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Autore: HeyFox    05/08/2013    0 recensioni
Tornare nel paese dove si e' cresciuti e' un bel salto indietro nel tempo, nei ricordi.
Ti invade una grande nostalgia di posti e persone e, soprattutto, situazioni vissute.
Ed e' meraviglioso incontrare una persona speciale, dopo tanti anni che non la si vedeva piu'.
Genere: Malinconico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Kendall, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ragazzi, mi  dispiace dirlo, ma credo proprio che oggi non si esce da nessuna parte- mormorai guardando dalla finestra il diluvio universale che si era scatenato sul mio piccolo paesino.
Sentii James che sbuffava -Addio alla nostra adorata gita.. Avrei voluto entrare in quella torre...-.
Sbuffai anche io e mi buttai di peso sul mio caro e vecchio letto -A chi lo dici... E' dai tempi della mia adolescenza che non ci entro piu'..- dissi ritornando un attimo a quell'eta'.
-Dai voi due. Abbiamo almeno 2 mesi di vacanza, avremo ancora molto tempo per visitare il tuo posto incantato, Wiky.- disse Carlos, prendendomi affettuosamente in giro.
Gli feci la linguaccia -Ma di quei 2 mesi avevo programmato gia' tutto! Non c'e' nemmeno mezza giornata libera!-.
-Vuol dire che saltiamo la visita al monastero, no? Non credo che sarebbe stato piu' interessante della gita verso la torre- disse Logan sollevato mentre si sedeva sull'ampio davanzale della finestra.
-Beh, Logan non ha tutti i torti.- sussurro' James seduto sulla mia cara e vecchia scrivania.
Ah, eccome se era cara e vecchia.
Quante ne ha passate, poverina!
Tutto quel peso sopportato mentre io e lui ci divertivamo a fare cavolate...
-Ehy, a che ora tornano i tuoi?- chiese Carlos leggermente spazientito.
Forse non era la prima volta che mi poneva quella domanda....
-Scusa, ero ritornata un attimo ai vecchi tempi... Comunque, alle 7, credo.- risposi.
Carlos ridacchio' -E i bei vecchi tempi come erano?-.
-Belli...Fantastici...- mormorai con un sorriso malinconico.
Anche i ragazzi sorrisero guardandomi.
Mi posizionai meglio sul letto, a gambe incrociate.
-Allora, di che parliamo?- chiesi.
Gli altri si misero a pensare, poi James sorrise.
-Visto che siamo gia nel tema "vecchi tempi", chi e' stato il vostro primo ragazzo o ragazza?- chiese sorridendo.
Nessun tono malizioso, niente di niente. Semplice curiosita'.
Tutti e quattro si girarono a guardare me.
-Hey, perche' fissate me?- chiesi sospetta.
-E' il tuo ambiente, e' la tua casa e il tuo paese, quindi tocca a te.- rispose Logan.
-E che centra questo?- domandai con un sopracciglio alzato.
-E, inoltre, sei in svantaggio numerico: sei l'unica ragazza qui, quindi...- disse Carlos con un vago gesto della mano.
Sbuffai guardandoli male tutti e quattro. Mi appoggiai al muro ancora imbronciata, con le braccia incrociate al petto.
-Il mio primo ragazzo, eh?- chiesi e loro annuirono con la testa.
Mi misi una mano sul mento, cercando di ritornare con la mente a quel periodo... Ma non che mi saltasse piu' di tanto in mente, eh..
-Cosa intendete per primo ragazzo?- chiesi di nuovo.
Carlos alzo' le spalle -Ma che ne so...Il primo bacio, il primo incontro piu'... intimo, ecco.- disse.
Annuii e mi rimisi a pensare.
Quando l'episodio mi torno' in mente quasi mi venne di scoppiare a ridere.
Ma che dico, scoppiai a ridere.
-Perche' ridi?- chiese James leggermente divertito.
Scossi la testa e feci trasformare la mia risata in un semplice sorriso -No niente.. E' solo che credo di aver trovato la persona giusta...piu' o meno.-
-Come piu' o meno?- chiese Logan confuso.
-Si, piu' o meno.- annuii ripetendo le parole, non sapendo bene come continuare, mentre loro mi fissavano.
Feci un sospiro profondo e cercai le parole giuste per descrivere la cosa in modo tale da poter far capire quello che mi passava per la testa.
Adesso che ci ripensavo, ragionavo proprio come allora su questa cosa. Tutto era ingarbugliato e cominciava a diventarlo sempre di piu'.
