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Autore: Kuno84    01/03/2008    7 recensioni
E' più grave il rimpianto di un'occasione perduta, oppure il rimorso per averla sfruttata?
Storia ambientata dopo la fine del manga. Grazie ad uno specchio molto particolare, Mousse sembra avere finalmente trovato il modo di conquistare l'amata Shan-pu...
[ Secondo classificato al concorso “Multifandom – Fantasmi” nel forum di EFP. ]
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cologne (Obaba), Maomolin, Mousse, Shan-pu
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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E VISSERO PER SEMPRE…

E VISSERO PER SEMPRE…

 

di Kuno84

 

 

 

Note preliminari: Luoghi e personaggi non mi appartengono, ma sono frutto della geniale mente di Rumiko Takahashi. Questa storia è stata scritta per il concorso "Multifandom - Fantasmi" indetto da Lisachan e si è classificata al secondo posto.

 

 

 

Quando il ragazzo cinese vestito di bianco entrò nella sala grande del Nekohanten, l’orologio appeso alla parete finì di segnare le quattro spaccate. Udendo il debole rintocco, inforcò le lenti degli occhiali per mettere a fuoco le lancette e constatare una volta di più la notizia; quindi sospirò con aria dimessa.

‘Tanti auguri, Mousse.’ Disse a se stesso.

Aveva appena terminato le faccende in cucina, mentre Shan-pu era in giro a fare delle consegne e, dal canto suo, quella schiavista della vecchia mummia dormiva al piano di sopra. Così lui, che pur doveva ancora sparecchiare i tavoli e buttare gli avanzi di ramen, era del tutto libero di festeggiare mentalmente la ricorrenza.

Era entrato a tutti gli effetti nel proprio diciottesimo anno di vita. Questo voleva significare qualcosa? Forse non voleva dire nulla, si rispose. Dopotutto, non si sentiva in alcun modo più adulto e maturo rispetto ad un minuto prima, quando gli anni compiuti che poteva contare erano ancora sedici.

Erano avvenute molte cose, negli ultimi dodici mesi. Anche se per lui non era cambiato poi molto, in definitiva. L’ultimo avvenimento di una certa rilevanza, in ordine di tempo, era stato il quasi-matrimonio tra Ranma Saotome e Akane Tendo. (¹)

Vero, il tutto si era concluso con un nulla di fatto. Probabilmente, ma non poteva affermarlo con sicurezza. Mousse aveva incitato in tutti i modi possibili i due fidanzati a sbrigarsi a compiere il grande passo, ma il pandemonio comportato dallo sbucare improvviso di una certa fiasca di Nannichuan e, soprattutto, dall’attacco congiunto delle altre fidanzate aveva ristabilito lo status quo. Probabilmente. O altrettanto probabilmente, no.

Nonostante l'apparenza indicasse l’esatto contrario, aveva notato che Shan-pu pareva aver compreso l’antifona. Questo non era stato un bene per lui, anzi. L’amazzone era più scontrosa e irascibile che mai: e il più delle volte, a farne le spese era lo stesso Mousse. Il quale sapeva che le sue speranze di far breccia nel cuore di ghiaccio della donna amata, già fievolissime, si erano praticamente ridotte allo zero: dato che accettare il suo amore, per Shan-pu sarebbe equivalso ad ammettere la propria definitiva sconfitta riguardo a Ranma. E l’orgoglio – o la cocciutaggine, od entrambe – di amazzone non gliel’avrebbero mai permesso.

Le riflessioni del giovane cinese furono interrotte da un leggero scampanellio proveniente dall’ingresso. Un cliente? Di primo pomeriggio? Mousse dubitò che questo fosse il caso in questione, ma si avviò comunque a ricevere l’ospite.

“E’ permiesso?” Frignò una strana voce nasale. Dopodiché, senza attendere risposta alcuna, entrò nel locale un ometto smunto che trascinava, con evidente difficoltà, una valigia all’apparenza più consistente di lui. Mousse sbuffò violentemente, indispettito dalla maleducazione del nuovo arrivato. Inoltre, aveva intenzione di spiegare al più presto che il ristorante a quell’ora era chiuso: per la vecchia Cologne un cliente era sempre un cliente, ma il mandarino non voleva saperne di improvvisarsi cameriere in vista di uno straordinario che nessuno gli avrebbe mai pagato.

“Se vuole un tavolo”, mormorò dunque, col tono meno seccato che fu in grado di sfoggiare, “temo che dovrà ripassare più tardi: il Nekohanten riaprirà non prima del tramonto.”

