Serie TV > Once Upon a Time
Segui la storia  |       
Autore: Beauty    04/08/2013    15 recensioni
E' il 1912. Sulla nave dei sogni si intrecciano i destini di Emma Swann, Regina Mills, Archie Hopper, Ruby Lucas, Mary Margaret Blanchard, il signor Gold, Belle French, Jefferson e molti altri, mentre il Titanic si avvia verso il suo tragico destino.
Chi sopravviverà?
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Emma Swan, Ruby/Cappuccetto Rosso, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

- C’erano gioielli, vestiti, e un cappello grande così!- Grace allargò le braccia all’inverosimile in modo da dare a suo padre l’idea di quanto fosse grande il cappello in questione.
Jefferson esibì l’ennesimo sorriso forzato, ascoltando le parole della bambina. Ogni frase equivaleva a una pugnalata. Grace gli stava raccontando della sua visita in una cabina di prima classe, dove alloggiava quel bambino che aveva conosciuto sul ponte. La bambina parlava con entusiasmo di tutte le belle cose che aveva visto e dei giochi che aveva fatto, ignara del fatto che suo padre si sentisse morire a ogni parola.
Jefferson non aveva mai visto neppure da lontano come fosse una cabina di prima classe…e sapeva che non l’avrebbe mai vista. E, per colpa sua, nemmeno sua figlia.
Più Grace gli descriveva tutte quelle meraviglie, più lui si sentiva in colpa. Non aveva neppure idea se, una volta sbarcati a New York, lui e sua figlia avessero trovato un posto dove stare, ma se anche fosse riuscito a trovarsi un impiego, neanche lavorando cent’anni sarebbe riuscito a garantire alla bambina il lusso in cui si viveva in terza classe.
- E poi Henry mi ha fatto provare una delle collane della sua mamma!- concluse Grace, con un gran sorriso.
- Davvero?- chiese forzatamente Jefferson.
- Sì. Pensa che era una collana d’argento con un diamante blu a forma di cuore, grande più di una fragola…
Jefferson si sentì gelare.
Diamante blu a forma di cuore…
In un improvviso e inaspettato flash rivide la scena sul ponte di terza classe, in cui una donna vestita elegantemente si chinava ad abbracciare suo figlio, lasciando penzolare dal proprio collo una collana.
Quella collana.
Jefferson si sentì improvvisamente strano. Le mani iniziarono a prudergli in maniera fastidiosa, come se improvvisamente sentisse il bisogno di…afferrare qualcosa.
- Grace…- quasi si stupì di come le parole gli stessero uscendo dalle labbra, ma non si oppose troppo per fermarle.- Ti…ti ricordi per caso il numero di quella cabina?
 

***

 
Moe French grugnì, inviperito, mentre Graham gli allacciava delle manette ai polsi e le assicurava a uno dei tubi in una stanzetta riservata al personale di bordo.
- Resterà qui fino al pomeriggio del quattordici aprile, signor French - dichiarò Graham.- Un agente si occuperà dei suoi bisogni e delle sue esigenze, e dopo la sua liberazione rimarrà in osservazione fino al momento dello sbarco.
- Siete solo un branco di burocrati!- sputò fuori Moe.- Si può sapere perché mi avete arrestato, eh? Da quando un uomo onesto non ha più il diritto di punire sua figlia?
- In vita mia ho inferto e ricevuto diverse punizioni, signor French, ma non mi risulta che picchiare una povera ragazza senza un valido motivo faccia parte della categoria - replicò il capitano, serio.- In ogni caso, quando sbarcheremo sarà libero di agire come meglio crede nei confronti di sua figlia. Ma per ora sarà costretto a starsene buono. Non vogliamo disordini a bordo, intesi?
Moe grugnì di nuovo, voltando il capo di lato e rifiutandosi di guardarlo. Graham lo scrutò ancora per qualche istante, quindi uscì dalla cabina.
Si schiarì la voce ed esibì la sua migliore espressione di scuse mentre si avvicinava a Emma.
La donna se ne stava con le spalle appoggiate contro una parete, giocherellando distrattamente con un lembo della sua gonna. Teneva il capo chino, aspettando pazientemente.
