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Autore: Dk86    06/02/2008    9 recensioni
Certe persone decisamente non apprezzano le feste di compleanno, e Natsuki Kuga è fra queste.
Perciò, se un bel giorno gli altri residenti dell'Accademia Fuuka decidessero di organizzargliene una - per giunta a sorpresa - come reagirebbe la ragazza in questione?
La storia è il mio regalo di compleanno 2007 per Atlantis Lux.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Natsuki Kuga
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Buon compleanno, Natsuki!”.
Natsuki Kuga rimase interdetta per qualche secondo, dopo che, aperta la porta della sua stanza, si era trovata di fronte Midori che la fissava con un sorriso di almeno quarantotto denti. Teneva fra le mani un pacco regalo di dimensioni quantomeno imbarazzanti.
Dietro di lei, appoggiata ad una colonna, Nao inalberava la sua consueta espressione da So-Benissimo-Di-Essere-Meglio-Di-Te-E-Te-Lo-Faccio-Pesare.
“C-compleanno?”, borbottò Natsuki con la voce ancora impastata dal sonno appena interrotto, scostandosi una ciocca di capelli dal viso. La luce del sole le tormentò le pupille costringendola a socchiudere gli occhi, e solo in quel momento si rese conto di essere ancora in pigiama… anche e soprattutto perché si era svegliata meno di cinque minuti prima.
Il sorriso di Midori, se possibile, si allargò ancora di più. Natsuki sentì un brivido percorrerle la schiena, e la cosa non era dovuta unicamente al fatto che stava indossando solo una camicia da notte ed era a piedi nudi in una mattina di marzo; l’eccessiva allegria di quella donna ogni tanto la spaventava. Distrattamente, si ritrovò a chiedersi quanti denti potessero trovare posto nella bocca di qualcuno.
“C-che ore sono?”, mormorò poi, cercando di dare alla propria chioma una parvenza di ordine.
“Le otto e mezzo! Scusa se ci siamo presentate qui a quest’ora, ma volevamo essere le prime a farti gli auguri!”, esclamò la giovane supplente, con il tono di chi ha appena vinto alla lotteria e sta spiegando al mondo cosa ne farà di tutti quei soldi. “Veramente”, puntualizzò Nao senza cambiare espressione, “io l’ho solo incontrata per strada e ho deciso di venire qui perché non avevo niente di meglio da fare”.
“E, giusto per curiosità, che giorno è oggi?”, chiese di nuovo Natsuki. Temeva che da un momento all’altro si sarebbe messa a sbadigliare.
Midori aggrottò la fronte, mentre il suo sorriso vacillava… ma solo per un attimo. “Oh, non essere sciocca! Possibile che uno non si ricordi il giorno in cui compie gli anni? In ogni caso è il tredici marzo”.
L’altra tirò un interiore sospiro di sollievo: per qualche secondo aveva accarezzato l’idea che fosse accaduta una qualche assurda bizzarria temporale, pensiero che in effetti non era così strano considerando quello che era accaduto nell’accademia Fuuka nei mesi precedenti. “Allora, semplicemente, oggi non è il mio compleanno”, annunciò con grande tranquillità.
Midori scoppiò a ridere, come se le avessero appena raccontato la barzelletta più divertente mai concepita da mente umana; c’era da credere che, se non avesse avuto le mani occupate dal pacco dono, si sarebbe data delle pacche sulle ginocchia. “Oh, dai, non scherzare!”, esclamò; il gigantesco regalo sobbalzò e rischiò di rovinare al suolo. “E allora mi spieghi per chi sarebbe la festa che tutti quanti stanno organizzando all’ombra dei ciliegi in fiore?”.
“Beh, come ti ho detto, oggi non…” cercò di spiegare Natsuki, prima che la consapevolezza di ciò che le era appena stato detto la raggiungesse in pieno viso con la stessa forza di un pianoforte a coda lasciato cadere da un palazzo di venti piani. “F-festa?”.
Nao ridacchiò. “Oh, sapevo che la cosa non le sarebbe piaciuta per niente”.