-Allora...Si, piu' o meno perche' ancora oggi non so bene come definire la cosa che si era creata fra noi due..- spiegai.
-Noi due chi? Sai, anche se lo vorrei molto, non sono ancora capace di penetrare nella tua mente e capire tutto quello che stai pensando.- disse Logan con le sopracciglia contratte.
Scoppiai a ridere -Ok, hai detto la stessa frase che diceva la mia prof di italiano delle medie.- mi fermai un attimo -Ok, ok, non cambio discorso. Comunque, intendevo me.. e il mio migliore amico di quell'epoca.- dissi con lo sguardo basso.
-E come si chiamava quell'amico?- chiese James.
-Danger... voglio dire, Kendall, si chiama Kendall.- mi corressi subito.
Vidi un sorriso divertito sulle labbra di Carlos -Danger?-
Arrossii -Si, Danger. Era un vero e proprio pericolo pubblico, quindi gli avevo dato il soprannome di Danger.- un sorriso triste mi si dipinse sulle labbra.
Mi mancava non sentire piu' quello scemo. Mi mancava molto, forse troppo.
Tutti e quattro fecero mente locale, poi annuirono.
Logan si alzo' dal davanzale e si sedette vicino a me.
-Ok, abbiamo capito chi era questo migliore amico. Adesso, con calma e cronologicamente, raccontaci un po' tutto, perche' ho la netta impressione che tu non abbia mai raccontato a nessuno di questa cosa, quindi, sfogati pure.- sussurro' rassicurante, sorridendomi.
Sorrisi anch'io e abbassai lo sguardo -Ci siamo conosciuti in quarta elementare, ma siamo diventati migliori amici solo in seconda media. E alla fine della seconda media e' successo...- mi fermai un attimo per riordinare le idee -Lui non era un genio a scuola, anzi, era quello meno attento, meno studioso e piu' casinista della classe, insieme ad un altro nostro amico, quindi suo padre mi chiese di aiutarlo con i compiti e io accettai, naturalmente.
-Durante l'inverno i compiti li finivamo velocemente perche' ce ne assegnavano pochi, quindi, di solito, uscivamo, anche se faceva un freddo cane e andavamo ad un campo di calcetto, dove giocavamo e scherzavamo.
A fine inverno (in febbraio, credo) ci fu un giorno in cui ci divertimmo particolarmente e in cui lui fece molte reti fantastiche sotto l'angolino sinistro della porta, quindi tornammo a casa entrambi molto contenti e felici. In poche serate invernali come quella riuscivamo a divertirci cosi' tanto.
-Nelle 2 settimane seguenti si era comportato in un modo piu' tranquillo del solito, poi aveva ripreso a comportarsi in un modo.. strano, ecco. 
Sapeva che odiavo perdere alle scommesse e ha sfruttato benissimo questa cosa. Diceva cose del genere "Scommetto che non hai il coraggio di darmi un bacio sulla guancia." oppure "Scommetto che non hai il coraggio di avvicinarti ad un palmo dalle mie labbra." e io prendevo tutto per gioco. Voglio dire, avevamo tredici anni, non potevo prendere la cosa sul serio, anche perche' era il mio migliore amico, quindi accettavo. Poi, scherzando (o almeno cosi' credevo) diceva "Mi piaci, sul serio" e io che, ridendo, rispondevo "Anche tu".
E da quel momento, forse, ha cominciato davvero a piacermi leggermente perche' mi aveva fatto valutare la situazione da un altro punto di vista.
-Poi c'e' stata la gita di fine anno, con un pernottamento. Durante la gita cercava quasi di evitarmi, non mi parlava e la cosa cominciava a preoccuparmi. Pensavo "Cosa diamine ho fatto adesso?".
Non sapevo spiegarmi i suoi comportamenti. Erano strani, davvero molto strani. Lui era il primo a dire che, essendo migliori amici sarebbe stato fantastico trascorrere la gita scolastica insieme, con l'altro nostro migliore amico, in modo da divertirci ancora di piu'. Ma, oltre al suo comportamento c'era stata pure la divisione della nostra classe: le ragazze in un pullman e i ragazzi nell'altro e la cosa gli aveva facilitato l'obbiettivo di evitarmi.
Poi siamo tornati a casa, ci abbiamo dormito bene su e il giorno dopo, domenica, avevamo una partita di calcetto insieme.
Come se non fosse mai successo nulla. Io scherzavo con lui e lui scherzava con me, ci prendevamo in giro e via dicendo. Ma la confusione successe il giorno dopo.
