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Autore: Ivan_    17/08/2013    1 recensioni
Metaforica.
..diceva 'Lavati nell'arcobaleno, Dipingiti la faccia con i colori dei sogni, Sporcati le mani con la fantasia, bambina mia.'
Genere: Generale, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Ragazza dal Vestito di Violette

 

C'era una volta una ragazza dai capelli bruni, simili al cioccolato, venati di sfumature color del miele.

Era una ragazza cioccolato e miele.

Castano e oro.

C'era una volta una ragazza che vestiva di viola, perchè a dire della nonna quel colore valorizzava i suoi occhi celesti, tersi color del cielo.

Ametista e zaffiro.

C'era una volta una città spietata, tinta di rosso sangue rappreso, abitata da gente grigia.

Carminio e grigio.


 

Tanti omini incravattati scivolavano lungo le strade affollate reggendo le loro valigette rigide ed immacolate, non un graffio sulla pelle che le rivestiva, tutte ossessivamente uguali.

A casa -nelle loro villette a schiera, tutte spaventosamente identiche senza un albero, senza alcuna traccia di erba verde o margherite bianche- riponevano quelle valigette nello stesso mobile che tutti avevano a destra dell'ingresso.

Abbandonavano le scarpe lucide, allentavano la cravatta stretta fino a quel minuto.

Tante donnine serpeggiavano tra un 'Lavori in Corso' ed un palo della luce, stringendo le loro borsette costose come se il mondo ladro fosse affamato proprio del loro portafogli.

Tutti uguali, quei portafogli. Rosa, per lo più, in tinta con le unghie laccate di nulla.

E quando tornavano a casa erano pronte a dedicarsi alla loro cucina, immacolata come se ogni molecola di cibo fosse stata disintegrata.

Vivevano con le loro credenze vuote -che si parli di mobilio o di fede decidetelo voi-.

Vivevano con le loro impostazioni di vita da rivista.

"Gradiresti altra insalata amore?"

"Certamente tesoro."


 

Ingessati nei loro usi creavano un vastissimo formicaio di operosi esseri brulicanti.

Solo la nonna le diceva..

..diceva 'Lavati nell'arcobaleno, Dipingiti la faccia con i colori dei sogni, Sporcati le mani con la fantasia, bambina mia.'

La nonna era grigia, come tutti gli anziani. Lo scialle grigio, i capelli grigi.

Ma le parole che sussurrava esplodevano nel loro salotto minimale, una valanga ustionante di tutto ciò che poteva esistere di profano. Snocciolava colori iridescenti ad ogni bisbiglio. Travolgeva i sensi con le parole cangianti che sibilava.

Innamorati, bambina mia.

Divertiti, bambina mia.

Vivi ciò che senti.


 

Le avrebbe chiesto 'nonna, quando si muore si vede tutto nero?'

gliel'avrebbe chiesto, se il suo corpo incartapecorito avesse avuto ancora voce per esprimersi, ancora fiato per ribellarsi.

Gliel'avrebbe chiesto se sua madre non le avesse strappato di dosso il vestito -quello viola, il preferito della nonnina- sentenziando in un moderato grido che La Vecchia Pazza era deceduta.

Avrebbe chiesto alla donna esangue perchè il cucchiaino le sporgesse così dalle labbra con quel manico rilucente, d'acciaio, minaccioso con quel suo sguardo arcigno ed assassino.

Perchè tutto quel budino le colava dalla bocca.

E la madre le strappava le violette appuntate sul cuore, con ferocia celata sotto strati appiccicosi di autorevolezza.

Piangeva lacrime grigie che colavano a macchiarle l'animo.

Avrebbe chiesto, dov'è l'arcobaleno ora?



 

C'era un vicolo buio, dietro un Lavori in Corso, e c'era una macchia violacea che ne imbrattava il selciato.

Era un vestito, si sa, tutto strappato. C'erano petali nel cioccolato e nel miele.

Una nuvolaglia plumbea svettava sfacciata, gli omini e le donnine camminavano per i loro sentieri, telecomandati.

Ignoravano, naturalmente, il cielo appena perduto.

Soffocato.

Stroncato.

Spezzato.

Avrebbe voluto raccontare alla nonna: è un arcobaleno che si vede prima di morire.

  
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