“Questo non è giusto! No, non è assolutamente giusto!”. Haruka, come suo solito, non riusciva a capire che fra un tono di voce normale e quello che usava lei c’era una bella differenza in termini di decibel e di rabbia. La cosa, soprattutto in un parco pieno di persone che tendevano a voltarsi verso di lei ogniqualvolta sbraitava, si notava parecchio.
“Haruka-chan, per favore, calmati!”. Yukino, talmente rossa in volto che c’era da stupirsi del fatto che le lenti dei suoi occhiali non si fossero appannate, cercò di placare la furia dell’amica. Senza successo, com’era immaginabile.
“No, non mi calmo! Cinque giorni fa è stato il tuo compleanno e nessuno si è nemmeno ricordato di farti gli auguri; tranne me, ovviamente. Eppure oggi è il compleanno di Kuga e all’improvviso ecco che arriva un sacco di gente ad organizzarle addirittura una festa, anche se non mi sembra che lei abbia mai fatto granché per quelli che le stavano intorno! E questo non è affatto giusto!”.
“Suzushiro-san, non stai dando una buona impressione”. Shizuru, elegantemente accomodata in un angolo di uno dei tanti teli stesi sotto i ciliegi che punteggiavano il parco dell’accademia, intervenne in tono all’apparenza casuale ma in realtà perfettamente calcolato. Canticchiando qualcosa a mezza voce, afferrò un thermos di tè verde posto accanto a lei e se ne versò un po’ nella sua tazza laccata preferita. “Anche se fra pochi giorni ci diplomeremo e dovremo cedere gli incarichi, siamo ancora membri del Consiglio Studentesco”.
“Oh, ha parlato la signorina Riso-e-Tè!”, replicò Haruka, puntando un dito nella sua direzione in maniera nient’affatto elegante. “Scommetto che nemmeno tu ti sei ricordata del compleanno di Yukino!”.
“A dire, il vero, Haruka-san”, mormorò la diretta interessata, “la Presidentessa mi ha anche fatto un regalo… Un libro m-molto interessante”.
“Suzushiro-san, tu che cosa le hai comprato, invece?”, domandò Shizuru, con l’espressione tranquilla di chi ha già la vittoria in tasca.
Il dito di Haruka si abbassò molto, molto lentamente. “Beh, non è una cosa importante, ora come ora! E’ il compleanno di Kuga, oggi, no?”. La ragazza rientrò nei panni di Direttore Esecutivo all’istante, notando un gruppetto di ragazzi delle medie seduti sotto i ciliegi a non fare nulla. “Ehi, voi, sollevate i vostri sederi e date una mano! Quelle tartine non si farciranno certo da sole!”.
“Questo è sfruttamento, ecco cos’è!”, replicò Shiho Munakata, mettendo il broncio.
“Oh, non ci provare nemmeno, Ragazza Polpo!”, rispose Haruka in maniera spietata: Shizuru era una nemica al di fuori delle sue possibilità, forse, ma di certo non si sarebbe lasciata sconfiggere da una mocciosa. “Sei tu che hai accettato di venire, nessuno ti ha obbligato!”.
“Certo”, disse Shiho, con un tono di voce molto più basso. “Speravo di poter stare un po’ insieme a Yuichi, però ovviamente lui è in giro con Mai...”.


“Senti, Mai…”, stava dicendo proprio in quel momento il ragazzo in questione. “Forse è meglio che io vada a dare una mano agli altri nel parco, no?”. Era visibilmente imbarazzato.
“No, sono sicura che Natsuki sarà contenta di vederti! Almeno potrai farle gli auguri prima di tutti gli altri!”, replicò Mai, con un ampio sorriso.
A braccetto della ragazza, Mikoto camminava strascicando i piedi ed intervallando un dondolio di testa ad uno sbadiglio. “Dovevamo svegliarci proprio così presto, Mai?”.
“Su, Mikoto, sono sicura che ci divertiremo!” esclamò l’altra, che sembrava decisamente troppo felice ed entusiasta per dare retta a chicchessia.
Non vedo perché Kuga dovrebbe essere contenta di vedermi di primo mattino in un giorno di festa. Io, fossi in lei, tirerei contro qualcosa a chiunque cercasse di svegliarmi prima delle dieci…, pensò Yuichi, mentre Mai bussava alla porta della stanza di Natsuki.
