli occhi blu ardevano come impazziti mentre trafiggeva Kurt
con lo
sguardo.
Erano
passate quasi cinque ore da quando Blaine era stato ricoverato in
ospedale e
tutta la banda era ancora lì, con l’aggiunta del fratello maggiore di
Blaine –
tutti loro volevano sapere le novità sulle attuali condizioni sue e del
bambino.
Sospirando,
Kurt si passò una mano sul viso e lo riferì loro.
«Sta
riposando. S-si è dislocato una spalla e, in questo momento, stanno
monitorando
il bambino per essere sicuri che lui stia bene»
«Lui?»
chiese Cooper, i cui occhi furiosi si addolcirono immediatamente e si
fecero
lucidi.
Kurt
annuì.
«Aspettiamo
un maschio» sussurrò prima che Rachel lo tirasse tra le proprie
braccia,
sorridendo ampiamente.
Quando
Kurt si tirò indietro, incontrò di nuovo lo sguardo di Cooper e si
accigliò.
«Il
dottore ha detto che Blaine dovrà stare qui per qualche giorno. Ha
saltato le
ultime iniezioni d’ormoni, cosa che in sostanza ha portato il suo corpo
a
smettere di funzionare, quindi ha bisogno di riposare. Gli hanno fatto
le
iniezioni ed ora possiamo solo aspettare»
«E
il bambino?»
«La
dottoressa Banes arriverà domattina e valuterà tutto quanto. Il dottor
Marten
ha detto che la caduta di Blaine sarebbe stata molto più pericolosa se
non avesse
favorito il lato destro però, al momento, il bambino sta bene. Il
battito è un
po’ debole ma lo stanno tenendo sotto controllo. Pensano che starà bene»
«Grazie
a Dio»
Finn
e Rachel sembrarono prendere bene la notizia, stringendo l’uno la mano
dell’altro ed allontanandosi per un momento per avere un po’ di tempo
da soli.
Quando
furono fuori portata d’orecchio, Cooper si chinò verso il cognato e
parlò con
voce bassa e pericolosa.
«Non
so cosa sia successo tra voi, Kurt, ma hai un’espressione dannatamente
colpevole in questo momento, e se Blaine si sveglia e mi dice che è
colpa tua,
non ci andrò leggero. Mi hai capito?»
Kurt
guardò l’uomo, la sua faccia era stanca e priva d’emozioni.
«Starà
bene, Cooper» disse, liberandosi di lui con un’alzata di spalle mentre
si
voltava e percorreva di nuovo il corridoio, diretto al reparto in cui
si
trovava Blaine.
Appena
fu fuori dalla vista di Cooper, l’uomo più vecchio borbottò qualche
imprecazione e si lasciò cadere su una sedia con la testa tra le mani,
mentre
cercava di calmare il cuore che batteva all’impazzata, prima di fare
qualcosa
di stupido.
****
Mercedes si
sedette sul divano e prese
la ciotola di popcorn al caramello dalle mani di Kurt.
«Scusa se
ci ho messo tanto ma mia
madre voleva parlarmi di una cosa»
«Non ti ho
messa nei guai, vero?»
chiese Kurt con esitazione, abbassando la testa cosicché la sua
frangetta gli
coprisse gli occhi.
Mercedes
roteò gli occhi e rise, dando
un colpetto alla mano del suo migliore amico.
«No, non
parlavamo di te, Kurt. Mi
stava solo chiedendo se i pettegolezzi su Quinn Fabray fossero veri.
Tutto qui»
«Conosce
Quinn?»
La ragazza
sospirò, cambiando
posizione per permettersi di sprofondare nei cuscini morbidi del sofà.
Una volta
che fu abbastanza comoda,
distese le gambe e le appoggiò su quelle di Kurt.
«Sa
perlopiù quello che io le ho
raccontato, e qualcosina saputo dagli altri ragazzi del Glee. Credo
abbia
sentito Santana e Brittany parlarne quando era venuta a prendermi per
il mio
appuntamento oculistico l’altro giorno, e voleva sapere se Quinn è
davvero
incinta o no»
«E tu
gliel’hai detto?»
«Certo che
sì! Poi mi ha chiesto di
noi e ho riso di lei – »
Kurt
impallidì istantaneamente.
«Non le hai
detto che sono – »
«No, ma
penso che lo sappia. Senza
offesa» aggiunse in fretta Mercedes, strofinando un ginocchio di Kurt
con il
piede coperto dalla calza «Ma mi ha appena detto di proteggermi e che
se avrò
mai qualsiasi domanda sul sesso, di andare da lei e parlargliene. Mi ha
anche
detto di preservarmi fino al matrimonio però io ci avevo già pensato,
così – »
Questa
volta fu Kurt a roteare gli
occhi prima di rubarle la ciotola di popcorn, ficcandosene una manciata
in
bocca.
«Sa che
Quinn vive con Puck, ora?»
