Serie TV > RIS Delitti imperfetti
Segui la storia  |       
Autore: maavors    17/08/2013    0 recensioni
Mia Nisi è il nuovo sottotenente dei RIS di Roma. Il suo arrivo porterà molti cambiamenti nel (quasi) tranquillo ambiente romano.
IMPORTANTE: sto aggiornando e modificando i capitoli. 05/01/2016
Genere: Commedia, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Bartolomeo Dossena, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
CAPITOLO 13
 
 
Voglio dire che so come ci si sente quando
 il mondo ti crolla addosso e hai bisogno
 di qualcosa a cui aggrapparti. Lo so.
Grey’s Anatomy
 
 
 
 “Hai avuto un attacco di panico per colpa di questo…” lesse il nome sul biglietto “Christian?” cercò di non mostrare il sarcasmo nella sua voce “Perché hai quel sorrisetto da idiota?” chiese Mia senza rispondere alla precedente domanda. Aveva notato la leggera sfumatura di sarcasmo e non le era piaciuta. “No, niente” Bart scosse la testa. Mia stava per chiedergli quale fosse il suo problema, ma qualcuno bussò alla porta.
Entrò Daniele seguito da Lucia. Lui sembrava essersi appena svegliato: i ricci non erano stati pettinati e il lato destro della faccia era segnato da una lunga riga rossa, segno del cuscino. Lei dava invece, l’impressione di non aver chiuso occhio tutta la notte. Aveva delle ombre scure sotto gli occhi, e il suo colorito non era dei migliori.
“Ah, sei qui?” chiese Daniele guardando in direzione di Bart, che si ricompose immediatamente alzandosi in piedi, Lucia ne approfittò e si sprofondò nella poltrona.
“Stai bene ora, tesoro?” domandò dolcemente Lucia accarezzandole i capelli, Mia annuì.
“Hai passato la notte qui?” disse Daniele con voce interrogativa, ignorando completamente le due che chiacchieravano. Bart rispose immediatamente: “Sì, ero troppo stanco per guidare.”
“Accompagnami al RIS, abbiamo delle indagini in corso” la voce di Ghiro aveva una sfumatura autoritaria, sfumatura che non passò inosservata dagli altri. Bart annuì, prese la giacca che aveva appeso alla poltrona e si avvicinò al capitano. Daniele si avviò verso il letto di Mia, quando fu vicino abbastanza si chinò su di lei e le diede un bacio sulla fronte. “Guarisci presto” le sussurrò in un orecchio, poi prese Bart per un braccio e lo portò fuori dalla stanza. “Rimango qui un altro po’… Ti faccio compagnia io oggi, contenta?” disse Lucia quando la porta si chiuse, Mia le prese la mano che poggiava sulla coperta e annuì debolmente.
 
Daniele era alla guida della macchina di Bart già da parecchio tempo e non aveva aperto bocca nemmeno per commentare il tempo – cosa che faceva spesso quando era a corto di parole – Bart, invece, stava sul sedile accanto, teneva gli occhi fissi sulla strada, al di là del finestrino e non sembrava avesse intenzione di iniziare la conversazione.
Sapevano entrambi che dovevano parlare di quello che era successo la sera precedente, darsi delle spiegazioni.
“Scusa” sbottò Bart, “non avrei dovuto reagire in quel modo… è che mi sento in colpa per quello che le è successo” continuò dopo aver fatto un respiro profondo “è tutta colpa mia, lo so. Quando mi hanno detto che stava peggiorando mi è preso un colpo. Non ci ho visto più e…”
“Ce ne hai messo di tempo per inventarti una balla abbastanza credibile!” disse Daniele, che non aveva creduto alle parole dell’amico. “Non so di cosa tu stia parlando” affermò l’altro che ancora fissava un punto indefinito sull’asfalto “Lo sai invece. Dimmi la verità su te e Mia” a quelle parole Bart si voltò di scatto e fissò Daniele negli occhi, era inutile continuare a fingere “Ci sono stato a letto insieme” ammise senza fare troppi giri di parole. Daniele annuì e respirò profondamente come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento.
“Adesso che lo sai che ti cambia?” Bart tornò sulla difensiva. Non poteva fargli niente, lo sapeva, avere una storia con un collega non era vietato nel regolamento. “Niente, non mi cambia niente. È che non mi piacciono le bugie, e non mi piaci quando perdi la testa” disse Daniele con lo sguardo ancora fisso sulla strada “Stai perdendo i colpi, e non te lo dico come amico, te lo dico come superiore. Non stai lavorando bene, non sei più il ragazzo sveglio e intelligente che eri una volta.” Bart sprofondò nel sedile, gli veniva da vomitare, la fronte iniziava a sudare freddo, mise la testa tra le gambe: aveva ragione, non era più se stesso.
Quando si riprese erano quasi arrivati “Mi stai dicendo che devo lasciare perdere Mia, non è vero?” sapeva la risposta e si voltò per guardare in faccia l’amico mentre pronunciava la sentenza. Ma Daniele non disse nulla, si limitò ad annuire e parcheggiare all’interno della caserma. Uscirono dalla macchina quasi all’unisono, e Ghiro appoggiò le mani sul tettino della vettura e guardò Bart finché questo non si voltò “Ti obbligo a non uscire più con lei”
Bart strabuzzò gli occhi “Perché mi stai facendo questo?” disse con un filo di voce mentre sbatteva violentemente la portiera della macchina. Poi iniziò quasi ad urlare “Che ho fatto di male? Non è contro il regolamento!” Daniele si avvicinò velocemente a Bart e gli prese la testa fra le mani, lo guardò fisso negli occhi “Abrami ti vuole trasferire”.
 
