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Autore: warblerslushie    24/07/2013    6 recensioni
Kurt e Blaine sono sposati da diversi anni e Blaine sente il desiderio di creare una famiglia insieme, dal momento che stanno diventando adulti.
Tuttavia, tra le rispettive attività lavorative ed il fatto che Kurt non si sente ancora pronto per crescere dei bambini, le cose all'interno della famiglia Anderson-Hummel hanno subito un brusco rallentamento.
Ma cosa accadrà quando la coppia riceverà un'inaspettata notizia?
Tratto dalla storia:
"«N-non posso tornare con lui, Coop» gemette Blaine, arricciando la mano intorno al polso di Cooper «Non posso»
«Non devi farlo»
«I-io lo amo così tanto... ma lui n-non mi ama più»
«Blaine – »
«Perché n-non mi ama?»
Blaine pianse, tirando Cooper più vicino a sé, e con la mano buona strinse suo fratello in un serrato abbraccio, singhiozzando contro il colletto della sua camicia."
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Mpreg, Tematiche delicate
Capitoli:
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Fandom: Glee

Autore: warblerslushie – potete trovare il quindicesimo capitolo in lingua proprio QUI

Titolo: When We’re Older

Pairing: Blaine Anderson/Kurt Hummel

Genere: Drama; Hurt; Comfort

Rating: T

Avvertimenti: MPREG

Disclaimer: non sono RIB quindi non possiedo né Glee né nessuno dei suoi personaggi. Se altrimenti, sarei ricca e probabilmente non scriverei fanfictions! Inoltre, il gene Reddin che menziono in questa storia è basato sul personaggio di Reddin del film Junior del 1994. Dovreste proprio vederlo se vi piace la tematica. È un buon film, lo prometto – su cui, per inciso, non ho nessun diritto.

Traduzione a cura di Killing Loneliness.

 

 

 

 

 

When We’re Older

 

 

 

Capitolo 15.

 

«Finn! Respira? Ti prego, dimmi che respira!»

Rachel stava singhiozzando, con una mano teneva il cellulare di suo marito all’orecchio e l’altra era premuta sul petto, come se lei stessa faticasse ad ingabbiare l’aria.

Finn era seduto sul pavimento, la testa appoggiata sul torace di Blaine, intento ad ascoltare il cognato prendere un lento e roco respiro.

Non riusciva a tollerare l’idea di dare un’occhiata alla testa di Blaine, al bernoccolo che si stava gonfiando su un lato, e non voleva nemmeno guardargli il braccio, che era sicuramente dislocato o rotto.

Si accertò, invece, che Blaine stesse almeno respirando cosa che stava facendo e di cui Finn era davvero grato.

«Sta respirando, Rach, ma è debole»

«Ha s-sbattuto la testa. O mio Dio, ha sbattuto la testa» Rachel cadde in ginocchio accanto al corpo prono di Blaine e posò la mano libera sul suo ventre «O mio Dio, il bambino. Oh, no, no, no, no, no»

Finn fissò il palmo della moglie contro lo stomaco gonfio di Blaine e deglutì pesantemente, sfiorando l’attaccatura dei capelli dell’uomo con la mano, laddove un brutto bernoccolo si era formato.

«Blaine? Blaine, riesci a sentirmi? Se mi senti, apri gli occhi o che altro o stringi la mano di Rachel. Per favore. Andiamo, amico»

Guardò il braccio di Blaine e sibilò appena notò come era disteso sul pavimento visto il modo in cui era stramazzato al suolo, Blaine aveva colpito il lato destro piuttosto duramente e l’impatto della caduta aveva coinvolto perlopiù la spalla e parte della testa: aveva probabilmente una commozione cerebrale e un braccio possibilmente rotto e, forse, quello non era nemmeno il peggio, nonostante Finn sperasse e pregasse che tutto quello che stava accadendo non fosse vero.

Più che altro, si augurava che il bambino non avesse risentito della caduta e che stesse bene, perché non sapeva come Blaine l’avrebbe gestita se l’avesse perso... non dopo aver visto come era eccitato per la gravidanza.

Asciugandosi qualche lacrima che non si era accorto di star versando, Finn guardò Rachel e la vide comporre dei numeri sul cellulare con frenesia.

