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Autore: lubitina    29/08/2013    1 recensioni
C'erano cose, là fuori, in attesa, nel buio. Ora sono arrivate qui, silenziose e violente.
Ma Lui.. Lui c'è sempre stato.
Genere: Avventura, Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Last Harvest'
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Base Labyrinth, da qualche parte nei Sistemi Terminus

 
 
-Interessante.
Una femminile voce atona pronunciò questa parola, la bocca nascosta dietro una maschera e un respiratore, il cui led si accendeva e spegneva alla frequenza degli accenti.
Interessante. Già, non riusciva a ragionare su nulla di più intelligente da dire. I suoi occhi si posavano su quell’opera, ed ad ogni dettaglio notato, la sua mente comprendeva meno. Eppure ci provava, lei, Neli. Ci stava provando a raccogliere dati e ad interpolarli tra loro.
Ma sembrava un’operazione priva di scopo e di logica.
-Oh, sì, senza dubbio.
Grandi occhi neri e liquidi, incastonati in un cranio piccolo e deforme, ricoperto da pelle viscida e grigiastra, ma il cui contenuto era estremamente denso, si posarono sulla sua maschera. E cercarono di scrutare all’interno, come ad accertarsi che, lì dietro, vi fossero davvero carne,sangue, ed ossa. Erano dubbiosi.
Tre dita prive di unghie si andarono a posare sul mento della creatura. Un Salarian.
Un salarian di mezza età, aveva giudicato Neli. Aveva ancora ben poco da vivere, dato che la sua aspettativa di vita era già, di per sé, dimezzata rispetto a quella della maggior parte delle specie conosciute; ma sapeva come far fruttare il poco tempo a sua disposizione. Pelle grigiastra, escrescenze sul cranio irregolari e asimmetriche; corporatura media. Una ridicola tutina bianca lo ricopriva dal collo in giù. Identico a miliardi di altri Alieni.
La creatura aveva preso a camminare, senza fretta, un piede flemmaticamente avanti all’altro, attorno all’ologramma. Tenendosi il mento. Le viscere di Neli si torsero in un impeto di rabbia.
Spostava lo sguardo dall’ologramma rosso a lui, che pareva concentrato in qualcosa.
-Allora, che idea se ne sta facendo, dottoressa Vael?
Neli represse un conato di vomito, nel vedere la lingua violacea dell’alieno muoversi all’interno della sua bocca, mentre parlava, disgustosamente vicino a lei. Meno di un metro, forse. Protuberanze simili a pustole la ricoprivano, e scintillavano di colori assurdi e inquietanti. Qual è lo scopo in tutto questo?
Si schiarì la voce. Neli’Vael era una Quarian. E tra i Quarian tossire durante una conversazione, significava augurare la morte all’interlocutore. Si sa, sono creature delicate: un banale raffreddore, un po’ di mal di gola, avrebbe potuto produrre un genocidio. Ma Treuel-chi-si-ricorda era un Salarian evidentemente male informato, perché, al gutturale suono emesso da lei, si accese in un sorriso scintillante di denti gialli.
-Sinceramente?
Neli,cautamente, lasciò che i raggi dell’ologramma le ricoprissero una mano, tracciando su di essa geroglifici dal significato oscuro. L’eterna oscurità sul guanto di Neli’Vael, pensò, improvvisamente divertita.
Tutto quello, il Salarian, la base nascosta in una nebulosa, le Asari sorridenti e gli Umani infidi, erano un onirico delirio di qualche dio folle disperso nella Galassia e risvegliato dalla follia di qualche essere incauto, un’insana danza su un pavimento instabile, che crollava ad ogni passo.
Non attese la risposta.
-Ecco la mia opinione. Tutto ciò.. tutto ciò.. è semplicemente inutile. Si tratta di un progetto che viene portato avanti da eoni, decine di miliardi di anni, forse iniziato dall’impulso geniale di qualcuno proveniente da Andromeda, ma assolutamente non attuabile.
Chiuse gli occhi, dietro la maschera, e fissò i puntini vibranti che apparivano sulle sue palpebre chiuse.
-Non possiede un filo logico. Mancano componenti essenziali, e sembra mancare anche una basale conoscenza dell’effetto massa. Il che è un controsenso, dato che l’effetto massa dovrebbe essere il fulcro della nostra, e loro, speranza. Dov’è l’eezo? Dov’è un elementare nucleo energetico? E inoltre,-disse, ruotando l’ologramma, ed indicando una zona dell’enorme macchinario irrealizzabile,- qui.
Riaprì gli occhi. E si gustò lo sguardo sconcertato, la bocca semi aperta, del Salarian di fronte alla vista improvvisa dei puntini luminosi dietro la sua maschera.
Quello mosse un passo verso di lei, le braccia incrociate dietro la schiena ricurva. Interessante.
-Cosa manca qui, dottore? Qualcosa che acceleri, qualcosa che dia il via ad una reazione a catena a livello subatomico.. che smuova tutti i bosoni della Galassia, e che la cambi per sempre.
Fenomeno e noumeno.. eternamente intrecciati, l’uno sostiene l’altro. Collasso.
-Ci sono i presupposti, dottore. Ma cosa è una reazione chimica senza qualcosa che la renda possibile? Nulla. È l’eterna immobilità,-mormorò, ruotando l’ologramma, zoomando sui più piccoli particolari della macchina,-E’ la quiete priva di scopo.
-Concordo,-assentì il Salarian, il netto contrasto della sua uniforme candida, col nero della stanza e il rosso acceso dell’ologramma oracolare.
Una mano che si posava all’improvviso sui suoi capelli, calda e rassicurante, accarezzando. Un inaspettato e gradevole tepore si diffondeva in tutto il corpo, ed ogni traccia di rabbia in esso scompariva, lasciando il posto ad una profonda pace, profonda come l’Universo. Eterno ed immutabile, eppure dinamico come il misterioso moto dell’elettrone attorno al nucleo. Ci sono io, qui, con te. Non ti abbandonerò mai, sussurrò qualcuno, con dolcezza. Io appartengo a te e tu appartieni a me.
Nelì senti i propri muscoli tendersi in un sorriso.
-Ciò che ci manca, dottore.. Ciò che ci manca, per salvarci tutti, è un Catalizzatore.
 
