Fanfic su artisti musicali > Avril Lavigne
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Autore: smarsties    30/07/2013    2 recensioni
Avril trascorre le sue giornate dietro ad una maschera: finge di essere una persona il cui ruolo non le si addice davanti a tutti, mentre tiene una parte di sé nascosta al mondo.
Evan, che all’apparenza ha una vita pressoché perfetta, scoprirà di essere stato tenuto allo scuro per più di dieci anni riguardo un argomento per lui importante dallo stesso padre.
Entrambi continuano ad essere assiduamente collegati con il passato.
Lei vuole dimenticarlo, andare avanti per essere felice, ma con scarsi risultati.
Lui, al contrario, vuole saperne di più, vuole far luce sulla questione.
Cosa succederanno se questi due ragazzi, così diversi all’esterno ma profondamente simili all’interno, si incontreranno?
E se sarà proprio una passione che hanno in comune ad essere la chiave per una dolce storia d’amore, contrastata dai troppi parallelismi con i rispettivi passati?
***
~Estratto dal capitolo tre~
-A domani, Ramona.-
Quando si voltò per salutarlo, purtroppo era già sparito dietro l’angolo.
Arrivederci, David.
E in quel momento tornò quantomeno ad apprezzare quel buffo secondo nome che si ritrovava.
In quel momento si sentì, anche solo per pochissimi secondi, nuovamente Avril Ramona Lavigne.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologue ~

<< E rientrerò a casa, fingendo nuovamente che tutto vada bene. Ma non è così.

Farò finta di nulla, fregandomene di tutto ciò che mi accadeva ogni giorno, come un replay.

Sorriderò a mia madre, per poi chiudermi nella mia stanza, come se fossi in punizione.

Per le scale incontrerò sicuramente la mia sorellina. Le scompiglierò i capelli, salutandola in modo affettuoso.

Una volta sola, piangerò lacrime amare, maledicendomi mentalmente per la mia fragilità.

Sfascerò tutto, romperò qualcosa … mi sfogherò, punto.

Farò una specie di rivoluzione ma, fuori da quelle quattro mura, mi comporterò come una persona normale. Una persona dalla vita perfetta, a cui non manca nulla.

Non è la verità, continuerò a mentire a me stessa.

Convincerò gli altri, dicendogli che sto bene.

Che mia brutta cera è dovuta al troppo studio.

Che i miei occhi lacrimano per l’allergia.

Che tutto va come dovrebbe.

Saprò e so già che tutto continuerà nella stessa maniera.

Perché non ne ho mai parlato con nessuno? >>

 

***

 

Se ne stava sdraiata sul suo letto.

Le parole di quei maledetti bulli continuavano a rimbombargli nella testa.

Le lacrime lottavano per uscire.

Guardò un punto indefinito del soffitto, per vincere nuovamente quella battaglia.

Ogni giorno veniva insultata, picchiata, minacciata … a volte anche molestata.

Non ce la faceva più.

Non capivano che anche lei era una persona, esattamente come loro? Una persona che piangeva, mentiva, ma soprattutto soffriva.

La sua fragilità le impediva di reagire, almeno di dirli qualcosa.

Voleva parlarne con qualcuno, sul serio. Ma non ci era mai riuscita.

Si bloccava un attimo, per poi continuare a mentire. Mentire che tutto andava bene, quando non era così.

Era anche sola. Non per scelta, perché costretta.

Non aveva mai avuto amici, nessuno l’aveva mai accettata.

A nessuno aveva mostrato il suo vero io, la vera Avril. Continuava a nascondersi dietro una maschera invisibile. Una maschera che, poco a poco, la stava allontanando dal mondo.

Voleva sbarazzarsene una volta per tutte. Voleva vivere la sua vita, infischiandosene di tutto ciò che la faceva stare male e affrontando ciò che gli sarebbe prostrato davanti, senza paura.

Lo voleva, sul serio. Ma per farlo, aveva bisogno di qualcuno che la spronasse.

Si alzò di scatto e si diresse verso lo specchio, piazzandosi davanti ad esso. Era abbastanza grande per vedersi tutta.

I suoi lunghi capelli biondo cenere gli contornavano il visino piuttosto scherno e pallido. Gli occhi azzurri affranti dal pianto, il naso all’insù e la bocca minuta. Aveva un espressione seria.

