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Autore: Fanny Lestrange    31/07/2013    5 recensioni
Bye Bye Beautiful, come è stato rivelato da Tuomas ai fan, è dedicata a Tarja. Ma lei, la destinataria di quest'accusa dai toni dolceamari, ha mai provato la curiosità di ascoltarla? E se sì, cos'ha pensato, davvero, nell'udirla, nel sentire i suoi vecchi amici rivolgerle dure parole di rabbia?
Questo è il mio umile tentativo di immaginarlo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tarja Turunen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Bye bye beautiful. Ciao ciao, bellissima. E’ con queste parole che mi hanno apostrofata nella loro ultima hit. Non che io mi tenga aggiornata o nutra il minimo interesse nei confronti delle loro pubblicazioni. Semplicemente, poco tempo fa, mi è capitata fra le mani una rivista finlandese in cui compariva un’intervista a lui, Tuomas. Non ho resistito alla tentazione e l’ho letta, pur consapevole che, con ogni probabilità, la mia arrendevolezza (avevo giurato a me stessa di tagliare i ponti in via definitiva, con loro) mi sarebbe costata cara. Non ho trovato nulla che fosse degno d’interesse, eccetto un’inattesa rivelazione: mi avevano dedicato una canzone. Già, proprio così. Non sapevo cosa pensare. Ero incerta se considerarla una beffa di cattivo gusto o apprezzare il gesto. Ho acceso il pc e digitato quelle tre parole, a cui una sciagurata parte di me già si stava affezionando. E poi l’ho fatto. L’ho ascoltata.
 
Cominciava con un ritmo accattivante, oserei dire ballabile. Quasi subito, una voce femminile attaccava a cantare.
Finalmente le colline sono senza occhi. Sono stanche di dipingere di rosso la faccia di un uomo morto con il loro stesso sangue.
Le colline, certo. Tuomas ha sempre avuto un debole per le personificazioni. Le colline e i loro occhi. D’altronde, ero il volto della band. Dunque io li avrei annientati e costretti a versare il loro stesso sangue.
Erano solite amare l’avere così tanto da perdere. Sbatti le palpebre una sola volta e vedi ogni cosa in rovina.
Ammettono che devono aver tenuto a me, almeno un poco. Anche se ho mandato loro “ogni cosa in rovina”. Ma bravi. Prima d’ora non avevo neanche mai ascoltato la loro nuova cantante. Ne avevo sentito parlare, ma non aveva ancora assunto un volto né tantomeno una voce (dunque, un’identità) per me. Non nutrivo grandi aspettative. Difatti è mediocre. Intonata, ma assolutamente mediocre. Insignificante. Non lascia il segno.
 
In prossimità del ritornello, la melodia si fa più dura e ritmata. E poi irrompe, aggressiva come e più del solito, la voce di Marco.
Hai mai udito ciò che ti ho detto? Hai mai letto ciò che ti ho scritto? Hai mai ascoltato ciò che abbiamo suonato? Ti sei mai curata di ciò che il mondo diceva?
Ormai dovrei avere imparato la lezione. Da loro posso aspettarmi di tutto. Eppure, ancora riescono a cogliermi alla sprovvista; ero convinta che il fondo l’avessero toccato diversi anni fa, con quella fatidica lettera, ma, a quanto pare, ancora una volta sbagliavo. Sentirmi accusare con rabbia selvaggia da chi per anni avevo considerato un compagno di viaggio, ma soprattutto un amico; vedermi rinfacciate le mie scelte, taciute allora, e improvvisamente additate come atti d’egoismo e d’indifferenza; venire incolpata di essere stata sorda a ogni loro richiamo, di non aver mai preso in considerazione altro se non i miei interessi personali, di non aver mai, in sostanza, fatto davvero parte di quella band. Ad udire tutto questo in una canzone di pubblico dominio, no, non ero preparata. Il significato che essa cela e il suo reale destinatario sono stati svelati, da parte loro, come un’indiscrezione, sulla quale a lungo si era vociferato; ma, a parer mio, sono chiari come il sole. Tuomas ha già dato prova di non nutrire alcun rispetto per le questioni private, che anzi ama divulgare ai quattro venti. In fondo, da una lettera aperta a una canzone il passo è breve.
Sono sicura che avrebbe voluto essere lui ad urlarmi in faccia quelle cose, ma Marco era certamente il più adatto e il meno sospetto.
 