- Ehm…chiedo scusa. Non avrei voluto costringerla ad assistere a queste scene, ma purtroppo capitano anche a bordo dei transatlantici…- Graham fece una smorfia, a cui Emma rispose con un piccolo sorriso.
- Non fa niente - rispose, accettando il braccio che l’uomo le offriva.- E comunque, il mio nome è Emma - aggiunse.- Direi che è potremmo iniziare a darci del tu, no?
- Ottima idea. Dunque, Emma…- esordì Graham.- Se posso chiedere…come sei finita a fare la tata di tuo figlio?
- Beh, Henry mi ha…trovata. Letteralmente. E’ successo un paio di mesi fa. Non ho idea di come abbia fatto, ma un bel giorno me lo sono ritrovato sulla porta di casa, lui e quella sua faccetta insolente…
Graham ridacchiò.
- Si vede che è intelligente. Non è facile ritrovare una persona dopo ben dieci anni, deve averti cercata a lungo. Come è venuta l’idea di imbarcarsi con lui sul Titanic?
- E’ sempre un piano di Henry. Mi ha detto che lui e la signora Mills stavano per trasferirsi in America. Se non volevo perderlo di nuovo, dovevo andare con lui. Henry mi ha praticamente implorata…
- Vuole che lo riprendi con te?
Emma annuì.
- A quanto pare le cose con la sua madre adottiva non vanno molto bene. All’inizio pensavo che si trattasse di semplici capricci, ma poi…- la donna non concluse la frase, stringendosi nelle spalle.- Beh, l’hai vista, no?
- Sì. Ha più dell’istitutrice o della direttrice di collegio, che della madre. Lo tiene al guinzaglio.
- Non lo lascia giocare, correre, mangiare dolci, lo veste come un damerino e lo tratta come una bambola di porcellana - borbottò Emma. - Gli impone degli orari per tutto, e guai se non vengono rispettati. Sembra quasi che abbia paura della spontaneità.
- Da quel che ho potuto vedere, si tratta di una donna molto autoritaria. Non credo che al posto di Henry avrei resistito molto…- Graham fece una smorfia.
- No, infatti. Non era esattamente questo che speravo, quando l’ho dato in adozione - mormorò Emma, chinando il capo.
- E’ per questo che vuoi riprenderlo con te?- l’uomo la guardò.- Vuoi che abbia una vita migliore della tua? Di quella che gli sta dando Regina?
Emma si tormentò una ciocca di capelli dorati, mordendosi il labbro inferiore.
- So che non dovrei nemmeno pensare una cosa simile - soffiò.- So che non avrei alcun diritto di volermi riprendere un bambino che ho abbandonato, ma…ma ora posso farcela. Quando l’ho partorito avevo diciotto anni, ero sola, senza un uomo, senza un lavoro, senza una casa…va bene, adesso non sarò ricca come la signora Mills, ma Henry è il mio bambino. Quando l’ho lasciato avevo paura, ma adesso sento che potrei prendermi cura di lui…So di non avere scusanti per quello che ho fatto, ma…
Graham le strinse la mano.
- Un passo alla volta, intesi?- ammiccò.- Tanto per cominciare, è meglio che non ti fai scoprire da Regina prima dello sbarco, o saranno dolori…
- Lo so. Come vado, finora?
- Bene, a parte l’incidente del ponte, ma era giustificabile. Comunque, non potrai fingerti una semplice bambinaia per sempre. Quando questa storia verrà a galla, ti consiglio di non fare sciocchezze.
- Che intendi dire con “sciocchezze”?
- Qualcosa del tipo prendere Henry con te e fuggire insieme chissà dove. Regina ti sguinzaglierebbe dietro anche l’esercito, e allora sì che saresti veramente nei guai.
- E come altro potrei fare?- protestò Emma. - Io non ho più alcun diritto su mio figlio!
- E’ vero, ma forse questo è un problema risolvibile - Graham si massaggiò il mento, pensoso.- Non sono un avvocato, ma so per certo che in America le leggi sono molto più elastiche che in Inghilterra. Dammi tempo, dovrei riuscire a trovare…
- Aspetta un attimo…- lo bloccò Emma. - Ti stai forse proponendo per…aiutarmi?