«L’ospedale »

«L’ambulanza sta arrivando. Sono ancora in linea con loro ma non riesco a mettermi in contatto con Kurt. Non risponde, Finn! Non risponde!»

«Dammi il tuo telefono» disse Finn, afferrando l’apparecchio dalle mani della moglie prima che anche lui cominciasse a telefonare Kurt ancora ed ancora.

Per diversi minuti lo chiamò sul cellulare e sul telefono di lavoro, ma non riuscì ad avere risposta su nessuno dei due, e stava per ritentare quando Rachel, che non aveva notato lasciare il suo fianco, arrivò con due paramedici.

Questi si inginocchiarono rapidamente accanto a Blaine, sul pavimento, e cominciarono a controllare i suoi segni vitali.

Finn si alzò e prese la moglie in lacrime tra le braccia, zittendo i suoi singhiozzi mentre guardava, impotente, i paramedici fare quel che potevano per aiutare suo cognato.

Appena legarono Blaine sulla barella con le cinghie, Finn lasciò andare Rachel ed afferrò i loro cellulari, spingendo la donna fuori dalla porta cosicché lei potesse andare con Blaine mentre lui si assicurava che tutto in cucina fosse spento prima di seguirla in taxi.

Durante la corsa verso l’ospedale, il ragazzo fece del suo meglio per rintracciare Kurt sia dal proprio cellulare che da quello di Rachel e, quando non riuscì ad ottenere risposta a nessuno dei due, usò il telefono di Blaine per una chiamata d’emergenza all’ufficio principale di Vogue, ringraziando Dio che qualcuno avesse risposto e che avesse preso il suo messaggio per poi passarlo alla stagista di Kurt.

Dopo che fu tutto detto e fatto, telefonò ai loro famigliari: Burt e Carole e Cooper.

Aveva appena riattaccato dopo aver parlato con un agitatissimo Cooper quando arrivò all’ospedale.

Gettò il denaro al tassista prima di correre dentro la struttura, raggiungendo il bancone della reception per vedere se riusciva trovare Blaine o Rachel.

Una donna anziana era davanti a lui, intenta a chiedere delle sorti del proprio marito, e Finn incrociò le braccia sul petto il cuore gli batteva veloce come un ghepardo mentre si interrogava sul benessere di Blaine e della sua nipotina o nipotino.

Chiudendo gli occhi, pregò che tutto andasse bene.

Non voleva che niente accadesse al bambino che Blaine aspettava, non dopo averlo appena scoperto ed aver appena avuto il tempo di eccitarsi all’idea.

Era così pronto per essere uno zio, così pronto di avere qualcuno nella sua vita da viziare, e se fosse capitato qualcosa che gli avrebbe portato via tutto quanto... beh, non sapeva cosa avrebbe fatto.

Era terrorizzato.

 «Per favore, fa che vada tutto bene»

 

****

 

Kurt si catapultò praticamente fuori dal taxi, precipitandosi all’interno dell’ospedale più in fretta che poteva, quasi investendo una manciata di persone durante la corsa.

All’ingresso principale si guardò intorno, i suoi occhi scrutarono ogni persona che potevano individuare, prima di vedere lui: Finn, là in piedi, appoggiato contro un distributore automatico con le palpebre abbassate.

Sembrava fosse invecchiato di diversi anni nel giro di poche ore.

«Finn! Finn, dov’è lui?»

«O mio Dio, dove sei stato?» sibilò Finn, afferrandolo per il bicipite con una mano per trascinarlo verso una fila di ascensori.

Le porte di quello centrale si aprirono e Finn tirò Kurt all’interno – i suoi occhi pesantemente cerchiati fissi sul fratello, tristezza e stanchezza scritte su tutto il suo volto.

«Rachel ed io abbiamo provato a chiamarti per un’eternità e tu non hai mai risposto»

«Il m-mio cellulare era spento» sussurrò Kurt.

Il suo sguardo era fisso sulle porte chiuse dell’ascensore e più la cabina si muoveva, più si sentiva come se stesse per vomitare.

La mano di Finn rimase stretta intorno al suo braccio, ancorandolo lì al suo posto, e quando Kurt fu finalmente capace di distogliere gli occhi dalle ante trovò suo fratello intento a fissarlo.

