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Autore: Eruanne    10/08/2013    10 recensioni
E se non fossero soltanto i tredici Nani conosciuti ne "Lo Hobbit" a partire per riconquistare Erebor, strappata ai suoi abitanti dal drago Smaug? Se alla Compagnia di Thorin si aggiungesse un nuovo membro che non è propriamente accettato dagli altri e soprattutto dal loro re per un evento cruciale accaduto durante la battaglia? La loro missione sarebbe compromessa o i conflitti potrebbero risolversi col tempo e la fiducia?
Questa fan fiction ripercorre la trama del primo film e del libro, e a me non resta che augurarvi buona lettura!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note autrice: eccomiiii!!! Voglio solo lasciarvi questa colonna sonora di un telefilm della Bbc dove recitava il nostro bel Richard: “North & South”: vi chiedo di ascoltarla verso la fine del capitolo. Ah, preparate i fazzoletti :') : vi ho avvisate!

http://www.youtube.com/watch?v=ycCpSJcQJCM




CAPITOLO VENTITRE



La Sala del Trono non è mai stata illuminata come in quel momento.

La luce proviene dalle gigantesche finestre, raggi di sole entrano prepotenti a rischiarare l'immensa stanza; giochi di chiari e scuri si alternano sulle grandi statue di pietra, in uno spettacolo bello da togliere il fiato.

Anche lei ne è affascinata, ed è partecipe di quell'irraggiamento dorato che giunge fino al suo vestito: è sontuoso, però si sente a suo agio nel corpetto indaco impreziosito di ametiste e fili argentati e nella lunga gonna dello stesso colore e stessi ornamenti, simili a quelli che intercorrono sul pesante mantello blu bordato di pelliccia nera di colui che le da' le spalle.

Può vedere solo la lunga chioma nera striata di ciocche bianche e l'ampia schiena coperta dal mantello, anch'esso magnifico.

Anch'esso regale.

Sorride, il cuore batte placido all'interno della gabbia toracica; è tranquilla e serena, nessun pensiero negativo la sfiora.

È a casa, con lui.

Nient'altro conta.

Impaziente, vede che si gira lentamente: allarga il sorriso, è pieno di quell'amore che non sempre riesce ad esprimere a parole, ma che prova da tempo immemore.

Si smorza lesto, come se una secchiata d'acqua gelida l'avesse colpita.

Lui non sorride.

I suoi occhi azzurri non sono amorevoli né felici: sono pieni di rabbia, e di disprezzo profondo.

Tra le mani regge la sua collana di mithril, quella che gli ha lasciato quando se n'è andata: è insanguinata, grosse gocce rosse cadono verso il pavimento di pietra in un suono ritmico.

Plic.

Plic.

Plic.

Aggrotta la fronte, titubante: non sa che succede.

Ma sa che non promette nulla di buono.

Lo chiama, però la bocca non emette alcun suono: si apre, non accade nulla.

Porta una mano alla gola, eppure è tutto a posto; allora perché non parla?

Lui intanto si avvicina, lo sguardo manda bagliori di fuoco.

<< Perché te ne sei andata? >> urla rabbioso.

Vuole rispondergli, ma farlo è così complicato!

<< Avevi detto che non mi avresti lasciato, Karin! >> continua, fuori di sé.

Poi agita la collana davanti al suo volto, schizzi la raggiungono e si infrangono sulla pelle << E' così che dimostri il tuo amore? Con una collana fredda, senza un corpo che la indossi? >>.

Le urla si spargono lungo tutta la Sala, l'eco rimbomba e li accompagna a lungo, finché non riprende ad esternare il suo livore.

<< Mi fidavo di te più di qualunque altro mio compagno! Non è questo il trattamento che mi merito! >>.

Paonazzo in volto alza il braccio e, con un unico movimento veloce, scaglia la collana a terra.

Segue il percorso fino al pavimento, la vede frantumarsi in miriadi di pezzi: come lo è il suo cuore. Scioccata, alza gli occhi lucidi di lacrime verso il suo volto, che non mostra segni di turbamento né di dispiacere.

Vuole parlargli, ma non riesce.

E lui, lui è talmente arrabbiato!

Non indietreggia quando lo vede percorrere a grandi falcate la minima distanza che li separa perché, in fin dei conti, ciò che desidera è sentirlo vicino.

Vuole abbracciarlo, a dispetto di tutto.

Vuole baciarlo, perché senza di lui non è niente.

Vuole urlargli che l'ama, anche se ha distrutto l'oggetto che, per lei, è più importante di qualsiasi altra cosa.

O meglio, era.

Riporta lo sguardo alle schegge argentate, il groppo in gola le impedisce di deglutire.

Lo spostamento d'aria è talmente vicino che la fa sobbalzare, le labbra di Thorin sono ad un nonnulla dal suo orecchio.

<< Ti amo >>.

La gioia che prova non è esprimibile a parole: il cuore scoppia di felicità, le lacrime si riaffacciano e pungono agli angoli degli occhi; vorrebbe ridere ma le manca la voce, allora sorride apertamente.

Di nuovo, però, la bocca si deforma divenendo una smorfia.

Una smorfia di sofferenza.

Spalanca la bocca alla ricerca d'aria; non capisce, cosa succede?

Il dolore raggiunge limiti che mai avrebbe immaginato, proviene dal ventre; gli occhi cercano la causa delle fitte lancinanti, e rimane allibita.

La lama di Orcrist – la sua Orcrist! - le ha perforato il corpo lacerandole la pelle.

Impregnata di sangue che scorre senza sosta, l'arma manda bagliori di luce, riflettendo i coni di sole che provengono da quelle finestre che contemplava con tanta spensieratezza.

Perché l'ha fatto?

Sgrana gli occhi, il dolore è assurdamente insopportabile.

Porta una mano ad afferrare la camicia di Thorin, stringe convulsamente; l'altra, invece, si abbassa per cercare di sfilare la spada.

Serra gli occhi, non ce la fa, le forze crollano.

Vorrebbe gridare, dirgli di smetterla, chiedergli che gli è preso: ma non riesce.

Improvvisamente sente qualcosa di diverso; la camicia sembra sparita, le dita percepiscono pelle fredda, e nuda.

Rialza le palpebre, il terrore la ghermisce in una morsa.

Azog ha preso il posto di Thorin.

Tenta di divincolarsi dalla sua presa, ma è forte; le serra il braccio con la mano sinistra, ora presente.

L'altra è saldamente attorno all'impugnatura dell'ascia, torce con malcelato divertimento.

La sua risata è raschiante e brutale, le mette i brividi nonostante gli spasmi acutissimi; ora piange senza sosta, vuole andarsene, rivuole Thorin.

Come mai se n'è andato?

Oppure non le era mai stato accanto, ed ha avuto solo delle allucinazioni.

Il ghigno di Azog si amplia, affonda la lama con animalesca crudeltà, beandosi delle sue grida mute.

Sente la colonna vertebrale spezzarsi, gli organi squarciarsi. E il sangue cola, cola, cola.




Impiegò lunghi minuti per svegliarsi: dapprima riprese possesso dei suoi pensieri, benché molto confusi; poi iniziò a captare suoni lontani e indistinti, l'olfatto le fece arricciare il naso e salire la nausea: odori di sangue, disinfettante, erbe e morte aleggiavano nell'aria.

Poi venne il turno del corpo, ma per quello servì più tempo del previsto: iniziò a muovere le dita delle mani, a contrarre i muscoli di braccia e gambe. E fu allora che notò qualcosa di strano.

La gamba destra.

Non riusciva a sentirla.

Aprì gli occhi di scatto, riconoscendo il telo di una tenda d'accampamento: per un attimo tralasciò il pensiero dell'arto ripensando all'incubo, provandone orrore: la collana frantumata, Orcrist nel ventre, il volto furioso di Thorin e poi quello perfidamente divertito di Azog...

Chiuse gli occhi, non volendo rimembrare.

Abbassò il capo notando di essere distesa su una piccola branda, quindi dedusse di trovarsi nella sua tenda; istintivamente fece scivolare una mano sotto la coperta, percependo la consistenza ruvida di una camicia da notte di lana grezza: raggiunse il ventre, sentendolo intero e liscio.

Espirò sollevata e, stringendo i denti, decise che era tempo d'alzarsi: con calma cercò di farsi leva sui gomiti, ma la testa vorticò paurosamente e il fastidio l'assalì ancora, più forte di prima.

Lentamente ridiscese, appoggiando la nuca sul guanciale; con le dita della mano sinistra artigliò un lembo del panno, scostandoselo dal corpo: così facendo, però, si lasciò sfuggire un mezzo grido. Si era completamente dimenticata della ferita all'avambraccio!

