Fanfic su attori > Jennifer Lawrence
Segui la storia  |       
Autore: Chamberlains    03/08/2013    0 recensioni
Jennifer Shrader Lawrence ha appena vinto l'Oscar come migliore attrice, ma la rottura con Nicholas Hoult, la lontananza dalla sua famiglia ed il suo bilocale spoglio ad Hollywood le fanno avvertire un senso di incompletezza nella sua vita. Poi incontra Harry Windsor, all'apparenza un rampollo dal sangue blu che ha sempre avuto una vita da privilegiato. E' davvero così?
E' fallimentare il mio tentativo di creare in una fan fiction spunti di riflessione?
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
03. Blackmail



Ho la gola secca.
Sento il mio corpo come una massa pesante, estranea del tutto a me, come se non mi appartenesse. È come se un camion mi fosse passato sopra, eppure non ricordo di aver fatto qualcosa di speciale ieri, sono solo andata ad una festa ed oltre allo sforzo sovrumano del camminare su un tacco dodici, non credo di aver fatto qualcosa di estenuante. È strano perché mi sento un po’ stordita, non è sicuramente colpa dei tacchi, questo è mal di testa post sbornia. Ecco! Ci ho dato giù con l’alcol, per questo ho i ricordi un po’ sfocati! Spero solo di non aver fatto brutte figure, chissà cosa dirà Aust…
Pazienza, quel che fatto è fatto, adesso mi alzo e cerco di ristabilirmi, magari bevo pure un bicchiere d’acqua. Faccio lo sforzo immane di aprire gli occhi, mi tiro su per inerzia.
Cazzo. Cazzo, questa non è la mia camera. Aspetta, forse è un sogno, mi strizzo gli occhi. No, non lo è.
Dove sono? Comincio a camminare a carponi sul materasso, la testa mi pesa troppo per reggerla semplicemente sulle spalle. Sul comodino a destra c’è un vassoio con cibo sopra, hanno lasciato pure un biglietto:

Buongiorno Mrs. Lawrence!

 
La calligrafia è molto simile a quella della mia maestra delle elementari, quella di matematica. Ricordo che avevo seri problemi a capire cosa scrivesse sulla lavagna, infatti copiavo sempre i compiti da qualcun altro o non li scrivevo proprio. Ok, la scuola non è mai stata il mio forte, non a caso faccio l’attrice, però Mrs Dalloway era proprio un’incapace: scriveva sempre sgorbio e non sapeva tirare una linea retta. Un’insegnante di matematica che non è precisa è come un attore senza espressioni facciali. E’ solo colpa sua se quando pago al supermercato ed ho solo spiccioli la fila dietro di persone dietro di me è sempre interminabile. 
 