«Gliel’ho
menzionato. Voglio dire, è
stata buttata fuori casa dai suoi genitori e sta vivendo coi Puckerman!
Non
riesco nemmeno ad immaginare i miei genitori cacciarmi via in quel modo
ma,
d’altronde, non riesco nemmeno immaginare di essere un’adolescente
incinta»
Kurt rise,
anche se sembrava
maleducato farlo considerata la difficile situazione di Quinn, ma
quando pensò
a sé stesso essere un teenager in dolce attesa, gli venne semplicemente
da
ridacchiare.
Accanto a
lui, Mercedes calciò la sua
coscia con il proprio piede, la bocca stretta in modo da trattenere un
risolino.
«Stai
zitto, Kurt Hummel. Scommetto
che Quinn sta passando un momento difficile. Non posso nemmeno
concepire di
essere nei suoi panni e di avere tutto quello stress pesarmi addosso.
Non può
far bene al bambino»
«Non pensi
mai che si è messa da sola
in questo pasticcio? È stata lei quella che ha tradito Finn Hudson con,
tra
tutte le persone, il più grande giovane delinquente ad aver mai
graziato Lima,
Ohio... ed ora è incinta e senza casa. Non posso fare a meno di vederci
una
sorta di karma»
«Sai che
non perdono il tradimento e
sai come la penso su Noah Puckerman» disse amaramente Mercedes,
ricordando la
sfortunata scappatella che avevano avuto pochi giorni prima «Ma Quinn è
una
brava ragazza e non riesco ad immaginare di mettermi nei suoi panni in
questo
momento»
«E come fai
a sapere che è una brava
ragazza? Voi due non parlate»
«Abbiamo
parlato un sacco e questo è
quanto, okay? Mi dispiace semplicemente per lei. La gravidanza deve
essere
difficile e dover affrontare tutto quel dramma per la paternità del
bambino ed
esser cacciata da casa, senza dimenticare la caduta in disgrazia che ha
vissuto
a scuola con Sue e tutti gli altri... sai, mi preoccupo un po’ per lei»
Kurt annuì
pensieroso, intrecciando le
mani sullo stomaco mentre si stravaccava sul divano.
«A volte ti
angosci troppo, Cedes»
«Forse è
vero, ma le donne gravide ed
i loro bambini non ancora nati non meritano così tanto stress, posso
dirti
questo. Quando avrò dei figli in futuro, dopo aver registrato qualche
disco di
platino ed aver vinto qualche Grammy, ovviamente – » lei
sorrise, illuminandosi quando Kurt concordò con lei «Spero di avere una
gravidanza facile. Mia cucina Erica ha perso un bambino non molto tempo
dopo
essere stata licenziata ed è stata dura. È difficile essere stressati
e, al
tempo stesso, provare a stare in salute. Puoi immaginare cercare di
rimanere abbastanza
in forze sia per te stesso che per il bambino?»
«Non
proprio. Io non posso avere
figli. Sono un ragazzo, ricordi?»
«Kurt!»
«Okay, sì,
sì, vabbè. Immagino di
poter capire di cosa tu stia parlando»
«Bene. Sono
contenta. Un giorno, quando
tu e qualsiasi uomo fortunato sposerai finirete per avere un surrogato
che
metta al mondo il vostro bambino, ti ricorderai di questa conversazione
e
ricorderai di come hai riso di Quinn Fabray e ti sentirai in colpa
perché
vorrai che la madre biologica di tuo figlio sia completamente in salute
per il
bene del piccolo»
Kurt sbuffò.
«Okay,
okay. Smetterò di scherzarci
sopra. Dio, Cedes. Mangia altri popcorn al caramello prima che tu
finisca per
strapparmi la testa con un morso!»
Accanto a
lui, Mercedes ridacchiò e
prese la ciotola.
«Era tanto
per dire... penso di aver
finito di parlare di bambini e di Quinn Fabray, però. Vuoi guardare un
film?»
«Niente con
i bambini!» disse Kurt,
soffocando la risata quando Mercedes gli tirò un cuscino in faccia
«Scusa!
L’opportunità si è presentata da sola ed io l’ho colta!»
«A volte
sei così insopportabile, Kurt
Hummel» lo prese in giro Mercedes mentre si alzava ed andava a
scegliere un
film.
Kurt si
stiracchiò sul divano ed, una volta che
Mercedes su assorbita dalla selezione
del dvd, andò in estasi al pensiero di avere, un giorno, un marito con
cui passare
tutto il resto della sua vita, qualcuno con cui parlare della
possibilità di
avere dei bambini o con cui prendere un gatto o un cane.
E più tardi
quella notte, dopo che i
titoli di coda di Pretty In Pink
scorsero sullo schermo e Mercedes era morta
di sonno sul suo lato del divano, Kurt si permise di sognare di avere
magari un
futuro – matrimonio, bambini,
l’intera enchilada – con qualcuno che
assomigliava in maniera inquietante a Finn Hudson.
