La cella era stretta e di
pianta longitudinale, con il soffitto basso che dava l'impressione di
soffocare. Le pareti erano ruvide e fredde; la luce lunare penetrava fievole
dalla sottile apertura sul muro, in alto, sbarrata con grate nere che
ostruivano la vista. Oltre la porticina di ferro non si udiva alcun rumore.
Probabilmente le guardie non stavano vigilando data l'ora tarda.
I suoi occhi neri discernevano distintamente ogni particolare di
quella piccola prigione, come le piastrine diroccate del pavimento o lo stucco
spaccato che penzolava dalle pareti, tanto le sue pupille erano abituate
all'oscurità in cui viveva immerso da tre mesi.
D'un tratto un lamento acuto fendé violento l'aria. Fuori, nel
corridoio, la porta di una delle numerose celle cigolò angusta. Seguì
un'intimazione furiosa e una voce gridò con disprezzo: - Sbrigati, puttana - .
Un colpo secco, un urlo di dolore e sonori singulti.
Dopodiché il silenziò tornò a regnare lugubre sopra le cellette
che si susseguivano l'una affianco all'altra. Ognuna di essa conteneva un
prigioniero di guerra.
I passi della guardia si allontanarono, fino a sparire dal
corridoio.
Shikamaru tese le orecchie e rimase in ascolto.
Quel pianto lo conosceva bene. Troppe volte l'aveva ascoltato
durante gli allenamenti.
Da quando erano venuti a prelevarla dalla sua prigione, si
domandava che cosa le avrebbero fatto o semplicemente se fosse tornata.
- Ehi, Ino - chiamò Shikamaru, la voce profonda.
Le pareti che dividevano le celle erano sottili, consentendo ai
prigionieri di parlare tra loro, a notte fonda. Si davano man forte a vicenda,
confortandosi l'un l'altro con vane parole di incoraggiamento e di speranza,
che dopo tre mesi sembravano morire metri sottoterra, dove probabilmente
sarebbero finiti i loro cadaveri sgozzati da un kunai.
La ragazza, qualche cella più giù, scoppiò in un pianto straziante.
- Che ti hanno fatto? - domandò mesto Kiba, che si trovava nella prigione
accanto a quella di Ino.
La risposta fu un singhiozzo più atroce degli altri. Ino cadde in
ginocchio, sbattendo i piccoli pugni contro la parete umida. - Voglio morire
... voglio morire ... Ti prego Dio, fammi morire - .
Ino aveva cominciato a strillare come un'invasata, toccandosi lo
zigomo frantumato.
Quella dannata guardia l'aveva colpita in pieno viso per farla
rientrare in cella.
Le sue grida isteriche provocarono un senso di angustia e
sconforto nei suoi amici altrettanto prigionieri.
- Non dire così, ti prego - la supplicò Kiba, gli occhi lucidi. -
Vedrai che prima o poi ci tireranno fuori di qui - disse, ma sembrava che
cercasse di convincere più se stesso che la bionda.
Ino poggiò la fronte sudata contro la parete ruvida.
I singhiozzi le schiantavano il petto.
- Mi hanno picchiata. Ho uno zigomo fracassato - rivelò in un
debole sussurro. "E mi hanno stuprata" .
Ma si vergognava a confidarlo e decise che quello sarebbe stato
uno di quegli oscuri segreti che si portavano con sé nella tomba, perché si
temeva di confessarli agli amici e forse anche a se stessi.
- Non disperarti. Magari adesso sei diventata più carina – la
stuzzicò Temari, in tono di materna canzonatura.
Ino sbottò in una debole risata e smise di piangere, accasciandosi
inerte sul pavimento. Serrò le gambe umidicce l'una contro l'altra e adagiò la
testa sulle braccia ossute. Era dimagrita in maniera spaventosa in quei mesi di
prigionia.
- Sei sempre la solita antipatica - rimbeccò con artificioso tono acido.
- Ti hanno picchiata per farti parlare, vero? - le chiese Kiba,
portandosi istintivamente le mani alla cicatrice che correva sul suo
avambraccio.
- Sì, ma io non ho detto niente - rispose lei, con il sangue che
rifluiva sulla guancia tumefatta.