“Trovato niente di interessante?” Orlando entrò nella stanza dove Cecchi e Bianca stavano lavorando senza bussare ed Emiliano sussultò appena quando il collega parlò. Fu Bianca a prendere la parola, gli spiegò quello che avevano scoperto, cioè quasi niente. “Concentriamoci sull’identità della vittima. Abbiamo stimato che l’età è compresa tra i 19 ai 21 anni, ma potrebbe essere più grande. Ieri Dossena ha controllato le denunce di scomparsa degli ultimi due mesi, ma era stanco e ha lasciato il lavoro a metà. Finite voi, in due ci metterete meno tempo” disse Orlando avviandosi verso la porta dove era entrato pochi minuti prima, ma Bianca lo bloccò mentre stava per uscire “Sai qualcosa di Mia?” Orlando si voltò con il volto angosciato e scosse la testa “Lucia dovrebbe farmi sapere qualcosa ma ancora non ha telefonato. Starà bene, non preoccupatevi. È una ragazza forte” sorrise senza convinzione, come se quelle parole servissero più a lui che agli altri. Detto ciò si richiuse la porta alle spalle e si avviò verso l’ufficio di Lucia.
La stanza era come sempre, non c’era la minima traccia di Lucia. Niente di riconducibile a lei, eccetto qualche foto. C’era quella che avevano scattato pochi mesi prima nella nuova casa. Lucia indossava una maglietta a maniche corte sbiadita, dei vecchi jeans strappati sulle ginocchia e una bandana sulla testa, teneva un enorme pennello in mano. Dietro di lei c’era lui che le cingeva le spalle in un abbraccio caloroso. L’aveva scattata Selvaggia, pochi giorni prima di trasferirsi a casa di Daniele. C’era poi l’immancabile foto con Rosanna. Quella ragazzina era veramente speciale per lei, come una figlia. A casa aveva quasi più foto con lei che con lui. Sorrise e si sedette sulla sedia girevole, e si accorse che non era vero che non c’era niente di riconducibile a Lucia: c’era il suo profumo. La stanza sapeva di limone, di mango, di aria pulita. Chiuse gli occhi e ne ispirò il più possibile chiedendosi se anche a casa loro ci fosse quell’odore. Era inevitabile, quando pensava a lei gli si formava un sorriso sul volto, ma non era il sorriso di chi ride ad una battuta o di chi vede una scena divertente. Era il sorriso di chi ha trovato quello che cerca. Di chi sa, che ha ottenuto tutto dalla vita, che si trova in paradiso. 
Lo spiacevole suono del telefono interruppe i suoi pensieri e senza riflettere alzò la cornetta, dimenticandosi completamente di trovarsi nell’ufficio di Lucia. “Pronto?” fece con un sospiro. “Lucia? Sono il generale Abrami” la voce del generale era pacata e tranquilla. “Generale, sono il tenente Serra. Il capitano Brancato è all’ospedale in visita al sottotenente Nisi” cercò di non far trapelare l’imbarazzo e di essere più preciso e dettagliato possibile.
“Ah Serra è lei. Mi serviva il rapporto sul caso della banda” disse senza giri di parole “quando pensa che tornerà il capitano?” Orlando non ne aveva la minima idea e quindi cercò di tagliare corto “Posso portarglielo io in procura, se non ci sono problemi, Generale”
“Ah… E allora verrà lei” disse il generale riagganciando il telefono, Orlando emise un sospiro di sollievo, poi il panico pervase. Non sapeva dove Lucia avesse lasciato il rapporto, poteva essere ovunque. A lei piaceva lavorare quando non era a casa, quindi poteva averlo lasciato in macchina o da qualsiasi altra parte. Fece un respiro profondo e scacciò via quel pensiero. Doveva trovarsi per forza nel suo ufficio, non era il rapporto su un omicidio qualsiasi, era il rapporto sulla cattura della banda del Lupo. Doveva trovarsi in ufficio.
Aprì il primo cassetto e rovistò tra le scartoffie, sul primo fascicolo c’era un’etichetta con su scritto “CASO RAGAZZA DEL LAGO” notò che era vuoto, non avevano ancora trovato niente. Il secondo riportava la scritta “CASO MOLINA”, il terzo “CASO GORLANI”. Tra le cartelline spiccavano dei fogli spillati, c’era scritto a caratteri verdi “AZIENDA OSPEDALIERA SANT’ANDREA”, ma non fu quello a cogliere la sua attenzione: c’era il nome di Lucia, ed erano delle analisi del sangue.
Si mise a leggere con attenzione, i valori erano tutti nella norma, l’Hb era al valore 12, l’MCV all’81. Quindi pensò che erano semplicemente delle analisi di routine. Un peso si sciolse dal petto e tornò a respirare tranquillamente. Girò il foglio e si mise a leggere gli altri valori, anche qui non c’era niente di particolare, ce ne era uno però che gli suonava troppo alto per essere nella norma: l’HCG.
Di norma l’HCG doveva essere inferiore a 12, quello di Lucia era di 369. 