“Oh, ma io non sonio un cliente.” Ridacchiò l’altro. “Casomai, sei tu che potrai essere il mio, di cliente.”

Mousse fissò l’interlocutore con aria confusa. Aveva uno strano modo di parlare, e tuttavia gli risultava in qualche maniera familiare, come se l’avesse già udito da qualche parte.

“Mi presento.” Riprese quello. “Sono un commiesso viaggiatore e ho portato con me miolti prodotti interessanti provenienti direttamiente dalla Cina. Ne vuoi provare qualcuno?” Concluse, quasi sogghignando sotto i baffi che non aveva.

Fu a quel punto che Mousse se ne accorse. Il tintinnio stava continuando, ma l’interlocutore era ormai all’interno. Individuando la nuova fonte del suono, che si rivelò essere un piccolo bizzarro sonaglio che lo straniero portava al collo, si ricordò di tutto ed intuì la minaccia.

Quell’uomo era posseduto.

Mousse si volse di spalle e il suo cuore sussultò, scorgendo una figura sfocata. Non era per caso… possibile che avesse terminato il suo giro di consegne proprio adesso?!

“Shan-pu! Attenta!” Gridò ad alta voce, compiendo un balzo all’indietro e portando in salvo un attaccapanni. “Ma cosa ti è successo?! Come sei dimagrita!” Osservò, quasi in lacrime.

“Credo che dovresti sistemarti meglio gli occhiali.” Lo schernì l’altro. 

“Fai poco lo spiritoso! Guarda che ti ho riconosciuto!” Esclamò con enfasi il cinesino, aggiustandosi le lenti e tornando a rivolgere la propria attenzione all’intruso. “Dunque esci fuori da questo pover’uomo, prima che perda la pazienza!”

L’altro sghignazzò.

“E così hai scoperto la miao identità. Ma ora è troppo tardi!” Dal nulla si materializzò un secondo sonaglio, identico al precedente ma molto più grande. Immediatamente dopo, un’aura demoniaca accecante si sprigionò dal commesso viaggiatore, abbandonandone il corpo inerte e circondando con rapidità il campanello grande, mentre il ristorante sprofondò per qualche secondo nell’oscurità più totale.

“Sei Maomolin!” Concluse Mousse. “Quell’impiastro di gatto-fantasma che cerca sempre moglie! Vai via! Non ti permetterò di mettere le tue sporche zampacce addosso alla mia adorata Shan-pu!”

Si sistemò in posizione di difesa, intanto che l’aura assumeva consistenza e prendeva le sembianze di un enorme felino.

“Staremo a vedere!” Ghignò questo, socchiudendo gli occhi luminescenti dalle strette pupille verticali. “Tu sottovaluti i miei poteri demiaoniaci: adesso che Ranma non è nei dintorni, m’impossesserò del tuo corpo e non avrò più ostacoli!”

Detto questo, si lanciò contro l’altro. In tutta risposta, Mousse picchiò ripetutamente lo spirito con pugni, calci e vari arnesi estratti dalle maniche.

“No! Pietà! Pietà! Mi arrendo ma, per favore, non colpirmi!” Piagnucolò il gatto gigante, accovacciandosi in un angolo.

“Vedo che non sei affatto migliorato dall’ultima volta.” Constatò il giovane quattrocchi, sospirando con fastidio. “Sarebbe tutto qui il tuo malvagio spirito combattivo?”

“Come sarebbe a dire mialvagio?” Protestò quello, asciugandosi le copiose lacrime che aveva versato. “Non agisco certo così per cattiveria.”

Il ragazzo vestito di bianco inarcò un sopracciglio, poco convinto. Afferrò per il colletto della giacca l’omino che era stato posseduto e che adesso, ignaro, era beatamente addormentato. Quindi lo trascinò fuori del ristorante e poi tornò all’interno, versandosi da bere. Infine riprese a fissare il gatto-fantasma, che ancora non aveva abbandonato il suo posto.

“E allora… perché?” Si decise dunque a chiedergli.

“Intendi dire” prese a parlare lo spirito, “perché sono così ostinato a cercare una moglie? Non certo per amiore. Sono un gatto, che interesse avrei a sposare una ragazza umana?”

Mousse posò il bicchiere sul tavolo, confuso. Si avvicinò all’interlocutore.

“Allora c’è un altro motivo?” Domandò.

Il gatto annuì gravemente.

“Io sono uno spirito. Non ti sei mai chiesto come mai stia vagando sulla terra? Il miaotivo è semplice: sono vittima di una maledizione che m’impedisce di raggiungere l’Aldilà.”