«Abbiamo chiamato per più di un’ora, Kurt. Un’ora. E non siamo stati in grado di metterci in contatto con te. Rachel è lassù e sta uscendo di testa perché non riesce a sapere niente e tu non hai risposto al telefono – »

«Smettila, Finn!» urlò Kurt mentre strattonava indietro il proprio arto superiore e si premeva contro la parete, le braccia strette intorno alla propria vita «So cos’è successo, okay? Ho spento il mio cellulare e qualcosa è successo a Blaine e nessuno è riuscito a farmelo sapere! L’ho capito e mi sento di merda in questo momento, okay? Quindi non osare iniziare a perdere il controllo con me!»

Lo sguardo di Finn si ammorbidì.

«Fratello, mi dispiace. È solo che io… sono scosso da tutto questo. Vedere Blaine in quel modo e... non essere capace di rintracciarti… è solo che... le cose sono precipitate veramente in fretta e non ho intenzione di prendermela con te, è solo che... sono spaventato»

L’ascensore suonò impercettibilmente e le porte si aprirono.

Kurt lanciò al fratello uno sguardo triste prima di uscire dalla cabina come una furia e raggiungere la reception del reparto senza degnare di una seconda occhiata l’uomo che lo seguiva.

Appena si fermò davanti al bancone, un’infermiera dal viso gentile puntò gli occhi su di lui e sorrise.

«Posso esserle d’aiuto?»

«Mi chiamo Kurt Anderson-Hummel. Io... mio marito, Blaine, è stato portato qui circa un’ora fa. Vorrei vederlo, per favore»

La donna annuì e controllò la cartella dei pazienti, il suo dito scorreva sulla lista mentre cercava il nome di Blaine.

Alle spalle di Kurt, Rachel arrivò di corsa e gli afferrò la mano, sorridendo mestamente appena lui incontrò i suoi occhi.

«Ah! Blaine Anderson-Hummel, giusto?» chiese l’infermiera.

Quando lui assentì, lei gli diede un pass per visitatori e chiamò qualcuno al cercapersone dalla scrivania.

Prima che Kurt avesse la possibilità di correre alla stanza di Blaine, un uomo alto con degli occhiali dalla montatura rotonda entrò nel suo campo visivo.

«Lei deve essere il marito di Blaine, giusto? Salve, sono il dottor Marten, colui che è attualmente incaricato di prendersi cura di suo marito, o almeno fino a quando il suo medico curante potrà occuparsi di lui in prima persona. Mi segua, per favore»

I due uomini camminarono per il corridoio, il medico intento a leggere per sommi capi gli appunti segnati sulla cartella che teneva tra le mani.

Si fermò fuori da una stanza e guardò Kurt, rivolgendogli un sorriso gentile.

«Suo marito è stato ricoverato questa sera con una febbre atipicamente alta ed un aumento della pressione sanguigna. Stando a quanto ha detto sua cognata, Blaine è svenuto e ha sbattuto la testa ed il braccio sul pavimento della cucina. Fortunatamente, vista l’angolazione della caduta, non è stato fatto troppo danno al suo stomaco – »

«Il bambino?»

«Ora come ora, il bambino sembra stare bene. Abbiamo collegato Blaine ad un monitor e le pulsazioni del feto sono un po’ basse, ma stiamo tenendo d’occhio i suoi progressi. Dunque – »

«Aspetti, suoi? Intende dire Blaine o – »

«Suo figlio, signor Anderson-Hummel... oh, io – »

La mano di Kurt cadde sul cuore mentre respirava lentamente.

Un figlio.

Stavano per avere un maschietto e non lui non lo sapeva nemmeno.

D’altronde, non era nemmeno sicuro che Blaine lo sapesse dal momento che avevano mancato il loro ultimo appuntamento, ma...

“O mio dio”

«Aspettiamo un maschio?»

«Sì. Le porgo le mie scuse, signore, pensavo lo sapesse. Spero di non aver rovinato nessuna sorpresa»

«No. No, non l’ha fatto. È solo che... io... come sta Blaine? Sta bene?»

Il dottore guardò di nuovo la cartella e scosse lentamente la testa.

