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Autore: war    06/03/2008    3 recensioni
Leggermente Yaoi, una cosa piuttosto soft...
- Avresti un futuro come psicologo - disse sarcasticamente amaro l'uomo.
- No. In realtà... La ragione per cui sono qui... e' una cosa solo mia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Roy Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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CIO'CHE PER ME E' IMPORTANTE ADESSO.



Ed, il mio fratellone se ne era andato.
Questa volta per sempre.
Il vuoto, la voragine nera che si era aperta nel mio cuore tuttavia era meno dolorosa. Forse perchè già una volta lui mi aveva abbandonato.
Forse perchè ero semplicemente diventato un po' più adulto io.
In effetti non avevo fatto altro che correre dietro a Ed da tempo immemore. Forse da quando ero semplicemente nato.
Dopo quello che Edward visse come l'abbandono di nostro padre, io avevo perso a guardare sempre a lui. Non che non avessimo opinioni diverse, ma in un confronto fra di noi, alla fine era lui a vincere. Perchè oltre a riporre la mia totale e completa fiducia in Ed e nelle sue parole io sapevo di essere solo un bambino, mentre lui mi era sempre parso come un uomo.
Ma un uomo non era.
Ci separa un solo anno di vita.
E una valanga di nozioni alchemiche che lui ha imparato in quanto cane dell'esercito.
Non so che cosa mi abbia sempre spinto a venerare mio fratello, e perchè solo ora me ne renda conto.
Quello che ci univa era l'esasperazione del normale affetto fra consanguinei. Forse perchè io ero convinto di non avere altri che lui.
La mamma era morta e noi avevamo fallito nel riportarla indietro, Winry era innamorata di Ed e teneva a me per riflesso condizionato... Zia Pinako è sempre stata una presenza troppo blanda nella nostra vita perchè potesse prendere il posto della mamma o di Ed. Nella mia ingenuità di moccioso avevo creduto che noi saremmo stati insieme per sempre. Lo credeva anche Winry, ma forse... Forse perchè lei era stata abbandonata e tagliata fuori dalle nostre vite, anche solo per proteggerla, molto prima di me, si era dovuta svegliare da questa illusione.
Edward mi ha abbandonato.
Per ridarmi il mio corpo.
Ha dato tutto se stesso e quattro anni di ricordi, di miei ricordi.
Ho combattuto a lungo per riaverli.
Ho pianto, ho sofferto, ho gioito... Ho riconquistato ogni maledetto minuto della mia vita che era andato perduto in quello scambio equivalente, se così si poteva dire.
Ormai a quella teoria avevo quasi smesso di credere. Come senza una ragione precisa, un giorno ci si inizia a porre le domande su Babbo Natale e sui folletti. Improvvisamente dentro di noi scatta qualcosa e... Si inizia a dubitare. Con la nascita del dubbio, emerge anche un altro desiderio.
Cercare.
Le risposte.
Sperimentare.
Le teorie pensate.
Razionalizzare.
La distinzione tra realtà e sogni.
Conoscere.
Il contesto delle cose.
Scoprire.
Tutto ciò che ci circonda.
Capire.
Il risultato.


Scrollai la mantella piena di neve. Faceva un freddo assurdo e dal cielo plumbeo avevano iniziato già da qualche tempo a cadere grossi fiocchi bianchi. Danzavano leggeri nell'aria come se fossero state piccole farfalle, si posavano ovunque, confondendo il paesaggio già imbiancato. Non era il caso di agitarsi. Non era ancora mezzogiorno e gli abitanti del villaggio mi avevano detto che per arrivare alla baita ci voleva circa un'ora di cammino. Avevo tutto il tempo.
mi frugai nella tasca ed estrassi un piccolo foglio ripiegato.
Una mappa.
Me l'aveva data il proprietario del bar presso il quale avevo fatto colazione e chiesto informazioni.
Mi aveva anche detto che mi avrebbe fatto accompagnare dalla figlia se non fosse che lei era a letto con un brutto raffreddore.
Poi eravamo usciti in strada e lui aveva puntato l'indici in un punto preciso fra il verde dei pini. ci avevo messo un po' a capire che quel regolare rettangolo marrone era la baita che stavo cercando. Lo avevo capito quando avevo visto del fumo bianco salire in lente volute verso il cielo.
Socchiusi gli occhi sentendo il cuore battere più forte in petto.
Ero emozionato ma mi imposi di non farmi prendere dal panico. Non potevo fuggire. Non volevo fuggire.
Ripresi a salire verso quella baita, infilando le mani nelle tasche della giacca perchè faceva davvero freddo ed io sentivo le punte delle dita intorpidirsi.