 
 
 Erano passati 10 giorni di Rannoch dal suo arrivo alla Base. La Base.. neppure loro, che la abitavano, avevano il diritto a conoscerne le coordinate. Neli aveva guardato con profonda tristezza modificare il suo factotum da una Asari, le sue troppe dita muoversi sulla tastiera olografica, limitarne l’accesso ad intranet. Aveva pensato a lei. Chissà cosa faceva, lì, su quel pianeta abbandonato da ogni forma di vita senziente. Un pianeta avvelenato dalle Antiche Macchine, per impedire che vita intelligente tornasse a proliferarvi. Chissà se era viva. Per cosa si era sacrificata, poi, per cosa? Per denaro? Per viltà? Per razzismo nei confronti dei Dannati Umani? Per una malintesa forma d’eroismo?
Ed ogni pensiero era un colpo al cuore. La sensazione delle sue mani sulla pelle, il tocco delle sue labbra, erano ancora fresche nella sua memoria, non dilavate dal tempo o da altre forme di gioia e bellezza.
Perché le uniche fonti di gioia e bellezza, erano, lì, sulla Base, una speranza così vaga da assomigliare ad un lume nel profondo buio, e il Progetto. Il Progetto.. la realizzazione di un masochista  Sogno per ogni scienziato di quella Galassia.
Durante il lungo viaggio per giungere alla Base, i Quarian strappati alla Flotta avevano parlato. E Neli aveva ascoltato, in silenzio. Attendendo le mail di lei, immaginando la sua stretta.
Un giovane ragazzo proveniente da una nave-serra era il più loquace di tutti. Neli supponeva fosse specializzato in qualcosa riguardante nano circuiti quantistici, perché, quando non delirava sul Progetto, si lagnava di come si potesse aumentare l’efficienza dei computer della sua fottuta nave di provenienza. Indossava una tuta di uno sgradevole verde rancido, e i suoi occhi, dietro la maschera, si muovevano frenetici e nervosi; le sue mani mimavano gesti inconsulti, le sue gambe si alzavano e si abbassavano, ad ogni passo, senza coordinazione. Eppure gli altri cinque, altre due donne e tre uomini, lo avevano eletto a loro indiscusso leader. Ubbidivano ad ogni suo ordine, seppur tale non era, come bestie ammaestrate.
Una sera erano lì, nella silenziosa sala comune della nave (forse un tempo turian) occultata del Gruppo, seduti attorno ad un tavolo centrale. I sei, illuminati dai neon forti e candidi, erano impegnati a discorrere di cazzate, aveva giudicato Neli, senza prestare troppa attenzione. Lei era seduta in un angolo, in disparte, eremita tra gli orgogliosi reietti. Odiava quella nave. Ne odiava il silenzio. Ne odiava le superfici dannatamente cromate e lucide, i fottuti e incomprensibili caratteri nei cartelli; ne odiava il comandante, un Umano acido e silenzioso, che non aveva degnato il suo carico Quarian di più di uno sguardo schifato e di un “Specialista, mostra loro gli alloggi”. Ma più d’ogni altra cosa odiava i suoi compatrioti.
-…Ho sentito parlare del Progetto da un mio contatto nell’Alleanza dei Sistemi, sapete, l’organizzazione militare Umana. -aveva iniziato il Verde.
-E come mai hai un contatto nell’Alleanza?,- aveva chiesto la più sciocca delle altre due femmine.
-Uhm.. beh, vedete, ho svolto il mio pellegrinaggio su una nave civile della Terra..-aveva risposto il Verde con voce strascicata. Catturando l’attenzione di Neli, che aveva distolto lo sguardo dal suo factotum, rivolgendolo al tavolo illuminato dai neon. Umani, era solo colpa di uno di loro, se L’aveva persa per sempre.
-Come si chiamava quella nave, Voral?,-aveva chiesto Neli dall’oscurità del suo angolino silenzioso.
Tutti si erano voltati a guardarla, occhi sbarrati, al suono della sua voce. Già, spesso dimenticavano perfino la sua esistenza, disabituandosi alla sua presenza. Creatura schiva e anche un po’ stronza, la giudicavano. E avevano perfettamente ragione, aveva pensato lei con una punta d’amarezza.
Voral il Verde si era voltato a guardarla, sbattendo le palpebre. Nella stanza, per un istante, si era udito solo il suo respiro amplificato.
-Si chiamava Europa.
Europa..Europa..uno dei sette continenti della Terra. Neli immaginò una terra verde popolata da umani rosa e infestanti come Rachni, prolifici e incivili, e sentì il proprio stomaco stringersi in disprezzo. Come aveva potuto Voral sopportarne il puzzo per un intero anno?
Neli si alzò dal suo angolino, muovendo lenti passi verso il tavolo. Appoggiò infine le mani sulla superficie, e non si accorse dei due Quarian che si scansarono al suo avvicinarsi, in un fruscio di veli e un clangore di metalli.
-E cosa hai scoperto su questa nave, e da chi?
Il ragazzo parve interdetto. Incrociò le braccia, accavallò le gambe magrissime e inclinò leggermente la testa, scrutandola con attenzione. Parlò infine, il led dell’amplificatore vocale che s’accendeva e spegneva alla cadenza della sua voce.
-Ho scoperto del Progetto, Neli. E, se ti interessa saperlo, l’Europa era e credo ancora sia, una nave mercantile tra la Terra e Marte. Trasportano metalli e minerali preziosi, cibo, persone.. sai, quel genere di cose.
Mise un gomito sul tavolo, aprì il palmo della mano, e vi appoggiò l’elmetto. Occhi silenziosi erano fissi su loro due, ma sui corpi e sulle coscienze degli altri cinque giovani sacrificali era calato il sipario.
Neli annuì, con sguardo interrogativo, invitandolo a continuare.
-Alcuni umani.. No, anzi. L’era interstellare umana è iniziata quando sono riusciti a raggiungere il quarto pianeta del loro sistema, chiamato Marte. Un pianetino rosso e privo oramai di vita, simile a Kaddi per atmosfera. Qui,  scoprirono un’antica base prothean, ed una raffineria d’eezo semidistrutta, e da lì ebbe inizio il loro rapido sviluppo tecnologico. Comunque sia, su questa stessa base, all’interno degli Archivi, un’Asari scoprì il Progetto, non molto tempo fa. Ci fu anche una sparatoria con degli agenti infiltrati di Cerberus..
A quella parola, Neli avvertì i Quarian tremare dentro le loro tute, e il suo cuore mancare un battito.
Voral continuò, con l’aria solenne di chi stesse narrando la più epica delle imprese dell’Era dell’Oro.
-Non ci volle molto per comprendere che, il Progetto, era antichissimo.
-Quanto?,-interruppe una femmina, dalla tuta rossa e dalla voce querula. –Precedente ai Prothean?
Il Verde annuì gravemente. –Precedente ai Prothean di miliardi, e miliardi, di anni,-con la mano sinistra prese a disegnare invisibili cerchi in aria, l’indice teso,- Fino, forse, alla prima mietitura da parte delle Antiche Macchine.
-Non chiamarli così, -sussurrò Neli,tornando eretta, incrociando le braccia,- E’ il nome che danno loro i Servitori..
Ed allora, Voral, l’aveva guardata. Gli occhi del giovane, strano e singolare, Quarian, si posarono nei suoi, interrogativi.
-Che diritto abbiamo noi,Neli’Vael vas Rayya, di chiamare così chi ci ha annientato? ,-disse piano. Un’ovvietà disarmante, c’era nelle sue parole.
E Neli, ritraendosi nel buio del suo angolino, sentì la sua certezza incrinarsi, il suo muro di convinzioni tremare, la malta disfarsi. Seppe, allora, che, in un modo o nell’altro, il suo stato d’equilibrio delicato era stato infranto. Ma quanta solitudine, quanto odio, quanta amarezza, erano serviti a costruirlo? Sentì l’immediata mancanza del livore che le bruciava dentro, e le parve che la sua fiamma mutasse in un colore disgustoso e delicato, e che vi fosse meno violenza nel suo divampare. Deglutì, e la paura prese il posto della rabbia.
Dove sei?
 