Aveva pronunciato l’ultima parola come se gli stesse parlando di un elefante rosa che ballava il tango nella stiva. Graham provò una fitta di pena mista a tenerezza: Emma aveva l’aria di chi era sempre stato abituato a fare tutto da solo, a cavarsela senza l’aiuto di nessuno e, se questo arrivava, era spesso presentato come qualcosa compiuto per carità o con grande fatica, per il quale doveva essere grata.
Non voleva che fosse la stessa cosa anche con lui.
Emma era una brava persona…quello che le occorreva era un amico.
Graham sfoderò il suo miglior sorriso.
- Certo. Ora, perdonami, ma abbiamo in programma un thé con la strega cattiva. Andiamo, prima che ci fulmini…
 

***

 
- Mio Dio…mi dispiace tanto…- mormorò Ruby, mordicchiandosi le unghie di una mano, mentre Marco si chinava verso Archie per applicargli l’ennesimo cerotto.
Dopo l’incidente sul ponte, lei e August avevano letteralmente trascinato il dolorante dottor Hopper fino alla cabina di terza classe, dove Marco li aveva accolti con tanto d’occhi. In vita sua, non aveva mai udito di Archie che menava le mani in una rissa; beh, c’è una prima volta per tutto, si era risposto, ancora un po’ perplesso. Aveva compreso a cosa fosse dovuta quella prima volta un secondo dopo, quando aveva posato lo sguardo su Ruby.
- Non è colpa tua…- soffiò Archie, emettendo subito dopo un gemito di dolore a un tocco un po’ rude di Marco.
- Davvero, non sai quanto mi dispiace…- disse Ruby.- Se non mi fossi messa in mezzo…
- Hai fatto quello che avrebbe fatto chiunque - la rassicurò August.- E poi…non lo sapevi? Archie farebbe questo e altro, di fronte a una ragazza in difficoltà.
Ruby ridacchiò, arrossendo vistosamente. Marco lanciò un’occhiata sospettosa a suo figlio.
- Ma davvero è andata così?- s’informò, mentre Archie si rimetteva sul naso gli occhiali nuovi.- Cioè…sul serio quello stava picchiando una ragazza di fronte a tutti?
- Sì, credo si trattasse di sua figlia…- disse il dottor Hopper.- Per fortuna, poi, è arrivato un responsabile della sicurezza…
- Ma prima ancora, quel bruto ha cercato di alzare le mani sulla nostra Ruby, e Archie è intervenuto in suo soccorso!- ridacchiò August, avvolgendo un braccio intorno alle spalle della cameriera.- Ti pare possibile, papà? E dire che tu non hai mai alzato un dito su di me…
- Anche se forse un paio di volte avrei dovuto…- borbottò Marco.- Lo perdoni, signorina Lucas…August, ti pare il modo di rivolgerti alle persone?
- Oh, ma noi ci siamo già conosciuti, vero Ruby?- August, ammiccò.- Sul ponte. Ruby viaggia con sua nonna, io non avevo ancora avuto il piacere di fare la sua conoscenza, ma Archie sì…- ridacchiò.
- Come ti senti?- Ruby si chinò verso il dottor Hopper.
- Meglio…- borbottò Archie, aggiustandosi gli occhiali.- Credo di averti rubato fin troppo tempo…ti riaccompagno alla tua cabina…
- Archie!- sbottò August.- Ma che, la liquidi così? Dov’è finita la tua galanteria? Non la inviti alla festa?
- Che festa?- chiesero in coro Ruby, Archie e Marco.
- Ma dove vivete?!- sbuffò August.- Intendo la festa che si terrà qui domani sera…Ho sentito che alcune persone ne parlavano, in corridoio…
- August, sappi che se è una festa nel concetto in cui la intendi tu, allora…
- No, no! Una festa come di quelle che fanno i ricconi del piano di sopra…- ridacchiò August.- Solo, ci si diverte molto di più…Allora, Ruby?
- Beh…- la ragazza esitò.- Se mia nonna…e anche tu, Archie…non avete niente da obiettare…
- Assolutamente no!- si affrettò a rispondere il dottor Hopper.- Sarei felice se venissi, Ruby…
- Andata, allora!- esclamò August.- Qui, domani sera. Che dite, vi accompagno in seconda classe?
