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Autore: Francine    16/08/2013    0 recensioni
Non sarà uno scherzo?, questo si legge nei suoi occhi che vanno dalla sua mano alla serra in ferro battuto in un angolo del cortile. La serra delle rose.
Consiglio d'ascolto: La ballata dell'amore cieco o della vanità, Fabrizio De Andrè
Genere: Angst, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nella serra delle rose

A quest’ora saranno tutti a pranzo. Sui plaid stesi sull’erba soffice, all’ombra degli alberi in collina, o più semplicemente al refettorio. O al campo sportivo. C’è una sfida in programma. Saranno tutti lì, un pensiero che si fa strada con la consapevolezza di essere la sola anima in tutto l’edificio. È sul mezzanino tra il secondo piano, dove ci sono le aule del suo corso, ed il primo piano, che ospita i ragazzi degli anni inferiori, e stringe una piccola busta bianca tra le dita. Non sarà uno scherzo?, questo si legge nei suoi occhi che vanno dalla sua mano alla serra in ferro battuto in un angolo del cortile. La serra delle rose. Stamattina, una mattina iniziata come tante altre, ha trovato quella busta nell’armadietto delle scarpe, sommersa da altro ciarpame che ha spedito di gran carriera dentro l’inceneritore. La grafia è la sua, non ci sono dubbi. Conserva ancora i suoi biglietti, in una scatola di latta verde che gli ha regalato lei. Non è un tipo sentimentale, almeno a parole, ma la sera, stanco dagli allenamenti, gli piace cadere a peso morto sul letto e prendere quei bigliettini legati con lo spago e rileggerli, uno per uno. Gli piace ricordare com’era la sua vita prima che quella … persona la stravolgesse con la grazia di uno tsunami. Quando era tutto semplice. Quando per avvicinare lei dovevano prima chiedere il permesso a lui. Quando persino quello sciupafemmine di Touga – che cambia le ragazze nel corso di una giornata più di quanto faccia un neonato con i suoi pannolini – non osava alzare il suo sguardo da predatore sulla sua Anthy. Quando Utena Tenjo non era poco più di un’ombra all’orizzonte.


Ho bisogno di vederti. Ti aspetto nella serra durante l’intervallo per il pranzo. Sarò sola.
Tua, Anthy



È quel tua a far sì che i suoi piedi si muovano da soli, portandosi dietro il resto del corpo. Il sole brilla accecante sul tetto della serra. Ha caldo solo a pensare a cosa debba essere starvi dentro a quest’ora. Si guarda intorno e mette via la lettera nel taschino della divisa. Avanza verso la serra con aria disinvolta, quella che dovrebbe avere chi si trova a passare per caso da quelle parti.
Anthy è lì. Sta curando le sue rose, annaffiandole e canticchiando un motivetto di cui lui non ha mai sentito le parole. Ha un’aria così dolce, pensa osservandola dalla soglia. Basterebbero una decina di passi, forse anche meno, per stringerla tra le braccia, ma esita. Già una volta ci ha provato ed è apparsa Utena Tenjo a strappargliela con la forza. Qualcosa gli dice che accadrà anche stavolta, pur se di Tenjo non c’è traccia. Anthy è lontana. Nel tempo e nello spazio.
Sta per girare sui tacchi quando quella scimmia bizzarra gli si avvicina gridando « Chuuuu!» con quella sua vocetta stridula e quel cravattino ridicolo.
Anthy si volta. « Che ti succede, ChuChu?», chiede. Come se questa bestiaccia potesse risponderti, pensa lui quando i loro sguardi si incrociano. «Saionji?...»
Le trema la voce. E questo gli dà coraggio. Varca la soglia e la raggiunge. « Sono qui», le dice. Ma omette di aggiungere quanto le sia mancata, giorno e notte. Vuole prima sapere il motivo di questo appuntamento clandestino.