-Come ogni pomeriggio, era venuto a casa mia a fare i compiti, ma quel giorno, invece di farli in cucina li dovevamo fare nella mia camera da letto, proprio qui, perche' la cucina serviva a mamma. E fino a qui tutto ok.
Lui si era disteso sul mio letto, proprio questo, dopo aver buttato lo zaino a terra, mentre io mi ero seduta dall'altra parte, in modo da poterlo guardare in faccia. Poi, tutto d'un tratto, aveva aperto gli occhi e aveva cominciato a fissarmi e io gli avevo sorriso, poi se ne era uscito fuori con "Che ne dici se ti lancio una sfida?" e io, come al solito (ormai lo sapeva) l'avevo accettata senza niente. Lui aveva annuito e poi aveva detto "Scommetto che non hai il coraggio di baciarmi sulle labbra". Ero rimasta abbastanza spiazzata. Questa volta l'aveva detto con un tono che usava quando era davvero serio e la cosa si faceva abbastanza imbarazzante. Io avevo annuito "Ma a tre condizioni: senza ripensamenti, corto e a stampo.", ma lui aveva scosso la testa "No no. Senza ripensamenti, lungo e intenso, stile film americani." io avevo riso e scosso la testa "Te lo scordi". Lui aveva alzato le spalle e aveva semplicemente detto "Fifona" e quello mi basto'.
Ero scesa dal letto, mi ero inginocchiata al suo fianco e avevo avvicinato il mio volto al suo. E l'ho rifatto almeno quattro volte, e alla fine ce la feci, ma solo a stampo. Lui si era staccato indignato e ha ricambiato il favore.
Dopo questo si era creata una leggera aria di imbarazzo, ma fu spezzata di nuovo da lui "Scommetto anche che non hai il coraggio di distenderti qui, al mio fianco" aveva detto, battendo la mano accanto a se', sulla parte del letto libero.
Io avevo fatto una faccia offesa "Ma che ti prende oggi,eh?" avevo chiesto "Che ti sei fumato? E comunque, no, non voglio." avevo risposto decisa. Ma ci penso' lui a farmi cambiare idea.
Cosi', sbuffando, mi ero distesa al suo fianco. Cosi' come mi distesi, cosi' mi sentii avvolgere dalle braccia del mio migliore amico e il suo viso che affondava nell'incavo tra il mio collo e la mia spalla. In un primo momento non avevo la piu' pallida idea di cosa fare, ma poi sentii una strana ma piacevole cosa all'altezza del mio stomaco e un calore salire da sotto a sopra. Mi sentivo bene, quindi mi ero detta "E perche' non ricambiare il gesto? E' solo un innocente abbraccio, no? Certo, abbastanza "romantico", su un letto col mio migliore amico, ma sempre un abbraccio."
Dopo un po' di tempo lo sentii mormorare. Ci prestai piu' attenzione e capii "Mi sento realizzato". Mi ricordo che avevo ridacchiato e scosso la testa, mentre la mia mano andava involontariamente al suo collo.
Anche lui aveva ridacchiato e detto una cosa del genere "Ci guardiamo troppi film romantici Made in USA, noi due." e avevamo riso un po' insieme.
Poi si era staccato da me e, con il  viso appoggiato al cuscino nello stesso modo mio, mi aveva detto "Cosa faresti se ti baciassi?" io avevo alzato le spalle "Forse nulla, forse ti lascerei cinque dita sulla guancia, ma resta il fatto che non so baciare." avevo detto con un sorriso e lui aveva scosso la  testa "Scommettiamo?" aveva sussurrato "No, perche' so che perderesti e non so che pegno potresti pagare." avevo mormorato. Lui pero' non si era scoraggiato. Anzi, alla fine il bacio "all'americana" ce lo siamo dati e, dopo esserci divisi, ancora con gli occhi chiusi per l'imbarazzo, lui mi aveva di nuovo abbracciato. Poi un leggero mormorio vicino al mio orecchio "Mi piaci" e poi il mio "Anche tu".
Inutile dire che rimanemmo abbracciati per un bel po', sprecando tempo prezioso per fare i compiti.- dissi tutto con un sorriso malinconico sul viso -Ma il bello venne il giorno dopo, a scuola. Tutti e due facevamo come se non fosse successo nulla, come se quel pomeriggio avessimo fatto normalmente i compiti. Poi il pomeriggio, dopo il rientro pomeridiano, di nuovo a casa mia a fare i compiti. E il nostro saluto di "ben rivisto"? Un abbraccio "all'americana", come li chiamava lui, e un bacio sulla guancia.
