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Autore: _smokjn    06/08/2013    1 recensioni
J ha bisogno di fonti per scrivere il suo articolo sull'autolesionismo per il giornalino della sua scuola. Incontra Demi che le darà una mano raccontandole la sua storia.
Genere: Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella fottuta lineetta continuava a tratteggiare sul foglio bianco, guardai l'orologio in alto dello schermo del macbook, diciannove e quarantatré, riportai lo sguardo sulla lineetta ma ancora niente idee. La settimana seguente avrei dovuto pubblicare il mio articolo sul giornale della scuola riguardante una cosa che ormai era molto, troppo frequente tra noi giovani: l'autolesionismo. Nella mia scuola, la Virginia High School, c'erano due gruppi di liceali, quelli normali, e quelli diversi. Tra i normali c'erano le cheerleaders e i giocatori di football, se non eri tra loro eri considerato diverso. A molti dava fastidio essere etichettato in quel modo, ma a me faceva quasi piacere, non mi era mai piaciuto seguire la massa, c'era sempre stato qualcosa che mi caratterizzava, che mi rendeva più J. Mi guardai intorno, dall'angolino del bar in cui mi sedevo di solito si riusciva ad osservare tutto, rimanevo lì per ore a guardare le persone e a sorseggiare il mio frappuccino, era come un hobby per me, e da ogni persona riuscivo a trarre ispirazione, riuscivo a pormi domande che forse non avrebbero mai avuto una risposta, ma amavo farlo, era più forte di me. C'era un'anziana signora, sulla settantina, continuava a estrarre da un sacchetto delle caramelle gommose, ne infilava in bocca più di una alla volta, scartava quelle verdi e mangiava le altre. Ritornai a fissare la lineetta tratteggiante sullo schermo, stava diventando la mia più grande nemica, perché il mio incubo era sempre stato il non sapere, il dubbio, e in quel momento non avevo la più pallida idea di che cosa scrivere. Avevo una confusione grandissima nella testa, non avevo mai saputo cosa si provasse a recare del male al proprio corpo, a sentirsi talmente male da star bene solo sentendo dolore.

Per mettere fine alla “lotta” con quella dannata lineetta chiusi il portatile, lo presi insieme alla borsa ed andai alla cassa. 3.20£, come al solito. Uscii da Starbucks e subito l'aria gelida di Londra mi arrivò sul viso. Mi coprii meglio con la sciarpa di lana blu che avevo al collo e cercai nell'enorme borsa che mi portavo dietro il mio telefono. Controllai se qualcuno mi avesse cercata, a quanto pare si, tre chiamate perse e un messaggio in segreteria:

J sono Serena, dove sei? Ti sto cercando da un po', sei riuscita a scrivere l'articolo? Richiamami appena puoi.”

Serena era la mia migliore amica, il mio angelo custode, ogni volta che avevo bisogno della minima sciocchezza lei era pronta ad aiutarmi, sarei stata persa senza lei. Le scrissi un messaggio, non avevo voglia di parlare a telefono, come la maggior parte delle volte. In realtà odiavo parlare al telefono, e non ero mai riuscita a capirne il motivo.

Sto tornando, niente articolo, sono fottuta. J.”

Continuavo a pensare ad una minima idea che avrebbe potuto salvarmi, e a fissare un punto fisso verso la strada, Londra era così colma di gente, ognuna con una storia diversa, magari c'era qualcuno aldilà della strada che avrebbe messo a disposizione la sua per me ed il mio articolo, fatto stava che il tempo passava ed io ero sempre più spacciata.

D'un tratto mi sentii un peso sul piede, guardai in basso e un paio di grossi libri calpestavano le mie vans a fiori. Due stivaloni neri si avvicinarono ai miei piedi, così alzai lo sguardo per vedere chi fosse il proprietario di quei mattoni che mi avevano quasi frantumato l'alluce. Due occhioni color nocciola scuro cercavano i miei, l'indossatrice di quei rozzi stivali era forse la più bella ragazza che io avessi mai visto. Aveva i capelli castani, quasi rossi, raccolti in una treccia larga, la frangia che le cadeva sugli occhi, e le guance paffute. Non so cos'aveva di così speciale, ma qualunque cosa fosse ne rimasi colpita. Aveva l'ipod touch tra le mani con le quali, dopo avermi ripetutamente chiesto scusa, raccolse i libri. Notai che aveva in riproduzione 'fix you' dei Coldplay, altro elemento che mi diede conferma che era la persona giusta. Nel raccogliere i libri le si scorciò una delle maniche della felpa, aveva delle cicatrici orizzontali che le riempivano il braccio.

-Non preoccuparti, è solo un paio di scarpe malandate. Senti, scusa, non prendermi per una stalker, ma potrei sapere il tuo nome, oppure avere un tuo contatto? È molto importante, devo scrivere un articolo.- Mi interruppe.

-Sono Demi, Demi Lovato.- Non mi fece finire di dire la frase che si presentò, la fortuna fu dalla mia parte, potevo benissimo incontrare una sgradevole ed antipatica persona che non aveva alcuna voglia di dirmi il suo nome, ma a quanto pare quella volta avevo davvero centrato il punto.

  
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