****
Kurt
fece scorrere la mano lungo il braccio rigido di Blaine, le sue dita
correvano
lentamente sull’estensione delle vene bluastre-verdastre che si
notavano
attraverso la pelle pallida.
Aveva
rinunciato a dormire ore fa, essendo stato svegliato di colpo da una
sorta di
sogno sotto forma di flashback che l’aveva riportato a quando era un
giovane,
ingenuo adolescente che ridacchiava dei spiacevoli errori di Quinn
Fabray con
la sua vecchia migliore amica Mercedes.
Erano
passati anni – più di un decennio –
da quella conversazione e sia lui che Mercedes erano sposati da tempo,
lei con
Sam e lui con Blaine, e Cedes aveva avuto un figlio tutto suo, una
bambina
chiamata Whitney – ovviamente in onore del suo idolo –, ma le parole
che si
erano scambiati tanti anni prima lo perseguitavano ancora.
Soprattutto
in quel momento.
Guardando
Blaine, vedendo come suo marito sembrasse malato steso là in un letto
troppo
grande per la sua piccola figura, vedendo i tubi ed i fili attaccati a
lui per
essere sicuri che Blaine ed il suo bambino non ancora nato stessero
bene... era
un boccone amaro da digerire.
Kurt
aveva trascorso le ultime ore incollato al fianco di suo marito, il
cuore che
doleva per quello che aveva fatto.
Solo
il giorno prima aveva oltrepassato Blaine mentre questi, chiuso in
bagno, era
scosso dai conati di vomito e piangeva a dirotto, e non una volta si
era
fermato per vedere se stava bene.
Ed
ora sedeva lì, su una scomoda sedia accanto ad un letto da cui si
elevavano bip
e ronzii di macchinari che erano stati sistemati per dirgli se suo
marito ed il
figlio non ancora nato stessero bene.
Se,
addirittura, fossero ancora vivi.
Anni
fa – diavolo, forse persino ieri! – avrebbe considerato le lesioni di
Blaine
come niente di serio ma, mentre sedeva in quella sedia scomoda e
stringeva la
mano troppo calda di suo marito nella propria, si sentiva
incredibilmente colpevole.
La
pressione sanguigna di Blaine si era alzata, condizione probabilmente
indotta
dallo stress, e stava male perché aveva cancellato un appuntamento
importate
che Kurt era stato abbastanza stupido da ignorare.
Non
era che Kurt se ne fosse dimenticato, quel giorno.
Non l’aveva
fatto.
Aveva
guardato l’orologio per tutta la giornata, guardato come l’ora a cui
aveva
promesso a Blaine di essere all’appartamento passava e, anche dopo
essere
uscito dal lavoro, non aveva fatto altro che pensare all’appuntamento
di
Blaine.
Quando
era uscito con Chase e qualche altro dipendente di Vogue per un paio di
cocktails, la sua mente era rimasta su suo marito e su cosa stava
facendo in
quel momento.
Anche
dopo che Kurt era incespicato nell’appartamento, leggermente alticcio
ed
esausto...
Anche
dopo aver visto Blaine fissarlo, cullando lo stomaco e con
un’espressione
chiaramente ferita...
Anche
dopo tutto ciò, Kurt aveva mentito spudoratamente ed era finito per
dirgli cose
tremende e terribili, anche se era
stato lui
a rovinare tutto.
Tirando
su col naso, Kurt si asciugò qualche lacrima con il dorso della mano ed
appoggiò la testa sul letto, vicino alla coscia coperta del suo
compagno.
Si
rannicchiò più vicino che poteva alla mano di suo marito e baciò la
punta delle
sue dita, respirando il profumo della sua crema per mani e l’insolito
odore di
antisettico ospedaliero.
Sopra
di lui, il respiro dell’uomo incespicava dentro e fuori dal suo petto,
roco e
debole, e ad ogni sua esalazione le macchine che aveva intorno
continuavano a
funzionare.
Le
lacrime fuoriuscirono dagli occhi di Kurt mentre lui li chiudeva e
sussurrava
le proprie scuse contro le dita callose di Blaine.
Poteva solo sperare che
suo marito lo
sentisse e che potesse, un giorno, perdonarlo.
Note
della traduttrice
Cooper è tornato
con istinti omicidi più forti che mai e Kurt ha scoperto che il bambino
che Blaine
aspetta è un maschietto... chissà come
la prenderà Blaine quando, una volta che si sarà svegliato, glielo
diranno.
Magari
questo potrebbe essere un nuovo punto di svolta per la loro famigliola.
O forse no.
Come sempre,
ringrazio sentitamente i miei adorati ed instancabili recensori ed
anche le
ultime voci che si sono aggiunte al coro - davvero, è un’emozione unica
trovare
nuovi nomi ed opinioni nelle recensioni che lasciate *-*
A presto!
Killing
Loneliness.