«Suo marito avrà bisogno di moltissimo riposo nelle prossime settimane. Secondo i documenti che l’ambulatorio della sua ginecologa ci ha mandato per fax, Blaine ha saltato un paio di importanti iniezioni ormonali sostitutivi per la gravidanza, e la mancanza di  questi ormoni vitali all’interno del suo organismo l’hanno portato a soffrire di qualche piccolo imprevisto»

«Ovvero?»

«Se suo marito non fosse svenuto a causa della pressione sanguigna ed avesse continuato ad andare avanti senza le sue iniezioni di ormoni per qualche altro giorno, avrebbe potuto perdere il bambino. Ora, non voglio spaventarla, ma devo altresì sottolineare che c’è l’eventualità che il malessere possa provocare un aborto per via del trauma della caduta. Dall’ecografia che abbiamo fatto quando Blaine è stato inizialmente portato da noi, il bambino sta bene e la placenta non si è staccata o ammaccata con la caduta, ma dipende tutto dal corpo di Blaine riprendersi e non rifiutare la gravidanza. Capisce, signor Anderson-Hummel?»

Kurt fissò la porta, avvertendo un nodo alla gola stringersi mentre si grattava il pomo d’Adamo.

«Quindi potrebbe ancora perdere il bambino?»

“No, no, no, no, no. Di tutto quello che può succedere...”

«È una possibilità. Speriamo di essere in grado di dargli gli ormoni abbastanza in fretta da invertire il processo ma, vista la febbre da cui Blaine è tuttora affetto, è solo questione di tempo prima di poter dire cosa succederà. Ho grandi speranze per la sopravvivenza del feto ma a volte la natura cambia il suo corso. Per il momento, Blaine sta riposando e se la sta cavando bene. Gli abbiamo dato le sue iniezioni d’ormoni per ordine del suo ostetrico e abbiamo sistemato il suo braccio – »

«Cosa?»

«Quando è caduto, è atterrato sul lato destro e si è dislocato la spalla. Siamo stati in grado di rimettergliela in sede e stiamo monitorando la pressione e la febbre. Finora, la febbre è calata leggermente ma la pressione rimane un po’ alta, quindi vogliamo di tenerla d’occhio. Inoltre, suo marito ha un bernoccolo sulla testa dovuto alla caduta e abbiamo concluso che potrebbe avere una lieve commozione cerebrale. Non è qualcosa di cui preoccuparsi eccessivamente ma non è comunque da ignorare. Abbiamo intenzione di tenere Blaine sotto sorveglianza per i prossimi giorni, giusto per stare sul sicuro, e la sua ostetrica sarà qui domattina per controllare le condizioni del bambino»

 «P-posso vederlo ora?» chiese Kurt, lo stomaco ancora sottosopra e sopraffatto da un senso di nausea per via di quello che gli era appena stato detto.

Il medico annuì ed aprì la porta della piccola stanza, permettendo a Kurt di entrare prima di seguirlo per rimpiazzare la cartella ai piedi del letto.

Dentro la camera, macchinari ronzavano e suonavano con il loro tipico bip – i rumori provocarono a Kurt un brivido che gli percorse la spina dorsale.

Si guardò intorno prima di posare lo sguardo sul letto su cui Blaine giaceva, nel bel mezzo della stanza.

Il braccio destro di suo marito era fasciato e, proprio sopra l’occhio, c’era un bernoccolo dalle dimensioni di un uovo d’oca.

Macchine e fili erano collegati tutt’intorno a lui, venivano dalle braccia e dallo stomaco; due monitor per il controllo cardiaco erano in funzione, uno per Blaine ed uno per il bambino – il loro figlioletto, precisò la mente di Kurt – e, quando guardò il rigonfiamento all’altezza del ventre delle coperte che coprivano suo marito, Kurt sentì un immenso senso di colpa bruciargli la pelle, le fiamme leccavano la sua carne mentre fissava il marito privo di sensi.

«O mio Dio, Blaine – » esalò.

Il medico dietro di lui disse qualcosa sul concedergli un po’ di tempo da solo e si allontanò dalla stanza, lasciando Kurt con l’uomo che aveva ovviamente ferito in maniera terribile.