Siamo stati... Dei migliori amici un po' particolari fino ai diciannove anni, dopo dei quali io ero andata a vivere in America per gli studi. Il bello di tutta questa faccenda e' che "stavamo insieme" nell'ombra dei pomeriggi passati nella mia camera, dove nessuno veniva a rompere, mentre a scuola, alle partite e in mezzo agli altri eravamo dei semplici migliori amici che si facevano scherzi a vicenda, che si alleavano quando c'era bisogno e che si capivano al primo sguardo.- conclusi guardando la pioggia, con un leggero magone in gola.
Solo in quel momento mi accorsi che avevo la gola leggermente secca e che i ragazzi erano rimasti stranamente in silenzio per tutto il mio flashback.
-E non vi siete piu' visti ne sentiti per sei anni?- chiese Carlos a bassa voce.
Sorrisi guardandomi le mani con cui giocavo -Abbiamo mantenuto i contatti per un anno, poi li abbiamo troncati. E' stato meglio per entrambi. Eravamo abituati a vederci ogni giorno, ad avere un contatto fisico e a sentire uno la risata dell'altro, cose che non avevamo stando lontani e avevamo notato che ci facevamo del male da soli restando in contatto.-
-E dove e' che abitava da ragazzo?- chiese Logan al mio fianco.
-Poco lontano da qui, dietro la mia casa. Ma non credo che sia qui. Ho sentito che sia lui che Lucio, l'altro nostro amico, sono diventati dei calciatori professionisti. Almeno e' riuscito a realizzare il suo sogno- dissi sorridendo.
Mi alzai e mi avvicinai alla finestra per guardare la strada sotto di me.
Non c'era l'ombra di nessuno. Ah, no, scusatemi, due deficienti camminavano tranquillamente sotto la pioggia scrosciante, parlottolando fra di loro e guradandosi intorno.
Strizzai gli occhi per vedere meglio se li potevo conoscere, ma non riuscivo a vedere i volti.
Un attimo. Fermi.
Quelle camminate.... Il modo di muoversi.. Il loro passo.
Mentre io pensavo, i due si fermarono sotto casa mia, guardandola con interesse.
-Oh cazzo..- mormorai con un sorriso che cresceva sempre di piu'.
-Cosa?- chiese James che non aveva capito.
Uno dei due ragazzi, quello piu' basso, guardo' il ragazzo piu' alto che annui' e il primo suono' il campanello.
Sobbalzai al suono e mi fiondai giu per le scale, verso la porta d'ingresso, sotto lo sguardo confuso dei miei quattro amici.
Aprii la porta con un sorriso e subito dopo le persiane.
Il mio sorriso si allargo' ancora di piu' quando riconobbi Lucio che se ne stava tranquillo sulla porta con le mani nelle tasche dei jeans.
-Wiky?- mormoro'.
-Lucio!- esclamai invece io, abbracciandolo.
Lo sentii ridere e le sue braccia che mi stringevano la schiena.
Alla faccia del ragazzo! Si e' tenuto in forma!
-Dio, come e' bello rivederti!- mormoro'.
-Che ci fate qui?- chiesi.
-Che ci facciamo? Beh, per adesso la nostra stagione e' finita, siamo liberi per un po' e abbiamo pensato di venire qui, dove siamo cresciuti.- disse con un sorriso enorme staccandosi da me per osservarmi meglio -Porco cane, quanto sei cambiata! Sai, mi sto pentendo seriamente di non averci provato con te.- disse ridendo.
Risi anch'io -Beh, se e' per questo, anch'io mi sto pentendo di non aver fatto un pensierino su di te, quando eravamo un po' piu' giovani.-.
-Grazie, eh.- sentii un'altra voce.
Mi fermai un attimo. 
Impossibile che quella voce fosse sua. E' cambiata troppo.
Lucio noto' che volevo rivolgere la mia attenzione a qualcun altro, a quella persona che era dietro di lui e che non avevo ancora visto bene, e si scosto' alla mia destra.
Lo vidi bene.
Di quei capelli abbastanza lunghi e scompigliati che aveva non era rimasto niente. Erano corti e ordinati.
Il viso era piu' affusolato e leggermente piu' abbronzato.
Era piu' altro e, da quel che potevo intravedere dalla larga felpa che indossava, aveva anche acquistato un bel po' di muscoli.
Poi, lentamente, risalii con gli occhi al suo viso.