Strinse le labbra e si morse l'interno guancia, respirando affannosamente; espirò ed inspirò diverse volte prima di riuscire a placarsi e, con assoluta cautela, continuò nel suo proposito.

Abbassò la mano destra verso la coscia, alzando la camicia fino all'ombelico: le dita sentirono al tatto la consistenza leggera e sottile della garza, fasciata strettamente sul punto in cui l'ascia di Agoz l'aveva trafitta.

Ma la gamba... non sentiva alcuna pressione né schiaffo leggero che diede nel tentativo di capirci qualcosa.

Si preoccupò, la gola si inaridì e un'immensa voglia di piangere e urlare si annidò nel petto.

Gemette quando pizzicò la pelle e si rese conto di non sentire veramente alcunché, al contrario dell'altra gamba.

Non può essere, no! No!

Gridò spaventata, preda di una nuova ondata di panico << Bilbo! Dwalin! Aiutatemi!!! C'è qualcuno? AIUTO! >>.

Tentò di rialzarsi, lacrime di frustrazione scesero fino al mento per poi crollare verso il materasso: e crollò anche lei, quando si rese conto di essere troppo debole.

Se le asciugò con stizza quando vide il lembo della tenda scostarsi e la faccia di Dwalin mostrarsi ai suoi occhi gonfi e rossi.

<< Karin! >> esclamò, sorpreso << Non avresti dovuto svegliarti così presto >> le disse, a mo' di rimprovero.

<< Che mi succede? >> chiese timorosa << La gamba, io non... oh, Dwalin! >> un singhiozzo sconcertato le sfuggì dalle labbra quando riuscì a vederlo meglio in volto, ma nessuna lacrima scese.

Il nano guerriero entrò nella tenda, l'unico occhio non coperto da una spessa benda che attraversava tutta la testa calva la guardava in maniera indecifrabile, forse perfino scocciata.

<< Non servono a nulla tutte queste scene >> parlò, duro << Si tratta solo di un sopracciglio spaccato >> concluse, agitando la mano e sedendosi con uno sbuffo stanco su una seggiola di legno accanto al letto.

<< Solo un sopracciglio? >> ripeté, ben scettica << Sembra piuttosto che abbiano tentato di togliertelo, quell'occhio >>.

<< Ci sono andati vicini >> l'osservò, incrociando le braccia al petto << Tu come stai? >> chiese, sinceramente preoccupato.

Karin rispose immediatamente, senza pensarci due volte << Male. Cosa è accaduto dopo che sono stata ferita? Come stanno gli altri? E Thorin? >> la voce tremò, e dovette schiarirsi la gola mentre attendeva la risposta.

Dwalin sembrò stringere maggiormente le braccia al petto, o forse fu solo una sua impressione.

<< La battaglia sembrava perduta, ma fortunatamente sono sopraggiunte le Aquile, chiamate da Gandalf; hanno snidato gli orchi dai pendii montani, scaraventandoli giù per i precipizi o sollevandoli in aria, riuscendo così a liberare la Montagna. Il nostro numero, però, era comunque inferiore: ed è stato allora, quando anche l'ultima speranza sembrava perduta, che è comparso il mutaforma >>.

<< Beorn? >> domandò stupita, reprimendo una smorfia mentre tentava di sedersi meglio; dopo che Dwalin le ebbe lanciato un'occhiataccia, tornò a sdraiarsi.

<< Sì, venne da solo e in forma d'orso; riuscì a spazzare lupi e orchi come fossero piume, e irruppe nell'accerchiamento. Gli orchi rimasti fuggirono, o comunque tentarono: molti soldati li inseguirono, comprese le aquile e lo stesso Beorn. Stanno dando loro la caccia anche in questo momento, e con la nuova alba non sarà difficile scovarli: presto saranno di ritorno >>.

Rimase in silenzio, guardando altrove; Karin finì di elaborare quanto aveva appena saputo, sentendo una dolorosa stretta al petto: il nano aveva risposto solo ad una domanda.

<< Dov'è Thorin? >> sussurrò, conscia d'essere stata comunque udita.

Di nuovo, il silenzio fece da padrone.

Spazientita e tremendamente preoccupata, strinse i pugni << Dwalin! Dove è Thorin? >> scandì bene, senza temere di nascondere l'ira che montava.

Perché non diceva nulla? Era capitato qualcosa di talmente grave da non poter essere detto?

Mi sta nascondendo che Thorin è morto?

Ricacciò quel pensiero, pronta ad urlare contro l'amico ritrovato e disposta a litigare brutalmente, perfino; tutto, pur di sapere.

Aprì la bocca, ma in quel momento qualcuno entrò nella tenda; lo riconobbe dal suono della voce, non essendo riuscita a vederlo in volto.

<< Karin! Giorni celesti, sei sveglia! >>.

Bilbo corse trafelato verso la brandina, gli occhi grigi lucidi e il volto stanco e tirato; le prese una mano tra le sue baciandole il dorso con sollievo, bagnandolo con lacrime salate.

<< Non sai la pena che ho provato nel vederti in queste condizioni! Come ti senti? La gamba ti da' noia? >>.

Scosse la testa, amareggiata << A dirti la verità, Bilbo, non la sento nemmeno >> terminò, abbassando gli occhi.

<< Oh, ma è assolutamente normale! >> esclamò, stringendole la mano << Il medico, sai, ha dovuto ricucirti quel brutto taglio, o avresti fatto infezione: così ha utilizzato l'anestetico >> le sorrise affettuoso, asciugandosi gli occhi con la mano libera; lanciò un'occhiata a Dwalin per poi riportare lo sguardo su di lei << Ho temuto per te, amica mia >> bisbigliò, chinandosi a baciarle la guancia: fu un bacio umido, ma ebbe il potere di risollevarle lo spirito.

Solo per poco.

<< Sono davvero lieto! Almeno tu ti sei ripresa >>.

Karin aggrottò la fronte, mentre brividi gelidi percorsero la schiena << Chi altri è ancora dormiente? Thorin? >>.

Bilbo perse ogni parvenza di sorriso, e di felicità; il volto ridivenne serio, tremendamente dispiaciuto.

<< Per favore >> li supplicò, angosciata << devo sapere >>.

Strinse la mano dello hobbit, facendogli comprendere quanto quel desiderio fosse forte: la stavano torturando lentamente, non mettendola al corrente della situazione del suo re. Del suo Thorin.

<< Lui... ha riportato delle gran brutte ferite, Karin >> spiegò Bilbo, evitando i suoi occhi.

<< E' vivo? Bilbo, è vivo? >>.

<< Sì. Ma non per molto, credo. Mi dispiace >> esalò, mentre un'altra lacrima solitaria scendeva.

Karin guardò Dwalin, rimasto impassibile durante il dialogo; dapprima si sentì vuota, come se al posto del cuore si stesse allargando un enorme buco nero, poi però qualcosa cambiò: doveva assolutamente combinare qualcosa. Non poteva rimanere lì senza far nulla!

<< Vado da lui >> disse, asciutta; fece leva sui gomiti e, mordendosi il labbro, si mise seduta: non volle badare alla testa che le doleva e le girava, né al fastidio dell'avambraccio ferito. Grugnì, mentre Bilbo tentava in tutti i modi di calmarla e rimetterla stesa.

<< Karin, no! Sei ancora troppo debole, hai perso molto sangue! >> squittì, spaventato nel vederla perdere quel poco di colore racimolato.

<< No, voglio andare da lui, e non sarai certo tu ad impedirmelo >>.

<< Ti chiedo di ragionare, Karin. Ti prego! >>.

<< Nessuna assurda preghiera mi farà cambiare idea! Lasciami andare, Bilbo, o sarò costretta ad impugnare Iris: mettimi alla prova >> lo sfidò, lanciandogli uno sguardo di fuoco.

<< Non potresti aspettare un po'? >> tentò ancora lo hobbit, la voce però sempre più incerta di fronte alla determinazione e al furore della ragazza.

<< Aspettare? >> ripeté sdegnata << E cosa, di saperlo morto e di non essere rimasta al suo capezzale per l'ultima volta? Mi chiedi troppo. Se mi vuoi bene come dici, lasciami andare >>.

Era un colpo basso, lo sapeva: giocare con i forti sentimenti che Bilbo provava per lei era scorretto, ma era l'unica scelta che avesse per andarsene da quella maledetta tenda.

Bilbo corrugò le sopracciglia ed espirò, guardando poi Dwalin per cercare appoggio << Dille qualcosa anche tu, per favore! Convincila a rimanere qui per qualche ora >>.

I nani iniziarono un lungo gioco di sguardi: nessuno voleva cedere, e sondarono le anime dell'altro come non accadeva da tempo, quando bastava una semplice occhiata per capirsi. Infine, il nano guerriero si alzò dalla seggiola, sciogliendo le braccia muscolose.

