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Autore: Shiroohiohi    28/08/2013    0 recensioni
Orihime Inoue, sola, ignara della realtà terribile che la circonda, si trova catapultata in un universo a noi tristemente ben conosciuto: le mura del campo di concentramento di Auschwitz. Ma forse... E' davvero "sola" all'interno di questo incubo?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Espada, Gin Ichimaru, Inoue Orihime, Sosuke Aizen
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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 Caporale, accompagna le nostre “ospiti” ai loro alloggi.- disse Aizen sorridendo e chiudendo il discorso. Si voltò e accompagnato dai due sottoposti si dileguò. Grimmjow sogghignò guardando le donne, poi vedendo che anche Ulquiorra non si era mosso si rabbuiò. 

-Seguitemi!- ordinò; a passi insicuri ubbidirono in silenzio. Orihime guardò un'altra volta il corpo della donna stesa a terra, poi alzò gli occhi: l’uomo dagli occhi verdi la stava fissando. Prese a camminare a passo sostenuto in mezzo alle altre con la mano premuta sull’orecchio sanguinante. Ogni rumore arrivava ovattato mentre cercava di confondersi. Si fermarono davanti ad un enorme struttura in legno, pareva non ci fossero finestre, c’era puzza e da dentro filtravano leggere voci. Il caporale spalancò l’enorme porta scricchiolante: la luce accecò le persone già presenti nell’edificio, che sussultarono facendo calare il silenzio. 

Grimmjow sorrise, soddisfatto dalla reazione, e si fece da parte facendo entrare le nuove arrivate.

Orihime si sentì soffocare entrando in quello stanzone senza pavimento, i grandi letti a castello scricchiolavano sotto quei corpi scheletrici. Occhi infossati, mani che tremavano sciupate dai lavori. Il tempo di voltarsi verso la porta che questa venne chiusa. Bastarono pochi secondi: grida disperate, strazianti che facevano raggelare il sangue. Fuori i due uomini si allontanarono –Musica per le mie orecchie..- Sorrise Jeagerjaques. 

Il tempo passava pesante e le dimostrazioni di terrore andarono affievolirsi in singhiozzi e leggeri lamenti. La ragazza seduta su un’asse di legno che probabilmente doveva essere il materasso, pensava a quelle ore e la voglia di disperarsi era enorme, ma non ne aveva la forza. Qualche lacrima, gemiti dolorosi sottomessi, mentre il sangue dell’orecchi cominciava a coagularsi, rendendole impossibile sentire. Stanca e afflitta cedette al sonno mancato nei giorni prima. 

Verso sera la porta si aprì: subito si formò una coda di donne e ragazze affamate, accalcate per un pezzo di pane secco. Una delle prigioniere la svegliò in malo modo per avvertirla, mangiò piano succhiando quella fetta secca per ammorbidirla, masticandola lenta e a piccoli bocconi. Se aveva bisogno d’acqua l’unica a loro disposizione era quella contenuta in un barile all’esterno, di cui non si conosceva la provenienza. Timida in punta di piedi aprì la porta che cigolò leggermene; era buio e non riusciva a vedere nulla, a tentoni trovò il barile e vi immerse le mani portandole poi alla bocca. Qualcosa di freddo e scivoloso le afferrò il polso facendola sobbalzare, l’acqua le cadde sui piedi.. Era una mano coperta da un guanto.. 

- Vieni con me!- 

  
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