“Allora, me lo dici o no chi ti ha mandato questi bellissimi fiori?” era già da un po’ che Lucia faceva quella domanda e Mia sapeva che prima o poi gli avrebbe dovuto rispondere. Prese coraggio e iniziò a raccontare tutta la storia. Partì dal principio e non sapeva dire da quanto stesse parlando quando iniziò a raccontare l’accaduto della sera precedente. Lucia rimase quasi senza fiato, poi iniziò a parlare anche lei “Be’, è carino da parte sua no? Ti ama ancora dopo tutto quello che ha passato” Mia strabuzzò gli occhi “Dopo tutto quello che lui ha passato?” disse con voce quasi stridula, ma Lucia sapeva di aver detto quelle parole. Provava un senso materno verso quel povero ragazzo, mollato sotto la Tour Eiffel, mollato perché amava troppo. Quindi espose il suo pensiero alla ragazza che la guardava allibita, come se le sue parole provenissero da un altro alfabeto e non capiva appieno il significato.
“Forse non hai capito quello che mi sono dovuta subire per anni!” sbottò Mia rabbiosamente, Lucia la guardò negli occhi e le sorrise “Quel ragazzo ti amava ed era inesperto. Ti ama ancora. Dovresti chiamarlo.”
“Mai” disse Mia scuotendo la testa energicamente “forse due mesi fa lo avrei chiamato. Ma non ora. Non adesso.”
“Perché? Hai trovato l’amore adesso?” c’era un qualcosa di aggressivo nella voce di Lucia, Mia deglutì e si guardò le mani sapendo a cosa stesse alludendo. “Mia, tesoro,” disse calmandosi “Bart può sembrare l’uomo della tua vita all’inizio, ma lui è così con tutte. Non riesce ad impegnarsi in un rapporto, guarda Eleonora. Che problema aveva lei? Nessuno. Sei arrivata te e ha trovato il capro espiatorio per mollarla, pochi mesi prima di andare all’altare. Lo capisci con chi ti stai mettendo in gioco? Ne vale la pena?” concluse.
Mia aveva l’impressione che avesse voluto dirle quelle parole dal momento in cui aveva varcato la porta. Ne rimase delusa, pensava che Lucia fosse una vera amica. Una con cui potersi confidare, e che capisse veramente quello che provava, ma non era così.
“Dovevo dirtelo scusa” Mia voltò la testa dall’altra parte, in modo che Lucia non potesse vederla in faccia. In modo che lei non potesse vederla piangere.
Era vero. Era tutto dannatamente vero. Si sentì improvvisamente vuota dentro, come se qualcuno avesse acceso l’aspira polvere sopra la sua bocca e avesse tirato fuori tutte le emozioni, belle e brutte. Non riusciva ad essere triste per le parole di Lucia, ma sapeva che erano vere. Bartolomeo Dossena non si impegna nelle relazioni. Bartolomeo Dossena non sa amare.
Squillò il telefono di Lucia e si alzò dalla poltrona portandosi l’apparecchio vicino l’orecchio. “No, ancora non l’ho fatto” disse con voce triste, poi prima di attaccare aggiunse: “Parla tu con Orlando, io sto qui ancora per un po’.”
Con grandi falcate tornò seduta sulla poltrona “È incredibile quanto sia comoda questa poltrona, non credi?” chiese cercando di deviare il discorso, ma Mia non rispose.
Lucia si sfregò le mani sui jeans e fece un respiro profondo “Mia sono…” stava iniziando la frase, ma la ragazza si voltò asciugandosi le lacrime con la manica della vestaglia e la interruppe “Hai ragione, non ne vale la pena. Sono stata una cretina. Chiamerò Christian, devo chiedergli scusa” disse decisa Mia mangiucchiandosi le pellicine all’interno della guancia. Lucia sorrise scoprendo i denti bianchissimi. “Lo sapevo che avresti fatto la cosa giusta.”
“Cosa stavi per dire prima?” chiese Mia accorgendosi di averla interrotta, Lucia scosse la testa “Niente di importante.”
 
