On. Off.
On.
Gethin
attendeva al solito bar, pronto a sorseggiare il solito
caffè –
che, come al solito, era già nella tazzina bianca di fronte
a lui. C’era
agitazione ai tavoli intorno e chiunque fosse passato di lì
avrebbe pensato di
trovarsi nel mezzo di una qualche rievocazione medievale.
Ben
poco realistica, però: da quando i cavalieri bevevano un
caffè tra
un drago e l’altro?
A
Gethin faceva sempre una strana impressione trovarsi nei pressi del
set su cui aveva lavorato due anni, ma non era una sensazione
sgradevole, solo
malinconica. E nostalgica.
Mista
a un briciolo di impazienza perché il
suo amico tardava a raggiungerlo. Non doveva neanche
lavorare,
quel giorno!
Il
caffè rischiava di diventare freddo, ma nossignore, Gethin
non
avrebbe aspettato a ordinarlo pur di stare ai comodi di Finn
– non che
attendere il suo arrivo per sorseggiarlo fosse una mossa degna
dell’emancipazione
che voleva dimostrare.
E
poi i capelli ricci di Finn apparvero, insieme alla sua maglietta a
fiori e a un ridicolo berretto verde oliva, e le dita che stringevano
la
tazzina tremarono leggermente.
Off.
«Hai
da fare?»
La
domanda sorse spontanea la terza volta che Finn gettò un
rapido
sguardo all’orologio del bar.
«Ho
un appuntamento alle cinque» spiegò lui,
sovrappensiero.
Lo
stomaco di Gethin si chiuse su se stesso. «Un…
appuntamento, eh?»
ripeté con voce un poco rauca. Tossì.
«Sarà meglio andare, allora.»
«Posso
restare ancora un po’. O non gradisci la mia
compagnia?» chiese
Finn, regalandogli uno dei suoi sorrisi ammiccanti.
Sette
dèi, se la gradiva! Il problema era spiegarlo a lui: le cose
tra
loro stavano degenerando e Gethin se ne accorgeva ogni volta che
scrutava i
rimasugli di caffè nella tazzina bianca. Il tempo per loro
due, ancora una
volta, era terminato.
Per
loro due amici ed ex colleghi, ma era in quel preciso momento
–
quando le tazzine restavano vuote e i biscotti che Finn intingeva nel
tè
terminavano – che l’aria si faceva più
pesante, perché per Gethin era tempo di
scoprire se il suo interlocutore lo avrebbe salutato o gli avrebbe
chiesto di
andare a casa sua.
“Per
un altro caffè, una pizza o uno di quei giochi perversi che
lo
divertono tanto.”
La
tazzina rimase vuota e, quel pomeriggio, Gethin aveva appena
scoperto di aver passato un’intera settimana a sperare
inutilmente.
On.
“La stagione dell’amore viene e
va,” cantava la radio.
Era
stata la musica a colpirlo, inizialmente, così poi aveva
cercato il
testo della canzone – e la traduzione, perché
l’italiano gli era piuttosto
difficile da comprendere.
Un
altro giorno avrebbe potuto maledirsi per averlo fatto, ma quella
sera Finn sarebbe andato a cena da lui e niente poteva rovinargli la
lieta
trepidazione.
«Una
cenetta a luna di candela, mi raccomando!» gli aveva detto
Finn
con il costante sorriso sulle labbra. «Voglio che tutto sia
perfetto, la notte
della nostra prima volta!»
Gethin
aveva sbuffato e, ormai esperto nel nascondere l’imbarazzo,
aveva evitato di arrossire violentemente davanti a lui; era poi andato
al
supermercato e aveva comprato due pizze surgelate, di quelle che Finn
tanto amava,
e una confezione da sei di birra. In quel momento sul tavolo della sua
piccola
sala da pranzo non c’era nemmeno l’ombra di
candele. Solo un paio di tazzine
accanto al lavandino, pronte per essere riempite.
“All’improvviso senza accorgerti
la vivrai, ti sorprenderà.”
Sorprenderlo
più di così sarebbe stato difficile. Sorprenderlo
più di
Finn? Impossibile.
Era
questo che amava di lui – e che allo stesso tempo temeva.
Off.
Aveva
capito fin da subito che quella notte non sarebbe successo niente
– niente di simile al sesso – ma aveva comunque
fatto male vedere comparire
sulla soglia, insieme a Finn, anche Alfie. Gethin lo aveva sempre
trovato una
buona compagnia, soprattutto con della birra in giro, però
quella sera lo
avrebbe volentieri appeso per le mani e i piedi, chiamando poi Iwan
Rheon a
fargli compagnia.