Nemmeno un secondo dopo, e Nao scivolava fuori dalla camera; prima che richiudesse la porta, Yuichi fece in tempo a sentire degli schiamazzi di protesta soffocati dalla risata spaccatimpani di Midori provenire dall’interno. Ma che diavolo sta succedendo là dentro?
Nao, che per un attimo era apparsa discretamente sconvolta, riprese subito il suo spocchioso contegno. “Oh, bene, meno male che sei arrivata. Vai dentro a dare una mano a Midori, io non voglio averci niente a che fare”.
Mai si infilò nella camera senza chiedere spiegazioni, trascinandosi dietro una Mikoto ormai ripiombata nel mondo dei sogni. Altre grida soffocate e schiamazzi accompagnarono l’apertura e la chiusura della porta.
“Che diavolo sta succedendo là dentro?”, domandò Yuichi, fissando con una certa preoccupazione l’uscio.
Nao incrociò le braccia ed alzò gli occhi al cielo. “Kuga fa la ritrosa, e Sugiura la sta vestendo”, disse, in tono piuttosto criptico.
“Perché? Non può vestirsi da sola?”, chiese il ragazzo.
Lei sospirò, come se le sue parole fossero state un perfetto esempio di chiarezza. “Allora è vero che sei stupido quanto sembri… Non è che non si può vestire, non si vuole vestire. D’altronde, ormai la festa è stata organizzata, se non ci fosse una festeggiata ci faremmo tutti la figura degli idioti…”. La ragazza si riavvicinò alla porta, abbassò piano la maniglia e ne aprì uno spiraglio, quel tanto che bastava da permetterle di sbirciarle all’interno. “Uh, la situazione si sta facendo piuttosto interessante…”. Si voltò verso Yuichi, sfoggiando un’aria di segreta complicità. “Vuoi dare un’occhiata anche tu, Tate?”.
Il ragazzo arrossì dalle radici dei capelli al collo. “N-no, ma che dici? T-ti pare che io…”.
Nao sogghignò. “Dai, Tate, te lo si legge in faccia che vorresti guardare. E’ vero, a te piace Tokiha, ma non puoi negare che anche Kuga sia una bella ragazza. Certo, mai quanto me, ma…Forza, vieni”. Un piede di Yuichi si alzò quasi contro la sua volontà e fece un passo in avanti. “Non lo saprà nessuno, non preoccuparti… E poi sono quasi riuscite a spogliarla, il bello dello spettacolo non durerà ancora per molto”, continuava Nao, spostandosi dietro la porta per permettere al ragazzo di avvicinarsi al punto d’osservazione privilegiato.
“D’accordo, ma solo per un momento…”, borbottò lui, avvicinando il volto ormai scarlatto allo spiraglio. Da dentro provenivano risatine e mugugni; proprio in quell’attimo Kuga disse: “No, ragazze, non voglio…”, e Yuichi sentì una buffa e piacevole sensazione percorrergli tutta la spina dorsale e finire dritta dritta al suo inguine.
Esattamente in quell’attimo, Nao scattò in avanti, afferrò la maniglia e spalancò la porta, gridando nel frattempo a pieni polmoni: “Attente! Tate sta facendo il maniaco!”.
Yuichi non seppe nemmeno cosa lo avesse colpito. Sentì solo le grida delle ragazze nella stanza, e un attimo dopo era a terra svenuto; accanto a lui c’erano una grossa spazzola di legno, uno stivaletto e Mikoto, che non si era svegliata nonostante fosse stata lanciata contro il guardone.
Nao, ridacchiando, si chinò sul corpo privo di sensi del ragazzo e disse: “Scusa, Tate. Era troppo divertente per non approfittarne”.


Nel frattempo, dietro alcuni cespugli non meglio precisati, tre individui stavano complottando la realizzazione di un piano diabolico…
“Ehm… presidente, non sono sicuro che funzionerà”.
“Queste non sono parole che dovrebbero uscire dalla bocca di uno dei membri del glorioso club di kendo dell’accademia Fuuka, Masato! Quando abbiamo un obiettivo, lo dobbiamo portare a termine a qualsiasi costo!”.