 

Normandy SR2,  ore 3:15 della notte Terrestre

 


Comandante..
Una parola priva di significato, spiaggiata in un mare di stelle.
Comandante.
Frammenti di un mondo antico, pur nella sua attualità, cominciarono a formarsi.
Comandante, siamo giunti sulla Cittadella.
Riemergere da quel torpore fu tragico. Lottò contro le sue palpebre, che lottavano per rimanere chiuse, e contro i suoi muscoli, che si sforzavano per non tendersi. Perché era cessato quel ritmico bum,bum?
Quando aprì gli occhi, però, gli parve che l’ambiente in cui si muoveva fosse stato sempre così, ridicolmente immutabile nella sua doccia cromata e con quegli specchi lucidi e metallici.
C’era una donna davanti a lui. Pelle scura, capelli neri lunghi, grandi occhi neri. Visetto a cuore, labbra rosse. Un’incantevole umana. Seguì il percorso della sua pelle, dal collo, fino alle spalle coperte dall’armatura; alle braccia, che terminavano in piccole mani dalle unghie rosicchiate. Nervosa, doveva essere. E quelle piccole mani erano appoggiate sulle sue spalle.
-Traynor..
Cercò di alzarsi, e la donna lasciò la presa immediatamente. Ritrasse le mani, ma sul suo volto si disegnò un’espressione preoccupata. Le labbra rosse si piegarono in una smorfia di dolor simpatico.
Qualcosa martellava nel suo cervello. Gli parve di ricordare di aver già formulato quel pensiero, ma di sicuro doveva essere andato perduto nel pout pourry che era la sua memoria in quell’istante. Che cazzo di sbronza di medigel..
-Comandante!
La donna sgranava gli occhi marroni, e lo fissava. Scrutava. Indagava. Le sue pupille si muovevano rapide sulle cicatrici, come quelle di un gatto, seguendone il reticolo, arenandosi sulle rughe naturali. Si sentì infastidito.
Riuscì ad alzarsi in piedi, un braccio a sorreggere una gamba, sempre sotto lo sguardo attento dell’attendente.
-Dio, Traynor, smettila di fissarmi!,-esclamò, con stizza. Quella si mise in piedi, rassettandosi i capelli, nervosa. Intrecciò infine le mani dietro la schiena, sull’attenti. Ed un’espressione grave le si disegnò in volto.
-Ci sono alcune novità.,-annunciò, come un vate.
John alzò gli occhi al cielo, irresistibilmente attratto dalla gravità del soffitto metallico. Se possibile, al mal di testa, si stava aggiungendo anche una potente nausea, e un certo indolenzimento generale. Beh, di certo l’ambiente di una doccia non era il più salutare. All’improvviso, si ricordò della ferita; diede uno sguardo al proprio addome, tastò leggermente con un dito. Sì, c’era qualcosa di gonfio, e pulsante. E caldo. Stava guarendo, ma la fasciatura era assolutamente da cambiare, intrisa di un vischioso liquido giallo, assieme a chiazze rosse.
Chissà lei cosa sta facendo.. Sarà dovuta andare da Chakwas? Starà bene? Dio, vorrei non averla contagiata con qualche fottuto germe umano. Quanto era bella, però. Le avrei strappato di dosso ogni pezzo della tuta anche con i denti, se necessario..
E la forma del viso di Tali’Zorah apparve nella sua mente, assieme alla luce di quei grandi occhi, e alla morbidezza delle sue labbra sulle proprie. Rannoch, l’esplosione, e quel Nucleo. Tutto era dannatamente confuso, se non per quella divina immagine di lei che avvicinava il suo viso a quello di lui, e il profumo di una pelle esotica che gli riempiva le narici.
John si accorse di aver totalmente dimenticato l’annuncio di Traynor solo quando avvertì la stretta della sua mano su di un polso.
-Che c’è, Samantha?
Lei lo guardò supplichevole. - Posso capire che sei ancora convalescente, ma ascoltami!,-protestò.
John sentì crescere una risata, da qualche parte nello stomaco dolorante, ma si limitò a guardarla, impassibile. E si massaggiò il collo, in un punto particolarmente dolente.
-Va bene, hai vinto. Parla, mentre andiamo in infermeria.
Uscirono dalla stanza, entrarono nell’ascensore. Samantha attivò il proprio factotum, e John notò che aveva segnato nelle note i punti chiave da elencargli. Sorrise.
-Allora, Shepard. Innanzitutto, Hackett non è minimamente soddisfatto del tuo rapporto. Dice che è pieno di buchi e passaggi poco chiari. Accedi alla tua mail, Comandante.
Lui annuì, aprendo il factotum.
Le porte dell’ascensore si aprirono nel piano mezzanino. Svoltarono l’angolo, nella mensa. Nessuno sedeva al tavolo, illuminato dai silenziosi neon, il che era piuttosto strano. John sospirò. Aveva sperato di trovare almeno Garrus, o Ashley, nei paraggi. O le tette di Liara, sogghignò.
Ma si vergognò immediatamente di quel pensiero. Distante, avvertì il dolore delle unghie che si conficcavano, pugni chiusi, nei palmi delle mani.
Ad ogni modo, la luce dell’infermeria era accesa, e dalla vetrata si scorgeva il caschetto grigio della dottoressa Chakwas.
-Comandante?,-mormorò la Traynor, frapponendosi fra lui e la visuale dei capelli della donna, che pareva non essersi accorta della loro presenza, in quell’ora solitaria.
-Sì, leggo. Scusami.,-rispose, con uno dei suoi più rassicuranti sorrisi.
“Comandante Shepard,
Sono contrito nel doverti richiamare all’attenzione. Posso comprendere che la tua mole di doveri ed impegni è eccessiva e difficilmente sostenibile, ma non puoi permetterti di lasciarti andare.
Il tuo ultimo rapporto, riguardo la missione su Rannoch, è quantomeno confusionario. Esigo una conversazione con te, quanto più presto possibile, in olochiamata. Comunque, cerca di rimetterti presto in forma; ho letto che sia tu, che alcuni componenti della tua squadra, siete rimasti feriti, più o meno gravemente. Ti sollecito, infine, inviandoti nuovamente le coordinate, di atterrare su Eden Prime, e investigare su alcune attività di Cerberus, sul luogo.
A presto, e che tu sia portatore di buone nuove,
Amm. Steven Hackett
John deglutì, ma non di paura. Samantha non aveva smesso di fissarlo neppure per un istante, mentre leggeva.
-Traynor, sono autorizzato dall’Alleanza a parlare francamente con te?,-chiese stancamente, lasciandosi cadere in una delle sedie attorno al tavolo vuoto. Era fredda. Socchiuse gli occhi, infastidito dalla luce potente dei neon.
-Certo, comandante. ,- disse, la voce forse un po’ tremante.
John fece scrocchiare le articolazioni delle mani, ignorando i tanti, piccoli, tagli, che le solcavano.
-Che Hackett si fotta,- annunciò sonoramente e solennemente.
-Ma John..,-tentò debolmente di protestare lei.
-Ssh, Traynor,-si alzò, e si avvicinò a lei. Provò l’improvviso desiderio di scioglierle i capelli, sempre trattenuti in quella castigata coda da zitella, e lo fece. Quelli si allargarono sulle sue spalle come un liquido nero, denso, vischioso. La donna sgranò gli occhi, le cui pupille assomigliavano ad isole nere in un immenso mare candido. –Impara ad essere un po’ più rilassata, su. Come può Hackett nuocerci?,-mormorò, passandosi tra le dita, distrattamente sovrappensiero, una ciocca di capelli setosi.
La stessa consistenza, lo stesso colore. Nella sua mente riapparve il viso misterioso di lei, i lineamenti delicati da ragazzina, le labbra morbide e calde, il sapore della sua bocca misto a quello del sangue, della terra del Pianeta Natale. Ed il cuore prese a battergli più forte.
-Non so, John,-rispose quella,-ma il fatto che tu sia uno Spettro non ti rende inattaccabile.
John si morse le labbra. Perché quella puttana doveva rovinare un così bel ricordo, con quei discorsi inutili? Il viso di Tali pian piano sparì, sostituito da quello umano e scuro della Traynor. Lasciò ricadere la ciocca di capelli neri, oramai del tutto privi di magia, e tornò a sedersi. Lei rimase lì, impalata, forse imbarazzata.
-C’è altro?,-chiese infine, bruscamente, fissando un punto nel ripiano cucina.
-Sì. È una faccenda piuttosto grave, comandante.
Lui sospirò. Quando mai c’era qualcosa di leggero, in quell’epoca?
Senza attendere una risposta, Traynor riprese.-Credo sia necessario parlare in un luogo isolato. Il nucleo di IDA andrà benissimo.
-D’accordo.
 Le porta scorrevole dell’infermeria si aprirono davanti a loro. Ed ecco perché la Chakwas non li aveva sentiti arrivare: era profondamente addormentata, seduta sulla poltrona, il mento che ricadeva in avanti. Russava sommessamente.
Entrarono nel nucleo dell’IA. Legion, una volta, risiedeva lì. Gli piaceva sapere di essere in compagnia di qualcuno che gli assomigliasse, forse. Era solito stare lì, in piedi, illuminato dalle rosse luci d’emergenza.
E c’era silenzio, se non per il lieve brusio del raffreddamento.
John incrociò le braccia sul petto, guardando Samantha, che con gesti frenetici, legava di nuovo i capelli.
-Comandante.. Si tratta della tua squadra.
