“Soffierà
nel vento una lacrima...”
~
Lei ci credeva. Lei ci aveva sempre
creduto.
Amelia aveva
sempre vissuto di speranza, la stessa che le permetteva di aprire gli
occhi
ogni giorno, che la muoveva verso la vita con uno sfrontato ottimismo
difficile
da scalfire, con un sorriso nascosto, che non mostrava spesso, ma che
dentro di
lei si espandeva e la faceva stare bene.
Più di tutto il
resto: più della tenacia, più della sua
testardaggine, più della gelosia; più
dei tanti lati acerbi e maturi della sua personalità, da
quelli che hanno
sempre fatto parte di lei, a quelli che è riuscita a limare,
o magari è stata
la vita a farlo per lei, quasi senza che se ne rendesse perfino conto.
Più di
tutto il resto, Amelia è sogni e
speranze.
Spesso la sua mente si perde, chiude gli occhi e le immagini prendono
vita
dietro il sipario delle palpebre, una dopo l’altra, a
cullarla durante la
giornata. Ha una buona memoria del passato, cosa che non si
può dire del
presente, ma i ricordi del passato, quelli importanti, sono vivi e
nitidi.
Riesce a ricordare parole, voci, suoni, sensazioni. E lei si lascia
trasportare, le sembra di cadere in un universo parallelo, di
attraversare uno
specchio di cristallo liquido e spuntare in un luogo dove niente
può farle
male, non per davvero. Ha così tanto da ricordare. Più
di
quanto sarebbe concesso, e spesso piange a questa consapevolezza. Perché nei suoi ricordi, al suo fianco,
sono
sempre presenti due persone che non può più
vedere. Che non può più toccare.
Ferma, nel suo
letto. La sua fortezza di cemento.
Stanca, come si
è stanchi dopo una corsa lunga una vita.
Amelia pensa.
Pensare, evadere
dalla realtà, era tutto quello che gli era rimasto dopo che
gli Angeli
l’avevano spedita indietro, in un tempo che non le
apparteneva, in una realtà
di cui il Dottore non poteva far parte. Ed era proprio qui che scrivere
era
diventato dapprima terapeutico, e poi aveva trovato in esso la sua
stessa
essenza di vivere. Lei, che era stata tanto fortunata nella vita, aveva
visto
cose che altri non avrebbero mai potuto immaginare, e scrivere di
questi
momenti le permetteva di fermarne un’istantanea, scolpire
quei segreti a
parole, su un foglio di carta ad asciugare. Custodirli gelosamente in
una
scatola di velluto blu che adorava di un
passato evanescente, sfuggito come fumo dalle mani.
E così continuare a
vivere quelle avventure,
cambiarne il finale, quando possibile sostituire a una sconfitta il
lieto fine.
E vivere per un po’ nella falsa illusione di non essere stata
messa al tappeto
dalla vita.
Aveva scritto
ogni giorno per se stessa, fino al punto che scrivere era diventato un
bisogno
quasi fisico. La sua mente era arrivata a spaziare oltre, evadere da
una realtà
troppo stretta; così era nata la sua avventura con i libri
per bambini, che le
aveva dato enormi soddisfazioni, oltre alla sensazione di aver
finalmente
trovato quel proverbiale “qualcosa”
per cui si è nati.
Adesso, con gli
anni che sono passati, scrivere le costa più fatica.
Già stare in piedi le
costa fatica, ma, purtroppo, ogni tanto deve allontanare i brutti
pensieri.
Anthony, Mary e
le nipotine riescono a distrarla con le loro cure amorevoli e la loro
presenza,
ma la notte Amelia sente il vuoto al
suo fianco. E qualcosa nel petto trema, quando allunga la mano al lato apposto del letto,
quello che una
volta era occupato da lui. E sente freddo
dentro.
Spesso ci parla
ancora. Amelia parla a Rory, finge che lui sia ancora lì con
lei.
E poi, ci sono
altre volte in cui i piedi scivolano sul pavimento, a passi incerti si
avvicina
allo scrittoio e tinge il pennino nell’inchiostro. Accarezza
tra le dita
sottili un foglio di carta niveo e scrive lettere a un mittente
lontano, chissà
quanto, che vorrebbe rivedere.
Ogni giorno è
più debole e ogni giorno è più debole
la speranza di rivederlo comparire alla
sua porta.
Chissà come,
poi, pensa Amelia.