- Neanche io ho detto niente - sospirò Kiba. - Nemmeno Nara. Gli
hanno chiesto di Naruto e Gaara, ma lui non ha parlato. E' stato un eroe! -
esclamò, provocando una risata generale.
- Ma quale eroe! E' che alla fine ero talmente rincoglionito che
non mi ricordavo nemmeno il mio nome - replicò Shikamaru, poggiando la schiena
contro la parete che trasudava umidità.
- Gli ha detto bene a quei due bastardi! Si sono salvati il culo!
- ridacchiò Kiba.
Temari sbottò a ridere di gusto.
- Sapete, era da tanto tempo che non ridevo di cuore. Quasi
dimenticavo come si fa' - disse Temari, la voce squillante.
La sua era l'unica voce rimasta viva nonostante tre mesi di
torture, e donava a tutti loro conforto e speranza. Le sue battute stuzzicanti
erano sempre sulla punta della lingua, pronte a fuoriuscire ironiche e
canzonatorie.
- A me invece manca farmi bella, gli appuntamenti con Sai
... insomma, mi manca essere una semplice ragazza - confidò Ino,
gli
occhi smorti.
Temari raccolse le gambe al petto, cingendosi le ginocchia con le
braccia.
Dall'altra parte percepiva il calore del suo corpo.
- A me manca solo il mio ventaglio. I ragazzi non mi sono mai
interessati - disse, asciutta.
- Ehi, seccatura - la chiamò Shikamaru.
Temari sussultò appena.
La cella di lui era quella subito dopo la sua.
- Prima dello scoppio della guerra, hanno aperto un chiosco di
ramen vicino a casa mia. Quando usciamo di qui ti ci porto - disse annoiato
Shikamaru, giocherellando con un detrito di mattonella.
Temari emise una risata canzonatoria.
- Primo: non uscirei mai con uno come te. Secondo: non usciremo mai di qui - .
- Vedrai che ci libereranno. L'Hokage, Naruto e gli altri non ci
lasceranno marcire qui dentro - obiettò Shikamaru, fiducioso.
- Ci uccideranno, Shika. E' solo questione di tempo. Quando
capiranno che non abbiamo intenzione di cedere alle torture, ci elimineranno
per far sparire le nostre tracce - replicò Temari, in un pesante sospiro di
risolutezza.
- Ci esci con me, seccatura? - domandò nuovamente Shikamaru, un
ghigno sul viso livido. Si voltò a guardare il muro come se potesse vedervi
attraverso e assaporare l'immagine di lei.
- No, Nara - replicò Temari, sorridendo soddisfatta.
Kiba scoppiò a ridere. - Ti ha dato due di picche! - .
- Quando usciremo di qui, cambierà idea. La realtà è che non
resiste al mio fascino - esordì Shikamaru, sorridendo sornione.
- Ma sta' zitto! Scommetto che sei diventato un rammollito in
questi tre mesi - rimbeccò Temari, digrignando i denti.
- Che ne dite di fare un po' di esercizio fisico? - propose Kiba.
In qualche modo non dovevano trascurarsi, perché nel momento in
cui non avrebbero più reagito, si sarebbero arresi. E arrendersi e abbandonarsi
a se stessi in quelle condizioni bestiali in cui li facevano vivere equivaleva
a decidere di morire.
- No - tuonarono all'unisono Shikamaru e le due ragazze.
- Dai, forza! Siamo jonin. Se ci rammolliamo troppo, quando
usciremo di qui perfino i genin del villaggio riusciranno a batterci - li
spronò Kiba.
- No, non mi va - ribadì annoiato Shikamaru.
- Sei diventato ancora più pigro di prima, Nara - lo beffò il
ragazzo dai capelli castani.
- A proposito, ti manca guardare le tue adorate nuvole? - domandò
Temari, sorridendo.
Alzò lo sguardo su quella piccola fessura sbarrata che si apriva sul muro.
E quella secondo loro era una finestra? Non si vedeva un accidente!
- Sì - rispose Shikamaru, in tono piatto. - Ma mi manca di più
guardare te, seccatura - .
A questa frase seguirono le risatine furbe da parte di Kiba.