Lui aggrottò le sopracciglia. –In che senso? Aspetta..Parli di diserzioni? Qualcuno vuole andarsene?,-mormorò. Sentì, in sé, in qualche recondito luogo ben nascosto, nascere un certo timore. Non abbandonatemi. Non abbandonarmi, sussurrava.
-Forse.. Comunque, ascolta, e ti prego, non interrompermi.,- si morse le labbra, nervosa,-Ho notato alcuni atteggiamenti..strani, negli ultimi giorni. Ho intercettato alcune mail dell’Ombra, comandante. Sì, di Liara. Usava un linguaggio cifrato, una variante di quello utilizzato dalla precedente Ombra, ma è stato.. facilmente bypassabile.
-Quanta modestia..
-…Ad ogni modo, dev’essersi accorta di accessi non autorizzati al suo account, ed ha aggiunto ulteriori firewall. Ho impiegato tutta la notte a tentare di infrangerli. ,- ed indicò con l’indice profonde occhiaie, che cerchiavano gli occhi neri. John non le aveva affatto notato prima.
-Ed il contenuto?
La donna sospirò. Gravemente. E fece una lunga pausa, in cui chiuse gli occhi. chiuse gli occhi, e si massaggiò le tempie. Piccoli, ipnotici, movimenti circolari. Infine, parlò.
-John, si trattava di tradimento. Lei.. lei sta spiando..,- e si perse, la bocca semiaperta a pronunciare parole pericolose.
Ma la rabbia lo prese. Lo prese, eppure rimase calmo. Represse l’energia che partiva, prepotente, dai suoi neuroni, e deglutì, ricacciandola all’interno, come un conato di vomito.
-Chi, Samantha? Dimmelo immediatamente.
Lei arretrò di un passo, allontanandosi da lui. Pareva spaventata.
-Tali,-disse infine, con un filo di voce.
Rapida come era venuta, la rabbia sparì. Sostituita da una sconosciuta amarezza. Lei? Perché lei? Dio, era così innocente, così dolce.. Cosa aveva mai Liara da indagare su di lei?
John appoggiò la fronte alla parete metallica, gelida per il liquido di raffreddamento di IDA, e sospirò gravemente.
-Sai dirmi perché?
Lei annuì, un po’ più calma. –Crede..crede..che lei stia cercando di assassinarti.
E quella parola, fu come materia reale. Fluttuò sopra di loro, nell’aria stantia dello stanzino, adagiandosi sulle pareti e sui componenti informatici, sui tubi, sulle luci d’emergenza. Cambiò l’atmosfera, tinse ogni cosa di rosso sangue.
E qualcosa parve cambiare anche dentro di lui. Quel che s’era sciolto si ricompose rapidamente, cristalli di neve si formarono laddove gocce d’acqua nuotavano. Ed un muto grido gli mosse le corde vocali.
John non cambiò posizione. Non guardò Traynor. La avvertì, però, tentare di avvicinarsi a lui, una mano alzata nel tentativo di una carezza di conforto. Lei sapeva. Sapeva della Quarian.
Lui afferrò quella mano. Samantha lo guardò, confusa. –Shepard..,-mormorò.
Allontanò con delicatezza l’attendente. –Come ti aspettavi reagissi, Traynor?
-Io..non so..
-Continua.
Senza batter ciglio, riprese, con voce atona.-Ha un contatto nella Flotta Quarian. Ne sono abbastanza certa. Non sono riuscita a rintracciarne l’ID, ma al 98% credo provenga da lì. Questo qualcuno, è estremamente abile, comandante. Ha hackerato, non ho idea come, la Base Geth su Rannoch,- fece un ampio gesto della mano, e una leggera luce d’ammirazione si accese nel suo sguardo,-E riattivato delle telecamere di sorveglianza che, presumibilmente, erano inutilizzate da secoli.
John staccò la fronte dalla parete gelida, e vi si appoggiò, le mani sudate dietro la schiena. Prese a fissare un punto nel soffitto scuro, tentando di figurarsi il tutto.
-Quindi, tu mi staresti dicendo che, siamo stati spiati per tutto il tempo? Ogni singola mossa?
Lei annuì, nervosa. Le sue mani erano scosse da un leggero tremolio.
-Esatto. E non è tutto. Il, o la, Quarian, ha trovato modo di attivare perfino la videocamera del factotum di uno dei due ammiragli, non so se Raan o Koris.
-Ma come..eravamo isolati, Legion aveva chiuso le comunicazioni..
-Ha utilizzato server della Base come ripetitori, comandante. Anzi, non solo server.. precisamente, ha utilizzato degli antichi, e credo dimenticati perfino dalla Memoria, prototipi di Nucleo, immagazzinati in alcuni hangar sotterranei. Chissà, forse l’ultimo tentativo di difesa da parte di qualche scienziato Quarian disperato.. 
John deglutì. Se ciò che diceva Traynor corrispondeva alla realtà, si stavano confrontando con la più grande minaccia informatica che la Galassia ricordasse dal tempo degli Alieni Virtuali.
-Sei riuscita a trovare queste registrazioni, Samantha?
-No, purtroppo. Liara deve averle eliminate appena finite di visionare, non è rimasta neppure qualche traccia di dati. Ha ripulito tutto. Ma, comunque, sono entrata in possesso di un suo diario.
Per John fu troppo.
-Traynor, lo sai che questo potrebbe costarti l’espulsione dall’Alleanza, cazzo? Come ti sei permessa? Questo significa che anche tu sorvegliavi l’Ombra,e non intendo tollerare questo tipo di misteri e di spionaggio all’interno del mio equipaggio, merda!
Non si era neppure accorto di come il suo pugno avesse impattato contro un tubo d’acciaio.
Guardò Samantha, che pareva un povero animale spaurito. Sembrava rimpicciolita, e, in quella luce rossa, il bianco dei suoi occhi spiccava fin troppo. Teneva il volto abbassato, e si mordeva nervosamente l’interno di una guancia, le mani tremanti tese in avanti, in un atto di supplica.
-Io.. io sono il tuo attendente, John Shepard. Per quel che vale, il mio compito è tentare di proteggerti e di consigliarti.,- riuscì, infine, a dichiarare, recuperando la dignità.
-Che sia l’ultima volta,altrimenti ti faccio sbattere a fare la guardia alle mosche che ronzano sui cadaveri su Eden Prime. ,-si ritrovò a sussurrare, mentre il suo pollice e il suo indice si chiudevano attorno al mento del visino a cuore dell’attendente. –Ora continua.
-Ssì,-riprese con voce tremante,-Lei..lei.. interpretava, a suo modo, gli eventi che si sono susseguiti su Rannoch, comandante. E c’è una cosa che devo assolutamente dirti, se la mia opinione può interessarti.
Lui sospirò. Si sa, chi tace acconsente.
-Io..io.. è difficile da spiegare. Ma nessuno di noi, qui, sulla Normandy, tranne Liara, Garrus, e Tali, ha idea di cosa sia avvenuto, dato che IDA era offline. Sono passati quattro giorni, comandante,e sappiamo solamente che tu, e Garrus, siete rimasti feriti, e le tue erano ferite da esplosione di liquido di raffreddamento Geth..le ustioni di Garrus invece..
-Come fai a dedurlo, Traynor?
-Il rapporto di Chakwas.. l’ho,l’ho letto,-disse, in un soffio. Aveva paura di lui, della sua ira. Lo poteva avvertire.-E i tuoi scudi cinetici… erano disattivati, comanante. Ad ogni modo, Liara ha supposto che sia stata.. Tali a sovraccaricarli. E che abbia programmato, tramite quella stringa di sua invenzione, l’autodistruzione di Legion.
-A che pro, Samantha?,- eppure, John, in qualche angolo della mente, conosceva già la risposta. Tutto ciò che di buono quella dannata Quarian aveva fatto, non era mai stato per una ragione puramente egoistica; né, questa volta, sarebbe stata un’eccezione. Non l’avrebbe mai fatto, mai e poi mai, per qualche ragione superiore, intrinseca ai suoi desideri e al suo animo. No, lei era dedita, solo ed unicamente, al bene della sua razza in via d’estinzione. E avrebbe guardato la propria anima bruciare, se solo ciò avesse significato riavere Rannoch. Si sarebbe strappata il cuore dal petto, ancora pulsante, e forse, avrebbe perfino ucciso lui, per esaudire il desiderio finale del suo popolo. Perché il suo istinto di conservazione avrebbe per sempre, superato, qualunque altra forma d’amore. E di nuovo, ancora, e per sempre, in ogni dimensione e in ogni vita, lei avrebbe scelto loro. Non ti amerà mai, John Shepard, aveva sussurrato qualcuno, da un buio recesso tempestoso.
-Perché, a suo parere, sei…sei.. un ostacolo. Un ostacolo, l’ultimo tra i Quarian e la distruzione dei Geth che equivarrebbe alla totale supremazia sul loro Pianeta Natale. Tu.. tu.. tu hai sempre preferito le macchine. O così Liara crede. Io, John, non so..
Ed aveva continuato a parlare, ma John non la ascoltava più. Un cupo ronzio (“Le Mosche avanzavano nel Termitaio, lei bruciava, la tuta si spaccava e la sua pelle delicata si sfaldava e le fiamme l’avvolgevano”) aveva riempito le sue orecchie. Uscì a grande falcate dallo stanzino, la fronte aggrottata.
Passò di fronte a Chakwas, ignorando il dolore sordo che ricominciava a pulsare nelle costole rotte, ed ignorò i suoi inviti a cambiare la medicazione. E si lanciò nell’ascensore. Chiuse un istante gli occhi, represse le lacrime che bruciavano.
Conservò l’energia.
Premette il pulsante.
Le porte si chiusero sulle grida di Samantha Traynor.
 
