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Autore: Lady ONeill    31/07/2013    1 recensioni
Clarice deve dire addio a un amico. Un amico d'infanzia e il dolore che prova è indescrivibile. Dovrà dire addio all'unico amico della sua infanzia a Roma. Girolamo Riario.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarice Orsini, Girolamo Riario
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Avevo sempre odiato gli addii, erano qualcosa di terribilmente sbagliato secondo il mio parere. Erano difficili, soprattutto se da fare ad una persona a me cara. E quello sarebbe stato forse l’addio più difficile della mia vita; l’addio a Girolamo Riario. Il mio unico amico, l’amico che io consideravo  come un fratello mai avuto. Con lui avevo passato gioie e dolori, gli avevo confessato le mie parole e i miei sogni, lui non mi aveva mai tradita. Ricordavo ancora i momenti passati a giocare con lui, nei giardini di casa mia, ricordavo tutto come se fosse stato ieri, e non riuscivo a capacitarmi del fatto che stessi andando via, che lo stessi lasciando. Ecco perché odiavo gli addii, il dolore che mi provocava  era qualcosa che ti stringeva  il cuore in una morsa dolorosa, te lo strappava dal petto e lo schiacciava ripetutamente. Lo trucidava  lo distruggeva per poi rimetterlo al proprio posto come se nulla fosse mai successo,  ecco cosa provavo io quando descrivevo il mio dolore. Trovavo ridicolo sposarmi così giovane, insomma, avevo appena sedici anni,  avevo una vita davanti, una vita che non avrei mai vissuto a pieno, non avrei mai potuto viaggiare, non sarei mai potuta andare all’infuori che dall’Italia o addirittura non sarei mai potuta andare fuori Firenze. Era come se mi tarpassero le ali, come se mi legassero con mille catene prima di infilare lame arroventate nel mio corpo e nel mio cuore già spezzato.
Era arrivato il momento, era arrivato il momento di dovergli dire addio.  Era lì, seduto sulla panchina,  il bel ragazzo /ormai quasi uomo/ che era diventato,  i soliti abiti neri che si confondevano con i capelli, gli occhi color nocciola che sembravano scavarti dentro l’anima quando si posavano su di te con quello sguardo triste e malinconico, e quel sorriso, quel sorriso che mi faceva passare la tristezza ogni volta che ero giù. Ecco cosa era diventato Girolamo per me, era la mia forza, la mia ancora di salvezza.  Mi avvicinai a lui, mettendogli una mano sulla spalla. Lui si girò, accennando a un sorriso. Aveva capito che dovevo andare, e che quello era il momento di salutarsi, il fratello del mio futuro marito era arrivato e mi stava per portare via con una scorta di cinquanta uomini. Io lo trovavo inutile, chi mai avrebbe potuto attaccarci durante il viaggio per Firenze?
Mi riscossi dai miei pensieri, tornando a guardare Girolamo. Non volevo, non volevo dirgli addio, perché era così dannatamente difficile?
-Girolamo…- cominciai con la voce rotta, abbassando lo sguardo, non riuscivo a trovare le parole adatte in quel momento.
-…Sei sempre stato tutto per me, come un fratello che non ho mai avuto, con te ho riso, pianto, ho condiviso tutto con te. Io non potrò mai dimenticare tutti i bei ricordi che conservo nel mio cuore, ma devo andare, Madonna Tornabuoni non ama aspettare, e il viaggio è lungo.-  Dissi mentre qualche lacrima mi solcava il viso, era tutto troppo triste, troppo brutto per essere vero, speravo ancora che tutto questo fosse un incubo per risvegliarmi nella mia camera da letto, con lui che mi fissava come per dire ‘questa ti sembra l’ora di alzarti?’
Ma ora non era così, lui mi stava abbracciando più forte che poteva, e stava piangendo, lo sentivo, sentivo il suo petto scosso dai singhiozzi, ed era tutta colpa mia, colpa del mio essere quella che dicevano la ragazza perfetta per Lorenzo de’ Medici. Non volevo lasciarlo, non volevo ferirlo in questo modo, lo stavo facendo stare male, e tutto per colpa di uno stramaledettissimo matrimonio con un uomo che non conoscevo nemmeno. Forse era quello che mi spingeva a voler scappare, io non amavo quel Lorenzo, non lo conoscevo nemmeno! Mentre Girolamo, lui era sempre stato con me, c’era sempre stato quando  io avevo bisogno, mentre Lorenzo? Lorenzo non sapeva nulla di me, come io non sapevo nulla di lui. Fu solo allora che sentii  il mio migliore amico sussurrare.
-Mi mancherai Cicì.-
Era un sussurro, appena percettibile, ma che io avevo sentito, il mio soprannome, quello che lui mi aveva dato quando ci eravamo conosciuti perché reputava Clarice un nome troppo complicato. Solo lui mi chiamava in quel modo, ed era meglio così, era la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, non volevo più andarmene, non volevo più nulla, volevo solo rimanere con lui, sentirmi chiamare Cicì per il resto dei miei giorni. Ci staccammo dall’abbraccio e lui mi accompagnò da Giuliano de’ Medici, era un bel giovincello, anche simpatico, ma non sarei riuscita a sopportarlo per tutto il viaggio. Mi strinse un’ultima volta, prima di aiutarmi a salire sul cavallo. Allora questa era la realtà? Stavo veramente lasciando Roma? Volsi un ultimo sguardo alla città, cercando di imprimermi l’immagine nella mente. Volevo urlare, piangere, scappare, ma dovevo tenermi tutto dentro e farmela passare. Dovevo urlare dentro di me quando nessuno mi sentiva ne mai mi avrebbe ascoltato. 
  
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