- Non mi ricordo il tuo viso, Tem - le sussurrò Shikamaru.
Erano tre mesi che non la vedeva, nonostante fosse nella prigione
affianco alla sua.
- Ce li hai ancora quei quattro buffi codini? - .
- Diciamo di sì ... fanno pena ... sono flosci - ridacchiò Temari,
arrossendo leggermente.
All'improvviso una chiave girò nella toppa e una guardia comparve
sulla soglia della cella di Shikamaru.
Il ragazzo sobbalzò, indietreggiando furtivo sul fondo della prigione.
Un silenzio irreale piombò sugli altri ragazzi, in attesa che quello parlasse. Temari, Kiba e Ino drizzarono le orecchie.
- Shikamaru Nara, sei libero. Un accordo con l'Hokage - si limitò
a dire l'uomo.
Temari trasalì.
Shikamaru lo fissò smarrito. Non aveva ancora elaborato cosa fosse
successo.
- Fottuto bastardo! Ti rilasciano! - gioì Kiba, piangendo di
felicità.
- No, io non me ne vado senza di voi - ribatté Shikamaru,
inflessibile.
- Non dire stupidaggini, Nara. Sei libero - disse Temari,
cercando di nascondere il tremore della voce.
Non voleva rimanere sola in quel posto, senza di lui. Se aveva
resistito a tre mesi di infernali torture era stato solo grazie alla sua
presenza, ai suoi confortanti sussurri durante la notte, alle sue dolci parole
che le permettevano di dormire, nonostante la prigionia. Tuttavia amare
significava privarsi. E Temari per il suo bene era pronta a farlo.
- No, io non me ne vado. Io non vi lascio - sbottò Shikamaru,
caparbio.
- Sei sordo? Vai! - incalzò la guardia, acchiappandolo per il
colletto della maglia e trascinandolo fuori a forza di strattoni.
Al ninja nemico non era costata alcuna fatica sollevarlo da terra
e sbatterlo fuori.
Shikamaru era talmente debole che non si reggeva in piedi. Non a caso i ninja di cui erano caduti prigionieri gli rifilavano per pasto un liquido marroncino che avevano il coraggio di chiamare minestra.
- Ehi Nara, saluta gli altri da parte mia - gridò Kiba, sbattendo
i pugni contro la porta fredda. Le lacrime cominciarono a sgorgare copiose dai
suoi occhi. Almeno Shikamaru si sarebbe salvato.
- Shika, saluta i miei genitori e, per favore, digli che sto bene
- singhiozzò Ino, drizzandosi col busto.
La lunga coda bionda, un tempo splendente, ricadeva intrisa di sangue sul pavimento. Le gambe ammirate dai ragazzi di Konoha erano rovinate da cicatrici, e la bella e candida pelle bianca butterata da escoriazioni su tutto il corpo.
La guardia spintonò il ragazzo lungo il corridoio. Shikamaru
s'impuntò con i piedi per fermarlo. Quello lo guardò, lanciandogli un'occhiata
bieca. Shikamaru indicò una cella con un brusco movimento del capo.
- Posso vederla? Solo cinque minuti - .
I suoi occhi verdi ... avrebbe desiderato vederli solo un'altra
volta.
La guardia si guardò intorno, nervosa. - Solo cinque minuti -
decretò infine, infilando una chiave nella serratura della porticina. Essa si
aprì con uno stridio acuto.
Shikamaru entrò titubante, procedendo lentamente verso di lei.
L'aria era ammorbata dal sudore della giovane e dall'odore putrido
del sangue.
Lei era irriconoscibile, ma per lui rimaneva sempre la sua
bellissima seccatura.
Temari se ne stava rannicchiata in un angolo in penombra. Le gambe
nude erano annerite dalla caligine; i capelli una volta dorati erano sudici, e
le vesti lacere e luride. Il suo corpo non era più ben tornito come qualche
mese fa, prima che la catturassero. Il suo viso era smunto e livido, le gambe
ridotte a pelle e ossa. I grandi occhi verdi un tempo ridenti, erano ora
offuscati dal dolore della guerra.
Shikamaru s'inginocchiò davanti a lei, alzandole il mento con una
mano.