“Non mi starai raccontando una frottola per impietosirmi?” Fece Mousse.

“Assolutamente no. E’ tutto legato a questi due sonagli che vedi.”

“Ah, sì! Shan-pu mi aveva raccontato la loro storia. La coppia che li possiede è destinata a legarsi insieme. Proprio per questo li aveva comprati: aveva tenuto il campanello piccolo per sé, e aveva regalato quello grande… a Ranma.” Ricordò, con evidente nervosismo.

“E’ esatto, anche se hai omesso un particolare: che solo io sono, e posso essere, il detentore del campaniello grande. Ed entrambi i sonagli mi legano su questa terra: è la maledizione che mi tiene prigioniero.”

“Ora capisco! Quindi l’unico modo per spezzare la maledizione sarebbe…”

“Legare assieme i possessori dei due sonagli.” Completò Maomolin. “Solo così potrò riposare in pace per l’eternità.”

“Hai tutta la mia comprensione. Tuttavia, non ti permetterò di sacrificare la vita di Shan-pu, tanto più che ormai il campanello piccolo è sparito chissà dove.”

Lo spirito squadrò attentamente il mandarino.

“La ami tanto, non è vero?” Gli chiese. “Ma lei non sembra ricambiare i tuoi sentimenti. Non merita la tua protezione.”

“Questo non è affar tuo!” Replicò Mousse, seccato.

“In fondo siamo simili.” Notò il gatto-fantasma, sospirando. “Siamo entrambi delle anime in pena.”

Mousse sospirò a sua volta. Quella massa di peli pulciosa, in fondo, aveva perfettamente ragione.

Maomolin si scosse.

“Ma ora che ci penso”, riprese, “ciascuno di noi potrebbe dare soluzione ai problemi dell’altro: in effetti, ho con me qualcosa che forse potrebbe fare al caso nostro.” Detto questo, si avviò verso l’ingresso, dove aveva lasciato a terra la valigia di prima. La aprì ed estrasse, tra la varia roba, uno specchio finemente decorato.

“Questo è il Sendai no Kagami (²).” Spiegò. “Se mostri la tua immagine in esso riflessa alla ragazza che ami, lei sarà tua per l’eternità.”

“Scordatelo!” Ribatté Mousse. “Voglio che Shan-pu mi ami liberamente, senza magie o incantesimi vari.”

“Parole miaolto nobili da parte tua. Ma cosa ti hanno fruttato finora? Dimmi la verità.”

Mousse chiuse le palpebre e vari ricordi affollarono all’istante la sua mente. Pensò che poco tempo prima aveva avuto la sua grande occasione, a Jusendo, grazie alle uova surikomi (³). Il loro potere era qualcosa di vagamente simile all’imprinting: la persona che ne fosse stata soggetta diveniva schiava di colui che avesse visto per primo.

Per mezzo di queste uova, di cui l’amazzone era effettivamente rimasta vittima, Mousse aveva avuto per la prima ed unica volta la possibilità di una Shan-pu obbediente e che lo adorava. Non era quello che aveva sempre sognato? Perché, dunque, aveva gettato tutto al vento, permettendole di guardare il proprio riflesso allo specchio, facendola così divenire nuovamente la padrona di se stessa? Era stato un pazzo? Forse sì. Ma che onore ci sarebbe stato, si era detto quella volta, a conquistarla con qualcosa che non fosse il proprio vero e sincero amore, che del resto costituiva l’unica cosa che fosse in grado di offrirle?

Eppure… a Shan-pu non era mai importato niente dell’amore che lui provava per lei. Mousse aveva perduto la sua grande occasione, restituendole un cuore sì libero di amare, ma pur sempre di ghiaccio e prigioniero delle regole del loro villaggio. Era forse un vero amore quello che Shan-pu manifestava nei confronti di Ranma? No, ne era solamente convinta. Il suo cuore non era mai stato libero e Mousse, ogni giorno che passava da allora, si sentiva sempre di più un enorme idiota. Il rimpianto si scavava sempre maggior spazio nel proprio animo oppresso, e il ricordo di ciò che poteva essere, ma non era stato, tormentava ogni sua notte insonne. Se quell’occasione imperdibile per assurdo si fosse ripresentata, si era chiesto mille volte, lui avrebbe agito allo stesso modo?

Ritornò al presente. Maomolin attendeva ancora una sua reazione.

“Mmm, poniamo che… che io sia d’accordo ad usare il tuo incantesimo.” Disse al gatto-fantasma. “Mi spieghi perché faresti tutto questo per me? E soprattutto, perché non l’hai utilizzato tu per i tuoi scopi?”