Dopo un’occhiata più attenta, Kurt poté vedere quanto Blaine sembrasse fragile – come la sua pelle fosse pallida, come ci fossero le occhiaie sotto i suoi occhi e come apparisse malato.

L’uomo era sembrato spento per giorni e non una volta Kurt si era fermato per controllare come stesse e dov’era, ora? In ospedale, incredibilmente malato e ferito, e c’era la leggera possibilità che potesse perdere il bambino.

Loro figlio.

Kurt sedette su una sedia accanto al letto e prese con gentilezza la mano, sotto terapia endovenosa, di Blaine nella sua.

Fissò i tubi fermati con del nastro che uscivano dalla mano di suo marito e quando notò il sangue che doveva essere scivolato fuori dalle vene mentre infilavano l’ago in lui, cominciò a piangere.

Non si era mai sentito più disgustato di sé stesso in tutta la sua vita che in quell’esatto momento.

 

****

 

Cooper non riusciva a respirare.

Il minuto in cui il suo cellulare era squillato ed aveva scoperto che il suo fratellino era in ospedale, aveva preparato una borsa ed era saltato su un aereo per andare da lui.

Ed ora era là, in piedi nella sala d’attesa assieme al fratello di Kurt e a sua cognata, tutti e tre in attesa di sentire da Kurt cosa c’era che non andava in Blaine.

Stando a quanto diceva Finn, Kurt era sparito dietro le porte principali ore prima e non era mai tornato – e, a tutti loro, la cosa non piaceva.

Dopo aver saputo che Blaine si era fatto male, nella mente di Cooper non c’era stato alcun dubbio che suo cognato avesse qualcosa a che fare con la vicenda, e quando Finn l’aveva chiamato e gli aveva detto che Blaine era svenuto nella loro cucina e che non riuscivano a mettersi in contatto con Kurt, Cooper aveva desiderato di avere il potere di teletrasportarsi a Vogue ed uccidere il marito di suo fratello.

C’era stata molta riluttanza nel lasciare Blaine da solo con quell’uomo dopo quello che era successo mesi prima, nonostante Natale fosse sembrato essere un punto di svolta per Kurt, ma Cooper non era stupido – o accecato dall’amore come era il suo fratellino – e sapeva che Kurt l’avrebbe ferito di nuovo.

Comunque non aveva mai immaginato che avrebbe portato Blaine ad un ricovero in ospedale  ed a mettere a rischio la vita del suo futuro nipotino o nipotina.

«Odio Kurt Hummel da morire» sibilò tra i denti Cooper mentre usciva per darsi una calmata e, per una volta, non gliene fregò un cazzo che qualcuno – appartenente alla famiglia di Kurt o meno – lo sentisse.

 

****

 

«Come sta?»

Kurt osservò il gruppo di persone che si era radunato intorno a lui ed incrociò le braccia sul petto.

Finn e Rachel lo guardavano con aria stanca e Cooper sembrava semplicemente incazzato, gli occhi blu ardevano come impazziti mentre trafiggeva Kurt con lo sguardo.

Erano passate quasi cinque ore da quando Blaine era stato ricoverato in ospedale e tutta la banda era ancora lì, con l’aggiunta del fratello maggiore di Blaine – tutti loro volevano sapere le novità sulle attuali condizioni sue e del bambino.

Sospirando, Kurt si passò una mano sul viso e lo riferì loro.

«Sta riposando. S-si è dislocato una spalla e, in questo momento, stanno monitorando il bambino per essere sicuri che lui stia bene»

«Lui?» chiese Cooper, i cui occhi furiosi si addolcirono immediatamente e si fecero lucidi.

Kurt annuì.

«Aspettiamo un maschio» sussurrò prima che Rachel lo tirasse tra le proprie braccia, sorridendo ampiamente.

Quando Kurt si tirò indietro, incontrò di nuovo lo sguardo di Cooper e si accigliò.

«Il dottore ha detto che Blaine dovrà stare qui per qualche giorno. Ha saltato le ultime iniezioni d’ormoni, cosa che in sostanza ha portato il suo corpo a smettere di funzionare, quindi ha bisogno di riposare. Gli hanno fatto le iniezioni ed ora possiamo solo aspettare»

«E il bambino?»