L’annaffiatoio cade a terra con un tonfo metallico. Anthy gli getta le braccia al collo e lui non ha la forza di ritrarsi. Tutta la sua volontà si scioglie nei suoi singhiozzi. Contro il suo petto, le braccia esili di lei che scendono a toccargli le spalle ampie, il busto fiero, la schiena diritta. Come se volesse aggrapparsi a lui. Lui che le cinge le spalle e le accarezza la testa, con quella pettinatura un po’ antiquata che le piace tanto.
« Oh, Saionji… Kyoichi…»
Sussurra il suo none come fosse una preghiera accorata.
« Adesso sono qui, Anthy», le dice posandole un bacio sui capelli. Sanno di antico e lontano insieme, di ambra e mirra e sandalo, di notte indiana, calda, dolce e pericolosa.
Lei si stacca per guardare il suo viso, da sotto in su. È così piccola. « Mi sei mancato così tanto, Kyoichi…»
Lui le sfila gli occhiali dalla montatura tonda e le asciuga le lacrime con un dito. Si perde nel suo sguardo. Cade, senza accorgersene e senza la minima volontà di aggrapparsi a qualcosa. Lei si alza in punta di piedi. Le loro labbra si cercano e si trovano. Finalmente. Il suo alito è fresco. Dolce. E lei è così leggera. Le rose, il caldo e la voglia di lei sono un carburante che s’incendia quando le mani di Saionji accarezzano un lembo della sua pelle. Vellutata. Come un petalo di rosa. Agisce d’impulso e Anthy lo lascia fare mentre avanza con lei tra le braccia verso un angolo più riparato della serra. Risponde ai suoi baci. Con la stessa passione. Lo stesso bisogno. Lo stesso desiderio. Non protesta quando lui la stende delicatamente sul pavimento. Non chiama Utena Tenjo mentre i loro corpi si trovano e si conoscono. Chiama lui. Invoca il suo nome, come fosse una preghiera disperata. E lui si accoda, sussurrando il nome di lei, come un controcanto, sulla sua spalla. Non pensa che potrebbe entrare qualcuno. E sorprenderli. E farli espellere. Kyoichi avanza come il naufrago che ha intravisto la costa e non si fermerà fino a quando non sentirà la sabbia calda contro la pelle. E pensa che sarebbe davvero interessante se Utena Tenjo entrasse in questo momento e vedesse il viso di Anthy. La sua espressione deliziata. Estasiata. Appagata. Vuole me, piccola intrigante. Soltanto me.
E Saionji si perde in lei, un sorriso soddisfatto sulle labbra.


« Guarda che pasticcio…»
Anthy è in ginocchio davanti a lui, un fazzoletto tra le mani. Sta provando a ripulire i suoi pantaloni, adesso macchiati di terriccio.
« Lascia stare », le dice accarezzandole una guancia. « Ho una divisa di riserva in palestra. Vieni qui…»
Anthy alza lo sguardo su di lui. « Mi dispiace, Saionji», gli dice, ed il suo tono è di nuovo freddo e distante.
Che ti aspettavi? Anthy si alza. Lo fronteggia, quasi, le mani davanti al corpo ed un sorriso cortese che le incurva le labbra ma non lo sguardo. È lui a sedersi su una panca e a portarsi le mani alla testa. «Chi sei?», le chiede con voce stanca. E delusa. « Chi sei tu?»
« La Sposa della Rosa», risponde lei come da copione.
Un sorriso amaro appare sul volto di Saionji. « Già. Ma io non sono più il Vincitore dei Duelli, Sposa. Tu non sei più la mia Sposa.» Anthy è sempre davanti a lui. Immobile. « Allora perché?», aggiunge, mentre la rabbia monta piano piano.
Anthy tace. Indossa di nuovo i suoi occhiali ed incatena ad una forcina una ciocca ribelle. Un riverbero del sole gli impedisce di leggere il suo sguardo. È triste? Allegra? Si è tolta uno sfizio, o…?