<< Andiamo >>.

Il cuore di Karin scoppiò di sollievo, e gli sorrise riconoscente.

Bilbo spalancò la bocca incredulo, per poi scuotere la testa riccioluta << Ah, nani! >> commentò solamente, come se questo potesse spiegare tutto.

Karin lasciò che Dwalin la prendesse in braccio prima di rivolgersi nuovamente allo hobbit << Se dovesse morire non potrei mai perdonarmi la mia assenza. Lo capisci, vero? >>.

Bilbo sospirò dopo alcuni secondi di silenzio << Sì. Capisco bene ciò che vuoi dire. Sono d'accordo con te, ma vedi di non strapazzarti! Sei ancora così affaticata >>.

<< Va bene >> gli sorrise, rincuorandolo con un'energica stretta di mano e una carezza.

Dwalin si incamminò, uscendo finalmente da quella prigione di tela; la luce rosata dell'alba appena sorta l'accecò un poco ma portò la mano a schermarsi gli occhi, riconoscendo la vecchia città di Dale.

Le molte tende dell'accampamento erano ancora al loro posto, però ve n'erano anche di nuove: con sommo stupore capì che anche i nani dei Colli Ferrosi avevano deciso di accamparsi in quel luogo, insieme a Uomini e Elfi.

Troppo impaziente e ansiosa non si permise d'esser lieta per questa novità, ma numerose voci concitate e allegre la destarono dai tristi pensieri.

I membri della Compagnia si stavano dirigendo verso di loro, tutti con un gran sorriso sulle labbra e gli occhi colmi di contentezza: e anche lei, bene o male, sentì le labbra piegarsi in un enorme sorriso sollevato.

<< Karin! Che bello rivederti tutta intera! >> esclamò Bofur, sventolando una mano guantata; percorse il suo corpo con gli occhi, accennando una smorfia buffa << Bé, più o meno >>.

Ridacchiò con loro, sentendo la tensione smorzarsi lievemente << Sono felice di sapervi illesi! Avete qualche ferita grave? >> volle sapere, lasciandosi sfuggire un tono preoccupato.

<< Solo qualche graffio, nulla di più >> rispose Balin, allargando le braccia per farsi esaminare << Come puoi notare stiamo bene, e camminiamo sulle nostre gambe >> il sorriso con cui le si era rivolto scemò d'un tratto << Piuttosto, tu come stai? Eravamo in pensiero >>.

Le accarezzò il braccio ferito, guardandola negli occhi velati di pena; ah, quante domande e pensieri sottintesi nello sguardo che si scambiarono! E come trapelò il meraviglioso e gigantesco conforto nel sapere l'altro vivo ed in salute più che sufficiente per continuare il lungo viaggio in quel mondo!

Ciononostante, nei loro occhi si riflesse anche lo smarrimento e la paura nel sapere in quali condizioni versava Thorin – persona a loro veramente troppo cara.

Padre e compagna cercarono negli occhi dell'altro la forza adatta per non perdere la speranza, e quel coraggio che sarebbe servito finché non si fosse conclusa ogni cosa. Nel bene e nel male.

<< Starà bene, vedrai >> le sussurrò Balin, così che solo lei potesse udirlo << E' un Durin >>.

Lei accennò un mezzo sorriso, stringendo con affetto la mano del vecchio nano; egli agitò l'altra davanti al volto, forse per impedirsi di commuoversi.

Karin alzò lo sguardo dal suo, spalancando un poco gli occhi: Legolas si stava avvicinando, salutando i nani con rispetto. Dietro di lui veniva Gandalf, con un braccio appeso al collo ed il solito sorriso contento sulle labbra.

<< Ah! >> commentò solamente nel vederla, seppur in braccio a Dwalin << Non temere, non è nulla di grave! >> spiegò indicando il suo braccio, in risposta allo sguardo curioso di lei.

<< E' bello saperti sveglia, Karin. Mio padre ci tiene a farti avere i suoi saluti >> disse l'elfo, regalandole un piccolo inchino.

<< Grazie. Dove si trova? >> chiese, rispondendosi poi da sola << Immagino partecipi alla caccia agli orchi >>.

Legolas annuì << Soprattutto lui. Poco fa è giunto Roac, mettendoci al corrente della situazione: sono riusciti ad ucciderne molti e saranno di ritorno presto, verso mezzogiorno >>.

<< Te l'avevo detto >> borbottò Dwalin, ormai stufo di tenerla in braccio.

D'improvviso, fu come se un lampo avesse squarciato la sua mente: guardò i suoi amici, notando l'assenza di qualcuno.

<< Kili e Fili! >> gridò, dimenandosi improvvisamente tra le braccia del nano che, per poco, non la fece cadere << Dove sono? Loro... erano accorsi in aiuto di Thorin durante la battaglia! >>.

<< E' esatto >> disse Gandalf, sospirando gravemente << Sono stati feriti, dopo aver combattuto valorosamente; sono in una tenda, poco lontano da quella di Thorin: ti stavi recando là, immagino >>.

<< Sì >> abbassò il capo, cercando di nascondere agli altri il suo profondo turbamento; rialzò la testa di scatto, puntando lo sguardo nero sul volto di Dwalin.

<< Va' da loro >> ordinò, stringendogli la camicia.

<< Lo farò dopo che ti avrò accompagnata >> rispose seccamente lui.

Ma Karin scosse la testa, facendo ondeggiare i lunghi capelli ancora sporchi << Vacci ora, o potresti pentirtene. Vigila sui figli di Dìs: non c'è persona più adatta di te, e lei vorrebbe così >>.

Dwalin contrasse la mascella, stringendo involontariamente il suo corpo; in combutta con se stesso, alla fine decise: la consegnò a Legolas, e Karin poté percepire chiaramente la differenza di presa. Quella del nano era forte, quella dell'elfo era più gentile, come se avesse timore di farle male. Però, non per questo, meno salda.

Il nano li salutò per poi camminare a grandi falcate, mentre loro si trattennero un altro po' con gli altri: Karin parlò con tutti, abbracciandoli con qualche difficoltà data l'altezza dell'elfo e il fastidio provato al braccio; la gamba, al contrario, era ancora insensibile.

Dopo quelle che le parvero lunghe ore si congedarono, percorrendo la stessa strada di Dwalin; camminarono in silenzio per un po', finché non lo spezzò.

<< Anche io sono felice di saperti vivo, e vorrei chiederti perdono riguardo la mia impulsività durante la battaglia: ma non potevo rimanere in disparte >>.

<< So cosa ti ha spinta a correre in quel modo; o meglio, chi >> sorrise furbamente e la guardò negli occhi, svoltando lungo una nuova fila di tende << Avrei compiuto la medesima azione, se la persona da me amata si fosse trovata in difficoltà >> ammise << Però la prossima volta sei pregata di avvertirmi in tempo: non hai idea della paura che ho provato >>.

Il tono serio la fece vergognare, ma si disse che non avrebbe mai voluto cambiare ciò che era stato.

<< Spero non ci sarà una seconda volta >> borbottò.

Finalmente l'elfo si fermò e, col cuore che galoppava anche troppo velocemente, attese d'entrare; eppure, quando varcarono la soglia, ebbe un potente desiderio d'uscire.

L'odore di morte che aleggiava nell'aria le fece mancare il fiato, ed ogni speranza.

Gli occhi si riempirono di lacrime ancor prima di vederlo disteso sul giaciglio, col volto ancora percorso da ferite rosso vermiglio; una coperta le nascondeva il petto nudo fasciato con bende, e l'olezzo che emanavano suggerivano che dovevano essere cambiate in fretta.

Non seppe spiegarsi i sentimenti che le invasero il cuore, ma la voglia di piangere e urlare il suo nome fino a svegliarlo fu tanta.

Incontenibile.

Legolas la depose delicatamente sulla seggiola accanto alla branda, guardandosi poi attorno alla ricerca di qualcosa << Vado a cercarti un'altra sedia, poiché devi tenere la gamba distesa; nel frattempo tenterò di capire dove possa trovarsi il medico >>.

Karin non sembrò udirlo, troppo impegnata ad osservare il volto dell'amato; quando comprese d'essere sola, alzò una mano e sfiorò dolcemente la sua guancia.

<< Thorin, sono qui >> avrebbe voluto dire altre parole, ma le si impigliarono in gola; si diede della sciocca, certa di non essere stata udita: che senso aveva parlare con qualcuno che non poteva né sentirti né risponderti?

Invece di star meglio si sentì decisamente peggio.

Doveva agire, o sarebbe impazzita dalla tristezza che le appesantiva il cuore. Spostò gli occhi alla sua sinistra, accorgendosi di un basso catino bianco riempito d'acqua dove, sul bordo, si trovava una pezzuola pulita: si allungò più che poté, riuscendo a prenderlo non senza qualche imprecazione trattenuta a fatica.

