A
shining bond
“Masato!
Di qua!”
“Ren,
io non credo che...”
“Piantala
di fare la femminuccia! Hai
paura di essere scoperto? Oppure ti terrorizzano i millepiedi velenosi
che
girano per di qua?”
“Eh?
Cosa?! Velenosi?!”
Il ragazzino dai
capelli blu si bloccò
di colpo: oltre ad aver perso di vista il compagno di avventure,
l’aveva
sentito pronunciare quelle parole consapevole che aveva tutta
l’intenzione di
spaventarlo.
Si
paralizzò, come se le radici degli
alberi del fitto bosco all’interno del quale si erano
infiltrati lo avessero
afferrato alle caviglie.
All’improvviso
qualcosa fece
frusciare le foglie dietro di lui: non era stata la sua immaginazione,
le aveva
sentite, c’era di sicuro qualcosa in agguato dietro di esse.
Avrebbe voluto
dare la colpa alla suggestione dovuta al buio notturno,
poiché l’atmosfera dava
l’effetto di un film dell’orrore. Ma aveva visto
muoversi qualcosa, ne era
sicuro.
“Ren..?”
Chiamò
il nome dell’amico, la voce
trillante incrinata dalla paura. La razionalità che lo
contraddistingueva venne
a mancare.
Fu allora che
dallo stesso cespuglio sbucò
fuori il ragazzino biondo, l’espressione vittoriosa in volto
di chi era
riuscito nel suo intento.
Masato non emise
un fiato, ma il suo
sobbalzo fu sufficiente a far capire a Jinguji che aveva portato a
compimento
la sua missione.
Gli occhioni
celesti di Ren si
specchiarono per una frazione di secondo in quelli più
profondi e blu di
Hijirikawa, il quale si era portato le piccole manine davanti alla
bocca per
non urlare.
Il
più grande scoppiò a ridere e
sorrise sornione, per poi lasciar spazio ad un ghigno compiaciuto che
prese
forma sul suo viso spigoloso.
“Hai
avuto fifa, eh, Masato? Te l’ho
fatta!” esultò.
“Non...non
farlo più.” mugolò il
secondo, imbronciandosi.
Odiava quando
l’altro gli faceva
certi scherzi, a volte finivano persino male a causa
dell’esuberanza del figlio
della casata dei Jinguji.
Ren
portò le mani ai fianchi con fare
autoritario.
Era sempre stato
lui il leader, colui
che trascinava Masato in ogni genere di avventura -che saltuariamente
si
trasformava in una qualche marachella infantile-, ma il giapponese
doveva
proprio a Jinguji la sprizzata d’aria fresca che aveva dato
alla sua vita.
Era grazie a lui
se si divertiva.
“Andiamo,
non puoi sempre perdere il
passo.” lo rimproverò prendendo l’esile
polso del più minuto e stringendolo per
evitare di smarrirlo ancora nella folta vegetazione.
Masato
avvampò all’improvviso, senza
rendersene conto: con Ren si sentiva un incompetente, un ragazzino
troppo
abituato alla ricchezza e alla disciplina impostagli dalla famiglia per
godersi
l’infanzia come tutti gli altri.
Era in imbarazzo
poiché, per
l’ennesima volta, si era dovuto far aiutare da Ren. La cosa,
d’altronde, lo
rendeva segretamente felice perché si sentiva finalmente
accettato da qualcuno.
I ragazzini
della sua età lo
evitavano, lo ritenevano noioso e snob, troppo dedito allo studio
dell’etichetta giapponese, ma Jinguji lo aveva sempre
guardato diversamente.
“Che
fai lì impalato? Ti muovi?” lo
incitò ancora.
“Non
ci sono i millepiedi velenosi,
vero?” borbottò il blu, abbassando il capo e
stringendo a sua volta la manina
dell’amico.
Ren
inclinò la testa per poi
scoppiare a ridere ancora. Rideva spesso, era sempre allegro, sembrava
ch nulla
potesse abbattere il suo morale. Per Masato, Ren era la sua luce e
bastava che
l’altro fosse contento per esserne contagiato.
“Ti
stavo prendendo in giro, ma se
hai paura puoi sempre usare questa!” esclamò il
biondino.
Dalla tasca
posteriore dei pantaloni,
fece scivolare fuori una torcia elettrica con il manico colorato di
arancio e
azzurro.