Escludendo la possibilità di trovarmi in casa di Mrs Dalloway, comincio a considerare l’opzione di potermi trovare in una camera d’albergo, la colazione sul vassoio ne è una prova. Decido di assaggiare qualcosa, il cappuccino ed il pane tostato hanno un’aria assai invitante.
Mentre constato che il cibo non è avvelenato, mi accorgo di avere addosso una polo bianca. Istintivamente la annuso, profuma di dopobarba da uomo sul colletto, avverto lo stesso una sensazione di disgusto, la tolgo all’istante, l’appallottolo e la lancio in un angolo della stanza. A malincuore mi alzo, cerco disperatamente qualcosa di mio. Trovo il mio vestito rosso per terra, calpestato dal piede di una sedia. Sento le urla di mia madre dentro i timpani, manco avessi di nuovo quindici anni. Sbuca fuori anche una delle decolleté nere, l’altra sembra essere stata risucchiata da un buco nero. Nessuna traccia della mia pochette.
Con fare pudico reggo con la mano il vestito sul petto, dato che non trovo nemmeno il reggiseno, nel frattempo apro cautamente la porta, pregando che non ci sia nessuno in giro. Niente, qui è tutto deserto. Sgattaiolo subito in direzione del bagno, attraversando l’ampio soggiorno, mi rendo conto di trovarmi in una suite di lusso. Chiudo la porta a chiave, lancio un sospiro, finalmente ho un po’ di privacy, adesso nessuno potrà entrare. Noto con piacere che in questo bagno non ci sono finestre, nessun pericolo paparazzi quindi, almeno per ora. So che già possederanno mille scatti di quello che è successo ieri notte e che probabilmente mi aspettano fuori da questo albergo, pronti per qualche domanda.
Io non so nulla, nulla di nulla. Eppure prima avevo addosso una maglietta da uomo, di chi era? Se avevo la sua polo addosso questo significa che… abbiamo scopato.
Lui mi avrà spogliato e poi io, sempre affetta dal mio brio da sbornia, mi sarò messa la sua polo perché avevo freddo in déshabillée, subito dopo sarò crollata sul letto. Tutto sembra verosimile, peccato che non ricordi assolutamente nulla.
Mi infilo sotto la doccia, lascio che l’acqua fredda oltrepassi il mio cranio, fino ad arrivare al mio cervello per riportarmi ad un normale stato mentale. Cerco di rimettere insieme i pezzi della serata appena passata: cena da me, Ruth rompiscatole. Fin qui ci siamo. Mi passa a prendere Austin – Aust cazzo! Chissà cosa starà facendo adesso!- e vado alla festa. Alla festa ci sono solo dei rampolli di Beverly Hills, noiosi e viziati, prendo un cocktail per ammazzare il tempo. Brindisi dell’aperitivo, un bel bicchiere di champagne. Non so come, un tipo rossiccio e dall’accento britannico attacca bottone con me. Non so dire con esattezza chi fosse, so solo che dovevo averlo già visto da qualche parte e questo non mi aiuta, da queste parti non è affatto difficile incontrare qualcuno abbastanza popolare. Ricordo vagamente di averlo baciato però, fuori dal locale. Ci avranno visto, è sicuro.
Indosso l’accappatoio poggiato sul termosifone e le ciabatte da doccia sul pavimento, mi assicuro di essere ben coperta ed esco timorosamente dal bagno. Vengo accolta da un bell’imbusto in camicia bianca, un viso pallido con un nasino non esattamente alla francese:
-          Buongiorno.
Sfodera un sorriso perfetto, bianco smagliante. Lo conosco, ne sono certa.
-          Ha dormito bene, mrs. Lawrence?
L’accento è britannico, londinese puro. È il tipo di ieri sera, è… Henry del Galles.
-          Perché sono qui?
Domanda secca, ignoro la sua cortesia principesca. Ride:
-          Beh, questa è una cosa che un po’ tutti ci chiediamo, sai? Non a caso esistono diverse teorie a riguardo, non che io sia molto informato ma…
Idiota. Non so se odio di più il suo essere nobile o il suo essere inglese, è un nobile inglese, il peggio del peggio.
-          Intendo qui, in questa stanza, con te.
-          Ah, sì…- finge di essere imbarazzato mentre sgranocchia un toast –ecco, si da il caso che io e te ieri ci abbiamo dato dentro.
Mi fa l’occhiolino. Mi sento ribollire di rabbia, reprimo tutto con la lingua fra i denti.
-          In che senso?
-          Nel senso proprio del termine.
Soffoca una risatina, è un disgustoso porco. Odio essere una celebrità, quanto vorrei dargli un calcio dove…