 
L’androide era in standby, le perfetta superficie cromata lucida, ogni circuito perfettamente funzionante. E lei, finalmente, si sentiva a suo agio. Ho riparato il danno, pensò, soddisfatta, passando un dito guantato sull’invisibile giunzione dei pannelli metallici craniali.
Camminò attorno al tavolo da lavoro, cercando, infine, se ci fossero imperfezioni di qualche tipo; non ne trovò. Per la centesima volta, fece il test di tutti i componenti hardware e software, aumentando e diminuendo il voltaggio; per la centesima volta, testò la reattività delle articolazioni di silicio, e, soprattutto, la funzionalità dell’oculo destro.
Quello a cui lei aveva mirato.
La presa sul grilletto che si faceva più stretta, la sconosciuta scossa d’adrenalina che percorre e scuote l’intero corpo. E Garrus, la rocciosa presenza al suo fianco. Un ultimo sospiro accorato, prima dello sparo.
La testa prese a girarle. Keelah, erano passati tre giorni. Tre giorni del calendario terrestre, poco di più per quello usato dai quarian.
E lui? Lui non s’era mai fatto vedere. Era malato, dicevano. Così diceva Liara, nascosta nella sua stanza, isolata da tutti se non da Ashley Williams. Il comandante ha assolutamente bisogno di riposo, diceva la dottoressa Chakwas, mettendole in mano una boccetta di pillole per un’infiammazione alle vie aeree.
Ashley..Le ho mai parlato da quando sono qui? Da quanto sono qui? Neppure una volta? No. Ashley le aveva rivolto un’occhiata, neppure un cenno di saluto. E lei, aveva abbassato lo sguardo.
23 giorni, 4 ore e un minuto.
Ashley Williams. Lei sì che era sempre stata di sfondo, nella sua vita. A che ricordasse, John non l’aveva mai portata con sé  in una missione. Sì, aveva sempre evitato di farle convivere.
Ma lei era uno Spettro. E tu sei un Ammiraglio, disse a se stessa.
Parole, parole. Inutili parole, pensò, cercando il proprio riflesso nell’addome cromato dell’androide. Si guardò: velo violetto, a sostituire quello andato perduto sul.. sul.. Pianeta Natale, maschera della stessa tonalità, e occhi grandi. Fece un profondo respiro.
…L’aria non era mai stata così dolce. Così umida. Non aveva mai assaporato un tale odore: l’acqua che evaporava dalla terra arida di un deserto, le minuscole particelle di sabbia che si invischiavano nei capelli. E s’era scoperta assetata di essa, di aria.
Come se avessi respirato per la prima volta. E poi, fu come vedere se stessa da fuori: strapparsi la maschera, respirare a fondo. Avvicinarsi a lui, la mente svuotata da ogni altro pensiero. Lui, con gli occhi chiusi, il volto insanguinato, la corazza in pezzi. Il cuore che prendeva a martellare.
La colpa? No, non ve n’era traccia. Ciò che aveva fatto, aveva un fine. Sì, qualcuno, dal buio, aveva giustificato la sua azione, con un semplice, gentile, tocco. Ogni passo la avvicinava a lui, ogni piede affondato nel fango di quel deserto. C’era fatica in quel movimento? Alcuna. Respirando quell’aria vera, sincera nella sua ferocia, le pareva di volare.
Ed era come se non avesse mai vissuto prima.
Sorrideva, mentre si sedeva al suo fianco. Mentre lo abbracciava. Mentre, preda di un inaspettato coraggio, faceva ciò di cui aveva tanto sentito parlare.
Aveva baciato il comandante Shepard, e lui aveva respirato.
E cosa le aveva detto? Ti amo, Tali.
Ti amo, Tali.
Abbracciò se stessa, stringendo le braccia sottile attorno al busto, immaginando la sua stretta.
 