«Perché?», quasi urla scattando in piedi, sovrastandola in altezza. «Rispondimi, Anthy!»
Lei indietreggia. Lui le afferra un polso e la avvicina a sé. Troppo comodo, così.
«Ahi! Mi fai male!»
«Rispondimi!», la incalza lui. Deve sapere perché. Quando era la sua Sposa non gli ha mai dimostrato tanto ardore, perché adesso che appartiene a qualcun altro? Perché Tenjo non ha ciò che io ho? «Stai giocando, Anthy? Beh, ho il diritto di saperlo, non credi?»
«No!», protesta lei e qualcosa nella sua voce colpisce Saionji come un uppercut ben assestato. Rabbia. Dolore. Tristezza. La presa si allenta. Anthy si accascia al suolo, il viso nascosto dai capelli. Piange.
Crolla a sedere sulla panca. E si sente un verme. « Riesco sempre a rovinare tutto…», dice fissando un angolo indefinito tra i suoi piedi.
« Non dire così!» Anthy si asciuga il viso con il dorso della mano, come una bambina. Una bambina dai grandi occhi di smeraldo. Lo fissa. Sono tristi entrambi. Anthy gli prende le mani tra le sue e gli dice: « Sì. Ti spiegherò. Ti spiegherò tutto.»
Saionji si mette quasi sull’attenti. È quello che aspettava.
« Sono la Sposa della Rosa. Appartengo al Vincitore dei Duelli. Sono appartenuta anche a te, ricordi?»
Annuisce. « Come potrei dimenticare?», mormora con rassegnazione.
« Ora appartengo ad Utena Tenjo», prosegue Anthy, spingendo il pugnale sempre più a fondo nella ferita. « Il mio destino è questo. Ne sono consapevole, anche se ciò mi rende infelice…»
Saionji sospira.
« Ma io… io sono un essere umano. Con un cuore. E dei sentimenti. Proprio come te…» E lo guarda, anche se sarebbe più corretto affermare che usa quel suo meraviglioso sguardo di smeraldo per ghermire i suoi occhi e assestargli un diretto al viso. « Proprio come te.»
Saionji si alza. Ha lo sguardo di un cagnolino abbandonato che vuole fidarsi della mano che sta per accarezzarlo, e non se ne accorge. «Cosa stai dicendo, Anthy?» Un’idea approssimativa se l’è fatta, la signora Saionji non ha certo allevato un cretino. Forse. Ma vuole sentirglielo dire.
«Il Confine del Mondo è stato molto chiaro con me, Saionji. Devo appartenere al Vincitore dei Duelli. A prescindere dai miei sentimenti.»
«E quali sono i tuoi sentimenti, Anthy?» Saionji non sbaglia l’attacco e lei gliene è grata. «A chi vuoi appartenere, tu?»
Anthy abbassa lo sguardo pudica, le guance arrossate. Saionji conosce quella risposta o non l’avrebbe attirato in quella serra per aggrapparsi alle sue spalle graffiando come una gatta disperata, ma vuole lo stesso sentirglielo dire. Cosicché se ne renda conto anche lei.
« A te, Saionji», mormora Anthy. Poi trova la forza di incrociare il suo sguardo e ripetere: « A te.»
Lui è sovrastato da una sequenza di sentimenti e sensazioni contrastanti. Gelo. Calore. Potenza. Frustrazione. Desiderio. Rabbia. Rabbia. Rabbia.
«Quindi… mi staresti dicendo…»
«Batti Utena Tenjo, Saionji. Battila e io sarò tua.»
«Perché?»
«Io ti amo», è la sua risposta, e lui fa l’unica cosa che gli riesce davvero bene. Alza un muro invisibile attorno a sé. Proprio ciò che voleva lei. Altrimenti, che gusto c’è?
« Mi ami? E Utena Tenjo, allora?», le chiede. Gelido.