“Primo, mi sei simpatico.” Rispose. “Te l’ho detto, non siamo così diversi. Inoltre… la cosa più importante di questa magia è che chi la invoca si guardi in questo specchio. E come saprai bene”, concluse gravemente, “noi gatti-fantasma non riflettiamo la nostra immiagine allo specchio.”

“Quelli non erano i vampiri?” Osservò di sottecchi Mousse.

“Tu ti fidi troppo dei film.” Lo spirito del sonaglio scosse la testa.

“Va bene.” Tagliò corto l’altro. “Tu non puoi utilizzare lo specchio. Ma cosa ci guadagneresti a farlo usare a me?”

“C’è un secondo motivo. Ed è collegato a ciò che stavo per fare prima: impossessarmi del tuo corpo.”

“Lo sapevo che c’era il trucco!” Protestò Mousse, battendo il pugno sul tavolo.

“Ti sbagli! Senza di me, non potresti fare niente. Per attivare il potere del Sendai no Kagami è necessario recitare la formula dell’incantesimo denominato ‘E vissero per sempre…’: si tratta di una litania lunga e complessa che non potresti mai imparare, per cui è necessario che sia io a pronunciarla. Ora capisci a cosa mi riferivo, quando ti ho detto che ciascuno di noi due avrebbe potuto essere d’aiuto all’altro?”

Mousse annuì, convinto. “Tu non puoi rifletterti a quello specchio ed io non sono in grado di recitare la formula. Però, qualora tu…”

“Qualora io m’impossessassi del tuo corpo, rifletterei la tua immagine allo specchio, quindi potrei recitare la formula. E Shan-pu sarebbe in balìa dell’incantesimo.”

“Per quel che ti riguarda?”

“Sarò liberato dalla mialedizione. Shan-pu in passato ha posseduto il sonaglio piccolo, quindi è idonea allo scopo: la cosa importante è che lei venga legata a me. Non importa come. Non conta se io sarò provvisoriamente dentro di te, né se sarà legata a noi solo per mezzo dell’incantesimo dello specchio.” Esclamò lo spirito, consegnando l’oggetto a Mousse. “Non appena Shan-pu s’innamorerà perdutamente di noi, la condizione sarà avverata ed io potrò lasciare questa terra: abbandonerò automaticamente il tuo corpo… e, a quel punto, Shan-pu rimarrà solo tua!”

 

“Shan-pu. Mia.” Ripeté meccanicamente il cinesino, stordito come se stesse sognando. Di certo, era il più bel regalo di compleanno che potesse ricevere.

Tuttavia…

Come, come crederci?

“Chi mi dice che non si tratti della solita bufala?!” Domandò con cipiglio severo a Maomolin.

L’altro non si scompose. Aguzzò le orecchie, più grandi e perciò più sensibili rispetto a quelle dell’interlocutore. Sorrise soddisfatto di ciò che aveva udito.

“Fra pochi istanti ne avrai la prova.” Si limitò a dire, prima di smaterializzarsi e tornare nel campanello senza che Mousse avesse il tempo di protestare.

Tra l’altro, ora aveva sentito anche lui i passi della vecchia mummia che scendeva di sotto. Il colloquio col gatto-fantasma era stato abbastanza rumoroso, era ovvio che l’avessero svegliata.

“Cosa succede qui?!” Esclamò la bisnonna di Shan-pu, compiendo gli ultimi balzi sul suo nodoso bastone.

“Ecco, io…” Provò ad accennare il giovane. Ma già Cologne non gli prestava più attenzione. Il suo sguardo si era soffermato distrattamente sullo specchio che Mousse teneva ancora stretto in mano e, di colpo, le sue pupille si erano ristrette e le rughe, per l’evidente preoccupazione, erano spaventosamente aumentate rivelando per un attimo la propria età.

“Non… non può essere! Quello è il leggendario Sendai no Kagami, di cui si erano completamente perse le tracce da secoli! Quello dell’incantesimo denominato ‘E vissero per sempre…’. Come fai ad averlo tu?!”

“Allora quel gattaccio diceva il vero...” Mormorò il cinesino, a se stesso più che alla vecchia.

“Dammelo!” Ordinò lei, con un tono tanto imperioso che nemmeno Mousse ricordava di averne mai subìto uno tale dalla sua tirannica datrice di lavoro. “Dammelo immediatamente!”

“Obaba…” Fece il suo interlocutore. “Cosa sai riguardo questo specchio?”