- A dire il vero, August, io avrei bisogno di te!- lo bloccò Marco.- Credo che Archie se la possa cavare benissimo da solo…A domani sera, signorina Lucas, è stato un piacere conoscerla…
- Anche per me, signor Booth. Arrivederci.
Non appena Archie e Ruby ebbero varcato la soglia della cabina e richiuso la porta, Marco lanciò a suo figlio un’occhiata di fuoco.
- August…posso farti una domanda, da padre a figlio?
- Sì, certamente.
- Bene…che diamine stai facendo?!
August sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
- Cerco di fare in modo che quei due combinino qualcosa prima che arriviamo a New York! C’è bisogno che te lo spieghi?
- A me pare che tu ti stia impicciando con l’unico effetto di mettere in difficoltà il povero Archie!
- Se Archie è in difficoltà, è solo perché è troppo timido! Papà, ma l’hai vista, quella? Chiunque le sarebbe saltato addosso dopo due minuti, e invece lui sembra una mummia egizia!
- E’ semplicemente un gentiluomo, cosa che tu non sarai mai!
- Di questi tempi, i gentiluomini concludono poco.
- Comunque sia…che hai in mente di fare?
- Beh, intanto di dare una spintarella a questo rapporto. Poi, si vedrà. Sai come si dice, no? Se son rose fioriranno!
- Spera solo che Archie non decida di buttarti in una fossa di spine…Sappi che non farei niente per fermarlo…
- E dici di volermi bene…! Comunque, ho una buona notizia!- August sorrise soddisfatto.
- E sarebbe?
- Ricordi della storia d’amore nel mio romanzo? Beh, credo di aver appena trovato materiale d’ispirazione…
 

***

 
Mary Margaret si sfiorò per forse la millesima volta le labbra con la punta delle dita, prima di scuotere il capo con vigore rimproverandosi di non fare la stupida. Si appoggiò alla balaustra del ponte di seconda classe, chiudendo gli occhi e cercando di concentrarsi sul fruscio delle onde che s’infrangevano contro lo scafo, ma tutto ciò non fece altro che aumentare ancora di più i suoi pensieri.
Il bacio di David Nolan le bruciava sulle labbra come se fosse stato ancora in corso, invece di essere terminato ben il giorno prima, con il sole che tramontava all’orizzonte. Sembrava quasi la scena di un romanzo, come se lei fosse stata la protagonista di Paul et Virginie e David fosse il suo Principe Azzurro; a Mary Margaret questo sarebbe piaciuto crederlo, ma in fondo al cuore sapeva che non era vero.
Era stato solo un bacio. Un bacio poteva significare tutto o niente, tanto più che lui non l’aveva più cercata dalla sera prima. Da una parte, Mary Margaret sperava che David l’avesse solo ingannata…così, sarebbe stato più facile dimenticarlo e chiudere quella storia che – lo sapeva, oh se lo sapeva, quante volte aveva visto ragazze come lei finire rovinate a causa di una faccenda simile? – le avrebbe procurato solo guai.
David Nolan non era il suo Principe Azzurro. David Nolan era sposato. Kathryn era sua moglie, non lei. Lei sarebbe stata sempre l’altra donna, quella in ombra, e se non si fosse data un addrizzo a lungo andare sarebbe divenuta un’amante tenuta nascosta in una stanza d’albergo da quattro soldi, da cui lui sarebbe corso un paio di volte al mese, quando ne avrebbe avuto voglia, e con la quale avrebbe riempito il tempo solo sfogandosi – in che modo, beh, c’era da immaginarselo… – di tutte le frustrazioni accumulate nel matrimonio.
Doveva troncare quella storia, punto e basta. Doveva sperare che lui non la cercasse più.
Ma era comunque difficile. Oh sì. Lei non si era mai innamorata, prima, e allora come poteva sapere se questo era vero amore o no? Eppure, ancora non riusciva a non pensare a David, a togliersi dalle mente il ricordo delle labbra dell’uomo che sfioravano le sue…
- Signorina Blanchard!
Mary Margaret sobbalzò per lo spavento, voltandosi e incrociando un paio di occhi grigi che avrebbe anche fatto a meno di incrociare. Si ricompose il più in fretta che poté, facendo assumere al suo volto un’espressione fredda e distaccata.
- Dottor Whale - salutò, secca, fingendo sorpresa.- Qual buon vento?