Sospirò pesantemente quando se lo pose in grembo e, con la gamba sana, spinse la sedia poco più vicina alla branda in modo da essere agevolata nei movimenti; intinse la pezza nello specchio limpido, strizzandola con energia finché non smise di gocciolare: poi, delicata e leggera, la adagiò sulla fronte del nano dove, a destra, campeggiava un lungo ed esteso taglio che arrivava fino alla glabella. Tamponò, ma fu costretta ad utilizzare un po' più di energia per rimuovere il sangue ormai rappreso: dopo alcuni minuti sospirò soddisfatta, guardandola ora pulita e ridimensionata in larghezza - purtroppo non in lunghezza – e posò gli occhi sull'acqua già rossastra.

Una smorfia le distorse i tratti del volto stanco: un lieve fastidio iniziava a propagarsi dalla coscia, espandendosi fino al piede; l'anestesia stava dissolvendosi in fretta e, presto, il dolore sarebbe stato atroce da sopportare. Almeno finché il medico non avesse provveduto.

Si concentrò sul ripulire le ferite visibili di Thorin, fin dove riuscì ad arrivare con la gamba malandata; non pensò molto, a dir la verità, limitandosi a compiere gesti meccanici quali immergere la pezzuola e pulire i tagli, o passargliela tra i capelli per togliere ogni residuo di polvere e sangue.

Infine ripose il tutto, prendendo tra le mani uno straccio pulito: stavolta glielo poggiò sulle labbra sottili, bagnandole per non farlo disidratare, e poi lo mise sulla fronte, constatando quanto questa scottasse.

Rimase immobile a lungo, osservandolo: il petto si alzava ed abbassava regoalare, eppure molto flebile; la pelle era percorsa da goccioline di sudore, segno che la febbre si stava alzando pericolosamente.

Bagnò innumerevoli volte la pezzuola, dato che si seccava facilmente, e poi tentò di non sussultare ad ogni fitta o movimento improvviso.

Altre lacrime scesero durante quel tempo interminabile però le asciugò sempre, speranzosa: se si fosse risvegliato si sarebbe preoccupato nel vederla con gli occhi rossi e lucidi; e lei non aveva alcuna intenzione di dargli quel dispiacere.



<< Karin >>.

Trasalì sulla sedia quando udì la voce di Legolas alle spalle, e girò il busto reprimendo un gemito: stando per ore in quella scomoda posizione si era irrigidita, necessitava di sgranchirsi un po'; un mero sogno, data la gamba.

L'elfo reggeva tre le mani una sedia di legno in buone condizioni e, dietro di lui, veniva un nano dalla corporatura robusta e dalla lunga barba grigia, annodata in numerose e sottili treccine; i capelli del medesimo colore erano anch'essi pettinati in varie trecce, ma la chioma era fluente nonostante l'anzianità. Karin giudicò potesse avere la stessa età del padre, se fosse stato ancora in vita.

Lo osservò attentamente e così fece lui, lasciando trapelare la disapprovazione con sonori sbuffi e occhiate severe.

<< Così non va bene, mia signora: devi riposarti e stare distesa >> disse con voce profonda e burbera << La guarigione altrimenti non avverrà in tempi brevi >>.

<< Non ho alcuna intenzione d'andarmene, mastro nano >> ribatté, sicura di sé.

<< Sii ragionevole, Karin >> s'intromise Legolas, quasi pregandola << Non ti fa bene rimanere qui >>.

<< Tu che ne puoi sapere? >> sibilò, sentendo la rabbia montare veloce in petto << Chi ti ha dato il permesso di giudicare cosa è bene per me e cosa no? Sono in grado di badare a me stessa, sono adulta e ho affrontato più prove di qualsiasi altra persona: perciò, non provare mai più a dirmi questo >>.

Il silenzio che scese subito dopo sembrò penetrare nelle loro pelli come ghiaccio, lasciandoli anche allibiti: mai prima d'ora gli si era rivolta con quel tono autoritario e ostile, come se non volesse accettare consigli da un amico.

Non abbassò lo sguardo nemmeno per un secondo, non si pentì delle parole dette.

<< Rimarrò qui, costi quel che costi. Non posso abbandonarlo >> l'ultima frase la sussurrò, voltando la testa verso il malato; le dita gli sfiorarono la mano ma si ritrassero subito, pentendosi d'essersi mostrata così vulnerabile dopo il tono duro.

Legolas ammutolì, così prese parola il nano << Bé, in questo caso dovremo trasportare la tua branda qui dentro: c'è spazio sufficiente per entrambe >>.

Karin lo guardò e annuì, oltremodo grata << Ti ringrazio >> tentennò, non conoscendo il suo nome.

<< Disin >> si presentò, inchinandosi lievemente << Al tuo servizio, mia signora >>.

<< Karin, al tuo >>.

<< Conosco il tuo nome. Ed è un vero onore poter conoscere la salvatrice del Re sotto la Montagna >>.

La ragazza corrugò le sopracciglia << Salvatrice? >> domandò, imbarazzata.

<< Non si parla d'altro che del tuo coraggio, in queste ore >> le si avvicinò, posandole la sedia sotto la gamba nuda per esaminarla: quando la toccò sussultò, strizzando gli occhi. Disin la guardò di sottecchi, tornando a concentrarsi di nuovo sulla ferita; tolse le bende, e Karin sentì d'impallidire: il taglio era lungo e rossastro, percorso da punti di sutura. Fortunatamente non era cosciente quando l'aveva ricucita, o sarebbe svenuta immediatamente! A dispetto della visione non poté impedirsi d'immaginarsela grondante di sangue vermiglio con i muscoli esposti e, per un attimo, le vertigini la presero.

Il medico borbottò qualcosa, allarmandola << Qualcosa non va? >>.

Alla mancata risposta osservò Legolas, teso quanto lei; finalmente il nano le rispose << Alcuni punti sono saltati, ecco perché ti dava fastidio oltre al normale dolore della cicatrizzazione. Comunque non si infetterà! >>.

<< Questo mi conforta >> mugugnò, incupendosi << Ti chiedo di occuparti del re, ora: ne ha più bisogno >>.

Disin la rifasciò con una nuova benda pulita, per poi scostare il lenzuolo dal corpo febbricitante di Thorin.

<< Ben fatto: la benda fresca servirà a far scendere la febbre >> disse, soddisfatto.

<< Io intanto chiedo ai tuoi compagni se possono aiutarmi a spostare la branda, Karin >>.

Annuì, dicendosi d'accordo con l'idea di Legolas; quando furono soli calò il silenzio, mentre lo vedeva srotolare con le dita callose ma inaspettatamente delicate le varie bende impregnate di sangue dal petto del nano.

Le si attorcigliò lo stomaco quando l'odore della ferita le arrivò alle narici e si ritrovò a ruotare il capo di lato per non vomitare, stringendo gli occhi con foga per non scoppiare a piangere: non aveva voluto riconoscerlo prima, ma ora comprendeva appieno la gravità della situazione di Thorin, e ne aveva paura.

Perché ora, buona parte del suo cuore, le sussurrava che non sarebbe sopravvissuto.

<< Mia signora Karin, stai bene? >> domandò Disin, riponendo il disinfettante sul tavolino di legno accanto al sovrano.

Si fece coraggio, cercando di recuperare la calma e la freddezza << Sì, ti ringrazio. Quando hai finito, però, gradirei rimanere sola con lui: ho intenzione di occuparmene personalmente come ho fatto finora >> sentì d'aver usato un tono troppo autoritario, e decise di correggerlo con un breve sorriso << Per favore >> aggiunse poi, di getto.

<< Come comandi >> rispose lui, fin troppo servile.

<< Non ti sto obbligando >> ribatté lei, guardinga << E non c'è bisogno di dimostrarsi così... sottomesso. Non con me, almeno >>.

<< E quale comportamento dovrei tenere in tua presenza? >> chiese, smettendo di lavorare per scoccarle un'occhiata fredda.

Ecco pensò Karin questo è il tuo vero volto.

<< Non saprei >> ammise, guardandolo sempre circospetta poiché non sapeva che pensare di lui << Ad esempio, so che provieni dai Colli Ferrosi, e conosci il mio nome e ciò che rappresentavo: perché, dunque, non mi disprezzi come gli altri e come il tuo re? >> domandò, sinceramente curiosa.

Quello si aprì in un leggero sorrisetto divertito continuando il suo lavoro, cosa della quale Karin gliene fu grata; impiegò qualche minuto, ponderando la domanda e scegliendo la risposta adatta.

<< Come potrei denigrarti? Conoscevo tuo padre, Karin figlia di Kario >>.