«La dottoressa Banes arriverà domattina e valuterà tutto quanto. Il dottor Marten ha detto che la caduta di Blaine sarebbe stata molto più pericolosa se non avesse favorito il lato destro però, al momento, il bambino sta bene. Il battito è un po’ debole ma lo stanno tenendo sotto controllo. Pensano che starà bene»

«Grazie a Dio»

Finn e Rachel sembrarono prendere bene la notizia, stringendo l’uno la mano dell’altro ed allontanandosi per un momento per avere un po’ di tempo da soli.

Quando furono fuori portata d’orecchio, Cooper si chinò verso il cognato e parlò con voce bassa e pericolosa.

«Non so cosa sia successo tra voi, Kurt, ma hai un’espressione dannatamente colpevole in questo momento, e se Blaine si sveglia e mi dice che è colpa tua, non ci andrò leggero. Mi hai capito?»

Kurt guardò l’uomo, la sua faccia era stanca e priva d’emozioni.

«Starà bene, Cooper» disse, liberandosi di lui con un’alzata di spalle mentre si voltava e percorreva di nuovo il corridoio, diretto al reparto in cui si trovava Blaine.

Appena fu fuori dalla vista di Cooper, l’uomo più vecchio borbottò qualche imprecazione e si lasciò cadere su una sedia con la testa tra le mani, mentre cercava di calmare il cuore che batteva all’impazzata, prima di fare qualcosa di stupido.

 

****

 

Mercedes si sedette sul divano e prese la ciotola di popcorn al caramello dalle mani di Kurt.

«Scusa se ci ho messo tanto ma mia madre voleva parlarmi di una cosa»

«Non ti ho messa nei guai, vero?» chiese Kurt con esitazione, abbassando la testa cosicché la sua frangetta gli coprisse gli occhi.

Mercedes roteò gli occhi e rise, dando un colpetto alla mano del suo migliore amico.

«No, non parlavamo di te, Kurt. Mi stava solo chiedendo se i pettegolezzi su Quinn Fabray fossero veri. Tutto qui»

«Conosce Quinn?»

La ragazza sospirò, cambiando posizione per permettersi di sprofondare nei cuscini morbidi del sofà.

Una volta che fu abbastanza comoda, distese le gambe e le appoggiò su quelle di Kurt.

«Sa perlopiù quello che io le ho raccontato, e qualcosina saputo dagli altri ragazzi del Glee. Credo abbia sentito Santana e Brittany parlarne quando era venuta a prendermi per il mio appuntamento oculistico l’altro giorno, e voleva sapere se Quinn è davvero incinta o no»

«E tu gliel’hai detto?»

«Certo che sì! Poi mi ha chiesto di noi e ho riso di lei »

Kurt impallidì istantaneamente.

«Non le hai detto che sono »

«No, ma penso che lo sappia. Senza offesa» aggiunse in fretta Mercedes, strofinando un ginocchio di Kurt con il piede coperto dalla calza «Ma mi ha appena detto di proteggermi e che se avrò mai qualsiasi domanda sul sesso, di andare da lei e parlargliene. Mi ha anche detto di preservarmi fino al matrimonio però io ci avevo già pensato, così »

Questa volta fu Kurt a roteare gli occhi prima di rubarle la ciotola di popcorn, ficcandosene una manciata in bocca.

«Sa che Quinn vive con Puck, ora?»

«Gliel’ho menzionato. Voglio dire, è stata buttata fuori casa dai suoi genitori e sta vivendo coi Puckerman! Non riesco nemmeno ad immaginare i miei genitori cacciarmi via in quel modo ma, d’altronde, non riesco nemmeno immaginare di essere un’adolescente incinta»

Kurt rise, anche se sembrava maleducato farlo considerata la difficile situazione di Quinn, ma quando pensò a sé stesso essere un teenager in dolce attesa, gli venne semplicemente da ridacchiare.

Accanto a lui, Mercedes calciò la sua coscia con il proprio piede, la bocca stretta in modo da trattenere un risolino.