“A dire il vero, presidente, questo è il suo obiettivo, non il nostro…”.
“Anche tu, dubiti delle tue capacità, Hikaru? Non ricordi cosa dico sempre? Noi del club di kendo siamo una grande famiglia, e ciò che è di uno è di tutti!”.
“Presidente, ma invece di usare tutte queste frasi ad effetto non può solamente dire che lo vuole fare perché potrebbe essere la sua ultima occasione prima del diploma?”.
“Già, nonostante tutte le volte in cui lei ci abbia provato in passato abbia sempre fallito in maniera clamorosa?”.
“E che della ‘grande famiglia’ di più di trenta persone del club di kendo gli unici che hanno voluto darle una mano in questa cosa siamo noi due?”.
Un momento di silenzio, poi…
“Hikaru, Masato, grazie per queste vostre parole! Ora mi sento molto più determinato a raggiungere il mio obiettivo!”.
“Come al solito il presidente sente solo quello che vuole sentire, eh?”.
“Meno male che fra qualche giorno si diploma…”.


“Forza, forza!”. Haruka correva qua e là cercando di approntare gli ultimi preparativi e spaventando a morte i ragazzini delle medie. “Voi, sistemate meglio quei regali! Club di cucina, fra dieci minuti voglio qui la torta! E non c’è ancora abbastanza maionese su quelle tartine, stupida Donna Polpo!”.
“Va bene, va bene…”, borbottò Shiho, continuando a spalmare maionese nonostante sugli stuzzichini ce ne fosse ormai uno strato spesso un paio di centimetri.
In quel momento, da uno dei ciliegi si alzò una piccola nuvoletta di petali che piovve fra i capelli di Haruka; un lieve fruscio, e davanti al Direttore Esecutivo si materializzò una figura dai capelli scuri e dallo sguardo impassibile, che teneva l’indice e il medio della destra sollevati davanti alla bocca. “Natsuki Kuga sarà qui fra due minuti. E’ accompagnata da Midori Sugiura, Nao Yuuki, Mikoto Minagi, Mai Tokiha e Yuichi Tate. Quest’ultimo presenta numerose contusioni al volto, probabilmente in seguito ad un attacco nemico”.
“Grazie mille, Okuzaki, puoi andare”, disse l’altra in tono soddisfatto, per nulla sorpresa dell’improvvisa apparizione della kunoichi. Akira si esibì in un inchino rigido e cortese e scomparve all’improvviso così com’era apparsa, solo per materializzarsi al fianco di Takumi qualche lenzuolo più in là.
“Avete sentito tutti?” gridò Haruka. “La festeggiata sta per arrivare! Tutti ai vostri posti!”.
Tutti quanti si accomodarono sui teli stesi sotto gli alberi. Per il minuto successivo, l’unico suono che si poté udire era quello di Shizuru che sorbiva con tranquillità il suo tè… e un cespuglio particolarmente grosso che si agitava ed ogni tanto emetteva qualche grugnito.
Poi, finalmente, il gruppo che accompagnava Natsuki apparve.
“Che si è messa addosso Kuga?”.
“Ehi, nessuno mi aveva detto che era una festa in costume!”.
“Ma si è vestita al buio?”.
Midori e Mai erano riuscite a vestire Natsuki, alla fine. Però non avevano granché badato a che cosa le mettevano addosso: così il compagno dello stivaletto che aveva colpito Yuichi alla tempia faceva bella mostra di sé accanto ad una normale scarpa da ginnastica; la gonna dell’uniforme estiva dell’accademia era stata invece abbinata ad una giacca di pelle che ricordava molto il completo da motociclista della ragazza. In quanto alla stessa Natsuki, da ormai mezz’ora era caduta in una sorta di stato catatonico, sopraffatta dall’assurdità della situazione.
All’improvviso, uno strillo si levò dalla folla assembrata nel parco. “Oh, fratellone, che ti hanno fatto?”. Shiho, rovesciando un vassoio di tartine e spandendo maionese ovunque, si alzò in piedi di scatto e corse dal suo amico d’infanzia, il quale si era da poco ripreso dal lancio di oggetti (e di Mikoto), ma ne portava ancora ben evidenti i segni sul volto.