“Niente che possa importare agli esseri viventi!” Sbraitò lei. “Ora consegnamelo! E poi vattene! Sparisci per sempre da qui, pezzo d’idiota che non sei altro! Non osare più avvicinarti a Shan…” Si zittì, ma era troppo tardi.

“Tutto vero.” Ripeté Mousse. Non era mai stato trattato in quel modo. Nemmeno lui. La vecchia era terrorizzata, da quello specchio. Terrorizzata per Shan-pu. Segno che nemmeno lei avrebbe potuto contrastare il suo incantesimo. La carta vincente era nelle sue mani. Idiota? Lo sarebbe stato, qualora se ne fosse sbarazzato.

Il quattrocchi sorrise nervosamente. Quell’ultimo maltrattamento verbale gli aveva fatto perdere il poco sangue freddo che gli era rimasto. Non aveva più dubbi.

Si voltò, dando le spalle a Cologne e specchiando il proprio volto nella superficie magica. “Non avvicinarti tu, vecchiaccia! Fai solo un altro passo e guarderai il mio riflesso, diventando la mia schiava d’amore! Non ci tieni, vero?” Rovesciò alcuni tavoli ancora apparecchiati, come a formare un confine tra sé e l’interlocutrice. Quindi iniziò a ridere in modo sguaiato, manifestando all’altra la propria posizione di vantaggio. Ovviamente, non era il caso di rivelare alla vecchia di non conoscere affatto le parole dell’incantesimo.

Comunque fosse, Obaba si era arrestata di colpo: il bluff sembrava funzionare. Adesso era lui a tenere il coltello dalla parte del manico.

“Stolto!” Gridò Cologne, respirando affannosamente. “Quello specchio non è roba per te!”

“Già, come al solito.” La schernì. “E scommetto che tu sei la persona più adatta a custodire un oggetto così importante, dall’alto dei tuoi millenni di esperienza… ‘Stupido di un Mousse, perché non hai consegnato subito lo specchio alla mummia qui presente?’ Hai ragione, sono proprio un pezzo d’idiota!”

Rovesciò altri tavoli e buttò a terra le scodelle e i piatti col ramen avanzato che non erano ancora caduti. Poi, veloce com’era venuta, la furia lo abbandonò e ad essa si sostituì una gelida consapevolezza. Sapeva di non poter più tornare indietro.

Fulminò l’anziana amazzone con lo sguardo più determinato che le avesse mai rivolto. “Questa è stata l’ultima goccia! Finora sono sempre stato trattato come una pezza per i piedi. Ma sai la novità? Mi licenzio dal tuo ristorante, vecchiaccia! Torno in Cina… e mi porterò dietro la tua bisnipote, che tu lo voglia o no!”

“Non farlo!” Disse lei, questa volta singhiozzando. “Shan-pu è tutto ciò che mi è rimasto! Non posso perderla per sempre! Ti prego…”

“Ci siamo fatte più umili, vedo.” Fece lui, squadrandola sprezzante.

“Non capisco… Credevo che tu amassi sinceramente Shan-pu, che volessi il suo bene. Dunque mi sono sempre sbagliata?” Quasi implorò la vecchia, che mai come allora parve a Mousse una fragile nonnina indifesa.

Il cinesino esitò un attimo. Non credeva che l’altra avesse mai fatto simili valutazioni. Che fosse per questo, che gli aveva permesso di stare in Giappone con loro, al Nekohanten? Provò a dire qualcosa, ma fu Cologne per prima, senza preavviso, a cadere esanime al suolo.

“E ora… cosa succede?” domandò, sgomento.

“Nulla di allarmiante.” Lo rassicurò la voce nasale di Maomolin, che si materializzò alle spalle della vecchia in tutta la sua ingombrante mole. “Ho solo usato sulla nonna la magia dei gatti-fantasma: dormirà per qualche ora.”

Mousse fissò lo spirito, pensieroso. Riprese la parola:

“Capisco. Basta che l’incantesimo dello specchio non duri, anch’esso, solo qualche ora.”

“Sciocchino, non ricordi il titolo dell’incantesimo? ‘E vissero PER SEMPRE…’. Te l’ha confermato anche la nonna.” Il gatto gigante si lisciò i baffi. “Penso che tu abbia avuto la prova che cercavi: questo specchio non è una bufala, ma la tua grande possibilità. Ora, cosa pensi di fare?”