Siamo arrivati così lontano solo per sentire il tuo odio?
E’ il vostro odio che mi sta lacerando.
Abbiamo suonato solo per diventare pedine nel gioco?
Sono io a sentirmi una pedina, la vittima del vostro crudele scherzo.
Come puoi essere così cieca, non vedi? Hai scelto la strada lunga ma noi aspetteremo.
Aspetterete? Che cosa aspetterete, Marco? Le mie scuse? Aspetterete che torni da voi in ginocchio, magari chiedendo perdono per una colpa che non ho commesso? O forse... Ma no, la lettera era chiara, così come tutto il resto. Gli ambigui testi di Tuomas, però, hanno sempre avuto la capacità di gettarmi nella confusione più totale, facendomi sorgere mille dubbi e costringendomi a mettere in discussione e rivedere, a volte, i miei punti fermi. Pongono domande, non svelano verità. Ma questa volta è diverso. Questa volta non posso permettermi di osare credere che dietro quel “noi aspetteremo” si nasconda dell’altro. Ogni possibilità di riconciliazione fra noi sembra esserci stata preclusa, tantomeno sul piano lavorativo. E poi... Given the chance, would I return? La risposta è senza dubbio no. Ciao ciao, bellissima.
 
Il fantasma di Giacobbe per la ragazza in bianco.
Eccola che ricomincia. Ma chi ti credi di essere? Anette, è così che ti chiami, giusto? Sei consapevole di quello che canti? In apparenza, forse. Ma scommetto che ti sfugge il senso più profondo della maggior parte dei testi di Tuomas, se addirittura non ti risultano incomprensibili. Naturale, non lo conosci così bene. Non l’hai visto crescere e, per quanto lui possa invece fartelo credere, non lo capirai mai davvero.
La benda per il cieco.
Inutile, è così che mi reputi?
Fratelli morti che camminano su una terra morente.
La morte è onnipresente nelle tue metafore, hai notato? Da assai prima che io ne diventassi la causa.
Cappio intorno ad un collo agonizzante.
Io ero il tuo cappio, vero, Tuomas? La morsa che opprimeva la tua libertà di espressione. Caro il mio compositore con aspirazioni da Poeta. Sostieni che io mi vergognassi di voi, perché compromettevate la mia carriera solista. O forse eri tu a vergognarti di me perché ero così terribilmente umana, incapace di elevarmi alle vette di Innocenza e Purezza verso cui tu tendevi, pur consapevole di non poterle raggiungere?
L’eternità fatta a pezzi.
Già, dimenticavo che ambite all’immortalità. Che la mia cacciata rappresenta solo la fine di un’era.
Suonano ora lentamente i rintocchi funebri.
Canta, bellezza, canta quel che ti pare, ho già sentito abbastanza.
Marco grida che ha bisogno di morire per sentirsi vivo. Be’, spero con tutto il cuore che la mia “morte” sia servita a qualcosa e che la vostra nuova vita vi soddisfi.
Dio, quanto dev’essere liberatorio potermi sfottere impunemente davanti al microfono con il pretesto di una canzone. E poi tutti d’accordo, evidentemente. Non uno che abbia avuto il coraggio di alzare un dito perché il mio ricordo non fosse sfregiato. Li hai plagiati egregiamente, Tuomas, devo riconoscerlo. Tutti allo stesso modo desiderosi di sfogare la propria ira contro di me pubblicamente. Ma attenzione, a tempo di musica. Irreprensibile. Umiliazione camuffata da arte. Complimenti, Poeta. Presto i vostri fan (quelli che ancora vi sono rimasti, s’intende) intoneranno queste offese con la stessa rabbia ai concerti, dimenandosi, scuotendo i capelli e strabuzzando gli occhi, e, perdonami, saranno ridicoli. Preferisco mille volte essere la destinataria che non la fautrice, per cieca imitazione, di tali scherni.
Mi domando se tanto odio sia sincero. Se un simile sfogo sia spontaneo o pianificato, interpretato. Progettato a sangue freddo. In entrambi i casi, non me ne capacito. So che Marco possiede la straordinaria capacità di sprigionare la rabbia con discreta efficacia, al momento di cantare. Mi sono sempre chiesta se sia tutta finzione, o se invece si serva del rancore accumulato in altre occasioni e riesca ad incanalarlo magistralmente nella sola voce. Sono più propensa a credere che si tratti della seconda ipotesi. Tutta quell’energia avrà pure una fonte d’origine. Ma lui, lui solo, non sarebbe mai stato capace di farmi questo. Tutti hanno agito sotto ispirazione, direzione e ordine di Tuomas. La mente e l’anima del gruppo. Gli altri hanno dovuto sottostare, alla fine. Possibile, però, che, sepolta nel profondo delle loro coscienze, anche solo per un fugace istante, non sia apparsa l’ombra del rimorso?
 