 
 
 

Normandy SR2, Deposito Sala Macchine

 
There was a time that the pieces fit, but I watched them fall away. 
Mildewed and smoldering, strangled by our coveting 
I've done the math enough to know the dangers of our second guessing 
Doomed to crumble unless we grow, and strengthen our communication. 




Perché ci si vendica?, chiede la saggia Justicar, le gambe incrociate, l’aura blu che circonda il suo corpo trapuntato di rosso, i grandi occhi dorati persi nell’immensità, spiaggiati nel mare di stelle. Sai rispondermi? Perché ci si vendica?
Ciò che è avvenuto, non si può cancellare. Far patire il proprio dolore a chi l’ha causato, non  lo farà sparire.
Né lo attenuerà.
Il dolore crea solo dolore. Dietro di esso non v’è nulla; neppure il più attento ed accorto potrà scorgervi un bagliore.
Una volta che il dolore s’è impossessato dell’animo, altro dolore non potrà scacciarlo. Una volta che si ha sofferto, si è condannati a soffrire per sempre. La vendetta, mio comandante, è intrinseca nella Vita.
Quando, dentro, qualcosa si rompe, è difficile da risaldare. Ma gli Dei di questa Galassia, e degli infiniti miliardi di altre, sono misericordiosi. Ci forniscono, sempre, la via per la salvezza. Prima o poi, apparirà una mano tesa verso l’abisso in cui giaciamo, che attende solo di essere afferrata.
Non un colpo di pistola,non un guizzo biotico,non la scossa elettrica: solo il calore di un altro animo affine, canalizzato in quella stretta.
Ora, comandante Shepard, dimmi a chi dedicheresti la tua vendetta. Dimmi, sì, dimmi, di chi vuoi vendicarti. Chi ti ha fatto soffrire, così tanto, da non riuscire a desiderare d’afferrare quella mano ?
Chi c’è in te, che ti spinge a sua volta, ad odiare te stesso così profondamente?
Qual è l’origine del tuo odio? Della tua paura della luce? , chiede ancora la Justicar, maestoso sorriso dall’Oltretomba.
 