“Ho
già la mia.”
“Sì,
ma questa è speciale, tiene
lontani i millepiedi velenosi!” affermò
entusiasta, parendo fin troppo sicuro
delle sue parole.
Masato
finì per unirsi alla risata
del compagno. Una risata allegra e spensierata, ed in cuor suo il blu
sapeva
che non era vero, ma ringraziò ugualmente il ragazzino in un
mormorio poco
distinto dacché la paura stava scemando via.
“Visto?
Ti ho fatto ridere! Non hai
più fifa, eh, Masato?”
Il
più piccolo scosse la testa in un
cenno di diniego, l’espressione fattasi coraggiosa in un
attimo, mentre le manine
stringevano l’una la pila e l’altra quella di Ren.
“Bene,
manca poco.” lo rassicurò il
biondo.
Erano sempre
stati così, sin dal
giorno in cui si erano conosciuti: figli di ricchi imprenditori,
destinati
l’uno a portare avanti la famiglia e l’altro,
essendo il terzogenito, a fare da
contorno ai suoi già illustri e brillanti fratelli.
Per quanto poco
avessero in comune,
la loro voglia di libertà li aveva fatti incontrare e li
aveva uniti
indissolubilmente.
Restii a
prendere coscienza che un
giorno sarebbero dovuti subentrare alle loro famiglie, la loro amicizia
era
stata osteggiata da entrambe le parti. Non fosse mai che un Hijiirikawa
frequenti un Jinguji, figlio dei loro rivali in affari.
Costretti a
nascondere la loro
amicizia, erano finiti più volte nei guai per essere
scappati e poi beccati
insieme a giocare, oziare o, persino, sul punto di rientrare a casa e
di farla
in barba ai parenti.
Ma la loro
ostinazione non li avrebbe
divisi.
“Masa,
siediti qui.” lo riportò alla
realtà strattonandolo e obbligandolo a sedersi sul manto
erboso, di fianco a
sé.
Obbediente,
Hijirikawa seguì
l’esempio dell’amico e sorrise appena quando
l’altro usò un diminutivo per
attirare la sua attenzione.
Si sdraiarono e
Ren gli lasciò infine
la mano, con la speranza che Masato non fuggisse via spaventato al
gufare di
qualche civetta.
“Cosa
c’è qui?” chiese ingenuamente
il blu.
“Nulla.”
rispose lapidario Jinguji,
quasi come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“A volte bisogna solo godersi
il viaggio che porta alla meta, no?” aggiunse con aria
tronfia, godendo delle
sue stesse parole fin troppo significative per un ragazzino di nove
anni.
Masato,
d’altro canto, sorrise e
annuì concorde.
L’aveva
letto anche lui, in qualche
libro; forse quella stessa frase l’aveva fatta presente
proprio lui a Ren, il
quale l’aveva riadattata alla circostanza.
Il biondino
puntò un dito in alto,
rivelando il cielo notturno punteggiato di stelle.
Era estate
inoltrata, non c’era una
nuvola in cielo e da quel panorama la notte non era così
buia e tenebrosa come
poteva apparire in inverno.
Non
c’era nulla che li preoccupasse e
si godettero per qualche minuto il rumore delle cicale e la brezza
fresca che
attraversava la radura.
“Quale
ti piace di più, Masato?”
Il blu
sembrò pensarci su un attimo,
e la sua attenzione fu attirata dalla stella più brillante e
luminosa che
riconobbe come la stella Polare, la quale ai suoi occhi sembrava
pulsare di
vita propria.
Per risposta,
Hijirikawa alzò a sua
volta il dito affusolato e puntò alla stella accanto a quella che lo aveva
ammaliato: era anonima,
più piccola, ed il suo bagliore non poteva essere comparato
con quello della
compagna.
“Quella
vicino alla stella Polare...”
sussurrò, voltando il viso verso Ren.
“Eh?
Perché non l’altra più
luccicante?” chiese sconcertato.
L’umiltà
di Masato gli impediva di
vedersi come il migliore e, vinta la timidezza, spiegò la
sua sciocca teoria.
“Perché
io non mi distinguo tra gli altri,
non sono come te.”
Ren rimase
interdetto dalla sincerità
di Masato: era sempre così enigmatico, ma bastava uno
sguardo con quei limpidi
occhi azzurri ed il ragazzino diveniva un libro aperto.