«Sono costretta a stare con lei. A fare quello che vuole lei…»
«Quindi, anche quando stavi con me…», prosegue Saionji, come unica conclusione logica.
«No!», protesta lei. E quella forza d’animo lo spiazza. Credeva si sarebbe messa di nuovo a piangere. Quanto mi conosci poco, Saionji… « All’inizio, sì. All’inizio fingevo. Era il mio ruolo. Ma poi…»
«Poi? No, no, aspetta… aspetta, non dirlo. Fammi indovinare…»
«Come puoi essere così crudele?» Il tono di Anthy è freddo. Rabbioso. « Non puoi capire cosa ho dovuto fare per incontrarti, oggi. Per rubare un po’ di tempo per stare con te. I salti mortali, ecco cos’ho fatto. Ho implorato il Confine del Mondo di poterti avvisare dei miei sentimenti. E non oso pensare a che accadrà quando verrà a sapere che cosa abbiamo fatto…»
« E tu non dirglielo…», la canzona lui.
« Tu non capisci. Il Confine del Mondo sa sempre tutto, Saionji. Sempre», lo ammonisce come farebbe con un bambino refrattario a capire che il sole si chiama sole e non astragalo. «E ora ascoltami, non abbiamo molto tempo. Tenjo verrà a cercarmi e trovandoci in queste condizioni… Tu vuoi me. Dici di amarmi. Ebbene, se davvero dici di amarmi, dimostramelo. Io l’ho fatto. Ora tocca a te.»
« E come? Vuoi un anello ed un mazzo di rose?»
Lei si guarda intorno, spaziando per tutta la serra. « Mi sembra superfluo parlare di rose qui dentro, non credi? »
Saionji tace.
« Tenjo sta per arrivare», lo avverte Anthy sistemandosi i capelli. « Dovrò dirti delle cose molto spiacevoli…»
« Ma sarai costretta a farlo. Ho capito.»
Anthy si volta verso di lui. Una timida speranza si affaccia nel suo sorriso triste. Si avvicina e depone un casto bacio sulle labbra di Saionji. Il quale risponde. Tenero. Dolce. Appassionato. Il profumo inebriante di tutte quelle rose ed Anthy tra le sue braccia stanno per innescare ancora una volta la miccia. Ancora. Ne voglio ancora!, le gridano i suoi occhi affamati.
«Sconfiggi Utena Tenjo a duello, e io sarò tua. Soltanto tua…»


Il Castello Capovolto assomiglia ad un enorme lampadario a goccia sospeso nel cielo sopra l’Arena. Saionji lo osserva ammirato. «Consideralo un po’ come una magia», ha spiegato a Tenjo la prima volta che hanno combattuto, ma si è guardato bene dal dirle che quella magia rarefatta è reale e che ha affascinato anche lui. Un giorno salirò lassù. Insieme ad Anthy, pensa.
Nella Serra delle Rose sono volate parole grosse. Tenjo li ha trovati vicini. I vestiti spiegazzati. Sporchi di fango. E terriccio. E i volti accaldati e felici di chi ha appena fatto l’amore. Le guance di Anthy rigate di pianto. Ha equivocato. Subito. L’ha insultato, ha strappato Anthy dalle sue braccia e non c’è stato verso di farle entrare nella testa che non c’è stata violenza. Non ha fatto nulla che anche Anthy non volesse. Ma non gli ha creduto.
« Sei un essere spregevole! », gli ha ringhiato contro, e da lei questo se l’aspettava. Non si aspettava che Touga, il suo amico d’infanzia, lo prendesse per un braccio, gli piantasse addosso quello sguardo azzurro inquisitore e gli ordinasse: «Dimmi che non l’hai fatto.». No, questo non se l’aspettava affatto. Non da Touga. L’evidenza dei fatti era tutta contro di lui, contro il collerico e bilioso Saionji, che si è innamorato della Sposa della Rosa, povero, povero, sciocco, ma almeno Touga avrebbe dovuto avere fiducia in lui. E difenderlo, senza chiedere spiegazioni. Io avrei fatto lo stesso. E magari te le avrei chieste dopo. A quattr’occhi. Non davanti a lei.