A quelle parole la ragazza rimase sbigottita; schiuse le labbra screpolate, dimenticandosi perfino della costante pulsazione alla coscia.

<< Davvero? Non ti ha mai menzionato >>.

<< Questo perché la nostra conoscenza risalì a prima che tu nascessi; mi capitò molte volte d'incontrarlo e, fin da subito, lo reputai un nano onorevole e giusto: autoritario e fiero, certo, ma rispettabile, pieno d'onore e senso di giustizia! Inutile sottolineare che si guadagnò la mia più profonda stima e fiducia dopo appena spicce parole >>.

Il cuore di Karin fece una capriola, la sua anima si inorgoglì nel sentir parlare di suo padre con così tanta ammirazione: a parte Thorin e Balin – e anni prima anche Dwalin – nessuno le aveva mai confidato cosa provasse o pensasse al cospetto di Kario.

Sorrise spontaneamente, un sorriso che le scaldò il cuore dolente: era felice di poter parlare con qualcuno di estraneo di suo padre, e scoprire che non lo odiava per le calunnie riguardanti l'esilio.

<< Hai creduto al tradimento? >> chiese, un po' titubante.

Il medico scosse la testa energicamente, finendo di stringere con un nodo le nuove bende di Thorin per poi occuparsi dei tagli sul viso, mostrandosi soddisfatto del lavoro fatto da lei << Oh, no! Non lo credevo possibile! >> esclamò convinto << Non immagini il dispiacere nello scoprire della sua morte: ne fui oltremodo addolorato. E quando i soldati tornarono all'accampamento dopo aver discusso le condizioni con voi e riferirono dell'esiliata che aveva osato questionare contro Re Dain... ah, non potevo crederci! Credevo fossi perita come tuo padre: invece, ti sei dimostrata sua degna figlia ed erede >> la guardò, ridacchiando di fronte alla sua espressione inebetita e confusa.

<< Kario mi raccontò la storia della spada della tua stirpe: Iris, Fulgore d'Oriente. I miei occhi non avevano mai avuto il privilegio di posarsi su una lama talmente splendente e meravigliosa. Quando ho potuto rivederla brandita da te durante la battaglia mi è parso di vedere lo spirito di tuo padre, e le sue parole hanno risuonato nella mia testa: mi confidò il desiderio di volere un figlio coraggioso e leale verso il suo sovrano. E tu, mia signora, hai tutte le qualità a cui lui aspirava: Kario sarebbe oltremodo fiero di te >>.

Dagli occhi neri scesero lacrime di commozione, e nulla fece per nasconderle: perché doveva vergognarsi della sua felicità, di quel peso che sembrava essersi dissolto dal cuore?

Abbassò la testa in segno di rispetto, ringraziandolo per le belle parole; lui agitò una mano noncurante, tornando leggermente più scorbutico dato l'imbarazzo provato.

<< Ora mi congedo, lascio il re alle tue premure: sono certo saprai proteggerlo ancora >> le lanciò uno sguardo che valeva più di mille altre frasi e, dopo averle consegnato delle erbe che avrebbero attenuato il suo dolore alla gamba, si profuse in un inchino e se ne andò, lasciandola sola con il malato.

In parte si dispiacque, poiché il nano era socievole e di buona compagnia, però le era mancato il silenzio e il poter rivolgere la sua attenzione unicamente verso Thorin; come prima, passò altro tempo ad accudirlo osservandone attentamente ogni tratto, dalle labbra sottili leggermente dischiuse alle palpebre tremolanti che molte volte la trassero in inganno, convinta di un suo imminente risveglio: ma le ore passarono e non notò altri cambiamenti, facendola cadere nel baratro della tristezza.

Legolas si presentò con Nori e Bofur e, una volta sistematole la branda accanto a quella del sovrano, la fecero sedere lì; ora più vicina a Thorin, si permise addirittura di dormicchiare con il capo accanto al suo, stando bene attenta a non girarsi troppo.

Così la trovò Gloin, molte ore dopo; fuori era calata la sera, e l'accampamento aveva acceso i suoi fuochi. I soldati ora erano allegri e brindavano alla vittoria, ed anche i sovrani erano lieti; Gandalf aveva congedato con molti ringraziamenti le Aquile ed ora chiacchierava con Beorn, il quale voleva salutare la giovane prima della partenza: ed ecco perché il nano si trovava lì, accanto al corpo addormentato di Karin.

La scosse piano per una spalla e la vide aprire gli occhi di scatto, mettendosi a sedere e gemendo debolmente.

<< Gloin >> lo salutò con voce impastata << Che accade? >>.

<< Ti chiedo di uscire per qualche minuto, Karin; Beorn sta partendo, e gradirebbe dirti addio >>.

La ragazza si stropicciò un occhio, annuendo con vigore << Certo. Potresti aiutarmi a scendere dalla branda? >>.

Gloin mosse il capo in un cenno d'assenso, portando una mano sotto l'ascella della giovane; tirò verso di sé, portandole poi un braccio attorno al collo perché non cadesse.

Mossero qualche passo incerto e la sentì lamentarsi ma, subito dopo, arrivarono al punto dov'erano posate due grucce di legno.

<< Ti senti sicura con quegli affari? >> domandò, nel vederla barcollare.

<< Devo solo abituarmici >> borbottò, il volto serio e concentrato; le portò in avanti, seguendo il movimento con le gambe. Quella malandata - poco più su dell'altra - non toccava terra e, al momento, non le procurava grossi fastidi: ciò era un bene.

<< Andiamo >> parlò, seguendo il nano.

L'aria frizzante della notte la fece rabbrividire; si rimproverò duramente quando ricordò di indossare solamente quella tunica: sebbene fosse di lana, il freddo penetrava ugualmente.

Si incamminarono e, dettaglio che la lasciò sbalordita, furono i continui sguardi lanciati dai soldati al suo indirizzo; imbarazzata, cercò di non badarvi, non sapendo se gliele rivolgessero per il fatto di essere l'unica femmina dell'accampamento – per di più vestita in quel modo – o perché rimembravano i suoi appellativi: Traditrice e, ora, Salvatrice.

Finalmente intravide le alte figure di Gandalf e Beorn accanto ad un falò rossastro; quando la scorsero, entrambi le rivolsero un gran sorriso.

<< Karin! Vedo che ti reggi benissimo in piedi! >> commentò lo stregone, mostrandosi soddisfatto.

<< Ci provo >> ribatté lei, che non si sentiva così sicura nel procedere; accolse come una benedizione il poter stare ferma, e girò la testa verso il mutaforma.

<< Salute, Beorn. È da molto che non ci incontriamo >>.

<< Vero! >> esclamò l'uomo << Sono dispiaciuto per le tue brutte ferite, uccellino. E per quelle riportate dal tuo sovrano: è merito mio se possiamo ancora considerarlo tale, comunque >>.

<< Sei stato tu a salvarlo? >>.

<< Precisamente >> rispose, grattandosi la barba ispida << Ed ero accorso a prendere anche te, ma la tua aquila mi aveva già preceduto >> indicò col pollice un punto alle sue spalle e Karin, dubbiosa dalle parole rivoltale, seguì la traiettoria.

Sgranò gli occhi quando riconobbe l'enorme aquila che l'aveva tratta in salvo dopo la spiacevole avventura alle Montagne Nebbiose, e sorrise; il rapace si stava pulendo le penne marroni screziate di bianco alle estremità ma, forse accorgendosi della nuova presenza, si fermò e piegò il capo di lato, guardandola.

Karin camminò verso di lei, finché non si trovò a pochi passi << Ti ringrazio, poiché mi hai salvato la vita ben due volte. Temo d'essere in debito con te >> abbassò la testa, inchinandola rispettosamente.

L'aquila lanciò un verso stridulo, piegando la testa fino a sfiorare la terra secca col becco affilato, in risposta.

Col cuore colmo di gratitudine, Karin allungò una mano – rimanendo aggrappata all'altra stampella – e accarezzò brevemente il becco del rapace, donandole un sorriso.

Poi indietreggiò, vedendola spalancare le ali maestose e spiccare il volo, perdendosi presto nell'oscurità.

Sentì dei passi, e Gandalf e Beorn le si affiancarono perché non si affaticasse ulteriormente << Credo avremo ancora bisogno di lei, prima della fine >> sentenziò lo stregone, col suo solito tono enigmatico.

Leggermente spossata e con un forte desiderio di dormire preferì non indagare, congedandosi anche dal mutaforma.

<< Addio, dunque, coraggiosa nana! Possa il tuo viaggio concludersi sotto i migliori auspici: dopo tutto, te lo meriti >>.

<< Così come tu meriti di passare il resto della vita in pace e tranquillità, senza dover intervenire in altre battaglie >> convenne lei, esprimendo riconoscenza << Spero che la mia amicizia possa accompagnarti a lungo >> concluse poi, sorridendogli.