“Io
penso tu sia il mio migliore
amico, quindi devi per forza essere speciale anche tu.”
obiettò risoluto, non
ammettendo repliche.
Masato
arrossì lievemente per la
sorpresa. Non avrebbe mai fatto il callo alla schiettezza ed alla
naturalezza
con cui Ren si esprimeva nel dire le cose più complesse.
“Un
giorno ti regalerò quella stella,
Masato.” esordì, rompendo di nuovo il silenzio
durante il quale il blu si era
perso a chiedersi in cosa fosse effettivamente speciale.
“Come
sarebbe possibile? E perché?”
domandò allibito.
Hijirikawa era
sempre stato fin
troppo realistico per certe promesse platoniche, il suo lato razionale
era
predominante.
Ren
mostrò le due file di denti in un
sorriso compiaciuto.
“Non
mi hai sentito prima? Sei il mio
migliore amico e devi considerarti speciale.”
“Uhm...”
Masato fu troppo
impegnato a
distogliere lo sguardo dal bambino adorante con gli occhi puntati alle
stelle,
e perse la frazione di secondo in cui, con un dolce sbuffo, le guance
di Ren si
tinsero di un debole rosso.
Cercò
la manina del biondo,
timidamente.
“E’
una promessa, Ren.” replicò il
blu per rompere l’atmosfera strana creatasi a causa
dell’affermazione
altrettanto ambigua di Jinguji.
E con un cenno
del capo, i due
tornarono a sognare ad occhi aperti verso spazi inesplorati, tra mondi
inventati e fantasiose avventure che si riproponevano di vivere.
Assieme.
~Ten Years Later~
“Hijirikawa,
puoi venire un attimo?”
“Jinguji,
stavo andando a preparare
da mangiare.”
Ren si
guardò attorno con aria
sospetta e fece ancora segno a Masato di avvicinarsi.
Erano nel bel
mezzo dei corridoi
della Saotome Accademy, c’erano occhi e orecchie indiscrete
ovunque,
specialmente per quanto si trattava di Ren Jinguji,
l’aspirante idol più sexy e
seduttore conosciuto ormai in tutto il Giappone anche come fotomodello.
La sua fama era
il suo miracolo e la
sua maledizione al contempo: gli dava modo di mascherare le sue vere
intenzioni
ed i suoi sentimenti, creando una facciata falsa e ben nota, ma
d’altro canto
non aveva mai pace, mai un momento di privacy.
“Ci
vorrà solo un momento, te lo
assicuro.” insistette il bel giovane dai lunghi capelli
biondo-rossicci.
Il suo sguardo
non faceva presagire
nulla di buono e Masato ebbe l’impressione di ricordare quel
sorrisetto: era lo
stesso di quando erano piccoli e si cacciavano sempre nei guai.
“Spero
per te che sia una cosa che
non ci metterà nei casini...” brontolò,
incrociando le braccia al petto e
tenendo stretti i quaderni con gli spartiti e gli appunti vari.
Ren
scoppiò in una risatina allegra,
incrinata da un accenno di nervosismo,
ma continuò a guardarsi attorno ansioso.
“Andiamo,
Hijirikawa. Quando mai è
successo?”
“Sempre.
Anche ora.” borbottò,
seguendo le sue indicazioni ed entrando in un’aula del
corridoio apparentemente
deserta.
Masato si
guardò intorno spaesato,
non sapendo cosa stesse progettando l’altro.
“Ren...”
lo chiamò di nuovo, per
nome, poiché in ambiente più intimo si erano
permessi di omettere i cognomi
“...non è né il mio compleanno
né qualche evento particolare. Cosa stai
combinando?”
Jinguji si
richiuse la porta
dell’aula di musica alle spalle con la circospezione di un
ladro, assicurandosi
a sua volta che fossero soli. Mise una mano sotto il gilet, estraendone
qualcosa che attirò l’attenzione di Masato.
Era strano, la
curiosità non faceva
parte dell’indole del blu, ma quando si trattava di Ren era
come se le regole
comuni venissero capovolte. Ed infrante. Come la regola che vietava di
innamorarsi all’interno dell’Accademia, un altro
dei tanti guai in cui Ren
l’aveva condotto.