Aveva
cercato di mascherare la delusione mentre cenavano, fingendo di
ascoltare volentieri Finn e Alfie parlare del lavoro, delle
indiscrezioni sul
cast della quarta stagione e del vestito che Lena indossava
all’ultimo Red
Carpet, e doveva esserci riuscito perché passarono una
serata piacevole,
nonostante i versi che continuavano a risuonare nella sua testa:
“Se penso a come ho speso male il
mio tempo
che non tornerà, non ritornerà più.”
Quanto
altro tempo avrebbe perso dietro Finn? Dietro a quella storia
che non poteva avere una definizione e che, presto o tardi, lo avrebbe
distrutto?
E
avrebbe distrutto anche la loro strana amicizia, quella era la
prospettiva che lo atterriva di più.
Alla
fine della serata due tazzine erano sporche: quella di Gethin e
quella di Alfie. Finn non aveva lasciato alcuna traccia di
sé.
Era
tornato, poi.
Gethin
non doveva essere stato tanto bravo a dissimulare la delusione,
perché un’ora più tardi, dopo aver
accompagnato un Alfie ubriaco a casa, Finn
aveva bussato alla sua porta per la seconda volta in quella sera.
«Non
ho ancora preso il mio caffè» aveva spiegato,
inclinando il capo
verso la spalla con sorriso accennato
Gethin
aveva sempre pensato che Finn fosse un tipo ben poco riservato:
condivideva con i suoi fans le foto più ridicole, arrivava
sul set urlando a
tutti un saluto, non aveva problemi a legare con i nuovi colleghi e a
raccontare la propria vita a persone che conosceva da poco. Tutto
ciò lo
rendeva una persona speciale, sempre energica ed estroversa,
però faceva capire
a Gethin che lui, per Finn, non era speciale – non quanto lo
fosse Finn per
Gethin.
Forse
sarebbe stato meglio perdere la testa per un tipo più
riservato,
questa era ciò che Gethin pensava negli ultimi tempi; nella
riservatezza c’era
sicurezza, c’era la consapevolezza di essere
l’unico.
“Ma
non c’è attrazione.”
Si
chiedeva se fosse possibile amare una persona riservata;
d’altronde
non era neanche certo che solo le persone espansive fossero degne
d’attenzione.
Finn
lo era, almeno per lui – e poco importava se fosse riservato
o no.
Perché in fondo poteva parlare di sé a chiunque o
invitarlo a cena o offrirgli
una birra, ma da quasi due anni dormiva in un solo letto che non fosse
il suo.
Proprio
come stava facendo in quel momento. Faceva freddo, quella
notte, e nel pigiama che Gethin gli aveva prestato Finn sembrava
vulnerabile:
del coraggioso Cavaliere di Fiori non restava nemmeno
l’ombra. Così Gethin lo
stringeva a sé, accarezzandogli i ricchi castani, e di tanto
in tanto si
sentiva talmente audace da baciargli le labbra.
Poté giurare che,
verso le quattro del mattino, Finn intonò in un
sussurro una musica – che a Gethin ricordava molto quella del
verso: “La
stagione dell’amore tornerà.”
Ed eccomi qui con una nuova Finn/Gethin - perché non è giusto che le uniche altre a scrivere di loro siano Agne e Finn, il mondo dovrebbe esserne pieno! - che è una sorta di spin-off della precedente Un caffè dopo l'altro.
Questa OS è stata scritta in occasione dell'iniziativa Mistery Weekly Table-y indetta dal forum Pseudopolis Yard e si basa sui seguenti prompt (oltre all'immagine inserita sotto il titolo):
- La stagione dell'amore (Franco Battiato)
- "Nella riservatezza c'è sicurezza, ma non attrazione. Non si può amare una persona riservata." (Jane Austen, Emma)
Alfie è Alfie Allen, Theon Greyjoy, mentre Iwan Rheon è l'interprete di Ramsay Bolton.
Uh, tanto per precisare: con "giochi perversi" Gethin intende il modo in cui Finn flirta con lui per farlo dannare, niente a sfondo sessuale xD
Spero vi sia piaciuta, spero vogliate scrivere anche voi su loro, spero che il mondo venga invaso da Finn/Gethin e le loro Guardie Arcobaleno ♥
Medusa, a colorful Lannister