Beorn annuì, incrociando le braccia << Eccome! Così come spero possa accompagnarti la mia >> si schiarì la voce goffamente, gli occhi scuri brillanti nella notte << Che la fortuna ti assista in queste ore per te buie, amica mia. Oggi e per sempre >>.

<< Altrettanto. A nome di Thorin Scudodiquercia ti ringrazio per averlo salvato. Addio, Beorn >>.

Non si strinsero la mano, benché meno si abbracciarono: le parole di Karin furono le ultime dette, dopodiché Beorn il mutaforma si incamminò verso casa; ad un certo punto, una specie di ruggito ruppe l'atmosfera che aleggiava nell'aria. Era il suo ultimo saluto.

<< Persona interessante, non sei d'accordo? >> domandò Gandalf, una volta soli.

Karin espirò, stanca, quando un pensiero la colse di sorpresa << Ma... dov'è Bilbo? >> chiese, guardandosi attorno.

<< Oh, ho ritenuto opportuno tenerlo impegnato, altrimenti sarebbe venuto ad importunarti molte volte nel corso del pomeriggio! Devi sapere che non approva granché la tua idea: ritiene che, nel malaugurato caso della morte di Thorin, tu possa uscirne devastata >> spiegò serio.

<< Ne sarò addolorata indipendentemente da dove mi trovi >> sbottò, adombrandosi; poi però il volto ridivenne preoccupato, anche se passò un lampo speranzoso nei tratti << Non puoi aiutarlo in qualche modo, Gandalf? >> supplicò.

<< Non in questo caso, bambina mia. È giusto che Thorin Scudodiquercia dimostri di possedere le forze di cui non è sicuramente sprovvisto per svegliarsi e tornare dalle persone che lo attendono e lo amano. Però, se me lo permetterai, potrei occuparmi della tua gamba >> concluse, strizzando amichevole un occhio azzurro.

Karin sospirò internamente, sopendo la voglia di imporsi e contestare l'Istari; d'altra parte, però, sapeva che quelle motivazioni erano corrette, anche se dovette mordersi il labbro per non iniziare una lunga e strenua discussione.

<< Volentieri, grazie >> disse, infine.

<< Oh, questo ed altro per la Salvatrice di Re >> ridacchiò alla sua smorfia, posandole una mano sulla spalla.

<< Dori fu il primo a chiamarmi così, subito dopo aver salvato Thorin dal primo scontro contro Azog >> spiegò, con una smorfia di disaccordo << Non mi piace granché come appellativo, mi mette a disagio >> rivelò, sbuffando << Comunque, sempre meglio di traditrice o esiliata >>.

<< Ah, sono pienamente d'accordo! E, se me lo concedi, credo che sentirai presto altri titoli, Karin figlia di Kario >>.

Di nuovo, la ragazza aggrottò la fronte nel sentire l'ennesimo enigma, preferendo non badarvi: si lasciò condurre verso la tenda di Thorin – ora anche sua – trovando Gloin sull'uscio, appoggiato alla sua ascia; capì quanto fosse stanco, ma era rimasto sveglio ad attendere il suo ritorno.

<< Ho preferito vegliarlo >> le rispose, dopo che gli ebbe domandato perché non se ne fosse andato a letto << Sai, per precauzione, nel caso si fosse destato >>.

Il cuore di Karin si strinse e traboccò di riconoscenza l'attimo successivo; la voglia di abbracciarlo l'invase e, per una volta, l'accontentò.

Lo sentì irrigidirsi, stupito, ma poi ricambiò goffamente lasciandola andare quasi subito: non la guardò negli occhi, troppo imbarazzato.

L'affetto per il rude nano aumentò a dismisura, specie nel vederlo così teso << Grazie, Gloin >> disse, commossa.

<< L'ho fatto con piacere >> borbottò << Buonanotte >>.

Se ne andò, permettendo ai due di entrare nella tenda; con immensa pena, Karin capì che nulla era mutato durante la sua assenza: Thorin era ancora febbricitante e dormiva, sprofondato in quella battaglia personale che lo vedeva sospeso tra la vita e la morte.

<< Temo per la sua vita, Gandalf >> si trovò a sussurrare, seduta sul giaciglio mentre lo stregone le sfiorava la ferita borbottando litanie.

Egli aprì immediatamente gli occhi, guardandola apprensivo << Come tutti noi, del resto. L'unica cosa che posso dirti è di non perdere la speranza, e confidare maggiormente nel tuo re >>.

<< E se ciò non bastasse? >>.

Il tono pieno di timori ma ormai sconfitto nella sua profondità lo turbò << Basterà >> disse, sperando di convincerla; non ci riuscì del tutto, così decise di dimostrarsi fiducioso e allegro, sebbene il suo animo fosse tentennante << Su, ora in silenzio, altrimenti non potrò guarirti! Ecco, dovrebbe bastare: da adesso potrai sorreggerti solo grazie ad un semplice bastone; poco prima mi sembravi oltremodo in difficoltà! >>.

Karin si lasciò scappare una breve risata, scuotendo il capo << Non ti si può nascondere nulla, vero? >>.

<< Era piuttosto evidente, mia cara. Cerca di riposare, mi raccomando >>.

<< Va bene >>.

Gandalf si congedò e, ora sola, Karin non si stupì nel disobbedire al suo consiglio: si ritrovò ad assistere il nano per lunghe ore, accarezzandogli la fronte leggermente più fresca e le grandi mani abbandonate lungo il busto. Scostando di poco le coperte notò la bolla rossa dove Azog l'aveva ferito, proprio sotto l'ascella; le parve di notarla meno estesa rispetto alla mattina, ma non volle azzardare alcun giudizio: spesso le persone che sembravano riprendersi mostravano improvvisamente una ricaduta e, nella maggior parte dei casi, morivano.

Scosse la testa, implorando gli dèi di risparmiarlo, chiedendo perfino di poter prendere il suo posto; tutto pur di rivederlo aprire gli occhi, camminare fiero e dritto senza alcun timore. Tutto, purché potesse stringerla ancora tra le braccia salde, baciarla con ardore e accarezzarla con mani ruvide ma delicate.

Si lasciò scappare un singhiozzo, soffocando il successivo con la manica della camicia da notte premuta sulle labbra.

Non seppe per quanto tempo rimase a piangere e disperarsi: l'unica frase che riuscì a formulare le rimbombò continuamente in testa, come fosse una nenia. Una preghiera accorata.

Non lasciarmi, ti prego!



Si svegliò di soprassalto, chiedendosi quando si fosse addormentata: probabilmente in seguito al pianto furioso, poiché non possedeva altri ricordi. La testa sembrava esploderle, le martellava senza sosta; si consolò col pensiero che, almeno, la gamba non le doleva più di tanto.

Sentendosi osservata puntò gli occhi nella penombra verso l'imboccatura della tenda, dalla quale spuntò Dwalin, indecifrabile in viso.

<< Come stanno Kili e Fili? >> domandò, tremendamente preoccupata.

Il nano le si avvicinò, sorridendole << Si sono risvegliati poco fa, ed hanno già iniziato a chiacchierare e a chiedere di tutti, te compresa. Quando ho riferito dove ti trovavi hanno sorriso sornioni, dicendomi che capivano perfettamente >>.

Karin sbuffò, sprezzante << Forse non hanno inteso che loro zio è ferito gravemente! >> sbottò piccata.

<< Oh, lo sanno! >> ribatté Dwalin << Ma il saperti accanto a lui dopo la tua fuga li ha consolati. Diciamo che ci siamo calmati tutti non appena ti abbiamo vista correre verso di lui, anche se stavi compiendo un'azione stolta. Ma necessaria >> si affrettò ad aggiungere, non appena la vide aprire la bocca per replicare, battagliera.

<< Thorin, invece? Qualche miglioramento? >> volle sapere, guardando l'amico disteso.

Karin scosse la testa, affranta << Ciò che vedi. Ha iniziato a rantolare da poco, però, e non credo sia un buon segno >>.

Abbassò il capo, distrutta, senza rialzarlo quando percepì la pressione della grande mano di Dwalin sulla spalla, in un muto gesto di solidarietà; la mano volò sulla sua, stringendogliela in ringraziamento. Rimasero in quella posizione per lunghi minuti, nei quali cercarono di sostenersi a vicenda per superare il dolore e l'impotenza che li accompagnava: vedere l'amico e re in quelle condizioni non giovava loro, specie a Karin, i cui occhi si inumidirono nuovamente; dovette inspirare a bocca socchiusa per calmarsi, e Dwalin comprese di doverla allontanare dai cattivi pensieri, seppur per poco tempo.