Temari stava piangendo.
Le scansò con un gesto delicato i fili di frangia dorata per
guardarla dritta negli occhi.
- Vattene, Shikamaru. Sei libero - incalzò lei, cercando
disperatamente di tener ferma la voce e di apparire contenta.
Lui restò in silenzio a contemplarla per catturare ogni
particolare del suo bel volto, ogni curva, ogni difetto.
- Sono brutta, vero? - fece Temari, accortasi che il ragazzo la
stava fissando.
- Per me sei sempre bellissima, Tem - .
- Non sono più una donna - disse lei, con durezza.
- Ehi seccatura, allora ci esci con me a mangiare il ramen? -
domandò Shikamaru, sorridendo.
A Temari sfuggì una risata.
- No, Shika. Non posso - rispose, tornando seria.
- Perché no? Non ti piace il ramen? - fece Shikamaru, in tono
ironico.
Temari levò lo sguardo su di lui. Il suo viso fu attraversato da
un'ombra funerea.
- Quando sono arrivata qui mi hanno violentata, Shikamaru. Sono
sporca. Non ho niente da offrirti - gli disse, guardandolo intensamente negli
occhi neri, rosa dalla sua umiliazione.
- Non m'importa - protestò sicuro lui. - Anzi, quando esci di qui ti
sposo direttamente - .
La giovane scosse il capo, mordendosi un labbro.
- Promettimi una cosa, Shika. Promettimi che quando sarai fuori di
qui ti rifarai una vita, che sposerai una donna né bella né brutta, che avrai
dei figli, che ti costruirai una famiglia ... Vivi anche per me, Shika -
sussurrò Temari, fra i singhiozzi. - Io muoio serena, perché me ne vado con la
consapevolezza di aver servito la patria, che tu sei libero e vivrai, e ... - .
La voce le si spezzò.
Shikamaru la guardò.
C'erano troppe cose da dire, ma non ne avevano tempo.
E pensare a tutte le occasioni che per orgoglio o vergogna aveva
sprecato per rivelarle che l'amava.
Shikamaru poggiò le labbra su quelle di lei. Erano umide a causa
delle lacrime, così come le sue guance.
Un bacio lungo un'eternità, una passione rattenuta che doveva essere consumata in fretta. Temari godette ogni immenso attimo passato stretta fra le sue braccia e Shikamaru cercava di trasmetterle tutto l'amore che aveva represso in fondo al suo cuore.
- Ehi, tu! Una mossa! - gli intimò la guardia, picchiettando una
mano sulla porta.
Shikamaru e Temari allontanarono i loro visi, ponendo fine alla
struggente dolcezza di quel primo ed ultimo bacio.
Temari protese una mano scheletrita, tanto che si vedevano la vene
bluastre sotto la pelle, e gli accarezzò con il fianco una guancia. Lui la
strinse a sé.
- Ti chiedo solo una cosa - singhiozzò Temari, premendo la bocca
sulla sua spalla - Ricordati di me, cry baby. Ricordati di me - .
Shikamaru le poggiò una mano sulla testa bionda, in segno
d'affetto. - Come potrei dimenticarmi della mia seccatura preferita? - .
- Quando le persone se ne vanno, si dimenticano - mormorò Temari.
- Rilasceranno anche te, Kiba e Ino. Vedrai - .
Temari scosse la testa, risoluta e rassegnata.
- A noi ci uccideranno, Shika. Hanno accettato l'accordo con l'Hokage e ti liberano, quindi saranno costretti a cambiare rifugio e lo sai che fine fanno i prigionieri in questi casi ... - .
- Tornerò a prenderti, Tem. Fosse l'ultima cosa che faccio - le
sussurrò all'orecchio Shikamaru, determinato.
Quest'ultima frase aveva lasciato Temari completamente spiazzata.
Non si sarebbe mai aspettata un'affermazione del genere dal più pigro ninja di
Konoha.
Si sciolsero forzatamente dal loro abbraccio.
Era l'ora di separarsi. Questa volta per sempre.
Shikamaru la guardò un'ultima volta in quegli occhi verdi e
sinceri.
Lei sorrise con dolcezza per rassicurarlo.
