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Autore: Donoma    12/08/2013    0 recensioni
«..Riprendo coscienza. Non so che ore siano,ma una debole luce filtra da una piccola finestra e non so ancora dove mi trovo. C'è un gran silenzio intorno a me, Zacky ha finito di lamentarsi, sta dormendo. Per un momento penso al peggio, vedendo del sangue che scende dall'attaccatura dei capelli..»
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Non-con
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GORDON HEGARTY.
Capitolo III.


« Cosa vuol dire che adesso avete anche i nostri amici?» Chiede Zacky, cercando di liberarsi dalla presa dell'uomo. « I vostri quattro amichetti, gli altri investigatori del cazzo che lavorano con voi... li abbiamo presi. »
« E dove sono?» « Lo saprai presto!» conclude l'uomo che tiene il mio braccio, facendo comparire un sorriso maligno agli angoli della bocca.

It's a total nightmare.

Ci portano in un palazzo poco distante dal giardino. Fuori di questo è parcheggiata una macchina, quella con la quale ci investirono.
“Dio, è tutto uno schifo... siamo dei coglioni! Dovevamo farci i cazzi nostri! - sarà divertente – diceva quell'altro. Già, è proprio divertente avere a che fare con un associazione criminale che protegge i criminali, organizza stupri di gruppo e pesta chiunque sia solo a conoscenza dell'esistenza di essa”. Aprono la porta e brutalmente ci buttano dentro.
« Zacky! Amy! Oddio, come state?» è Brian, che appena ci vede si alza in piedi e ci corre incontro per abbracciarci. « Un po' ammaccati ma sostanzialmente bene. Abbiamo scoperto troppe cose..»
«Tu, Amy? Come stai?» «Bene, Brian. Tranquillo..» rispondo. Mi stampa un bacio sulle labbra,il più bello che mi abbia mai dato.
Mi guardo intorno. È un'altra stanza buia e sudicia, con una sola finestra, ma la luce non filtra, è oscurata da delle tende. In un angolo vedo un corpo e vicino a questo un altro. Come sempre, penso al peggio. «Stanno dormendo, tranquilla... Matthew quasi non lo hanno toccato, tirava calci e pugni all'impazzata. Se non mi stavano pestando, avrei riso. Johnny è svenuto appena li ha visti, quindi neanche a lui hanno fatto niente...». «e tu come stai? Che ti hanno fatto?» Chiedo, spostandogli i capelli neri dalla fronte.
«Niente di che, due botte sulle braccia» accenna un sorriso rassicurante. «Cazzo! Dov'è Jimmy?» chiede Zacky «è scappato»
COOOOOOOSA?!

Si spalanca la porta. Qualcuno accende la luce. Mi manca il respiro. Il panico scorre nelle vene. È un uomo alto, muscoloso. Braccia lunghe, gli manca una mano. Quella destra. Le braccia sono entrambe tatuate. Su quella sinistra sono tatuate solo delle parole, probabilmente legate tra loro. Probabilmente una o più frasi. “devo scoprire cosa c'è scritto!”. Capelli tirati indietro, ingellati. Lo guardo in faccia. Occhi azzurri, di ghiaccio. Labbra sottili, troppo rosse per essere di un uomo. Due lacrime nere escono dagli occhi e rigano entrambe le guance. È l'uomo che piange.
Più si avvicina, più io sento la paura crescere. Si sta guardando intorno, osservando ognuno di noi. In questi ultimi giorni ho scoperto quasi tutto di lui. “Fa paura” è la prima cosa che mi dicevano quando chiedevo di lui. Lui è Gordon Hegarty. Il nome l'ho saputo grazie a Federica. Lo pronunciò durante uno dei suoi tanti incubi. La frase che ripeteva più spesso mentre dormiva era “Gordon Hegarty mi ha detto di dire a mio padre una cosa...” e poi ritornava nel suo silenzio.
La sua vita è un mistero, proprio come quei tatuaggi in faccia. Nessuno sa che significato abbiano. Sono riuscita solamente a scoprire che è stato accusato una volta di omicidio, un'altra di tentato omicidio e una volta è stato incriminato per rissa. Una persona tranquilla, insomma. È andato in carcere per la prima accusa. Ci è rimasto un mese, poi ne è uscito fingendo di avere una figlia di pochi mesi abbandonata alla madre tossicodipendente. Non si sa come ma è riuscito a uscire, senza dover fornire neanche una prova.
È l'America, baby!

I suoi occhi azzurri sono puntati su di me. Ho paura, non oso muovermi. Si avvicina.
«Come ti chiami?» la sua voce è bassa, rauca, gelida. «Amy... » «Dov'è il tuo amico Sullivan, Amy?»
esito. «Non lo so»
«Mmm... vieni con me, dai.»
avvicina la sua unica mano al mio braccio. Faccio qualche passo in avanti. Mi volto, guardo verso Brian, sta facendo di no con la testa. Non posso rifiutarmi di andare, ho troppa paura di una possibile conseguenza. Inizio a camminare verso l'uscita con l'uomo che piange dietro di me. Lui, appena fuori dalla stanza, che si trovava al piano terra, si accende una sigaretta e si siede su una panchina di legno, invitandomi a sedermi con lui.
«
Amy... non serve che ti dico come mi chiamo,no? Lo sai già. Sai già tutto. Sai del mio passato, del mio presente e forse anche del mio futuro, in quanto questo adesso dipende da te e dagli altri tuoi amichetti. Ma ti posso dire anche un'altra cosa... anche il vostro futuro, le vostre cinque perfettissime vite dipendono da me, sai? Se parlate con qualcuno, se dite anche solo ad un sordo quello che avete scoperto vi rendo la vita un inferno. E come avete potuto già notare, sono in grado di farlo.» dice tutto questo senza guardarmi mai negli occhi.
Forse non è così forte come vuole far credere.

  
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