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Autore: Wei    07/08/2013    0 recensioni
1989.
Miami.
Emily, Emily Widson. A soli 21 anni già gestiva il bordello più famoso della città, il RED; ma questo no, non le bastava. L’occasione di ampliare i suoi domini le si presentò proprio quel sabato, quando incrociò per la prima volta un nuovo locale: il Miami Mafia.
ATTENZIONE: Storia parallela e intrecciata a Miami Mafia di CrimsonFox. È importante seguire i capitoli di entrambi gli scrittori per capire in tutto e per tutto la storia.
Genere: Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Lunedì, ore 19:30.
Stavo beatamente fumando una sigaretta difronte alla porta del RED, aspettavo Tony. Sarebbe rimasto tutta la serata per vedere come lavoro io e soprattutto come lavorano le ragazze, semplici affari. Mi guardai intorno e vidi spuntare da dietro l’angolo un ragazzo alto, magro, biondo e con una camminata inconfutabile. Sì, era lui. Ci salutammo con un semplice “ciao”; pensavo avrebbe provato a darmi un bacio sulla guancia o quelle robe lì, mi ero già preparata per sfuggirgli. Insomma, mi è sempre piaciuto passare per quella fredda e insensibile. Ma no, si limitò ad aprire la porta per far passare prima me, ci rimasi quasi male.
Gli presentai le ragazze, mi sedetti sulla mia poltrona -lui si appoggiò alla scrivania- e gli spiegai a grandi linee come di solito ci organizzavamo nel bordello e le idee che avevo per il Miami Mafia.
«Non possiamo permetterci perdite, di qualsiasi genere. Per quanto noi selezioniamo la clientela c’è sempre da star attenti. Oltre che i servizi nelle stanze che stanno qui, mandiamo ai clienti più stretti le ragazze a casa. Piccolo trucco, le facciamo sempre andare in autoreggenti; questo perché nell’elastico ci possono nascondere un piccolo coltellino da difesa. Vorrei che questa regola, in caso portassimo a termine il nostro progetto, venga mantenuta anche nel locale. Io qui ho il totale controllo; ma con musica a palla, gente ubriaca e strafatta di coca e sballottamenti vari non credo sia possibile garantire la sicurezza alle mie ragazze. Seconda cosa, pensavo al fatto che loro potrebbero anche essere usate come cameriere, per mettere in bella vista il bordello o per comunque ricevere qualche mancia in più. Che ne pensi?»
«Mi pare tutto perfetto.»
Sorrisi. «Ti vuoi fare un giro? Offre la casa.»
«No, grazie. Ho altri piani in mente.» mi guardò negli occhi, feci finta di niente.
Si erano fatte le 22:30, mi aspettavo succedesse qualcosa.
Non sbagliavo.
Sentii un tonfo, poi un forte odore di alcol. Sapevo chi era. Neanche il tempo di vederlo che già avevo estratto la pistola.
«Pensavo avessi capito.»
«Ascoltami, sgualdrina» ogni tre o quattro parole singhiozzava, era davvero ubriaco fradicio «qua sono io che comando, ora devi succhiarmelo.» e iniziò a slacciarsi i pantaloni.
Guardai Tony, sembrava imbambolato. Fissava il nulla… quando ad un tratto le pupille gli si dilatarono in maniera esponenziale, prese la sua amata mazza e si diresse verso il tipo. Non potevo neanche immaginare cosa stava per succedere.
Sbem, colpo dritto alle tempie.
L’ubriacone cadde a terra sbattendo, il sangue sgorgava dalla ferita come acqua limpida da una fontana. Questo, però, a Tony non bastava; era stato assalito da una rabbia cieca, sembrava che una qualche bestia satanica o stronzata simile si fosse impossessata di lui. Come se… prima di prendere la mazza, avesse visto qualcuno, qualcuno che gli abbia detto cosa fare. Gli montò su e iniziò a fracassargli le costole, probabilmente dopo poco si sbriciolarono, e a tirargli cazzotti dritti in bocca. Non ci mise molto a farlo fuori, il che non mi dispiacque per niente. Dopo un po’, però, lo bloccai. Non che mi desse fastidio la vista di quel corpo distrutto, ma semplicemente poteva arrivare un cliente da un momento all’altro e soprattutto mi dava altamente sul cazzo il fatto che avrei dovuto pulire. Neanche il tempo di trascinare via il cadavere che Tony si accasciò, per fortuna però non svenne. Gli portai un bicchiere d’acqua, intanto chiesi a una ragazza di prendere lo straccio e lo scopettone per togliere il lago di sangue che si era formato di fronte all’entrata. Quando si riprese del tutto gli tirai un pizzone in faccia, ogni tanto perdo il controllo.
«Ma che cazzo fai?»
Provò a bloccarmi il braccio ma riuscii a sfuggirgli e gli presi la faccia comprimendo le guance tra il pollice e le altre dita.
«Forse non hai capito che questo è territorio mio. Se qualcuno viene ammazzato è perché lo decido io e con le mie regole. Non è che il primo sbruffone che arriva si può sentir libero di fare come vuole.»
Lo guardai intensamente, poi lo lasciai andare con fare strafottente e mi diressi verso la porta  per controllare che non fossero rimasti schizzi di sangue. Devo ammettere che, in realtà, non ero per niente incazzata. Semplicemente quella “pazzia” mi aveva fatto scorrere un brivido di adrenalina nella spina dorsale, sensazione che non provavo da molto.
Verso le 04.00 chiudemmo, Tony si offrì per trovare un posto dove nascondere il cadavere. Rimasi comunque molto fredda, mi sentivo quasi soddisfatta, come se essere apatica mi facesse sembrare molto più interessante ai suoi occhi.  Cosa mi stava succedendo? Perché, per la prima volta in vita mia, mi interessava di come apparivo agli occhi di una persona? 
  
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