 

 

“Sono a casa!” Esclamò l’amazzone, entrando nel locale con tutta la bicicletta come suo solito. Le consegne l’avevano tenuta impegnata per molto tempo, ma adesso era finalmente libera di andare a trovare Ranma. Non doveva perdere altro tempo, quel tentativo di matrimonio di qualche tempo prima stava sicuramente a significare che la ragazza violenta era più determinata che mai a sottrarglielo: ma era solo una povera illusa, Ranma era il futuro consorte di Shan-pu e, quella sera, l’amazzone gliel’avrebbe dimostrato una volta per tutte…

Certo, prima avrebbe dovuto apparecchiare i tavoli per il servizio serale. Oggi era il suo turno. Nessun problema. Con due paroline dolci, avrebbe saputo convincere Mousse a farlo al posto suo.

“C’è qualcuno?”

Per la seconda volta, nessuno le rispondeva o si faceva vedere, che cosa strana. E come mai il ristorante era aperto, eppure immerso nel buio più totale? Avanzò cautamente. “Bisnonna? Mousse?”

L’istinto di amazzone le consigliò di non abbassare la guardia. Eppure, non capiva. Quale pericolo doveva mai temere? Fece ancora un passo in avanti, poi un altro. Urtò qualcosa, ed ebbe l’istinto di ritrarsi.

Ciò nonostante, resistette. Recuperò il proprio autocontrollo ed esercitò, poco per volta, gli occhi all’oscurità. Ciò che inquadrò, tuttavia, riuscì ad inquietarla più di ciò che non riusciva a vedere.

Quelli sparsi per terra erano i piatti di ramen che Mousse avrebbe dovuto pulire? E cosa era accaduto ai tavoli che avrebbe dovuto sparecchiare? Erano sottosopra! Che diamine aveva mai combinato quell’impiastro, stavolta?!... Shan-pu volle fervidamente arrabbiarsi, eppure un sentimento più forte si era impossessato di lei da parecchi secondi. Un sentimento innominato, che giammai alcuna amazzone cinese avrebbe dovuto provare.

In piedi, immobile, stava tentando di scacciarlo da sé quando, improvvisamente, notò il fioco chiarore di un lume.

La logora lampada illuminava appena uno dei tavolini del centro della stanza. Seduto a quel tavolino, parzialmente nascosto dalle tenebre, stava il suo amico d’infanzia.

“Mousse?” Accennò, la voce che tradiva l’insicurezza. “Shan-pu non capisce! Che cosa vuol dire tutto questo?!”

Lui avvicinò il volto al lume. La fissò in silenzio, così che la ragazza ebbe tutto il tempo di scorgere la sinistra luce che gli circondava i lineamenti e pareva provenire non dalla lampada, ma dai suoi stessi occhi: i quali, solitamente così vivi ed imploranti l’amore della cinesina, mai le erano parsi tanto inespressivi.

“Mousse?” Ripeté, usando tutta l’aura combattiva che le rimaneva in corpo. “Vuoi rispondermi, stupido papero?!”

Lui continuò a guardarla.

Fu quando l’amazzone perse ogni speranza in una sua replica, che quello si voltò verso l’interno e si decise finalmente a rivolgerle la parola. “Shan-pu.” Proferì, senza emozione. “Avvicinati.”

Stavolta fu lei, quella che non osò rispondere, gelata dal tono dell’interlocutore.

“Avvicinati.” Disse quello, continuando a darle le spalle. “C’è una cosa che voglio mostrarti.”

L’amazzone prese, lentamente, a procedere tentoni.

Adesso era costretta ad ammetterlo a se stessa.

Aveva paura.

“Vieni. Un altro passo ancora.” La invitò la voce di Mousse, quando fu ormai a pochi metri dai suoi lunghi capelli, scuri come l’ambiente d’intorno.

Shan-pu obbedì. Avere paura non significava che si sarebbe fatta sopraffare da essa. Ma perché quello scemo continuava ancora a darle le spalle? Stava forse ridendo di lei?

“Brava.” Annuì leggermente la nuca del cinesino. “Adesso guarda!”

Ancora senza voltarsi verso la ragazza, distese un braccio lasciando che la mano fuoriuscisse dalla lunga manica del suo abito. La mano impugnava uno specchio, leggermente inclinato così da mostrarle indirettamente il proprio volto. “Guarda!” Ripeté.

Shan-pu non fu in grado di resistere alla tentazione.

Doveva sapere.

Sia che stesse ridendo di lei, sia che fosse impazzito o semplicemente disperato per le proprie pene d’amore. Shan-pu doveva, voleva sapere quale sentimento animasse ora il volto del ragazzo, pochi momenti prima così inespressivo. Sapere che cosa lo muoveva.