-          Da parte mia posso dire che è stato… stupefacente.
Sì, certo avrai detto così anche a Cherie Cymbalisty o a qualche altra ragazza in divisa. Jenn, frena la rabbia! Conficco gli incisivi nel labbro inferiore.
-          Avevo una pochette con me, ieri sera.
Prenderò la pochette, chiamerò Austin ed insieme affronteremo la situazione.
-          Uh sì, ce l’ho io.
-          Potrei riaverla?
-          Ma certo che no! Non prima che tu abbia cominciato a trattarmi come si deve, miss Lawrence!
Basta così, a furia di mordermi il labbro lo scorticherò tutto. Attraverso il tavolo che ci divide, mi piazzo davanti a lui, cercando di far venir fuori l’espressione più inferocita che si sia mai vista:
-          Sua Altezza Reale, mi rincresce dirle che non ci troviamo nel Regno Unito ma negli Usa, di cui io sono cittadina e come tale lei non può permettersi di privarmi dei miei effetti personali!
La mia rabbia gli scivola addosso, ha già pronto un sorriso beffardo. Mi sfiora le labbra con un polpastrello.
-          Sei stupefacente, lo ripeto e proprio per questo cercherò di tenerti più tempo possibile qui con me.
Ha la pretesa di tenermi fra le sue mani, quasi fossi una bambolina. Devo riuscire a farlo ragionare, ammesso che abbia un cervello.
-          Sir, se non mi farai chiamare il mio agente dal mio cellulare sarò costretta a scendere nella hall, in accappatoio. Questo potrebbe creare dei problemi a me nello stesso modo in cui li creerebbe a te.
-          Una bella ragazza che esce dalla mia camera in accappatoio dovrebbe essere una minaccia per me?
-          Direi piuttosto una bella attrice strapagata di Hollywood in accappatoio  che hai portato a letto la sera prima dopo averla fatta ubriacare di brutto.
-          Ma tu eri già brilla prima che mi presentassi!
-          Già, ma questo lo sappiamo tu ed io.
Sfodero il sorriso più stronzo della storia.
-          Tu avresti intenzione di… - completo la sua frase – Dire ai giornalisti che mi hai fatto sbronzare per portarmi a letto, sì è esatto, Sir.
In realtà non lo farei mai, ne verrebbe meno anche la mia immagine, ma devo pur incastrarlo in qualche modo.
-          Chissà cosa ne penserebbe la regina… - dico per rigirare il coltello nella piaga.
Ha lo sguardo pensoso, anche se dubito abbia qualcosa su cui meditare, idiota com’è.
-          Va bene, mi hai convinto mrs. Lawrence!
Tira fuori da un cassettino la mia pochette, prende il mio cellulare e quando mi accorgo che sta componendo il numero di Austin tento di bloccarlo, ma lui scatta veloce verso la camera da letto, chiudendosi a chiave. Mentre la mia fronte è attaccata alla porta della camera, lo sento parlare, farà portare qui le mie cose e poi Austin verrà a riprendermi accedendo da un’entrata secondaria dell’albergo.
Esce dalla stanza a mani vuote.
-          Il mio cellulare?
-          Sei pericolosa, Lawrence. Chi mi garantisce che tu non esca davvero dall’albergo in accappatoio? Per impedirti di fuggire terrò in ostaggio il tuo amatissimo Blackberry, te lo ridarò nel momento in cui sarai abbigliata a dovere. Ora asciugati i capelli, fra poco arriveranno i tuoi vestiti e tutto ciò che ti serve per apparire degna di una superstite ad una notte col Principe del Galles.
Impartisce ordini come se fossi un soldatino! Vada al diavolo! Andandomi ad asciugare i capelli, sbatto la porta del bagno.
Non appena ritorno nel soggiorno fortunatamente non trovo il principino, solo un borsone ed un foglietto con un messaggio veloce:
 
Cara mrs. Lawrence,
mi dispiace non sai quanto non poterti salutare come meriti, sono però sicuro che ci rivedremo presto. Qui c’è il tuo prezioso smartphone, come promesso. L’agente Thompson ti aspetta nel parcheggio interno.
E’ stata una notte da sogno,
Harry Windsor.
 
Lo butto nel primo cestino che vedo, corro più veloce che posso verso Aust, cercando di sfuggire alle grinfie di Sua Altezza. Mi sento libera non appena chiudo lo sportello dell’auto, ancora di più quando il lussuoso albergo sparisce dalla mia vista. Riaccendo il cellulare che l’idiota reale ha spento senza il mio permesso.
 

Inserire sim.

 
 
 
 
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Jennifer Lawrence / Vai alla pagina dell'autore: Chamberlains