“No, Shiho, non preoccuparti, non è nulla di grave…”, rispose lui, un po’ dubbioso, lanciando un’occhiataccia a Nao. La quale, ovviamente, iniziò a sogghignare.
Finalmente i presenti parvero ricordarsi che non si trovavano lì per commentare i gusti di Natsuki in fatto di moda ma per festeggiare il suo compleanno.
“Auguri, sempai Kuga!”.
“A-auguri, Kuga-san!”.
“Che facciamo, presidente, andiamo adesso?”.
“No, aspetta ancora un po’. E abbassa la voce, sennò ci scoprono!”.
“Eh?”, fece Natsuki, mentre Mai la aiutava ad accomodarsi sul telo centrale. Proprio lì accanto sorgeva una catasta di regali, a cui Midori aggiunse il proprio… mettendolo in cima a tutti. La pila di doni fremette e scricchiolò, ma parve reggere.
“Ecco, Kuga, prendi una tartina”, disse Haruka, improvvisatasi cameriera, ruolo che non le riusciva granché congeniale, visto che nel tendere il vassoio rischiò di rovesciarne il contenuto addosso alla festeggiata. “Le ho fatte preparare con una dose extra di maionese, mi hanno detto che ti piacciono così”.
“Oh? Grazie…”, fece Natsuki, pescando a caso con la mano nel vassoio e raccogliendo una fettina di pane bianco ormai fradicia. Meno di un secondo dopo, la tartina le si sfaldò fra le dita e ripiombò nel vassoio con un leggero tonfo umido; Haruka la guardò allibita, come se non avesse visto nulla di altrettanto incredibile in vita sua. “Ehm… forse è meglio passare alla torta. Ehi, voi del club di cucina, volete darvi una mossa?”.
“Ma, Suzushiro-san, lei ci aveva detto che…”.
“Non importa quello che ho detto prima, la torta ci serve adesso!”.
“Intanto possiamo iniziare ad aprire i regali, che dite?”, esclamò Midori, afferrando il suo pacco dono; stavolta la torre non resse e scatole di ogni forma e dimensione crollarono l’una sotto il peso dell’altra. “Questo è da parte mia!”, aggiunse la giovane professoressa – come se la cosa non fosse già abbastanza ovvia – mettendo fra le mani sporche di maionese di Natsuki il regalo. Natsuki, con gesti meccanici, tolse carta e fiocco ed aprì con lentezza la scatola.
“Anche Akane ha contribuito, stavo quasi per dimenticarmene”, spiegò Midori, mentre la festeggiata sollevava davanti al viso un paio di mutandine orlate di pizzo che una volta indossate non avrebbero lasciato molto spazio all’immaginazione. “Adesso lavora part-time in un negozio di biancheria intima, quindi è riuscita a farsi fare un prezzo di favore!”.
“Midori-san, avevi promesso di non dirlo!”, esclamò Akane, il viso di un’interessante sfumatura color mattone, mentre cercava di nascondersi alternativamente dietro Kazuya ed un vassoio.
“Ce n’è per un anno intero, credo”, continuava intanto Midori, mentre Natsuki scrutava perplessa la scatola colma di biancheria. “Mi hanno detto che mutande e reggiseno ti piacciono molto, quindi sono andata sul sicuro!”.
Non mi sembra la tipica cosa da dire ad alta voce ad una festa di compleanno…, pensò, sperando ardentemente che il suo naso non si mettesse a sanguinare. Stava facendo di tutto per non continuare a pensare a Mai con indosso quel minuscolo straccetto di pizzo…
Shiho ne approfittò per sbattere sotto il naso del ragazzo le fette di pane fradice. “Ecco, fratellone, mangia una di queste. Le ho preparate con le mie mani!”.
“Ehm, no, Shiho, grazie…”, rispose lui, fissando con disgusto il contenuto del vassoio. “Non credo che la maionese alle dieci del mattino mi farebbe molto bene…”.