Io, una giovane vecchia che
conosci bene, sono qui a spiegare a te l’importanza di
quest’ultimo e il suo
valore. Ti ho sempre visto correre incontro al tempo. Sono arrivata
quasi a
pensare che tu ne fossi il padrone assoluto…
l’invincibile Signore del Tempo
che tutto può, ma è chiaro che non è
così, altrimenti saresti tornato da me. Quindi
è vero che anche tu ogni tanto non puoi, oppure ti arrendi.
Cosa stai facendo adesso,
Dottore?
Perché io sono qui, sai?
E sono stanca.
Capisco il valore di un minuto,
adesso lo capisco davvero.
Lo capisco da quando ho perso
la persona che amo, e ormai sono cinque anni che lui non
c’è più, ma rivivo
l’ultimo minuto che abbiamo vissuto insieme ad ogni mio
respiro.
Potresti capirmi? Ti sei mai
davvero fermato a pensare, durante la tua corsa infinita, a cosa un
minuto
possa essere? A cosa possa cambiare?
Quando ti resta poco da vivere,
poco per cui vivere, ogni minuto della tua vita è il
più prezioso.
Io mi sento una bambina, eppure
ho già ottantasette anni… e aspetto.
Aspetto il mio tempo, aspetto
la pace, ma, soprattutto, aspetto te.
“La vita della grande
città, Amy, non annoia mai…”, avrebbe
detto Rory al suo fianco in serate
come quella. Una tazza di cioccolata
calda stretta tra le mani, un abbraccio confortante da dietro e un
bacio
delicato al sapore di zucchero sulle labbra.
Appoggia la mano tremante al vetro che la divide dalla vita
pulsante della città che corre, corre
troppo veloce perché le sue fragili gambe possano tenere il
ritmo.
E in questi anni, inutile mentire, questa giostra ha
incominciato a girare fin troppo velocemente per lei che è
rimasta ferma, ferma
a quel giorno maledetto che ha
visto
arrivare da lontano.
Per quella mano che ha stretto, per quella carezza sulla
fronte prima della fine.
Amelia,
gli aveva spostato i capelli argentei dalla fronte sudata con una
carezza
leggera. “Stanno tutti bene, Rory”
l’aveva rassicurato, guardandolo negli
occhi.
“Anthony
è in soggiorno, Mary ha portato le gemelline al parco. Hanno
protestato…
volevano fosse il loro nonno ad accompagnarle alle giostre,
nessun’altro se non
lui”.
Le
labbra sottili di Rory si erano piegate verso l’alto in un
sorriso che
nascondeva una smorfia di dolore. Gli occhi improvvisamente lucidi, una
lacrima
era scivolata verso la tempia. Amelia ne aveva fermato la corsa,
asciugandola
con una carezza.
Un
soffocante tumulto la bloccava, paralizzata, nelle sue stesse membra.
“Inutile,
sciocca Amelia Pond”, pensava. “A fare i conti con
il tempo, alla fine, come
tutti. L’avresti mai pensato? Sei rimasta bloccata a una vita
fa, quando
correre a bordo di una cabina blu comportava rischi, ma ti faceva
sentire viva.
Viva e al sicuro, fianco a fianco del Dottore. E poi lui è
volato via e
qualcosa è mancato nella tua vita. Quante volte ti sei
guardata attorno,
disorientata, cercando la sua figura? Stringendoti la solitudine
addosso,
reprimendo l’istinto di urlare?”
Anche
allora, totalmente impreparata al futuro, Amelia avrebbe voluto il
Dottore al
suo fianco.
Avrebbe
voluto poter dire qualcosa, fare qualcosa per fermare il dolore che
stava
consumando il suo Rory, combattere a denti stretti contro quel male che
lo
stava portando via. Che la stava allontanando dalla parte
più importante della
sua vita.
Ma
le parole le morirono in gola, bloccandole quasi il respiro.
E
anche allora, lei aveva scelto lui.
Gli
aveva stretto la mano. “Insieme o niente”, gli
aveva detto.
Avevano
perso molto durante la lotta.
Un
amico. Una figlia.
E
avevano affrontato la perdita insieme, pianto insieme i Natali con due
posti
vuoti a tavola.
Pianto
insieme i regali comprati e impacchettati ogni anno -
rispettivamente uno per il Dottore, uno per
Melody- e mai scartati.
Ma
Amelia e Rory erano rimasti insieme, dopotutto.
Dopo
i duemila anni a fare da guardia a una scatola. Dopo il Silenzio, dopo
Demon’s
run e quello che le avevano fatto. Il non poter più avere
figli.
E
poi, quando tutto sembrava perso, si erano fatti forza l’uno
sull’altro.