In procinto di parlare, venne interrotto dalla voce incrinata della stessa << In tutto questo tempo ho avuto modo di riflettere. Se Thorin non dovesse svegliarsi, non credo riuscirei a sopravvivere >>.

Dwalin si immobilizzò, staccandosi e indietreggiando di due passi, incredulo << Non dirlo, Karin. Non glielo permetterai >> disse, sicuro.

<< Non ho potere di vita, né di morte >>.

<< Basta che tu gli stia accanto: sentendoti, Thorin tornerà da te, a costo di sfidare la morte stessa >>.

Karin rimase zitta, ponderando le parole dell'amico; infine, sorrise malinconica << Elfi e Nani sono più simili di quel che pensiamo >> sussurrò amaramente.

<< Che vorresti dire? >> domandò lui, non riuscendo a trovare il nesso col discorso precedente.

<< Amiamo una volta sola, e moriamo per amore. Questo sarà il destino che mi attenderà: e l'accoglierò con gioia >>.

<< No! Dimorerai con noi, con me, ad Erebor >> proruppe, ben convinto della frase.

Karin si commosse, guardandolo negli occhi: finalmente era giunto il tanto agognato perdono.

<< Da quando hai cambiato opinione nei miei confronti? >> volle sapere, asciugandosi una lacrima con la punta dell'indice.

<< Da un po' di tempo, ad essere sincero >> ammise brusco, trovando interessante il catino posto sopra il mobiletto << Quando ti ho vista rischiare la vita per salvarlo anche stavolta, bé... ricredersi è stato semplice >>.

<< E' bello saperlo >> concordò, sentendosi felice e sollevata sotto il baratro dell'afflizione.

Dwalin sospirò, rincuorato d'aver momentaneamente appianato le divergenze; certo, non era stato il momento adatto per risolvere le loro beghe, ma avrebbero avuto più tempo non appena Thorin si sarebbe ristabilito. Profondamente convinto dei suoi pensieri, si permise di rassicurarla.

<< Non temere, Karin, e sii fiduciosa. Thorin sopravvivrà >>.

Karin annuì mesta, non volendo privarlo del compiacimento di essere riuscito nell'intento di risollevarle il morale a pezzi.

Seguì con lo sguardo l'imponente figura finché non oltrepassò la soglia e, solo allora, si lasciò sfuggire un sospiro fiacco.

Tutti erano fermamente certi di una sua ripresa: tutti tranne lei.

Era semplicemente negativa, oppure realista? I suoi compagni non volevano guardare in faccia la realtà, o era lei ad essere così pessimista nel considerarlo ormai perduto per sempre?

Domande. Inutili domande che non chiedevano necessariamente una risposta.

Si sporse verso Thorin, posandogli le labbra sulla fronte: era ancora bollente, perciò si adoperò per abbassargli l'elevata temperatura corporea.

Attese invano il medico, decidendo di conseguenza di occuparsi anche del cambio delle bende; alzandosi a fatica in piedi, sciolse il nodo e srotolò la fasciatura impregnata di sangue e pus. Con una smorfia di disgusto l'appallottolò e la gettò lontano, a terra; lavò con infinita delicatezza la ferita, disinfettandola ancora, senza mai perdere di vista i tratti del volto nell'auspicio di un qualche mutamento.

Poi zoppicò lenta verso il sacchetto di erbe medicinali lasciatele e, con un tuffo al cuore, ne riconobbe una: l'Athelas campeggiava scura tra altre pianticelle più chiare, probabilmente una sorta di sedativo per il dolore.

Con dita sicure afferrò numerose foglie dell'erba medicinale, annusandole: la mente la riportò al loro breve soggiorno alla Carroccia, quando Thorin le aveva medicato la spalla e la guancia, entrambe regalo della Città dei Goblin.

Quella notte avevano discusso, com'erano soliti fare un giorno sì e l'altro pure, ma poi qualcosa era cambiato: si erano trovati ad un nonnulla dal volto dell'altro, consci di colmare la breve distanza con un bacio. Era stata la prima occasione in cui l'avevano desiderato ardentemente, con tutto il loro cuore; da quel momento non erano stati in grado di sopire l'amore che, giorno dopo giorno, li aveva tormentati prepotentemente.

Si ritrovò a sorridere, persa in quei dolci ricordi; prese il ritrovamento della foglia di re come un segno e, senza pensarci due volte, la sminuzzò tra le dita e l'immerse in acqua. Guardò i pezzettini galleggiare pigramente, e la lenta trasformazione del colore dello specchio trasparente; poi intinse una garza, strizzandola e posandola sul taglio profondo, già verso la cicatrizzazione. Arrotolò le bende pulite sopra di essa, stringendo il nodo in modo che non si staccasse il tutto; mortalmente stanca e con un notevole bisogno di dormire qualche ora, si coricò accanto all'altro fianco di Thorin. A dispetto della stanchezza il sonno tardò a sopraggiungere, così non le rimase altro da fare che contemplarlo; la figura addormentata e inerte contrastava paurosamente con l'idea che aveva sempre posseduto nei riguardi del Re sotto la Montagna.

Eppure lo sapeva combattivo nel profondo della sua anima: si chiese se, dopo averla sentita accanto a sé, avesse reagito e si fosse ribellato alla morte e, ora, stesse guerreggiando furioso e orgoglioso come solo lui poteva essere per tornare a vivere.

Per tornare da lei.

Chiuse la mano a pugno e la portò alle labbra, stringendo la carne dell'indice tra i denti; era così stanca, e furiosa perché impotente! Avrebbe voluto correre disperatamente il più lontano possibile da quella dannatissima tenda ma, al contempo, desiderava lasciarsi spegnere lentamente lì dentro, vicino al suo Thorin: e, in fin dei conti, era proprio vicina all'obiettivo.

Si avvicinò al suo volto, gli accarezzò la tempia << Torna da me >> sussurrò affannata << ti prego >>.

Premette le labbra sulle sue, calde e sottili, quasi sperando di vederlo aprire le palpebre e guardarla con occhi azzurri confusi ma amorevoli. Non accadde.

Sopirò per l'ennesima volta, lasciandosi scivolare al suo fianco; benedicendo la sonnolenza, chiuse gli occhi.



Inizialmente non si curò più di tanto dei lievi brividi provenienti dalla testa, imponendo la causa ad un semplice sogno; poi però il dormiveglia prese il sopravvento, e allora ne fu sicura: non erano dovuti al sogno e, cosa più importante, non si trattava di tremiti.

Ma di carezze leggere, talmente impalpabili da sembrare irreali.

Si accigliò, aggrottando la fronte, decidendo di indagare sulla natura di quei gesti; aprì debolmente gli occhi, rimanendo costernata.

Il cuore parve arrestarsi, non percepì i battiti.

Non percepì più nulla, a dir la verità.

Il suo sguardo era rivolto unicamente al viso di Thorin; gli occhi erano aperti e vivi, seppur lucidi di febbre. La bocca era piegata in un debole sorriso, la mano ancora levata e posata tra i suoi capelli neri.

Sgranò gli occhi, non credendo a quell'incredibile evento. A quel meraviglioso miracolo.

<< Sei così bella mentre dormi >> mormorò a fatica, la voce roca e bassa.

Continuò a toccarla delicatamente date le poche forze, senza smettere di guardarla adorante come se la vedesse per la prima volta.

Il cuore di Karin ripartì velocemente, mozzandole il respiro con sonori e dolorosi battiti; gli occhi neri si riempirono di lacrime e, prima che potesse compiere alcunché per fermarle, le sentì scendere senza sosta. Singhiozzando senza ritegno, immensamente confortata e traboccante di felicità come poche volte in vita sua, pronunciò il suo nome a voce troppo esile, per timore di svegliarsi e scoprire che la realtà era invece ben diversa.

Quando non lo vide sparire, né trasformarsi in un orco pallido, prese coscienza della verità: Thorin si era risvegliato, e stava bene.

<< THORIN! >> gridò felice, lasciando che la spossatezza e tutte le preoccupazioni provate in quelle interminabili ore soffiassero altrove come vento; dimentica delle ferite di entrambi, e preda di un impeto senza precedenti, lo abbracciò di slancio.

<< Piano, ti prego >> bisbigliò, chiudendo le palpebre al sentire il tono troppo elevato e vicino alle orecchie; non curandosi del dolore atroce al fianco ricambiò il gesto, affondando il viso tra i suoi capelli.

<< Scusami! Scusami, davvero, io... io... >> il pianto furioso le impedì di continuare: venne sopraffatta dalle molteplici emozioni che le invasero il cuore, l'anima, ogni cellula presente.

La voglia assurda di ridere a crepapelle si mescolò con le lacrime e i singhiozzi, fatto che preoccupò Thorin: riaprì gli occhi, scostandosi per asciugarle premurosamente le lacrime con le dita.