La guardia chiuse la porta con un tonfo sordo, sottraendo la
deliziosa visione di Temari dai suoi occhi.
Fu a quel punto che Shikamaru iniziò a piangere, conficcandosi le
unghie nella carne delicata dei palmi delle mani.
- Non frignare, cry baby. Mi hai capita? Non frignare - lo
rimproverava gridando Temari, da dietro la porta, con la voce incrinata a causa
del pianto.
Shikamaru venne condotto fuori dall'area delle celle, e mentre si
allontanava contro la sua volontà sentiva le voci forti di Kiba e Ino che
invocano supplichevoli il suo nome, e lei che continuava a gridare fino
a sgolarsi: "Ricordati di me, cry baby" .
Shikamaru si voltò indietro: - Rilasceranno anche voi ... Vedrete
che vi libereranno ... - urlò in risposta.
La guardia lo strattonò, facendogli rigirare la testa.
Non l'avrebbe mai dimenticata.
Non avrebbe mai dimenticato quei grandi occhi verdi, quel sorrisetto soddisfatto, quei quattro buffi codini che spuntavano davanti alle porte del villaggio, all'alba, quando lui andava ad accoglierla sbadigliando che era una seccatura. Non avrebbe mai dimenticato il loro continuo provocarsi. Quello gli sarebbe mancato più di qualunque altra cosa.
Avrebbe custodito per sempre l'immagine della sua bellissima
seccatura nel cuore.
Probabilmente le guardie non stavano vigilando data l'ora tarda.
I singhiozzi le schiantavano il petto.
- Sei sempre la solita antipatica - rimbeccò con artificioso tono acido.
Dall'altra parte percepiva il calore del suo corpo.
La cella di lui era quella subito dopo la sua.
- Primo: non uscirei mai con uno come te. Secondo: non usciremo mai di qui - .
Alzò lo sguardo su quella piccola fessura sbarrata che si apriva sul muro.
E quella secondo loro era una finestra? Non si vedeva un accidente!
Il ragazzo sobbalzò, indietreggiando furtivo sul fondo della prigione.
Un silenzio irreale piombò sugli altri ragazzi, in attesa che quello parlasse. Temari, Kiba e Ino drizzarono le orecchie.
Shikamaru era talmente debole che non si reggeva in piedi. Non a caso i ninja di cui erano caduti prigionieri gli rifilavano per pasto un liquido marroncino che avevano il coraggio di chiamare minestra.
La lunga coda bionda, un tempo splendente, ricadeva intrisa di sangue sul pavimento. Le gambe ammirate dai ragazzi di Konoha erano rovinate da cicatrici, e la bella e candida pelle bianca butterata da escoriazioni su tutto il corpo.
Un bacio lungo un'eternità, una passione rattenuta che doveva essere consumata in fretta. Temari godette ogni immenso attimo passato stretta fra le sue braccia e Shikamaru cercava di trasmetterle tutto l'amore che aveva represso in fondo al suo cuore.
- A noi ci uccideranno, Shika. Hanno accettato l'accordo con l'Hokage e ti liberano, quindi saranno costretti a cambiare rifugio e lo sai che fine fanno i prigionieri in questi casi ... - .
Non avrebbe mai dimenticato quei grandi occhi verdi, quel sorrisetto soddisfatto, quei quattro buffi codini che spuntavano davanti alle porte del villaggio, all'alba, quando lui andava ad accoglierla sbadigliando che era una seccatura. Non avrebbe mai dimenticato il loro continuo provocarsi. Quello gli sarebbe mancato più di qualunque altra cosa.
"Tornerò a prenderti. Fosse l'ultima cosa che
faccio" .
Non chiedetemi come mi è
uscita fuori questa storia ... Comunque credo che la colpa sia della struggente
ora di chimica, quindi prendetevela con la prof!! Per "Beautiful
Bore" dovrete aspettare un po' , non aggiornerò oggi!! Il quarto chappy è
già pronto ma devo ripulirlo, e dato che la mia ispirazione ha deciso di
andarsi a fare una luuuuunga passeggiata, dovrete aspettare qualche giorno!! Un
bacio, Lily_90