E l’avrebbe scoperto.

Sporse il capo.

Fu finalmente in grado di scrutare il riflesso di Mousse.

Poi, non vide più altro.

 

Shan-pu stava sporgendo il capo. Stava guardando in direzione dello specchio. Lo sapeva perché aveva piena coscienza di sé, nonostante il suo corpo fosse, in quel momento, sotto il completo controllo del gatto-fantasma. Essere posseduti era un’esperienza indubbiamente strana. Ma non così brutta, in fondo.

La cosa più importante, Mousse era in grado di assistere a tutto quello che stava accadendo. Aveva udito la voce di Shan-pu che entrava, come Maomolin la udiva. L’aveva guardata, come Maomolin la guardava. Si era voltato dall’altra parte, sebbene la sua mente non avesse mai impartito quest’ordine al proprio corpo. Le aveva parlato, anche se non era lui a muovere la bocca.

Adesso la scorgeva di nuovo, attraverso lo specchio. Meglio, vedeva il riflesso del suo stesso viso e quindi vedeva lei che guardava la stessa cosa ed era come impossibilitata a distogliere lo sguardo.

Era fatta.

Non ci sarebbe voluto molto, a completare l’opera.

La sua bocca riprese a muoversi. Pronunciò parole sconosciute, appartenenti ad una lingua perduta nella notte dei tempi, le quali si accavallarono l’un l’altra in una predica che somigliò ad un sommesso miagolio.

Quand’ebbe terminato di recitare la formula, lo sguardo di Shan-pu cambiò. Da confuso, impaurito, divenne dolce, amorevole. Bramoso. A quel punto, lui si girò di nuovo e i loro sguardi s’incrociarono.

“Sono tua.” Proferì l’amata. “Per sempre.”

‘Shan-pu…’ Tutto quello che fu in grado di pensare il cinesino, mentre avvolgeva le sue spalle con le proprie braccia, anche se ciò avveniva per volontà di Maomolin.

Subito dopo, furono entrambi avvolti da una colonna di luce.

“La maledizione che mi teneva prigioniero è stata finalmente spezzata.” Disse ad alta voce il ragazzo, come se si stesse rivolgendo all’amazzone. Ma, in realtà, era il gatto-fantasma che parlava a Mousse.

Il cinesino esultò interiormente. Sentiva lo spirito di Maomolin che, lentamente, si staccava dal proprio corpo. Recuperò, poco a poco, il controllo sui propri muscoli e, come prima azione indipendente, intensificò la stretta sulla giovane.

Lui e Shan-pu erano isolati dal resto del mondo, immersi in un mare di luce. Mousse credette, per un momento, di vivere uno splendido sogno.

Un istante più tardi, capì che non era un sogno.

Ma il più terribile degli incubi.

La ragazza si fece via via più pallida, e Mousse avvertì che stava perdendo la presa su di lei.

‘Cosa… cosa sta succedendo?!’ Pensò freneticamente.

Shan-pu stava perdendo consistenza. Proprio sotto i suoi occhi. Tentò di stringerla con maggior veemenza, ma il gesto non portò a niente.

“Gattaccio!” Ringhiò. “Cosa vuol dire?!”

Nessuno gli rispose. E Mousse ricordò.

(“Questo è il Sendai no Kagami: se mostri la tua immagine in esso riflessa alla ragazza che ami, lei sarà tua per l’eternità.” Gli aveva spiegato Maomolin.)

E finì per comprendere da solo l’inganno di cui era caduto vittima.

(“Quello specchio non è roba per te!” Gli aveva gridato Cologne.)

“No!"

(La vecchia voleva forse dire… che non era per gli esseri mortali?)

"Shan-pu!”

(“E vissero per sempre…”)

“Shan-pu!”

(“Per sempre…”)

“SHAN-PUUU!”

Si accasciò al suolo, sfinito ed impotente. La ragazza non poteva udirlo. Ormai completamente incorporea, rimase salda tra le braccia dello spirito del gatto del sonaglio Maomolin, salendo e svanendo assieme a lui nel corridoio di luce.

Anche lei era diventata un fantasma.

 

 

Quando Ranma Saotome e Akane Tendo fecero irruzione nel ristorante Nekohanten, attirativi dallo straordinario fenomeno di qualche minuto prima, che aveva illuminato a giorno l’intero distretto di Nerima, la prima cosa che notarono fu la vecchia Cologne.