“Chiudi
gli occhi.” gli disse. La sua
voce già di per sé suadente divenne un sussurro
ammaliante e sensuale, capace
di farlo rabbrividire e fargli perdere la lucidità.
Masato non
poté che obbedire e chiuse
le palpebre, rimanendo impassibile dinnanzi al ragazzo.
Non lo
sentì nemmeno avvicinarsi
tant’era concentrato sulle varie opzioni che comprendevano
cosa celasse Ren
all’interno della giacca.
Fu il soffio
caldo del respiro di
Jinguji che fece destare Masato dai suoi pensieri ed istintivamente lo
indusse
e riaprire gli occhi, chinando il capo verso le mani del biondo.
Teneva in mano
una scatolina aperta,
e gli occhi blu del nipponico guizzarono da quelli cristallini di Ren
al
piccolo anello con un brillante. Era
sottile, modesto, ma splendente e da qualsiasi parte lo si guardasse
sembrava
pulsare, stretto tra le dita longilinee del biondo.
Masato comprese
e realizzò.
Gli
tornò alla mente di quella notte
e come la piccola stella che aveva indicato brillasse accanto alla
Polare.
Alzò
le iridi blu verso il compagno
di stanza, rendendosi conto che quel paragone non era mai cessato di
esistere.
“La
stella...” mormorò Masato, ancora
scioccato per la sorpresa.
“Sì?”
lo incitò a continuare, ma
l’espressione sagace di Jinguji gli suggerì che
ricordava quella notte alla
perfezione.
“Hai
mantenuto la tua parola...”
“Ti
avevo detto di fidarti.” lo
riprese il biondo, infilandogli l’anello al dito e
stringendogli la mano con
delicatezza.
L’improvviso
avvicinarsi di Ren alle
labbra di Masato fece scivolare
di mano
i libri ed i quaderni che teneva ancora stretti contro il petto, forse
come
unico appiglio alla realtà.
“Non
dubitare mai del mio amore per
te, Hijirikawa.”
Il tocco era lo
stesso di dieci anni
prima, il senso di smarrimento gli fece salire in gola un senso di
nostalgia, e
l’attimo di cui Jinguji parlava inizialmente si
tramutò in un breve e fulgido
quarto d’ora.
La tensione di
venire sorpresi,
l’ansia di rovinare per sempre la loro stessa carriera e la
loro famiglia, con
l’unico peccato di amare.
Costretti a
nascondersi agli occhi di
tutti, a differenza loro le due stelle continuarono a brillare nel
cielo
notturno e, finalmente, Masato si convinse che la Polare non sarebbe
mai stata
così bella e lucente se al suo fianco non ci fosse stata
quella stella più
piccolina, non più insignificante come appariva
all’inizio.
Angolino
dell’autrice
Era da tanto che non scrivevo una One Shot e non la pubblicavo, mi sembra quasi un secolo ç_ç
Soprattutto è la mia prima Shot nel fandom (dimenticando dell’altra che è una storia scritta a due mani), quindi questo è il mio primo lavoro ufficiale per Utapri <3
Beh, come avrete capito si tratta di una fanfic molto all’insegna del fluff,introspettiva e sentimentale. Avevo bisogno di scrivere qualcosa di leggero, sperando soprattutto di non essere andata OOC con i personaggi, che è sempre la mia maggiore angoscia.
Che dire? Io adoro tanto Ren e Masato bambini, adoro il loro rapporto che li unisce sin dall’infanzia.
Un piccolo appunto lo voglio fare riguardo l’anello. Non ho specificato nulla riguardo ad esso, né se fosse di fidanzamento o di matrimonio (?) per il semplice fatto che l’importante era il significato del loro legame, della pietra che ricordava la stella e della promessa fatta a Masato.
Che cosa mi sono dimenticata di dire? owo
Ecco, che questa breve one-shot è stata scritta pensando al mio compagno di role <3
A Ren~ Perché se non fosse stato per il suo “Ma scrivi una fic RenMasa” a questo punto questa shot non sarebbe mai esistita. Perché è il migliore Ren che un Masato possa desiderare, anche se so di farlo tanto incollerire. Mi dispiace, chiedo scusa se il genere non è Angst come piace a te, ma avevo bisogno di Fluff e un po’ di romanticismo uwu <3
Alla prossima~
Nena Hyuga ^-^