“Cosa?” Bart sbatté gli occhi un paio di volte sperando di star sognando, ma Daniele era sempre di fronte a lui, con gli occhi fissi nei suoi. “Mi hanno chiamato ieri, e hanno detto che serve uno bravo con le armi a Parma. E visto che qui non stai rendendo molto Abrami ha fatto il tuo nome” disse Daniele tenendo le mani strette in un pugno “non c’è ancora niente di ufficiale, ma potrebbero trasferirti a momenti. Devi dimostrare che ci servi” Bart si grattò nervosamente la testa “Non è vero, lo stai dicendo perché non vuoi che mi vedo con Mia, tutto qui. Sì, deve essere così” gli occhi di Daniele rimasero fissi nei suoi, non batté ciglio e Bart capì. “Lucia sta parlando con Mia, lo sta per dire anche a lei. Se ci tiene a te farà la cosa giusta” Bart iniziò a tremare, era vero. Lo volevano trasferire. Era un perdente, trasferivano solo i perdenti o chi voleva cambiare aria. Poggiò la schiena sulla macchina, doveva fare qualcosa, voleva prendere le chiavi e correre da Mia e urlarle che non era un perdente, ma sentiva le gambe immobili. “Chiama Lucia, fermala. Non lo deve sapere. Penserà che è tutta colpa sua” Ghiro annuì e prese il telefono, quando attaccò Daniele disse che ancora non le aveva detto niente e che dovevano entrare a parlare con Orlando. Bart non batté un ciglio, si mosse in direzione dell’entrata senza dire una parola. Un passo dietro l’altro. Il cuore gli scoppiava di rabbia e voleva solo tornare indietro e prendere a pugni qualsiasi cosa gli passasse davanti. Le braccia gli tremavano e respirava faticosamente. Voleva urlare, gridare, piangere ma non fece niente di tutto ciò. Si limitò a portare un piede davanti l’altro e camminare fino all’entrata della caserma.
Trovò Emiliano e Bianca a finire il suo lavoro e li cacciò dalla sua postazione dicendo che avrebbe finito lui. I due si guardarono con aria interrogativa ma obbedirono agli ordini.
Aveva già scordato il volto della ragazza trovata morta sul lago, e dovette accendere il computer per vederne una foto. La giovane aveva i capelli neri e lunghi, gli occhi erano chiusi ma ricordava fossero blu, le labbra erano carnose e rosse.
Si mise quindi a sfogliare tra le denunce, sperando di vedere quel volto tra le foto segnaletiche.
 
Orlando era ancora seduto sulla sedia girevole di Lucia. Il suo ufficio a vetri era davanti l’entrata e quando Daniele varcò la soglia lo vide subito, si incamminò quindi verso di lui. Mentre passava vide Bart già al lavoro, si sentì sollevato.
Non bussò, aprì direttamente la porta. “Mi ha detto Lucia di dirti che Mia sta bene, e che rimane ancora un po’ lì con lei” disse, ma sembrava che Orlando non lo stesse ascoltando, quindi ripeté quello che aveva appena detto, ma la reazione di Orlando fu la stessa. Aveva gli occhi fissi su di un foglio, le mani erano leggermente tremolanti e il viso era pallido. “Stai bene?” chiese all’amico avvicinandosi verso di lui, ma non ci fu risposta. Prese quindi il foglio dalle mani di Orlando e si mise a leggere. “Che è?” domandò ancora, ma senza ottenere risposta. Stanco di quella situazione diede una spinta ad Orlando che sembrò uscire da un sogno ad occhi aperti. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e brillava una luce diversa nei suoi occhi. Sembrava accorgersi solo in quel momento che non stringeva più il foglio tra le mani. Si inumidì le labbra con la lingua e guardò Daniele che lo stava fissando in attesa di una risposta.
La sua bocca si aprì in un sorriso “Lucia è incinta.”
 

 
aggiornato e corretto 01/03/2016
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > RIS Delitti imperfetti / Vai alla pagina dell'autore: maavors