Da quando i Terran erano ripartiti,
nell’impero sembrava
essere tornato tutto alla normalità. Non vi erano stati
altri particolari
problemi, a parte qualche ribelle ritenuto di poco conto.
Solo lui, il giovane conte di Menphis, riusciva a notare quel profondo
cambiamento avvenuto in quell’ambiente in cui si trovava,
quella mancanza e
quel vuoto che erano venuti a crearsi dopo la morte del suo amico. Radu.
Gli mancava, sentiva un gran bisogno di ascoltare la sua voce, vederlo,
sfiorare quella candida belle tipica delle creature della notte. Il suo
Tovarishch, colui che considerava al pari di un fratello, gli aveva
lasciato un
grande senso di vuoto che probabilmente non sarebbe mai riuscito a
riempire.
Cosa avrebbe dovuto fare? Spesso si era trovato a piangere, a
desiderare di
poterlo raggiungere nel posto dove l’amico si trovava e di
non trovare più
indietro. Ma lui non era un codardo, Ion non poteva permettersi di
fuggire.
Sospirando, il Mathuselah biondo, si sedette su un muretto per
osservare il
mare che rifletteva il cielo ormai scuro e coperto da nuvole
minacciose, di
certo da un momento all’altro sarebbe scoppiato un temporale.
Nel giro di qualche ora sarebbe dovuto tornare alla villa, sua nonna
aveva
espresso il desiderio di assistere ai suoi allenamenti e, come ad ogni
sua
richiesta, non aveva saputo rifiutare.
Di certo Radu si sarebbe messo a ridere nel vederlo in quella
situazione, lui,
Ion Fortuna, che ancora non sapeva contrastare la nonna, e aveva la
vaga
sensazione che mai ci sarebbe riuscito.
Non era altro che uno sciocco. Uno stupido vampiro che si perdeva
continuamente
in pensieri inutili e malinconici. Ma cosa poteva farci? Il suo
Tovarishch, un
tempo la persona con cui passava la maggior parte del suo tempo, era
morto e
ora si trovava a dover sopportare le conseguenze provocate dalla sua
mancanza.
Seth… No,
l’Augusta
Imperatrice, gli aveva rivolto qualche parola per aiutarlo a superare
quell’importante
perdita, ma nessuno poteva capire quello che era venuto a crearsi
all’interno
di quel vampiro che ancora sembrava un ragazzino.
Ion Fortuna era maturato. Quegli avvenimenti l’avevano
costretto a lasciare
dietro di sé quell’atteggiamento viziato e
infantile tipico della sua persona.
Si era trovavo a desiderare di diventare più forte per una
persona in
particolare e si stava interessando maggiormente alle questioni
dell’impero. Si
era ricreduto riguardo ai Terran, non aveva più pregiudizi
nei loro confronti e
forse, ma solo forse, anche riguardo al Vaticano, aveva imparato a non
generalizzare.
“Radu…”, mormorò socchiudendo
gli occhi e immaginandosi la figura dell’amico.
Spesso gli era sembrato di vederlo o di percepire la sua voce, era
arrivato a
credere di essere diventato pazzo, ma in qualche modo era convinto della vicinanza
dell’amico. Che lo stesse
osservando? O era rimasto per proteggerlo? Probabilmente proprio in
quel
momento si trovava al suo fianco e rideva nel vederlo in quello stato.
Un sorriso comparve sul viso del nobile al solo pensiero di avere
vicino quella
persona tanto importante per lui, in qualche modo la cosa lo rincuorava.
“Mi manchi.”, concluse portandosi una mano sul viso
e trattenendo a stento
delle amare lacrime che minacciavano di rigare quel volto tanto
perfetto quanto
triste. Chiunque avrebbe notato i segni della sofferenza da cui era
afflitto,
persino quel prete scemo.
“Torna in te, Ion.”
Il biondo sbarrò gli occhi e guardandosi in giro
cercò l’amico. La sua voce,
aveva appena sentito la voce di Radu, come poteva essere possibile?
“Radu?”, alzandosi in piedi lo chiamò
nella speranza di ricevere una risposta
da quella voce che tanto gli mancava. Una folle speranza.
Nessuna risposta arrivò alle sue orecchie e Ion, deluso,
tornò a posare gli
occhi azzurri sul mare scuro e agitato, pareva essere in sintonia col
suo
animo.
Pazzo, ormai aveva perso il senno. Doveva stare calmo e cercare di
tornare
anche lui alla normalità per placare quella sofferenza che
lo stava facendo
andare a pezzi.
“Ti prego…”, era in quei momenti che si
rivolgeva a quel Dio di cui Esthel gli
aveva tanto parlato e di cui faticava a capacitarsi,”Fallo
tornare da me, io
non reggo senza di lui…”.
E infine cedette. Piccole e calde lacrime presero a scendere lungo quel
viso e
il conte di Menphis, vergognandosi della propria debolezza, si
accovacciò per
nascondere quell’imbarazzante momento a cui nessuno avrebbe
dovuto assistere.
Prima o poi sarebbe riuscito a superare quel momento tanto difficile,
doveva
solo avere pazienza e cercare di mantenere quanto più
possibile la calma.
Doveva concentrarsi negli allenamenti, gli unici momenti in cui
riusciva a
distogliere la mente dall’amico, e diventare forte per
raggiungere quella
persona a cui aveva fatto la promessa, Esthel.
Ora poteva sfogarsi ma presto avrebbe dovuto recuperare quella maschera
che si
era costruito.
Era uno sciocco che si rifiutava di appoggiarsi ad altre persone e dire
che
erano in molti quelli che si erano offerti di dargli man forte.
Erano in tanti, ma mancava lui. Radu.