Le sue braccia erano piene di lividi e ferite, le guance arrossate – per i troppi schiaffi - e le ginocchia sbucciate.

La maglia che indossava le stava eccessivamente larga, dato il corpicino che si ritrovava.

Ma come si era ridotta!

Qualche anno prima, quando iniziò ad essere vittima del bullismo, aveva qualche chiletto in eccesso.

La prendevano in giro per questo, anche in maniera non molto gradevole.

Sia maledetto il giorno in cui decise di mettersi a dieta, per farli chiudere quella boccaccia.

Quando raggiunse il suo obiettivo, le cose cambiarono. In peggio, però.

Iniziarono a scambiarla per un’anoressica, deridendola sempre più. La escludevano, la guardavano male, insultata ancora più pesantemente e persino picchiata a sangue.

Fissò attentamente il suo riflesso con rabbia, come se fosse una psicopatica.

Ma lo era veramente? Insomma, soffriva di anoressia?

Quella fottuta maschera continuava a distruggerla. Doveva, anzi voleva, assolutamente liberarsene.

Strinse ermeticamente i pugni.

Arrabbiata. Era arrabbiata con sé stessa.

In preda ad un attacco d’ira, spaccò lo specchio, facendo schizzarne i frammenti per la stanza.

Uno di questi, in qualche modo oscuro, le tagliò il polso.

Un rivolo di sangue le colò lungo tutto il braccio, facendo bruciare ancora di più – se possibile – la ferita.

Faceva male, sì. Ma niente era paragonabile al dolore che pativa ogni giorno.

Fantastico, ora ti prenderanno anche per un’emo. Avril la emo, se ci pensi suona anche bene!

Si schiaffeggiò mentalmente, mandando al diavolo la stupida vocina interiore.

Respirò più volte, per tentare di calmarsi. Tentativo vano.

I nervi cedettero e lei, più in collera di prima, iniziò a rovesciare le sedie, a buttare le coperte a terra, a distruggere tutto ciò che vedeva o che gli si prostrava davanti.

Una decina di minuti abbondanti dopo, poggiò le sue spalle contro il muro e scese a terra, con le ginocchia al petto.

Se l’avessero vista, sarebbe stata scambiata sicuramente per una pazza, o perché no, per un’insana.

La vista cominciò ad offuscarsi e le lacrime cominciarono a pizzicarle gli occhi.

Chiuditi, ti prego. Chiuditi.

Ci provò. Provò ad avere la meglio, per l’ennesima volta.

Non ci riuscì. Questa volta avevano vinto loro.

E tra i singhiozzi ormai piuttosto udibili, iniziò a pensare che quella maschera non si sarebbe mai dissolta.

Ma non ci voleva pensare.

In quel momento voleva solo piangere.

Voleva, e in un certo senso doveva, sfogarsi.

 

 

 

 

 

 

Angolo dell’autrice:

Buongiorno!

Giovanni: E’ sera -_-

Allora, buonasera!

Sono tornata con questa nuovissima long, appena sfornata.

L’ispirazione è venuta a farsi benedire, olè!

Che bello, sono molto realizzata.

Questa è la mia seconda ff qui. Se volete andare a leggervi anche la mia shot, mi farà molto piacere.

Giovanni: Dato anche l’alto tasso di popolarità che sta avendo. Zero recensioni, appunto -_-

Ma sei sempre così pessimista? Ah già, tu sei il mio amico immaginario D:

Il mio cervello deve star messo veramente bene, se ha “partorito” un essere “eccitato” (?) come te.

Giovanni: Bene? Benissimo, te lo giuro!
Well, che ne pensate?

E’ la prima volta che tratto argomenti così pesanti, quindi non uccidetemi.

Me la sono cavata così tanto male? E’ da cestinare all’istante quest’obbrobrio?

Giovanni: Ottimista anche l’autrice, a quanto vedo.

Vai all’inferno!

Anyway, se non vi piace, aggiornerò comunque. Muhahaha!

Lo farò, ma non subito. Ho altre tre long da mandare avanti, in un’altra fandom. E quelle hanno la precedenza.

I’m sorry :c

Ora devo lasciarvi, ci si vede prestissimo.

 

Solluxy ♥

  
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