Non è l’albero che abbandona il fiore, ma il fiore che abbandona l’albero.
Un fiore. Un fiore che, per quanto odiato, rimane pur sempre un fiore. Una miracolo della natura.
Un giorno imparerò ad amare queste cicatrici, ancora fresche della lama rossa e rovente delle tue parole.
Un giorno anch’io imparerò ad amare le cicatrici inferte da queste parole. Anzi, forse ho già cominciato.
Come puoi essere così cieca, non vedi?
Un sussurro. Non riesco nemmeno a capire da chi dei due provenga. Se ne vergognano? Più verosimilmente, l’intento è derisorio. Come quando, alle prese con un bambino testardo e capriccioso, constatato che con le urla non si ottiene nulla, gli si sussurrano piano e con dolcezza le stesse parole, sperando, questa volta, di piegarlo.
Come puoi essere così cieca, non vedi che il giocatore d’azzardo ha perso tutto quello che non aveva?
Mi dispiace, Tuomas, ma la mia carriera solista non è stata un azzardo; certamente non più della vostra decisione di continuare senza di me.
Tutto quello che non aveva. Davvero io non ho mai fatto parte di voi, del gruppo, di quell’insostituibile alchimia di musica, poesia e sogni condivisi a cui ci piaceva dare il nome di Nightwish? E allora perché mi sento mancare il fiato e un groppo mi serra la gola nell’udire, per l’ultima volta, quel famigerato ritornello? Perché non posso fare a meno di credere che anche per voi sia lo stesso? E perché, soprattutto, non voglio cedere alla tentazione che mi sprona a guardarvi come mostri, bensì all’ingenua illusione di aver trovato un unico, impagabile briciolo di affetto mascherato da beffardo congedo?
Bye bye beautiful. Addio, bellissima.
 
 
 
 
Note:
Salve a tutti! Premetto che questo è stato un esperimento un po’ azzardato, perché non mi ritenevo proprio il tipo da scrivere fanfiction su persone realmente esistenti... Considerata però la mia smodata e ossessiva passione per i Nightwish, e considerato il fatto che ogni volta che mi capitava di ascoltare Bye Bye Beautiful non potevo fare a meno di chiedermi cosa avesse pensato Tarja nell’udirla, è stato inevitabile.
Ci tengo a dire che, scorazzando per il fandom, ho visto che qualcun altro ha avuto la mia stessa idea, ma mi sono premurata di non leggere quella storia (essendo la mia, all’epoca, ancora una bozza), per evitare di farmi influenzare.
Voglio anche specificare che ho cercato di immedesimarmi il più possibile in lei, e di non lasciar trasparire il mio punto di vista sulla faccenda, che è piuttosto imparziale; non ritengo di saperne abbastanza per poter giudicare, e nemmeno sono completamente a favore di Tarja o di Anette (entrambe le loro voci, pur così diverse, sono state capaci di darmi i brividi, dunque mi professo fan dei Nightwish, punto). Anche se, lo ammetto, l’interpretazione di certe strofe è personale, e non è detto che Tuomas/Tarja/il resto del mondo le intendano allo stesso modo.
Dopodiché, saluto e ringrazio chi è arrivato fin qui. ^^
Un bacio,
Fanny
 
  
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