“Questo invece è da parte della preside Mashiro e di Fumi”, disse Mai, porgendo a Natsuki un pacchetto lungo e sottile. Accanto a lei, Mikoto biascicava mezza addormentata una tartina. “Mi hanno detto di dirti che si scusano per non aver potuto partecipare alla festa”.
Natsuki scartò il regalo, e si ritrovò in mano un altro paio di mutande.
“Uh, roba di classe”, disse Nao. “Sembrano quelle che usava mia nonna…”.
“Ora apri il mio, Kuga”, intervenne Chie, porgendo un pacchetto con la carta decorata a rose blu.
“Q-questo è da parte mia e di Haruka-chan”, balbettò Yukino.
“Sono davvero molto onorato di essere stato invitato a questa festa, Kuga-san”, disse Reito Kanzaki con un lieve inchino, in mano un’elegante scatola color nero lucido.
Ma, indipendentemente dalla forma, dal colore e dalla grandezza dei pacchi dono, il contenuto era sempre lo stesso. “Fico”, esclamò Midori, “ci potremmo riempire la piscina con tutte queste mutande”.
“A me avevano detto che Kuga andava matta per la biancheria…”, si giustificò Shiho con un’alzata di spalle.
“Ma infatti le piace molto, vero, Natsuki?”, domandò Mai all’amica, che la fissava stralunata.
“Come? Oh, sì, certo, grazie mille a tutti, davvero…”, mormorò lei. Teneva ancora in mano le imbarazzanti mutandine regalatele da Midori ed Akane.
Haruka avvicinò il suo volto a quello della festeggiata; aveva un’espressione intensa e corrucciata, come un meccanico che osserva il motore di un’automobile guasta cercando di capire come ripararla. “Non mi sembra che tu ti stia divertendo molto, Kuga”, sentenziò. “Ma sono sicura che ti sentirai meglio dopo una bella fetta di torta!”.
Il dolce in questione, preparato dai membri del club di cucina dell’Accademia al gran completo, era tanto grande che doveva essere trasportato da due robusti membri della squadra di baseball. Aveva un aspetto magnifico, con pinnacoli di crema e ghirlande di glassa tutt’intorno. Venne appoggiato proprio davanti a Natsuki (gli articoli di biancheria erano stati accatastati poco più in là), ancora fumante e caldo di forno.
“Ha un aspetto magnifico!”, esclamò Mai, rapita. “Però l’odore è un po’ strano… che c’è dentro?”.
“Oh, è una ricetta creata apposta per l’occasione!”, affermò Haruka con orgoglio, quasi come se l’avesse preparata lei sola. Una delle ragazze del club di cucina, che spingeva davanti a sé un carrello carico di stoviglie, porse ad Haruka un coltello ed un piattino di ceramica. Il Direttore Esecutivo tagliò con perizia una fetta di dolce e la posò sul piatto, tendendolo poi a Natsuki.
In quel momento Mikoto spalancò gli occhi, e vedendo passarle a pochi centimetri di distanza dalla faccia una fetta di torta, si limitò ad allungare una mano e ad afferrarla, staccandone un grosso boccone prima che qualcuno avesse il tempo di fermarla. Poi…
“Che schifo!”, gridò Haruka, cercando di togliersi dalla traiettoria del pezzo di dolce masticato. “Tokiha, fai qualcosa!”.
“Mikoto, non si sputa a quel modo!”, disse Mai in tono materno.
“Ma è disgustosa! Sa di maionese!”, si lamentò la ragazzina, spazzolandosi via dalla bocca le briciole.
Sul gruppo calò per qualche attimo il silenzio, rotto solo dalle parole: “Masato, mi stai piantando un gomito nel…”.
“Quindi, fammi capire: tu hai fatto mettere… anche nella torta…”, mormorò Nao incredula.
“Beh, io sono convinta che non sia così cattiva!”, disse Haruka con aria di sfida, rivolta non si sa bene a chi. Strappò la fetta dalle mani di Mikoto e se la infilò in bocca tutta intera; masticò un paio di volte, lentamente, poi impallidì. “Dell’acqua, presto”, riuscì a biascicare.
“Oddio, Haruka-chan, ti senti male?”, esclamò Yukino, che sembrava sul punto di svenire anche lei.