«Stai zitto, Kurt Hummel. Scommetto che Quinn sta passando un momento difficile. Non posso nemmeno concepire di essere nei suoi panni e di avere tutto quello stress pesarmi addosso. Non può far bene al bambino»

«Non pensi mai che si è messa da sola in questo pasticcio? È stata lei quella che ha tradito Finn Hudson con, tra tutte le persone, il più grande giovane delinquente ad aver mai graziato Lima, Ohio... ed ora è incinta e senza casa. Non posso fare a meno di vederci una sorta di karma»

«Sai che non perdono il tradimento e sai come la penso su Noah Puckerman» disse amaramente Mercedes, ricordando la sfortunata scappatella che avevano avuto pochi giorni prima «Ma Quinn è una brava ragazza e non riesco ad immaginare di mettermi nei suoi panni in questo momento»

«E come fai a sapere che è una brava ragazza? Voi due non parlate»

«Abbiamo parlato un sacco e questo è quanto, okay? Mi dispiace semplicemente per lei. La gravidanza deve essere difficile e dover affrontare tutto quel dramma per la paternità del bambino ed esser cacciata da casa, senza dimenticare la caduta in disgrazia che ha vissuto a scuola con Sue e tutti gli altri... sai, mi preoccupo un po’ per lei»

Kurt annuì pensieroso, intrecciando le mani sullo stomaco mentre si stravaccava sul divano.

«A volte ti angosci troppo, Cedes»

«Forse è vero, ma le donne gravide ed i loro bambini non ancora nati non meritano così tanto stress, posso dirti questo. Quando avrò dei figli in futuro, dopo aver registrato qualche disco di platino ed aver vinto qualche Grammy, ovviamente » lei sorrise, illuminandosi quando Kurt concordò con lei «Spero di avere una gravidanza facile. Mia cucina Erica ha perso un bambino non molto tempo dopo essere stata licenziata ed è stata dura. È difficile essere stressati e, al tempo stesso, provare a stare in salute. Puoi immaginare cercare di rimanere abbastanza in forze sia per te stesso che per il bambino?»

«Non proprio. Io non posso avere figli. Sono un ragazzo, ricordi?»

«Kurt!»

«Okay, sì, sì, vabbè. Immagino di poter capire di cosa tu stia parlando»

«Bene. Sono contenta. Un giorno, quando tu e qualsiasi uomo fortunato sposerai finirete per avere un surrogato che metta al mondo il vostro bambino, ti ricorderai di questa conversazione e ricorderai di come hai riso di Quinn Fabray e ti sentirai in colpa perché vorrai che la madre biologica di tuo figlio sia completamente in salute per il bene del piccolo»

Kurt sbuffò.

«Okay, okay. Smetterò di scherzarci sopra. Dio, Cedes. Mangia altri popcorn al caramello prima che tu finisca per strapparmi la testa con un morso!»

Accanto a lui, Mercedes ridacchiò e prese la ciotola.

«Era tanto per dire... penso di aver finito di parlare di bambini e di Quinn Fabray, però. Vuoi guardare un film?»

«Niente con i bambini!» disse Kurt, soffocando la risata quando Mercedes gli tirò un cuscino in faccia «Scusa! L’opportunità si è presentata da sola ed io l’ho colta!»

«A volte sei così insopportabile, Kurt Hummel» lo prese in giro Mercedes mentre si alzava ed andava a scegliere un film.

Kurt si stiracchiò sul divano ed,  una volta che Mercedes su assorbita dalla selezione del dvd, andò in estasi al pensiero di avere, un giorno, un marito con cui passare tutto il resto della sua vita, qualcuno con cui parlare della possibilità di avere dei bambini o con cui prendere un gatto o un cane.

E più tardi quella notte, dopo che i titoli di coda di Pretty In Pink scorsero sullo schermo e Mercedes era morta di sonno sul suo lato del divano, Kurt si permise di sognare di avere magari un futuro matrimonio, bambini, l’intera enchilada con qualcuno che assomigliava in maniera inquietante a Finn Hudson.

 

****

 

Kurt fece scorrere la mano lungo il braccio rigido di Blaine, le sue dita correvano lentamente sull’estensione delle vene bluastre-verdastre che si notavano attraverso la pelle pallida.

Aveva rinunciato a dormire ore fa, essendo stato svegliato di colpo da una sorta di sogno sotto forma di flashback che l’aveva riportato a quando era un giovane, ingenuo adolescente che ridacchiava dei spiacevoli errori di Quinn Fabray con la sua vecchia migliore amica Mercedes.