<< No, Karin. Basta... piangere >> esalò stanco. Sentiva le forze venire meno ma cercò in tutti i modi di rimanere sveglio, ancora per qualche minuto: voleva guardarla, consolarla e udire il suono della sua voce.

Ancora, ancora e ancora.

<< Non sai... la paura >> singhiozzò, non riuscendo a smettere << Ora però sono fe... felice >>.

Si sedette, portando le mani al viso a nascondere l'evidente rossore propagatosi dal collo alle guance; sapeva di non essere per nulla presentabile, così scarmigliata e piangente, però era del tutto irrilevante. La gioia e la contentezza erano esplose prepotentemente, null'altro importava. Il saperlo finalmente al suo fianco, di nuovo, fu tutto ciò a cui poteva anelare.

Compì numerosi e profondi respiri, poiché doveva calmarsi: non poteva certo starsene a piangere tutto il giorno!

Prese uno straccetto, soffiandosi il naso ed asciugandosi le lacrime, senza perdere di vista il volto di Thorin; sorrise affettuosa quando lo vide guardarla insistentemente, non perdendosi neppure un minimo gesto.

Rimasero in silenzio, rimirandosi a lungo, beandosi della presenza tangibile dell'altro; anche Thorin era commosso, e oltremodo pago d'essere sveglio: d'essere vivo.

Quando lo vide deglutire a fatica, però, Karin tornò in sé prendendo in mano le redini della situazione << Devi bere >>.

Sedò ogni tentativo di protesta del nano con uno sguardo che non ammetteva repliche e, con una piccola smorfia, si alzò lentamente dal giaciglio. Avanzò zoppicando fino al tavolino, sul quale era posata una caraffa d'acqua; lì accanto vi era anche la solita pezzuola e, facendo attenzione, la imbevé.

Era conscia che Thorin non l'aveva abbandonata nemmeno un secondo e, presto, le arrivò alle orecchie la domanda che, prima o poi, sapeva le avrebbe posto.

<< La ferita era profonda? Stai zoppicando >> constatò, con voce più sicura e ferma.

Karin raggiunse la sponda della branda << Non molto, però la zoppia passerà presto. Gandalf stesso mi ha curata >> passò la pezza sulle labbra sottili e secche del nano, strizzando per far fuoriuscire alcune piccole stille.

Thorin assaporò avidamente, deglutendo e gemendo soddisfatto; chiuse gli occhi, respirando profondamente e con regolarità.

<< Vado a chiamare lo stregone, ed il medico >> lo informò, sfiorandogli la fronte ora tiepida: si stupì della rapidità di ripresa, e ne fu assai contenta.

Gli carezzò i capelli, scostandosi dalla sua figura: d'improvviso però, sentì le dita del nano cingerle il polso per fermarla; girandosi, scorse di nuovo gli occhi lucidi e febbricitanti che l'imploravano.

<< Non lasciarmi ancora, Karin >>.

La frase le strinse il cuore. Come poteva anche solo pensarlo? Non aveva dedotto niente, dunque.

Avvicinò il volto al suo, ancorando gli occhi neri a quelli azzurri << Non ti ho mai abbandonato, almeno non fisicamente >> disse, rimembrando i pensieri rivolti costantemente al suo ricordo durante l'esilio << E mai lo farò, a meno che tu non voglia. Mio Re >>.

Lo vide sgranare di poco lo sguardo, sorpreso tanto quanto lo era lei: mai avrebbe pensato di rivolgergli tali parole, eppure sapeva bene che non potevano essercene altre. Il suo cuore apparteneva a Thorin. La sua anima, la sua mente, il suo corpo, la sua fedeltà: tutto apparteneva a lui, a colui che amava e avrebbe amato per sempre, finché la Morte non fosse sopraggiunta.

Sorridente, gli baciò la fronte, lasciandolo solo.

Quando uscì il sole del pomeriggio le ferì gli occhi; non più abituata si schermò gli occhi e, sorreggendosi salda al bastone, compì qualche passo verso gli altri.

Bilbo, chiuso in un cupo silenzio, sembrò accorgersi della sua presenza perché si girò e, stupito, schiuse la bocca nel vederla in piedi << Karin! >>.

Tutti si voltarono, assumendo espressioni preoccupate; la vedevano lì, pallida e seria in volto con ancora visibili i segni di un pianto disperato, e non sapevano che pensare.

Non ascoltò nessuno dei loro richiami, non rispose alle loro domande: per quanto la ferita potesse farla camminare spedita, si avvicinò ad un nano in particolare, fermandosi a pochi centimetri dal corpo possente.

Dwalin e Karin si guardarono negli occhi per attimi lunghissimi: poi la bocca rosea della nana si aprì in un gran sorriso, ed iniziò a ridere allegra e spensierata come quando era bambina; sorprendendo i compagni – e se stessa – lasciò cadere il bastone a terra per gettarsi tra le braccia dell'amico, ridendo e piangendo al tempo stesso.

Gli altri si guardarono sbigottiti per poi capire e imitarla: urlarono felici, gridando la loro contentezza; Bofur lanciò il cappello in aria ululando, Bilbo scoppiò a piangere, Bifur e Bombur si presero a braccetto e saltellarono, Dori batté le mani al contrario di Ori che se le portò alla bocca, incredulo. Nori pestò i piedi a terra ed arruffò i capelli del fratello minore, Oin e Gloin si diedero delle pacche sulle spalle e si unirono a Balin, che rideva senza sosta.

Mancavano all'appello Kili e Fili, ma era certa che li avessero uditi e stessero partecipando come fossero stati presenti.

Esultarono a lungo, non accorgendosi della sparizione di Gandalf né dell'arrivo di Thranduil, Legolas, Bard e Dain, chiamati dagli schiamazzi e dalle risate sguaiate; intuendo il motivo dell'ilarità, si unirono ai festeggiamenti del ritorno del Re sotto la Montagna.

Karin rimase abbracciata a Dwalin, sentendo le forti braccia tatuate stringerla con vigore, facendole capire quanto fosse lieto.

In tutto quel trambusto, però, pervenne una frase pronunciata a voce tonante << Il Re reclama la sua Regina! >>.

Si immobilizzarono, ogni vociare si acquietò.

Karin si irrigidì, sciogliendosi dall'abbraccio; Dwalin l'osservava con sguardo serio, anche se i suoi occhi brillavano divertiti.

Credendo d'aver capito male, si girò; l'assembramento confuso che si era creato poco prima era scomparso e, ora, gli amici si erano divisi in due file, aprendosi in due ali per lasciarle libero il passaggio verso la tenda. Gandalf, immediatamente poco prima della soglia, la guardava con un sorrisetto compiaciuto e gli occhi chiari commossi e lucenti.

Istintivamente raddrizzò spalle e schiena, e si sentì muovere sicura benché le gambe tremassero e l'imbarazzo si annidava in petto; passando accanto ai nani li scorse composti, tremendamente solenni. Balin ammiccò al suo indirizzo strizzando un occhio, Bofur si tolse addirittura il cappello, Bilbo abbassò il capo in un inchino per poi sorriderle incoraggiante.

Sentendo impressi sulla pelle gli sguardi di ogni membro delle razze più importanti della Terra di Mezzo, Karin figlia di Kario percorse quei pochi ma interminabili metri verso la tenda: con il cuore che martellava senza sosta e le fischiava nelle orecchie, scostò i lembi della tenda, ed entrò.









CANTUCCINO DELL'AUTRICE

Oddei, ce l'ho fatta! QUESTO è stato il capitolo più difficile da scrivere!!! L'impotenza, la frustrazione, la paura di perdere Thorin ed il sollievo nel vederlo vivo... spero d'aver descritto come si deve, sennò ho combinato un pasticcio :(! Immagino siate felici, non è morto nessuno!!! Ora potranno avere quella benedetta pace che cercano da tempo *___* Ci sarebbero talmente tante cose da commentare, ma non possiedo sufficienti parole per farlo: spero solo l'abbiate gradito ^^, scrivetemi le vostre opinioni come sempre ;)))

Ringrazio le carissime e specialissime Lady_Daffodil, vanessa90, J_ackie, Carmaux95, Lady of the sea, Yavannah, MrsBlack, Krystal91, nini superga, Elentari, lohobbit, LilyOok_. VI VOGLIO BENE CARE :* :*!!!!

E grazie anche a quelle che recensiranno più avanti :D :D!!!

GRAZIE anche a chi l'ha messa nelle preferite – seguite – ricordate, a chi legge soltanto e a coloro che mi hanno inserita nella lista “autore preferito” ç_____ç! Siete meravigliosi!

Bene, è tutto ragazzi, alla prossima!!!

Vostra Anna <3


  
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