“Ecco, Yukino-chan, dalle questo!”, le disse Shizuru, tendendole un bicchiere di carta.
“Forza, Haruka-chan, bevi e ti sentirai meglio!; la segretaria del consiglio studentesco, le cui mani tremavano come se stesse somministrando l’unica dose esistente di un veleno letale, avvicinò il bicchiere alle labbra dell’amica e gliene versò in gola il contenuto.
Haruka deglutì con forza; pochi secondi dopo, le sue guance si colorarono di rosa acceso, e sobbalzò un paio di volte. “E’ davvero buona quesht’acqua… Sce n’è mica ancora?”, domandò, la voce ancora più impastata di prima.
Yukino la fissò perplessa, poi sollevò il bicchiere ormai vuoto e lo annusò. “Oh, no!”, gemette. “Q-questo è saké! E ad Haruka ne basta un bicchiere per ubriacarsi!”.
“Ehi, cosh’hai da guardare tu, eh?”. Haruka stava puntando in maniera minacciosa un dito in direzione di un paio di mutande.
“Credo dovremmo fare qualcosa per lei…”, disse Mai, preoccupata.
Oh, tu e le tue pose da crocerossina, quanto mi danno sui nervi…, pensò Shiho; istintivamente, raccolse un paio di tortine flosce e le strizzò nel pugno, spargendo sul telo gocce di maionese. All’improvviso, però, le venne un’idea: cercando di trattenere il sogghigno malefico che le stava sorgendo alle labbra, la ragazzina si guardò intorno, per essere sicura che nessuno la stesse guardando. Tutti però parevano essere concentrati su Haruka, che in quel momento stava cercando di attaccare briga con il carrello delle stoviglie. Shiho alzò il pugno gocciolante, prese la mira e lanciò.
SPLOTCH! Il grumo di pane e maionese, dopo aver percorso un aggraziato arco ascendente, andò a spiaccicarsi sulla divisa di Nao. “Chi è stato?”, gridò furente la ragazza.
Shiho cercò di nascondere la mano sporca, senza successo. “Credimi, sempai Yuuki, non volevo colpire te!”.
Nao, senza proferire parola, infilò una mano fino al polso nella disgustosa torta alla maionese, e sotto gli occhi allibiti di tutti i presenti scagliò una palla viscida in direzione di Shiho… mancando però il bersaglio e colpendo Midori su una guancia. La giovane insegnante non sembrò arrabbiata; ma il sorriso che le si dipinse sul volto, anche se di felicità, fu ancora più spaventoso. “Guerra di cibo!”, gridò, con la stessa ferocia di un urlo amazzone; afferrò uno dei vassoi ed iniziò a bersagliare chiunque le stesse intorno a colpi di tartine.
Meno di un minuto dopo, la festa di compleanno si era trasformata in un campo di battaglia, in cui l'arma principale era la maionese (e, occasionalmente, qualche reggiseno). “Tanto questa torta non si poteva mangiare!”, gridò giuliva Mikoto, colpendo suo fratello alla schiena.
“R-ragazzi, p-p-per favore, calmatevi!”, cercò di placare gli animi Yukino, prima che un pugno di torta le inzaccherasse gli occhiali.
“Shono contenta di vedere che tutti quanti shi shtanno divertendo”, disse Haruka ad un albero di ciliegio, i capelli impastati di crema e di pastafrolla.
Intanto, il cespuglio aveva ricominciato ad agitarsi. “Presidente, qui la situazione sta degenerando!”.
Uno degli occupanti dell'arbusto deglutì con forza. “Dobbiamo farlo, allora. Ora o mai più!"; e Masashi Takeda si lanciò fuori dalle fronde, seguito da due studenti del primo anno delle superiori con espressioni gemelle di rassegnazione sui volti che reggevano un enorme striscione con la scritta: Amore eterno a Natsuki Kuga. “Natsuki Kuga, finalmente posso dirlo davanti a tutti: io ti a...”.