Whale si avvicinò a lei, schiarendosi la voce.
- Ero venuto a scusarmi per ciò che le ho detto ieri, signorina Blanchard…- disse il dottore, appoggiandosi alla balaustra accanto a lei.- Vede, credo che sia una specie di vizio. Quando penso qualcosa, devo dirla ad ogni costo.
- Non c’è problema - rispose Mary Margaret, monocorde, sperando che se ne andasse.
- Sa, come le ho detto, ho fatto anche io parte della categoria di uomini che si divertono a ingannare le brave ragazze - Whale ridacchiò, ignorando l’occhiata omicida della donna.- Ma…beh, diciamo che ho imparato a mettermi nei panni di chi sta dall’altra parte. Chi ha il cuore spezzato si dispera…oppure cerca di farti la pelle…- rise.
Mary Margaret non rispose, continuando a guardalo, impassibile.
- Cambiamo argomento, che ne dice?- propose Whale.- Come mai è diretta in America?
- Lavoro. E lei?
- Beh…anche io, in un certo senso…- rispose il dottore.- Ho trovato un buon posto in un ospedale di New York. Non che quello in cui lavoravo prima fosse male, ma…beh, diciamo che volevo cambiare aria…- fece un mezzo sorriso, privo di allegria.
- E cosa l’ha spinta a cambiare aria?- Mary Margaret ghignò, pregustando la sua vendetta.- Un’amante intenzionata a farle la pelle?
- Non proprio. Avevo in mente di andarmene già da tempo. A farmi decidere è stata la morte di mio fratello.
Mary Margaret ammutolì, arrossendo fino alla radice dei capelli.
- Mi…mi scusi, io…- balbettò, desiderando che la nave affondasse in quel preciso istante e la trascinasse con sé.- Io…mi dispiace, non avevo nessuna intenzione di…
- Non fa niente, non poteva saperlo - il dottor Whale fece un mezzo sorriso.- Diciamo che ora siamo pari, che ne pensa?
Mary Margaret inspirò a fondo, cercando di far svanire il rossore sulle guance.
- Se…se posso chiedere…- mormorò.- Come…come è…
- Com’è morto? Un incidente. Lui faceva parte dell’esercito, era un colonnello, e durante un’esercitazione un idiota che non sapeva come tenere in mano un’arma ha fatto partire un colpo di fucile…- Whale si strinse nelle spalle.- I rapporti fra me e mio padre non sono mai stati dei migliori, e quando Gerhardt è morto si sono incrinati del tutto. Credo che in fondo andarmene sia stata la cosa più giusta per tutti…
- Mi dispiace…- mormorò Mary Margaret.- Davvero, mi dispiace tanto…
- Oh, tesoro, guarda chi c’è!- cinguettò una voce poco distante.
Whale e Mary Margaret sollevarono il capo all’unisono, voltandosi in direzione della voce. La donna si sentì gelare quando si vide venire incontro David Nolan a braccetto con sua moglie, che sventolava una mano per salutarli.
- Signorina Blanchard, che piacere rivederla! Dottor Whale, anche lei qui?- sorrise Kathryn, stringendo la mano a entrambi. Whale fece un sorrisetto sghembo e tirato.
- Come si sente oggi, signora Nolan?
- Ancora un po’ debole, ma decisamente meglio. Sto provando a respirare un po’ di aria marina, come mi ha consigliato…
Mary Margaret spostò lo sguardo su David: l’uomo esibiva il suo miglior sorriso di circostanza, ma era evidente che fosse a disagio. Kathryn e il dottor Whale continuavano a discorrere della salute della donna, ma il marito non diceva una parola.
Mary Margaret lo vide stringere nervosamente una mano a pugno per poi stirare le dita. Aveva l’aria di chi desiderava solo scappare e correre a nascondersi nella buca più vicina.
- Voi due vi conoscete?- chiese Kathryn, riacquistando la sua attenzione.
Mary Margaret si riscosse, sbattendo le palpebre.
- C-come?- balbettò.
- E’ curioso trovarvi insieme. Lei viaggia in prima, vero dottor Whale?
- Sì, infatti. Io e la signorina Blanchard stavamo…- Whale esitò.- Facendo conversazione…- concluse infine.