Le labbra erano rimaste sempre quelle, un po' piu' larghe, ma il suo sorriso era sempre stampato su di esse con le meravigliose fossette ai suoi lati.
La barbetta...Ecco cosa non aveva mai prima. 
Sorrisi leggermente, poi passai di nuovo avanti.
Il naso e le guance... Sempre quelle.
Indugiai un po'. Non ero sicura di volerlo guardare negli occhi. Sospirai.
Salii ancora di piu' e, alla fine li incontrai.
Erano caldi nello stesso modo in cui me li ricordavo, erano allo stesso modo rassicuranti in cui li avevo visti l'ultima volta all'aereoporto, quando era venuto per darmi l'ultimo saluto prima di rivederci di nuovo.
Non seppi che fare, ma fu lui, come al solito, a precedermi. Fu lui a tirarmi fuori dai guai.
Sentii le sue braccia possenti e dure che si stringevano intorno alle mie spalle e il calore del suo corpo che oltrepassava la fredda felpa fradicia, arrivando al mio corpo.
Sentii anche il suo cuore battere veloce, almeno tanto veloce quanto lo era il suo respiro.
Passai le braccia intorno al suo busto e mi strinsi a lui, nascondendo il viso all'incavo del suo collo.
-Mi sei mancata, Genio, molto.- mormoro' usando il mio soprannome delle medie.
Risi leggermente -Anche tu mi sei mancato Danger. Non immagini quanto. Mi e' mancato tutto di te, davvero tutto. Anche i patetici pomeriggi passati a fare i compiti.- mormorai con un sorriso e, involontariamente, come se il mio cervello fosse scollegato del tutto, gli lasciai un leggero bacio sul collo.
Lo sentii ridacchiare e cullarmi leggermente -Non l'ho detto, ma a me e' mancato soprattutto quello.- sussurro'.
-Quindi e' come se non ci fossimo mai lasciati?- chiesi.
-Si, credo di si....- rispose, allontanandosi un po'.
-Posso?- chiese.
Capii all'istante cosa intendeva. Ogni pomeriggio iniziava cosi'. Appena entrato mi chiedeva se poteva darmi un bacio, poi continuava per tutto il tempo.
-Siamo in pubblico. Che diranno gli altri?-
-Sei stata tu a dirmi "Ci se ne futte de quiro ca dicine l'altri? Se ci trovassimo bene insieme, se ci sentissimo a nosciu agio, ci su l'altri pe' farmi cangiare idea?"*- disse citando con un sorriso un mio vecchissimo messaggio, di quando ancora il nostro "rapporto" non era cominciato.
Sorrisi -Vedo che ti ricordi benissimo-.
-Mi ricordo molti tuoi messaggi.- sussurro'.
Sorrisi anch'io -Allora... Chi se ne futte.- dissi.
Mi avvicinai lentamente e lui mi lascio' un corto bacio all'americana.
Sorrisi mentre le nostre labbra si muovevano e sentivo delle risatine provenire dalla cima delle scale, dove i ragazzi ci spiavano.
Poi la voce di Lucio che mi arrivava ovattata alle orecchie -Vanioni, me sa ca me doviti spiegare mute cose.**- disse in dialetto salentino, con un tono di voce confuso che fece ridere sia me che Kendall.
-Non te preoccupa', compa'. Prima o poi te spiego tuttu.***- rispose Kendall nello stesso modo.
Risi e infilai la testa sotto il mento di Danger mentre lo abbracciavo. 
Mi sembrava di essere tornata ragazzina, quando tutti abitavamo vicini, parlavamo in dialetto diciannove ore su venitquattro e facevamo cazzate, senza poi rimediarci, come ogni ragazzino fa.
E non chiedevo nient'altro in quel momento, perche' avevo tutto quello che mi era mancato in sei anni.
 
 
 
 
Salve ragazze!
Ho usato tre frasi in dialetto salentino perche' qui lo parliamo tutti. Non che sia incapibile, ma ve lo traduco lo stesso.
*Chi se ne fotte di quello che dicono gli altri? Se ci trovassimo bene insieme, se ci sentissimo a nostro agio, chi sono gli altri per farmi cambiare idea?
**Ragazzi, mi sa che mi dovete spiegare molte cose.
***Non ti preoccupare, amico. Prima o poi ti spiego tutto.
Ok, e con questo vi lascio.
Vi auguro una buona giornata e vi ringrazio per leggere i miei deliri mentali.
Wiky.
   
 
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