 
 
Tali non lo sentì arrivare, persa nei suoi pensieri. Come tante altre volte, lui entrò nella stanza silenziosamente, senza dire una parola. La luce flebile dei neon d’emergenza, sufficiente, per lei, non lo era per lui, che appariva poco più d’un’ombra. 
Confuse quella stretta alle braccia immobilizzate dietro la schiena, da quelle di lui, forti, come un gesto d’amore, di protezione. Avvertì il calore del corpo privo di tuta di John Shepard, e se ne rallegrò. Si beò di quella sensazione, di quella vicinanza inaspettata. Finalmente, era arrivato a reclamare il suo cuore. Sì, e sarebbe stata pronta a darglielo.
Eppure, quando udì il proprio corpo impattare con forza contro la parete, le mani di lui sempre strette sulle sue braccia, come tenaglie, e il clangore dell’elmo metallico nel collidervi, ebbe paura.
-John, cosa stai facendo..,- riuscì a mormorare, mentre il panico cresceva,nello stomaco. Sei sola, piccola.. Sei sempre stata sola, non te ne rendi conto?
E mille violini folli trillavano nella sua testa, mentre un campo di Stasi livido s’allargava attorno a lei, e la intrappolava. Tentò di muovere le braccia, le gambe. Di ruotare il collo. Cercò d’urlare, ma solamente un suono strozzato uscì dalla sua gola. Infine, il precario equilibrio in cui il suo corpo si trovava, crollò: e lei cade a terra, avvolta in quella crisalide. Non riuscì neppure ad avvertire alcun dolore, mentre l’elmetto, impattava, questa volta, contro il pavimento.
-Perché mi hai fatto questo, Tali? Perché? Io volevo solamente aiutarvi,- disse lui, con voce atona, accucciandosi a fianco a lei. I grandi occhi azzurri erano arrossati, il suo viso era coperto di tagli. Ed era cos’ vicino che poté distinguere ogni pelo di barba. Tali avvertì le sue mani avvicinarsi, e afferrare i ganci che tenevano fisso il suo elmetto. Pareva esperto, nel farlo. E forte, tremendamente forte per un umano. Per un istante, fantasticò che lui in realtà...
Ma fu un sogno che non durò più un istante, perché l’impatto con l’aria stantia di quella stanza le riempì le narici delicate, la bocca, strozzandola.
-John..,-mormorò, la voce arrochita dal terrore. Ed era come quando suo padre era morto, il totale abbandono, il cosmico vuoto racchiuso nelle grida inespresse di un cuore spezzato.
-Perché Tali? ,- chiese lui, di nuovo, lanciando l’elmetto dall’altra parte della stanza, così forte che udì il vetro incrinarsi. Fece una breve pausa, in cui digitò qualcosa sul factotum, e il suono che annunciava che la porta era stata sigillata, riempì il deposito.
-Io..
Lui, allora, con un semplice gesto di una mano, mosse il campo di Stasi, appoggiandola, con la schiena contro il muro. Si sentì una bambola. Cercò di respirare a fondo, ma non ci riuscì.
John Shepard avvicinò il suo volto a quello di lei, come non aveva mai osato fare in mesi, anni. Tali riuscì avvertirne il respiro caldo sulla pelle, ma ne ebbe paura. C’era tanta energia, in quei gesti. C’era così tanta forza e violenza, in lui, che non aveva mai notato prima. E lei era così fragile, così indifesa, vicino a lui. Era una misera preda.
-Tali.. Devi guardare la realtà. Devi imparare a farlo. ,- disse con dolcezza, accarezzandole una guancia. Solo allora si accorse delle lacrime che le solcavano, quando lui le asciugò con i polpastrelli.
-Io.. non so di cosa tu stia parlando…
Lui sospirò, e parve sinceramente dispiaciuto. –Allora lasciami spiegare. Tali, quello che è successo su Rannoch è stato qualcosa di.. non comune. O sbaglio?
Lei annuiva, mentre le lacrime le appannavano la vista.
-..E, sinceramente,non voglio parlarne. Sento che è qualcosa che deve rimaner segreto. Tantomeno da non condividere con te.
Il sapore salato delle lacrime le riempì la bocca. Alcune gocciolarono dal mento, posandosi sul suo grembo, reso invisibile dalla crisalide opaca che la avvolgeva.
-..Perchè so che tu sei parte di tutto questo disegno,che..che..
Fece un’espressione stizzita, mostrando i denti, chiuse un pugno. Era furioso, perché le parole giuste erano difficili da trovare. Parole, semplici parole.. non sono mai state il tuo forte, John.  –…Che non riesco a comprendere del tutto. C’è però un fine, Tali. Potrà sembrarti assurdo che un semplice militare possa pensarlo,ma sono certo che ci sia. E noi ne siamo in balia.
Si allontanò leggermente da lei, strusciando le ginocchia sul pavimento gelido. Ed allora Tali notò la maglietta intrisa di sangue rosso, che, dalla ferita vi stillava, fin a terra. Evidentemente, tutto quel medigel non era stato abbastanza.  –C’è qualcun altro in mezzo a noi. Non siamo mai da soli, io e te. E..e..,- le parole, per un istante, parvero strozzarglisi in gola. Tali rabbrividì, pur immobilizzata,-E..Ed è per questo che tu hai fatto ciò che hai fatto, Tali. Io credo sia per questo. Perché, altrimenti, non..
-Io, -lei lo interruppe,-Dimmi cosa avrei fatto, John,-mormorò, l’aria che arrivava sempre più scarsa ai suoi polmoni.
 All’improvviso, lui si alzò in piedi. E le voltò le spalle. Fece alcuni passi in avanti, avvicinandosi all’androide disattivato che giaceva sul piano da lavoro, appoggiandovi, infine, le mani. Tali notò che la chiazza di sangue s’era allargata fino alla schiena.
-Hai cercato di uccidermi, Ammiraglio Zorah,- mormorò lui, con un filo di voce, voltandosi appena a guardarla. –Hai sovraccaricato i miei scudi cinetici. Solamente i miei. E hai.. Oh, cazzo, hai programmato quel fottuto Geth per autodistruggersi!
Sbatté un pugno sul tavolo da lavoro, e una leggera aura violetta esalò dalla sua pelle.
A Tali scappò un singhiozzo.
-Non è vero..,-piagnucolò.
-Stai zitta, troia! Hai mai lottato per qualcosa che non fosse per la tua maledetta gente?,-gridò, puntando l’indice verso di lei, il viso deformato dall’ira,-Hai mai agito per piacere personale? Sei mai stata impulsiva?,-allargò le braccia, i muscoli tesi,-No. Mai, neppure una volta. Perché proprio lì, sul tuo Pianeta Natale, avresti dovuto cambiare?
