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Autore: Doineann Liath    02/08/2013    0 recensioni
A malapena si ricorderà il mio nome, la data del mio compleanno, la mia canzone preferita.
Buttai all’aria quel malato sentimento, volevo parlarle e chiarire quella dannata situazione, ma sapevo benissimo che tutto quello che avrei ottenuto sarebbe stato un altro dei suoi soliti medi alzati.
Al diavolo tutto, alzai la musica fino al massimo finché non mi rimbombò la testa. Guardai fuori dal finestrino il paesaggio innevato, chiaro, sereno o malinconico, dipende dagli occhi di chi lo guarda.
Genere: Drammatico, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Altra giornata no. Gli sguardi che mi lanciava erano sempre più freddi; quel menefreghismo stava cominciando a farmi paura, questa volta per davvero. Parlava, rideva e scherzava con chiunque le passasse davanti, giusto per il gusto di farmi morire di rabbia e rancore.
A malapena si ricorderà il mio nome, la data del mio compleanno, la mia canzone preferita. Buttai all’aria quel malato sentimento, volevo parlarle e chiarire quella dannata situazione, ma sapevo benissimo che tutto quello che avrei ottenuto sarebbe stato un altro dei suoi soliti medi alzati.
Al diavolo tutto, alzai la musica fino al massimo finché non mi rimbombò la testa. Guardai fuori dal finestrino il paesaggio innevato, chiaro, sereno o malinconico, dipende dagli occhi di chi lo guarda. Prima che me ne potessi accorgere, la mia fermata fu saltata.
“Dannato autista...” dovetti scendere con lei. Fortunatamente le strade che dovevamo prendere ogni santo giorno erano opposte, e mentre attraversammo la strada i nostri sguardi si incrociarono. Caddi nell’abisso sei suoi occhi, affogavo. Un suo sguardo provocatorio mi riportò alla dura realtà, in superficie, e tutto ciò che mi uscì dalla bocca fu un secco “Ciao.”, uno di quelli che se ci si scavava dentro si poteva trovare  un “Perdonami per tutto quello che ho detto. Ti prego, parlami, abbracciami, perdonami.”.
“Ciao.” ed imboccò la strada.
Feci una smorfia aggrottando le sopracciglia, facendo un respiro profondo per bloccare le parole che mi si incastrarono in gola, mi avviai verso casa. Camminai sulla neve per non scivolare sul ghiaccio che copriva le strade. La sofficità della neve sotto le scarpe mi piaceva, così morbida, così chiara… Arrivata a casa non c’era nessuno ad aspettarmi, a parte Spillo che raspava alla porta euforico di vedermi.
Mi corse incontro facendomi mille feste, scodinzolando con la lingua di fuori con la sua solita buffa espressione. “Almeno tu sei felice di vedermi… E’ una buona cosa” gli sussurrai sperando invano che mi capisse. Poi, un lampo di idea. Corsi in camera e presi chitarra, plettri, accordatore, penna e degli spartiti vuoti.
Uscii correndo con la chitarra in spalla, alla ricerca di quel paesaggio. Mi precipitai verso la prima panchina, rivolta al monte.
Era come spolverato di zucchero, non so perché ma mi ricordava un pandoro. Ho sempre adorato il pandoro, e poi eravamo nel periodo natalizio, quindi era perfetto!
Risi e con la penna scrissi “zucchero” e “pandoro” sul foglio. L’inchiostro della penna stilografica nera danzava dolcemente sulla carta color del caffè. Risi ancora di più. Quelle parole erano stupide, non mi sarebbero mai servite per la mia musica, ma continuai.
Do maggiore, La maggiore.
Poi guardai le strade, le macchine che circolavano con tranquillità. Pensai che i visi degli autisti dovessero essere felici, “sorrisi” e “armonia”.
Re maggiore, Si maggiore.
Gli accordi c’erano tutti e bastavano, mi mancava solamente la ritmica.
Mi morsi il labbro cercando con lo sguardo ispirazione. Le torri, erano 3, sempre innevate.
Mancava il testo completo..
Stoppai seccamente le corde che stavano intanto vibrando e guardai per terra le mie impronte sulla neve.
Lessi in giro che quando piangiamo dall’occhio sinistro è per felicità, mentre dal destro per dolore..
Ma che diavolo è quando piangi da entrambi? Gioia di soffrire? O semplicemente perché il dolore o la felicità sono raddoppiati?
E così accadde, cominciai a piangere, scervellandomi di capire per quale stupida ragione.
Singhiozzai cercando di trattenermi e di respirare tra il gelo. Il nodo alla gola era dolorosissimo.
Mi si condensava il fiato in una nube di disperazione che poi finisce con il dileguarsi nella nebbia. Quel paesaggio  non mi ricordava affatto sorrisi, armonie e stupidi pandori. Erano tutte menzogne, mentivo a me stessa per non farmi vedere debole, ma non potevo nascondermi da quello che sono veramente. Sono debole.
“Stupida.. Cretina.. Ignorante!” urlai e strappai gli spartiti con quelle dannate parole e gli accordi in maggiore.
La neve era la sua pelle, il monte i suoi occhi.
Si minore, Mi minore.
“Rimpianto”, “rimorso”, “abisso”.
Era bianco, tutto troppo bianco. Il bianco è vuoto, inutilità, assenza.
“Vuota”, “inutile”.
La minore, Do minore.
Alcune parole le scartai, ma solamente perché non avevo un dizionario sotto mano. Odio scrivere testi in italiano. Scrissi così:

“I fell so empty inside,
since you’ve gone.
I smile. Smile. And smile again,
when my heart is bleeding, screaming,
crying, dying.
When I’m lying to everyone”.


Improvvisai la melodia vocale mentre strimpellavo gli accordi con qualche arpeggio in mezzo, ma non sono mai stata brava a cantare. Ci voleva la sua voce. Era sempre stata perfetta e soffice, come la neve.

“I wanna hear your voice again,
forgive every sadness and emptiness”.


Cominciò a nevicare, la neve cadde sui miei capelli e sulle mie spalle. Niente poteva fermarmi, amavo quella sensazione, finalmente mi stavo sfogando in un modo umano.

“What have I done without you?
Tell me why the snow is before me
when the only thing that I wanna see is You”.


Si stave facendo pure buio.. il freddo era sempre più tagliente. Mi congelava le dita e le labbra. Avrei continuato a costo di ammalarmi.

“I can’t undress your heart
because I’m not a God.
But I can see into your eyes
and understand everything I wanna know”.


Starnutii.

“I will always be with you,
because you’ve changed my life in a better way”.
  
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