Fu in quell'attimo che nel cervello di Natsuki scattò qualcosa, e comprese chi si trovava dietro tutto quel casino. Dopo che Midori e Mai l'avevano costretta a vestirsi si era arresa allo scorrere degli eventi, perché quello che le stava succedendo intorno era troppo incomprensibile anche per lei. Ma ora, finalmente, era convinta di avere trovato la soluzione. Così, si sollevò in piedi di scatto e gridò con tutto il fiato che aveva nei polmoni: “Oggi non è il mio compleanno!”. Poi, il silenzio. Tutti quanti si bloccarono, chi nell'atto di lanciare qualcosa, chi in quello di difendersi; Akia stava puntando un kunai alla gola di un ragazzo di seconda liceo che presumibilmente aveva cercato di colpire Takumi, e Mikoto si era addormentata di nuovo, con un paio di mutande in testa. Takeda, rimasto a bocca spalancata, disse il suo: “...mo?” ad un tono di voce tanto basso che neppure lui lo sentì.
Natsuki ansimò un paio di volte per riprendere il fiato , e si guardò intorno: tutti la fissavano con aria perplessa, desiderosi di spiegazioni. La ragazza chinò la testa, e disse: “Sì, avete capito. Oggi non è il mio compleanno. Davvero, non so chi vi abbia detto che non era così, ma io sono nata ad Agosto, quindi oggi non può essere il mio compleanno. Quindi mi spiace moltissimo che vi siate dati così tanto da fare per questa festa e che mi abbiate fatto tutti questi regali, ma...”.
Midori, con la faccia ridotta a una maschera di maionese, spalancò con lentezza la bocca. “Stai scherzando?”.
Natsuki scosse la testa. “No. Ho tentato di dirtelo, quando stamattina sei venuta a svegliarmi...”.
I convitati si guardarono in faccia, l'uno con l'altro. Di comune accordo, parvero decidere che una bella doccia per liberarsi di tutta quella maionese non era una cattiva idea; a poco a poco, iniziarono a sciamare verso i dormitori.
“Lo sapevo che venire qui sarebbe stata una perdita di tempo...”.
“E non sono potuta nemmeno stare sola con il fratellone!”.
“Mai, io voglio dormire... E non vedo più niente!”.
“Togliti quelle mutande dalla faccia”.
“Queshta è shtata la più bella feshta che io abbia mai vishto!”.
“V-vieni, Haruka-chan, stai dando spettacolo”.
“M-ma... Non mi ha nemmeno guardato!”.
“Forza, presidente, torniamo in palestra...”.
“Come immaginavo, è un caso senza speranza”.
Alla fine nel giardino dell'Accademia rimasero solo due persone: una era Natsuki, l'altra il colpevole.
“Peccato, proprio ora che le cose si stavano facendo divertenti...”. Non era chiaro come Shizuru fosse riuscita a non essere coinvolta dal lancio di maionese, ma era così: sedeva sul suo angolo di lenzuolo, a fianco la sua tazza di tè, con la divisa immacolata e un sorriso dolce sul volto.
Natsuki la fissò con aria soddisfatta. “Lo sapevo che dietro a tutto questo c'eri tu”, disse, avvicinandosi. “All'inizio non capivo che cosa stesse succedendo, ma poi ho pensato: chi potrebbe avere il potere di mobilitare tutta quella gente? Chi potrebbe convincere il club di cucina a preparare una torta alla maionese? E soprattutto, chi è l'unica a conoscere la data esatta del mio compleanno?”.
Il sorriso di Shizuru si allargò, mentre si alzava in piedi raccogliendo thermos e tazza. “Beh, immagino che non esista delitto perfetto, no?”. Fece un lieve inchino, poi alzò la testa e fissò Natsuki dritta negli occhi. “Ah, posso chiederti di passare da camera mia, più tardi?”.
L'altra sobbalzò. “Perché?”, domandò.
Shizuru inclinò la testa. I capelli le ricaddero su un lato del volto, e Natsuki sentì qualcosa di strano agitarsi dentro di lei. “Che domande: devo darti il mio regalo, no?”. Si voltò ed iniziò ad incamminarsi verso la scuola. Dopo qualche passo, però, si fermò. “Ah, e porta quelle mutandine che ti ha regalato Sugiura... Sai, potrebbero servire”.
  
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