Erano passati anni – più di un decennio – da quella conversazione e sia lui che Mercedes erano sposati da tempo, lei con Sam e lui con Blaine, e Cedes aveva avuto un figlio tutto suo, una bambina chiamata Whitney – ovviamente in onore del suo idolo –, ma le parole che si erano scambiati tanti anni prima lo perseguitavano ancora.

Soprattutto in quel momento.

Guardando Blaine, vedendo come suo marito sembrasse malato steso là in un letto troppo grande per la sua piccola figura, vedendo i tubi ed i fili attaccati a lui per essere sicuri che Blaine ed il suo bambino non ancora nato stessero bene... era un boccone amaro da digerire.

Kurt aveva trascorso le ultime ore incollato al fianco di suo marito, il cuore che doleva per quello che aveva fatto.

Solo il giorno prima aveva oltrepassato Blaine mentre questi, chiuso in bagno, era scosso dai conati di vomito e piangeva a dirotto, e non una volta si era fermato per vedere se stava bene.

Ed ora sedeva lì, su una scomoda sedia accanto ad un letto da cui si elevavano bip e ronzii di macchinari che erano stati sistemati per dirgli se suo marito ed il figlio non ancora nato stessero bene.

Se, addirittura, fossero ancora vivi.

Anni fa – diavolo, forse persino ieri! – avrebbe considerato le lesioni di Blaine come niente di serio ma, mentre sedeva in quella sedia scomoda e stringeva la mano troppo calda di suo marito nella propria, si sentiva incredibilmente colpevole.

La pressione sanguigna di Blaine si era alzata, condizione probabilmente indotta dallo stress, e stava male perché aveva cancellato un appuntamento importate che Kurt era stato abbastanza stupido da ignorare.

Non era che Kurt se ne fosse dimenticato, quel giorno.

Non l’aveva fatto.

Aveva guardato l’orologio per tutta la giornata, guardato come l’ora a cui aveva promesso a Blaine di essere all’appartamento passava e, anche dopo essere uscito dal lavoro, non aveva fatto altro che pensare all’appuntamento di Blaine.

Quando era uscito con Chase e qualche altro dipendente di Vogue per un paio di cocktails, la sua mente era rimasta su suo marito e su cosa stava facendo in quel momento.

Anche dopo che Kurt era incespicato nell’appartamento, leggermente alticcio ed esausto...

Anche dopo aver visto Blaine fissarlo, cullando lo stomaco e con un’espressione chiaramente ferita...

Anche dopo tutto ciò, Kurt aveva mentito spudoratamente ed era finito per dirgli cose tremende e terribili, anche se era stato lui a rovinare tutto.

Tirando su col naso, Kurt si asciugò qualche lacrima con il dorso della mano ed appoggiò la testa sul letto, vicino alla coscia coperta del suo compagno.

Si rannicchiò più vicino che poteva alla mano di suo marito e baciò la punta delle sue dita, respirando il profumo della sua crema per mani e l’insolito odore di antisettico ospedaliero.

Sopra di lui, il respiro dell’uomo incespicava dentro e fuori dal suo petto, roco e debole, e ad ogni sua esalazione le macchine che aveva intorno continuavano a funzionare.

Le lacrime fuoriuscirono dagli occhi di Kurt mentre lui li chiudeva e sussurrava le proprie scuse contro le dita callose di Blaine.

Poteva solo sperare che suo marito lo sentisse e che potesse, un giorno, perdonarlo.

  

 

 

 

 

 

 

Note della traduttrice

Cooper è tornato con istinti omicidi più forti che mai e Kurt ha scoperto che il bambino che Blaine aspetta è un maschietto...  chissà come la prenderà Blaine quando, una volta che si sarà svegliato, glielo diranno.

Magari questo potrebbe essere un nuovo punto di svolta per la loro famigliola.

O forse no.

Come sempre, ringrazio sentitamente i miei adorati ed instancabili recensori ed anche le ultime voci che si sono aggiunte al coro - davvero, è un’emozione unica trovare nuovi nomi ed opinioni nelle recensioni che lasciate *-*

A presto!

Killing Loneliness.

  
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