- E di cosa parlavate, se posso chiedere?- s’intromise David, un po’ bruscamente. A Mary Margaret parve quasi che la sua voce vibrasse di rabbia, ma finse di non averlo notato.
- Niente d’importante…- mormorò.- Anzi, a dire il vero io stavo per tornarmene in cabina…
- Così presto?- fece Kathryn.
- Sì…sono un po’ stanca…- Mary Margaret si costrinse a sfoderare un cortese sorriso di scuse.
- Oh, peccato. Avrei voluto chiacchierare un po’ con lei…facciamo così!- esclamò la signora Nolan.- Venga domani sera a cena insieme a noi, in prima classe…così avremo modo di conoscerci meglio…
- Ehm…io veramente non so se…
- La prego, insistiamo!- fece David.- Ci farebbe un grande piacere, signorina.
- Vero! Hai proprio ragione, amore…Naturalmente è invitato anche lei, dottor Whale...
- Ci saremo - assicurò l’uomo, prima che la coppia li salutasse cordialmente e se ne andasse.
Mary Margaret rimase a guardare David allontanarsi, sentendo una stretta al cuore.
Solo dopo che l’uomo fu scomparso dietro l’angolo si rese conto che Whale aveva accettato anche per lei.
 

***

 
Il suo cervello era rimasto come in stato catatonico per tutta la durata del tragitto, che era stato tutto sommato breve, ma che a Belle era sembrato durare cent’anni. Ora, la sua mente aveva ripreso, seppur lentamente e con molta fatica, a funzionare, ma i corridoi di prima classe le parevano sul punto di richiudersi su se stessi e imprigionarla.
Le cose andarono peggio quando si accorse di aver percorso tutto lo spazio che la separava dal ponte di terza agli alloggi di prima tenendo la mano del signor Gold. Precipitarono irreversibilmente quando si rese conto che quest’ultimo l’aveva trascinata fino alla porta della sua cabina.
Solo quando vide l’uomo afferrare il pomello della porta trovò abbastanza lucidità e forza di volontà da divincolarsi dalla sua presa, ritraendo la mano e indietreggiando di un passo.
Gold reagì al gesto scoccandole un’occhiata a metà fra il sospettoso e l’infastidito.
- Entri - disse, piatto, aprendo la porta della cabina.- Venga, si dia una ripulita…
Belle scosse il capo con forza, indietreggiando ancora e stringendosi nelle spalle. Si accorse di stare tremando come una foglia. Ora che lo shock era passato e lei aveva ripreso a ragionare, il ricordo degli schiaffi e delle botte di suo padre era tornato a farsi sentire forte come questi ultimi. Moe l’aveva picchiata, sì, ma l’aveva fatto tante altre volte e in modo ben più violento; ma stavolta le aveva messo le mani addosso sul ponte di terza classe, di fronte a tutti, di fronte al signor Gold, e mentre lei se ne stava lì a lasciarsi colpire si era radunata intorno una folla di gente, chi per difenderla chi semplicemente per curiosare e assistere a quel massacro psicologico che era stato per lei. E infine era intervenuto Gold, colpendo suo padre e mettendolo al tappeto prima con un pugno e poi con una bastonata, trascinandola con sé come una povera invalida mentre tutti la compativano.
Avrebbe voluto morire all’istante.
Prese a tremare più forte.
- Che cosa le prende, adesso?- ringhiò Gold, afferrandola per un polso e spingendola dentro la stanza.- Forza, che sta aspettando, la carrozza?
Belle si ritrovò per la seconda volta in quella camera che era forse la più lussuosa ed elegante del Titanic, ma in quel momento non c’era più spazio né per l’imbarazzo né per il senso di inadeguatezza.
C’era posto solo per l’umiliazione cocente. E per la rabbia.
- Mi faccia uscire…- mormorò, e la voce le uscì come un pigolio.
Gold richiuse la porta alle sue spalle, sospirando.
- Prima si calmi e si sciacqui la faccia. Dopo si vedrà.
- Mi faccia uscire!- gridò Belle, sull’orlo delle lacrime.- Le ho detto di farmi uscire, ha capito?! Non ha nessun diritto di tenermi qui! Mi faccia uscire subito, o giuro che mi metto a strillare!
