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Autore: Miss Halfway    13/08/2013    5 recensioni
Ecco cosa succede quando qualcuno fruga fra le tue cose e getta via i tuoi ricordi.
"Mio padre sollevò la pesante scatola e la riportò dentro casa rovesciandola nella mia stanza e poi mi intimò di entrare.
Non avevo paura, non mi interessava cosa mi avrebbe fatto, non ero pentita di ciò che gli avevo detto, quegli insulti se li meritava dal primo all'ultimo.
Mi afferrò per i capelli e tenendomi stretta mi gridò in faccia..."
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giocattoli.



-Dove sono i miei giocattoli?- chiesi una sera appena rientrata a casa. Avevo ventun anni suonati all'epoca.
-Sono conservati.-
Mio padre, da quando mia madre se n’era andata via di casa col suo nuovo compagno, aveva manie di perfezione verso quella casa dove abitavamo ormai da cinque lunghi e terribili anni, e buttava spesso cose vecchie, cose, a suo dire, inutili, cose di mia madre e a volte anche cose mie.
-No, dove cazzo sono i miei giocattoli? Li hai buttati?- gli domandai sempre più isterica.
-No! Son conservati.-
-Se li hai buttati, ti faccio frugare nel cassonetto fino a quando non recuperi l’ultima scarpetta delle bambole!-
Furiosa uscii di casa, urlando come un’ossessa in mezzo alla strada, e mi avvicinai al cassonetto infilandoci dentro la testa. Lì sul fondo del bidone, come della spazzatura ormai vecchia, c’era la mia scatola della felicità, un vecchio pensile a due ante rivestito con della carta regalo a cuoricini tutti colorati e dentro adornata e arredata per essere un luogo accogliente per le mie bambole. Era aperta, le ante erano state spaccate e da dentro come avvolte dall'oscurità, le mie vecchie bamboline mi fissavano con sguardo spento e triste.
-Brutto figlio di puttana.- bisbigliai tra i denti.
Mio padre sollevò la pesante scatola e la riportò dentro casa rovesciandola nella mia stanza e poi mi intimò di entrare.
Non avevo paura, non mi interessava cosa mi avrebbe fatto, non ero pentita di ciò che gli avevo detto, quegli insulti se li meritava dal primo all'ultimo.
Mi afferrò per i capelli e tenendomi stretta mi gridò in faccia:-Non ti permettere più! IO-NON-SONO-UN-FIGLIO-.DI-PUTTANA-CAPITO? Stai attenta eh!-
-Sbattimi fuori di casa, non vedo l'ora.- risposi io, più spavalda che potessi.
Quando salii nella mia stanza tutte le mie bamboline, i pupazzetti e i mobiletti in miniatura erano riversi nel pavimento.
-Cosa te ne fai di queste cazzate? Sono stronzate inutili!-
-Tu sei inutile hai capito? Questi sono i ricordi della mia infanzia di merda.-
Quando ero piccola e mi prendevano in giro a scuola, quando i miei genitori stavano ancora insieme e mi facevano sentire come la figlia indesiderata, quando le mie amichette mi escludevano dal gruppo, quando sentivo di non farcela più, aprivo le ante della scatola della felicità e tornavo serena. Quando non avevo nessuno mi nascondevo dietro ai miei giochi e alle loro storie. Gettarli via sarebbe stato come gettare i miei ricordi. Questo era il rispetto che mio padre aveva per me, per le cose a cui ero affezionata, per la mia infanzia, non così felice e serena forse anche a causa sua.
Meditavo ormai da anni di andarmene via di casa e finalmente...
-Rimani in questa casa di merda, perché visto come sei, è l'unica cosa che hai e l'unica che ti rimarrà.-
E chiusi la porta.



   
 
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