17/08/2013
2 recensioni— Guilty
La stanza metteva tristezza, pensò Reina.
Spoglia, priva di mobilia e di colori, fatta eccezione per dei lettini vuoti. Bianca, bianca come la neve, un bianco che la spaventava; un bianco fin troppo bianco, candido e immacolato. Bianchi i pavimenti, bianche le pareti, bianche le lenzuola. Un bianco fin troppo intenso, un bianco che temeva potesse inghiottirla da un momento all’altro, per poi trascinarla in un mondo grigio, incolore, senza sfumature.
Il labbro inferiore le tremò leggermente, mentre cercava di calmarsi inspirando forte quell’aria intrisa di sofferenza— odore di malattia, di sangue e di vecchiaia. Se chiudeva gli occhi e si concentrava sul rumore della pioggia che ticchettava insistente sui vetri, poteva ancora udire i pianti e il dolore delle persone che ancor prima di lei si erano ritrovate in quella camera per un qualche scherzo crudele del destino.
Il suo sguardo si posò sul viso della ragazza stesa sul letto dell’ospedale, e notò che il suo respiro era affannato e irregolare. I suoi occhi erano chiusi, i suoi capelli di solito legati in quella strana acconciatura adesso erano sciolti, appiccicati al volto sudato— tremava e le sue dita si muovevano freneticamente, alla ricerca di un qualche appiglio che potesse assicurarle di non essere sola nell’oscurità che l’avvolgeva.
E in quel momento Reina si sentì colpevole di tutti i suoi dolori.
Com’era potuto succedere? Le aveva promesso che l’avrebbe protetta, le aveva assicurato che le sarebbe sempre stata accanto e per nulla al avrebbe permesso che le sarebbe successo qualcosa— avevano riso insieme, e Maki ci aveva creduto. Si era sentita al sicuro, con lei.
Ma adesso?
Adesso era lì, sofferente, in un ospedale, etichettata come un caso grave, forse incurabile. Reina aveva sentito parlare alcuni medici, la scorsa sera— alcuni l’avevano data per spacciata, senza speranza, e lei proprio non ce l’aveva fatta, a non sentirsi in colpa.
Aveva lasciato che si avvicinasse a quella maledetta pietra e non l’aveva fermata quando aveva visto che era al limite— aveva lasciato che continuasse ad utilizzarla e ad autodistruggersi, le era scivolata via dalla dita come sabbia in balia del vento. Maki adesso stava male, ed era colpa sua, semplicemente troppo stupida per capirlo prima.
Le accarezzò delicatamente le bende che le ricoprivano il braccio, mentre una lacrima solitaria le scivolava lungo la guancia.
«Mi perdoni?».
Fu un sussurro, come se si aspettasse davvero una risposta.
La ragazza afferrò saldamente la sua mano.
☁
N.d.A.
Orpho, ci siete tutti? Avete davvero avuto il coraggio di leggere tutto e di arrivare fino alle note? O pigri come siete avete direttamente saltellato fin quaggiù?
Bene, se siete veramente stati così coraggiosi dal non suicidarvi mentre leggevate non posso fare altro che amarvi :”D
*cough— che dire? Avevo voglia di scrivere qualcosa su questa pair con cui di recente sono veramente fissata, e ho prodotto questo miscuglio di tristezza e malinconia(?).
Non ho molto da dire, in realtà. Maki si è praticamente autodistrutta a furia di utilizzare la pietra dell’Aliea, Reina si sente in colpa perché aveva promesso di proteggerla e blah blah blah, il resto lo sapete già se avete veramente letto tutto. /wtf/
Ebbene, domani parto per la montagna dove starò quattro giorni e subito dopo parto per una settimana al mare, quindi non pubblicherò più fino a- uh- metà settembre? *il fandom esulta*
Beh, adesso non ho veramente più niente da dire. Vi saluto e mando tante caramelle arcobaleno a tutti quelli che recensiranno o metteranno la fic tra ricordate/preferite.(?)
Un bacio,
Asia.