- Io non la faccio uscire di qui in questo stato, signorina French. E se vuole strillare…- Gold stese un braccio come a elargirle un invito.- Prego, faccia pure…
Belle chinò il capo, stringendo i pugni e mordendosi il labbro inferiore nel disperato tentativo di trattenere le lacrime, ma alla fine scoppiò a piangere, singhiozzando quasi istericamente.
- Lei…lei mi deve stare alla larga, ha capito?!- gridò.- E’ colpa sua! E’ tutta colpa sua!
- Colpa mia, di cosa?- fece Gold, senza scomporsi.- Del fatto che lei ha un livido all’altezza dello zigomo? Del fatto che suo padre l’ha umiliata? Del fatto che il signor French è un animale?
- Tutto questo è colpa sua!- continuò Belle, imperterrita.- Lei non si deve più avvicinare a me! Tutte le volte che c’è lei di mezzo succede qualcosa di brutto! Prima il negozio, ora questo…perché si è messo in mezzo quella mattina sul ponte?! Ogni volta che lei fa o dice qualcosa io la pago sempre! Se mio padre scopre che sono stata qui di nuovo mi ammazza!
- Suo padre non saprà mai che lei è stata qui, signorina French…- ribatté Gold.- Glielo posso assicurare. Ora, ha altre accuse da rivolgermi o possiamo dichiarare terminata questa sceneggiata?
Belle si morse nuovamente il labbro, tentando di frenare le lacrime. Gold sospirò, avvicinandosi a lei e prendendola per un braccio.
- Di qua…- soffiò, guidandola più o meno a forza verso una porta alla loro destra. L’aprì e ce la spinse dentro; Belle si ritrovò in quella che aveva tutta l’aria di essere una seconda camera da letto, all’apparenza inutilizzata. Era molto luminosa, con un letto a baldacchino al centro, una portafinestra che si apriva su un terrazzo che dava sul mare a destra e una toeletta con catino e specchio a sinistra.
Belle mosse cautamente qualche passo, scrutando ogni angolo della camera. Era certa di non aver mai visto tanto lusso in vita sua.
- Dal momento che mi accusa di tutte le sue disgrazie…- proseguì Gold, con una punta di sarcasmo.- Il minimo che posso fare è risarcirla…
- Risarcirmi?- Belle si asciugò rabbiosamente una lacrima, voltandosi verso di lui.- E come?
- Le offro la mia ospitalità fino al termine del viaggio. Conosco le regole qui a bordo, e suo padre dovrà rimanere in isolamento per un po’, quindi non corre il rischio di venire scoperta, se è questo che teme. Ci pensi.
- Cosa crede di ottenere da me?- ringhiò Belle.- Vuole…vuole forse…
- No, niente di ciò che sta pensando. Le ripeto: è finita nei guai a causa mia, e il minimo che posso fare ora è cercare di scusarmi in qualche modo che non siano solo parole inutili e senza senso. Comunque, può chiudere a chiave la porta, se la fa sentire più tranquilla - concesse. Allora? Accetta la mia proposta?
Belle inspirò a fondo, cercando di ragionare. Guardò un’ultima volta la stanza.
- Solo per stanotte. Poi tornerò nella mia cabina - dichiarò infine.
- Molto bene. La lascio sola…si lavi la faccia, le farà bene…- raccomandò un’ultima volta, prima di uscire e di chiudere la porta.
Belle tornò a scrutare la stanza ancora per qualche istante, quindi si diresse a grandi passi verso la porta. Afferrò la chiave e la girò nella serratura fino a che non udì lo schiocco secco della molla.
 
 
 
Angolo Autrice: Questo capitolo è il preludio di ciò che avverrà nei prossimi…ah, dal 10 si passerà a 13 aprile e tutta la giornata sarà spesa in vista della sera del giorno stesso…vi avverto, parecchi destini si incroceranno.
Beh, nel prossimo capitolo ci sarà parecchia Rumbelle – voi che dite: Belle si fermerà davvero per una sola notte? –, mentre nella Hunter Swan si inizierà a discutere di qualcos’altro che non sia Henry…;).
Ringrazio chi legge e chi recensisce.
Ciao, al prossimo capitolo!
Beauty

  
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Once Upon a Time / Vai alla pagina dell'autore: Beauty