Al
pensiero che River fosse al sicuro col Dottore.
Al
pensiero che l’uomo pazzo nella cabina non sarebbe stato solo
troppo a lungo.
E
poi era arrivato Anthony, e le gioie della maternità e della
paternità. Le
prime preoccupazioni, il tempo che era passato come niente e loro
figlio che
era cresciuto. E presto si era fatto uomo, e ancora rimpiangeva quel
bambino
dagli occhi lucidi, che si accoccolava al suo petto per trovare la
pace, che la
faceva sentire fondamentale. Una madre. Speciale come non era mai stata
prima.
In
una fredda mattinata di Dicembre, la neve che vorticava lenta verso il
suolo.
Un
momento, un attimo che aveva reciso di netto sogni, ricordi, speranze.
E
una parte di Amelia, ancora un’altra, che volava via.
“Rory…”
“Ma
va bene, non ho paura…”
Rory
aveva preso la mano di Amelia, ne aveva baciato il palmo con devozione
e se
l’era portata a pugno sul cuore. “Io sono felice
così, abbiamo visto entrambi
come finiva, come sarebbe finita se le cose non fossero andate come
sono
andate. Non ti avrei mai più rivista”.
“Io
senza di te… Rory… non so cosa sono”
gli aveva risposto, abbassando gli occhi
come una ragazzina impaurita.
“Sei
sempre la stessa forte, meravigliosa, tenace donna di cui mi sono
innamorato… Sapevamo
che questo momento sarebbe arrivato. Hai letto la data incisa sulla mia
pietra
tombale, quella volta nel cimitero, quando hai deciso di
raggiungermi… morivo a
83 anni. Punto fisso nel tempo. Ma tu continuerai a vivere, Amelia.
Vivrai per
Anthony, per Eloise e Christal. Vivrai per la speranza che un giorno
anche la
nostra cattiva ragazza possa bussare alla porta…che lui
torni insieme a lei. E
vivrai anche per me. E’ un ordine”.
“Rory…
non puoi…”
“Lo
rivedrai, Amelia. Te lo prometto. Lassù, se davvero
c’è qualcosa, ci dovrà pur
essere il modo di mettersi in contatto con uno stupido ed eccentrico
alieno che
viaggia in una cabina blu. Giuro che mi farò
sentire… te lo riporto… te lo
riporto indietro…” avevo concluso debolmente.
Quando lui aveva chiuso le
palpebre, Amelia aveva urlato il suo nome, terrorizzata al pensiero che
stesse
scivolando via, verso un luogo dove non avrebbe potuto raggiungerlo.
Non questa
volta, almeno.
Lui,
sentendo la disperazione nella sua voce, aveva riaperto gli occhi con
grande
sforzo.
“Guardami”
le aveva detto. “E’ questa l’ultima cosa
che voglio prima di andar via,
guardami negli occhi…” Amelia aveva appoggiato la
sua fronte alla sua, le
lacrime che bagnavano le guance dell’uomo che amava, che si
univano alle sue.
Rory
aveva memorizzato fino all’ultima sfumatura degli occhi di
Amelia nei suoi, le
sue labbra si erano piegate in un sorriso sereno.
Se
n’era andato così.
Col
sorriso sulle labbra.
La
mano intrecciata a quella della moglie, il viso bagnato dalle lacrime
che Amy
non avrebbe mai avuto il coraggio di asciugare.
“Grazie”
aveva sussurrato Amelia al
suo corpo
ancora caldo ma ormai privo di vita.
Grazie
perché mi hai amato ancor prima che io mi accorgessi di cosa
fosse l’amore.
Grazie
perché mi hai dato un posto nel mondo, perché mi
hai fatto innamorare del tuo
timido sorriso, delle tue distrazioni e dei tuoi buffi modi di farti
perdonare
e chiedermi scusa, anche quando non ce n’è mai
stato bisogno.
Grazie
per aver amato ogni parte di me: dai miei pochi pregi alla mia
intrattabile
cocciutaggine.
Grazie
perché hai avviato tu le pratiche per l’adozione,
quando io non ne volevo
sapere, perché è grazie a te che ho potuto
provare la gioia di sentirmi
“mamma”, di poter sentire la voce di quel bambino
che tanto avevi desiderato,
chiamarti “papà”.
E, in una stretta al cuore, sente il respiro mancare.
‘Chissà se è
vero che,
quando stai per morire, la tua intera vita si riavvolge in una serie di
momenti, i più importanti, che ti passano davanti agli occhi’.
E davvero, per un attimo, crede di star morendo.