Prologo: Lost in stereo
20
maggio 2005
Musica
a volume altissimo,
gente scatenata, anche stasera il magazzino non ha deluso.
Il “Magazzino” è il luogo
dove si ritrovano tutti i ragazzi e le ragazze di Baltimora, Maryland, a cui le discoteche non
piacciono e a cui la
dance causa effetti di diarrea indesiderati.
Io lo frequento
abitualmente, mi piace come posto, mi sento casa.
Sarà per via dei miei
capelli azzurri, sarà per via dei due piercing che ho al
labbro e di quello che
ho al naso o forse per il tatuaggio con uno sugar skull, ma non sono
molto
amata.
A scuola mi evitano tutti
e ormai sono talmente poco abituata a presentarmi o a sentirmi chiamare
che ho
quasi dimenticato il mio nome: Wendy.
Wendy O’Connor di anni
diciassette, con una famiglia sfasciata alle spalle. Mio padre se
n’è andato
con la sua amante, mio fratello maggiore con il suo amante e sono
rimasta solo
io con mia madre che si è data all’alcolismo e con
il mio fratellino che vuole
entrare nell’esercito “per non averci
più fra i coglioni.”
Parole sue.
Dobbiamo proprio averlo
stufato.
Una madre che beve tutto
il giorno, che si porta a casa uomini senza farsi il minimo scrupolo.
Una sorella strana che si
taglia e fuma erba.
Vivere in una roulotte
nella zona dei poveri.
Queste tre cose possono
essere alquanto seccanti per un adolescente ambizioso come lui e
così l’anno
prossimo si prepara a lasciarci.
Questo è quello che dice
nei momenti no, ma nei momenti sì è una
bravissima persona. Si
chiama Andrew e ha una testa piena di
riccioli neri e due spalle larghe e – anche se non ce lo
dimostriamo spesso –
siamo molto legati, io l’ho difeso un sacco di volta da mamma
quando era
piccolo e ora lui sta tentando di ricambiare il favore.
Quando alla nostra vecchia
girano le palle o non riesce a trovare i soldi per il suo dannato
alcool e le
viene voglia di picchiarmi interviene lui e la fa giungere a più miti
consigli.
Così va la vita nello
schifo di roulotte in cui vivo. Mamma spende quasi tutti i soldi del
sussidio
sociale che ci passa lo stato in birra, whisky, gin o quello che trova
nei
drugstore. Nessuno le dice nulla, nessuno la ferma, nessun parente si
interessa
a noi e così tocca a me tenere da parte una somma per il
cibo e le bollette.
Inutile dire che a sedici
anni nessuno mi ha pagato la patente e che quindi non ho né
la macchina né la
patente, anche se so guidare abbastanza bene la macchina di mia madre
Io mi sono diplomata
quest’anno, precisamente due settimane fa, e non ho fatto
nessun discorso, ho
solo ritirato il diploma da un preside incredulo che una come me ce la
facesse
a finire il liceo in tempo e non fosse stata rimandata in nulla. Sono
stati
soprattutto i miei capelli azzurri a turbarlo, visto che quel giorno mi
ero
tolta i piercing e avevo coperto il tatuaggio.
Ora che il liceo è finito non
so che fare della mia vita, per l’estate andrò da
mio padre a New York, poi
vedrò.
I miei voti non sono mai
stati altissimi, quindi l’università è
esclusa, ma almeno mi guarderò un po’
intorno per vedere cosa posso fare, mi piacerebbe molto lavorare in un
tattoo
store ed è per questo che ho preparato un portfolio con i
miei disegni. Vedremo
come andrà.
Domani parto e nel casino
di questo posto sto finendo di ultimare la mia playlist personale da
ascoltarmi
in aereo, rigorosamente fatta con le vecchie cassette, dato che non
abbiamo i
soldi per un lettore cd.
Ah, che palle!
Messa l’ultima canzone
scendo in pista anche io e mi scateno, stasera è la serata
blink e stanno
sfoderando tutto il repertorio, adesso è il turno di
“Feeling this”.
Io mi scateno e quando
mettono “Online Song” pogo come una matta, poi pogo
e basta per nessuna ragione
o canzone precisa.
Sono solo incazzata per la
mia vita di merda e per il mio futuro che non esiste, per non parlare
della
famiglia!
Mi scateno e sudo come una
matta.
Dopo mezz’ora mi siedo
accanto a una ragazza vestita di nero che si chiama Holly, è
mia cugina nonché
la mia unica amica e l’unica sa del mio odio per gli
omosessuali e lo appoggia.
Un fratello che sfancula
la sua traballante famiglia per fare il frocio al Green village non si
perdona,
soprattutto se prima di andarsene ha avuto il pessimo gusto di
riempirmi di
botte come faceva il nostro vecchio.
“Sfogata?”
“No.”
Bevo una sorsata dalla
bottiglia di birra di Holly e guardo la pista, la gente si muove come
un unico
corpo.
“Hai fatto colpo.”
Io seguo il suo sguardo e
vedo che punta su un ragazzo dai capelli neri di media lunghezza,
impegnato a
tracannare una birra.
“Mmmh, hai iniziato a
fumare senza di me?
Quello ama solo la birra,
in ogni caso io ritorno in pista.
Adesso mettono “I miss
you” se gli interesso ci proverà.”
Lei scuote la testa.
“Non lo farà, non perché
non gli interessi, ma perché hai un’aura di rabbia
che spaventa.”
“Ancora con questa storia?
Io vado.”
Mi addentro nella pista e
comincio a muovermi lentamente al ritmo di “I miss
you”, intorno a me si
formano tante coppie, ma io rimango sola.
Sola come sono sempre
stata e come sempre sarò.
Il ragazzo moro ora sta
parlando con una biondina che si chiama Stella Dawkins, Holly si
è sbagliata e
io un po’ ci rimango male. In fondo era carino e non mi
sarebbe dispiaciuto se
lui ci avesse provato.
Esco dalla pista e mi
risiedo di nuovo vicino a lei.
“Ehi, goth tutta d’un
pezzo! Quando ti deciderai ad ammettere che i blink ti
piacciono?”
“Quando tu ti deciderai ad
ammettere l’esistenza della tua aura di odio.”
Io sbuffo e raccolgo la
mia borsa militare rimasta per terra per tutto questo tempo.
“Ehi, che ne dici se ce ne
andiamo?”
Il che significa:
“Andiamocene nella zona del porto a fumare in santa
pace.”
Lei annuisce e mi segue.
Finiamo sdraiate a
guardare le stelle sulle scale di un vecchio magazzino in disuso.
“Io me ne vado, Holly.”
“Lo so, ma poi torni a settembre!”
“No, me ne vado del tutto.
A Los Angeles, lontana da questa merda e tu vieni con me!”
“Ma smettila di delirare!”
Non è un delirio,
nonostante le canne sono lucida, me ne andrò e non
rimetterò mai più piede in
questo angolo di mondo.