L’anziana amazzone aveva appena recuperato conoscenza, ma si era resa conto dell’accaduto in pochi secondi e adesso stava singhiozzando disperata, pregando che qualcuno le riportasse indietro la bisnipote. Perfino Ryoga Hibiki, che probabilmente si era perso nei dintorni credendo di trovarsi ad Aomori, aveva raggiunto il locale e non era stato in grado di ignorare l’appello di Obaba.

Si consultarono tutti insieme. Cologne ricordava di aver letto qualcosa sul Sendai no Kagami in uno dei tomi che conservava di sopra. Gli altri la seguirono, lasciando nuovamente la sala grande del locale spoglia come qualche ora prima.

Fatta eccezione per un giovane vestito di bianco, dimenticato da tutti, accasciato al suolo in evidente stato di shock. Lo sguardo perso nel vuoto, mormorava a tratti con voce roca, appena percettibile, come fosse una cantilena:

“Tanti auguri, Mousse…” 

 

 

End Notes:

(1) Nella lunga storia finale del manga (volumi 37-38).

(2) Letteralmente, “specchio dei mille anni” (ma il termine “sendai” intende “mille anni” nel significato di “eternità”). Preciso di aver inventato di sana pianta questo oggetto magico. 

(3) Ancora nei volumi 37-38 del manga.

Ancora due parole su questa one-shot. L'ho pubblicata per qualche tempo, a mo’ di prova, su un altro sito meno frequentato dato che il risultato finale non mi convinceva troppo. Apple92 ha comunque individuato la fanfiction, così ora rispondo più che volentieri alla sua recensione… Lieto che tu abbia trovato toccante la storia! Il finale ti ha lasciato un po’ con l’amaro in bocca? Fermo restando che ritengo questo scritto quello che mi è meno riuscito negli ultimi tempi, sappi comunque che l’effetto era proprio quello voluto. ^^ Grazie ancora per il tuo commento!



Aggiornamento del 10.03.2008. Risposte alle recensioni.


Maryku – Sono contento che la storia ti sia piaciuta! Se gli altri troveranno il modo di far tornare Shan-pu? Il finale è aperto, se non racconto quel che sarà dell’amazzone è semplicemente perché… questa è un’altra storia. Storia che potete “colmare” con la vostra fantasia, o scrivere sotto forma di spin-off (però in quest’ultimo caso informatemi, dato che io stesso sarei il primo curioso di leggerlo ^^) Voglio precisare che non ho niente contro Shan-pu, il fatto è che il protagonista è Mousse e questa one-shot si incentrava su di lui.

Laila – Sì, è come hai detto tu. ^^ Obaba e gli altri sono alla ricerca di una soluzione, ma io ho troncato la fanfiction a metà, perché ciò che mi interessava raccontare era proprio il conflitto interiore di Mousse. Tu lo definisci un personaggio controverso, io semplicemente lo ritengo un essere umano, con i suoi pregi e le sue debolezze: oltre agli episodi che hai citato, pensa a quello dell’invicibiloscopio! Leggendo una storia del manga, non sappiamo mai se Mousse ne uscirà da eroe o da “verme”. Questo non succede con nessun altro personaggio “ranmaceo”.
Sono felice di essere riuscito ad ingannarti con quel “e vissero per sempre…”: nessuno ha mai detto “felici e contenti”, ma il lettore era portato ad immaginarselo e a credere in un finale positivo. Sì, l’altro protagonista è indubbiamente Maomolin che, ci tengo a ricordarlo, è un bakeneko, tipo di youkai al centro di leggende assai inquietanti: anche qui, il lettore è portato a sottovalutarlo, dimenticando la sua pericolosa natura.

Lavs684 – Ti ringrazio tanto! Uhm, per il finale... ma guarda che anch’io sono per l’happy ending. ^^’ Per Shan-pu non è affatto finita. In quanto a Mousse… beh, in lui rimane la consapevolezza di aver consegnato la donna amata tra le grinfie del gatto fantasma, appunto il rimorso per aver sfruttato da vile la nuova occasione, come dicevo nel riassunto. Qui si consuma il vero dramma della storia. Il comportamento di Mousse è un pochino deludente, lo ammetto, ma… noi che avremmo fatto nella sua situazione?

Akane25 – Dici benissimo, è l’amore che spesso ci rende ciechi e, in questo caso particolare, rende Mousse incapace di accorgersi della trappola dello spirito del sonaglio, bramoso com’è di un lieto fine per sé e Shan-pu. Grazie per tutti i complimenti! ^^


Ribadisco quanto detto prima. Se avete qualche idea e volete scrivere un seguito riguardante Shan-pu, fate pure! Basta solo che, in quel caso, me lo facciate sapere. ^^

 

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