L’unica risposta che Tali seppe dare fu un altro singhiozzo. Si morse le labbra forte, troppo forte. Assieme alle lacrime, nella sua bocca apparve anche il sapore ferrigno del sangue.
-Tu sapevi.. sapevi che, con me di mezzo, la salvezza della tua gente non era certa. Io, Garrus, e tutti gli altri, siamo stati osservatori esterni degli eventi, e abbiamo sempre potuto giudicare in maniera più obbiettiva. E sai qual è la verità, Tali? Che voi avevate creato la Vita. Sì, l’avevate creata. Ma non ve ne siete resi conto. E vi si è ritorta contro. Sarebbe stato giusto, onorevole, sterminarvi una volta per tutte.
Tornò ad accucciarsi a fianco a lei, e, inaspettatamente, le carezzò una guancia, salendo fino ai capelli, intingendovi le dita, con straziante delicatezza. –Smettila, -riuscì a mormorare, incapace di muoversi, per sottrarsi a quel dolente tocco.
-E tu lo sai, Tali,-le sussurrò in un orecchio,-Tu l’hai sempre saputo. Ma per qualche..malinteso senso dell’orgoglio, hai sempre negato il peggior peccato della tua gente.
-Tracotanza.
-Come fai a conoscere quella parola?
-Ho..ho..letto.
Lui parve ignorare la risposta, continuando a passarsi i capelli di lei tra le dita della mano destra, distrattamente.
-Vedi? Allora ne sei sempre stata consapevole. Perché non l’hai mai ammesso, Tali? Perché non hai mai osato ribellarti? ,- e il suo tono pareva assomigliare ad una supplica, sguardo contrito. Occhi azzurri lucidi.
 Lei singhiozzò, e cercò di riprendere aria. Non ci riuscì. La tela del panico si infittiva sempre più, e mille mosche le danzavano davanti agli occhi.
-..Perchè sono una Quarian,-sussurrò a mezza bocca,-Ma..ma..quel giorno, io ho deciso per me stessa.
Lui si morse le labbra, lasciò andare i capelli di lei, che fluirono via dalle sue dita. Con esasperante lentezza, si alzò in piedi, di nuovo, e prese a misurare la stanza a larghe falcate.
-Perché?,-chiese infine, semplicemente.
Le mosche erano sempre di più, interi sciami stazionavano sulla sua visuale. Recuperò gli ultimi brandelli d’orgoglio. C’era Rael, con lei, pronto ad accogliere la sua figliola piangente in un insperato abbraccio. E lui, il suo sguardo forte, da monumentale eroe,le diedero forza. Dall’Ade, le prometteva riscatto. Le dava fiducia.
 –Perché, tu, John Shepard, sei stato in grado solo di farmi soffrire. Tu..le tue promesse, le tue bugie.. Io ti ho dato tutto. Tutto ciò che avevo e che avrei mai potuto avere. Ma non posso darti più di quanto io sia. E..e..mi stavi strappando l’ultima cosa che mi rimaneva. La mia gente, John. Cos’altro ho?,- gridò, tra le lacrime.
Lui la guardava, in silenzio, inespressivo. La furia era sua, aveva preso il suo cuore in una morsa ardente, pronta a bruciare fino a totale consunzione: e lei glielo avrebbe permesso, questa volta. Di sciogliere del tutto gli ultimi brandelli di cuore che le erano rimasti, e, una volta raffreddati, di alzarli in alto, come un segno di gloriosa vittoria. Rael annuiva dal buio. –Non ho altro. Non ho il tuo amore. Di te, ho solo una frase. Qualche sguardo fugace, un bacio strappato. Un pezzo di tessuto imbevuto del tuo sangue.,-gridò con orgoglio e rabbia, senza accorgersi di come il campo di Stasi si stesse muovendo, e di come la stessa portando ritta in piedi.
-Eppure me ne accontentavo, John. Ne ero felice, perché non ho mai conosciuto altro, né lo conoscerò mai. Ma..Keelah, quando hai caricato quel colpo biotico, e hai mirato me, hai guardato dietro la mia maschera..Keelah,ho capito che..che..,-un singhiozzo troppo forte la scosse. Gli occhi folli di John Shepard impressi nella sua mente. La pioggia torrenziale, la violenta scintilla viola stretta nella mano di lui, carica di promesse di morte. Testimone delle sue intenzioni.  Il dolore la inghiottiva, come un’onda in una tempesta: la crudele consapevolezza, l’infinito strazio che è insito nella Verità.
-Che sono perduto per sempre, Tali.
Lei annuì,le lacrime trasformate in acido doloroso. –Sì, John. Non c’è redenzione per te, agli occhi di nessun Dio, Antenato, Spirito.
Fece una pausa, e raccolse altro coraggio. –Ho provato..,- e si ritrovò faccia a faccia con lui, ritta in piedi, occhi negli occhi. Poteva distinguere il proprio riflesso nelle pupille nere di lui.
Con un ampio gesto della mano, lui sciolse il Campo, e fu libera. Ma Tali non si mosse. Le lacrime aveva perfino smesso di scendere. Ora, la Verità era stata rivelata, e, in questo modo, palesata. Non c’era più nulla da nascondere, nulla di intentato e di incompiuto per cui soffrire.
John, per l’ennesima volta, alzò una mano ruvida ad accarezzarle una guancia. –So che hai provato, Tali. Ed è per questo che, con qualche parte di me, ti amo.
Lui annuì alle sue stesse parole, senza abbassare lo sguardo. C’era un immenso mare di disperazione, dietro quegli occhi azzurri. Immenso, vuoto, gelido. Tali tremò, fin dalla parte più profonda di se stessa. –E’ vero. ,-ammise.
-Cercherai sempre di punirmi, e di punirti, per questo. Incolperai per sempre me. Siamo destinati a distruggerci l’altro, fino a che i Razziatori non porteranno a termine la Mietitura.
-E’ vero.,-mormorò, mentre un’inattesa lacrima gli solcava il viso, scivolando su graffi e cicatrici, incolume e preziosa. Una lacrima pura, e totalmente sua. -Ma vivo per questo,Tali. Solamente per questo.
-C’è una parola per tutto ciò, John.
Lui annuì, gravemente, prendendole il viso tra le mani. Appoggiò la sua fronte a quella di lei.
-Sì,- sussurrò, inclinando il viso,avvicinando le sue labbra a quelle di lei,e  Tali facendo lo stesso,-Si chiama vendetta.




Un muto, metallico, occhio, si aprì.
 
  
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