Touga sta parlando con Utena, a bordo arena. Gli arrivano brandelli della loro conversazione: Touga che le dice che si devono rispettare le regole e lei che gli risponde che andrà avanti lo stesso, regole o no.
«E se non vuoi essere travolto, spostati», gli intima. Quasi ringhiando. Ha coraggio la ragazza, riconosce Saionji e gli fa quasi tenerezza vedere l’espressione preoccupata che campeggia sul volto del suo amico. Ha paura che Utena possa farsi male. E che il Confine del Mondo non prenda bene quel Duello non autorizzato. Saionji si chiede perché mai. In fondo, non si stanno sfidando per la Sposa della Rosa? A volte crede che Touga si sia fatto imbrigliare in una struttura di regole di cui non capisce a fondo l’utilità. Il senso. Eppure, le segue ciecamente, senza deviare dal percorso. Stai tranquillo, Touga. Ti porterò il cuore di Utena Tenjo sulla punta della mia spada.
Anthy si avvicina a lui e gli appunta la rosa verde acqua sul petto. Le dita non sono agili e precise come sempre. Stavolta esitano. Tremano. Indugiano sul suo petto e lo accarezzano, infilandosi audaci nel taschino della giacca. Saionji vorrebbe baciarla. Lì, adesso. Davanti a tutti. Davanti a Tenjo. Ma Tenjo non guarda. Sta parlando fitto fitto con Touga, sempre più incattivita e incollerita, sempre più nera in viso e le mani strette a pugno. Così non c’è gusto.
«Dimostrami il tuo amore, Saionji…»
È solo un sussurro – Anthy dev’essere terrorizzata dal Confine del Mondo, pensa, ma non si azzarda a chiederle il perché – ma lui lo sente. Un incrocio di sguardi in cui lui le promette che strapperà il cuore dal suo petto e lei… lei lo guarda e basta. Non pensa a niente quando gli rivolge il sorriso cortese d’ordinanza e gli augura buona fortuna, nemmeno mentre fa una piccola, impercettibile pausa prima di pronunciare il suo nome. È un trucco studiato a tavolino. E Saionji, il fiero e vanesio Saionji non si accorge di essere caduto nella trappola del Cacciatore dagli Occhi di Smeraldo. Che non è Anthy Himemiya, ora intenta a sistemare la rosa sul petto di Utena Tenjo. No. Anthy Himemiya è una pedina, tale e quale a loro, un grazioso ed elegante trofeo che prende posto accanto a Touga Kiryu oltre il perimetro dell’area di gara, lontana con la mente e con il cuore, perché sa come finirà quel duello. Saionji non ha speranze contro Utena, non adesso che è così furiosa, ma il Cacciatore dagli Occhi di Smeraldo vuole fare lo stesso un tentativo.
« Il ragazzo non è motivato a sufficienza», le ha detto una manciata di ore prima, giocando con una ciocca dei suoi capelli, cullandola al ritmo del suo cuore. «Voglio essere sicuro di aver tratto da lui tutto il possibile, prima di allontanarlo dagli altri duellisti…»
Il potere di Saionji, pensa Anthy, una forza distruttiva ormai agli sgoccioli, prossima a ribellarsi contro la sua stessa fonte. Una flebile eco che il Castello si limita a raccogliere. Dios dorme e non sarà certo Saionji a risvegliarlo, e Anthy lo sa, così come sa che quella ragazza bizzarra, che veste e parla come un ragazzo, finirà per cadere, schiacciata da un peso troppo ampio per le sue spalle.
Cadranno tutti, fratello mio, uno dopo l’altro, come mosche dentro un favo di miele, mentre Dios continuerà a dormire indisturbato. E a noi non resteranno che le loro vene prosciugate.


   
 
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