Arrivai, dopo un tempo che non saprei quantificare, davanti alla porta di quella baita. Un luogo solitario, immerso nell'inverno di Amestris, lontano dagli uomini. Lontano dalla civiltà e dall'alchimia.
Mi chiesi quanto aveva sofferto l'uomo che si era ritirato a vivere lì.
Mi chiesi se era rimasto qualcosa del suo cuore e della sua anima.
Durante le ricerche per scoprire il mio passato, per riavere quegli anni perduti ero venuto a conoscenza di molte cose, ma soprattutto la figura dell'Eroe di Ishbar aveva preso una connotazione ben diversa.
Roy Mustang era colui che aveva dato a me e mio fratello una speranza.
La speranza che fosse possibile riavere i nostri corpi.
Roy Mustang era un uomo maldestro quando si trattava di sentimenti.
Roy Mustang non ci raccontava niente.
Roy Mustang aveva un progetto, un ideale e stava lottando per realizzarlo.
Calpestando se stesso, il suo cuore e la sua anima.
Ma allora eravamo troppo sciocchi, infantili e ottusi per capire.
Allora eravamo troppo presi dai nostri desideri egoistici, dai noi stessi per capirlo.
Roy Mustang non era una persona insensibile e vanesia.
Roy Mustang ci aveva sempre difesi e protetti per quanto era nelle sue possibilità.
Ricordai quella volta, dopo che io ero divenuto la Pietra Filosofale che il Taisa era venuto a Raseembool.
Era la prima volta che lo vedevo così furioso.
Furioso perchè eravamo fuggiti e non avevamo chiesto protezione a lui.
Ricordai dei suo tentativo di toglierci dalle calcagna gli inseguitori.
Ricordai il suo tacerci la morte di Maes Huges, affinchè noi potessimo proseguire il nostro scopo, senza compiere deviazioni che avrebbero potuto avere conseguenze mortali...
Edward allora non lo aveva capito e io nemmeno, era stata Zia Pinako ad aprirci gli occhi, ma non del tutto. Ancora io non capivo quel suo modo di fare. Ancora io non capivo il suo dolore o forse era troppo grande ed io preferivo ignorarlo, per non dovermici rapportare perchè sapevo di non esserne in grado.
Roy e Maes erano molto amici. Avevano studiato insieme, erano diventati alchimisti insieme e Maes aveva promesso di aiutare Roy a realizzare il suo sogno. Perchè in quella squadra, a quell'ideale credevano tutti. Riza, Havock, Armstrong, Breda, Falman, Sheska, il tenete Ross... Nessuno di loro seguiva il Taisa Mustang per dovere. C'era molto, molto altro. Ma noi... Non volevarmo capirlo, perchè così era più facile.
Avevamo qualcuno a cui dare la colpa, oltre noi stessi.


La mia mano diede due colpi decisi alle assi di legno della porta.
Sentii dei passi all'interno della casa.
E di nuovo desiderai ardentemente di fuggire, di nascondermi.
Ma non ero più un bambino.
Avevo diciannove anni.
Il Taisa ne aveva quindici più di me.
La porta si aprì ed io trattenni il fiato.
Sguardo di onice.
Che si dilatò per lo stupore.
- Alphonse Elric... - mi disse con quel timbro di voce, basso e sensuale che era suo.
Osservai la benda nera che gli copriva l'occhio. Il prezzo che aveva dovuto pagare per eliminare l'Omunculus che aveva preso il posto del comandante supremo.
- Taisa... - lo salutai a mia volta.
Lui sorrise.
Affascinante come sempre.
- Non più. Sono solo un libero cittadino di Amestris. Entra, non vorrai congelarti sulla soglia... - mi invitò cordiale.
- Grazie. - dissi entrando e lasciandomi avvolgere dal tepore di quella piccola casa spersa nelle nevi.
Chissà perchè aveva scelto di ritirarsi in quel luogo dove lui era più vulnerabile... Il Flame Alchemis in mezzo ai ghiacci, un controsenso...
- Signor Mustang... Io... -
- Chiamami pure Roy, ci conosciamo da tempo, no? Oppure devo credere che la tua non è una semplice visita ad un amico? - chiese lui versando una tazza di te caldo e porgendomela mentre mi ero accomodato sulla poltrona vicino al camino.
- In effetti... Non posso dire che sono qui... Come... Amico. - le parole mi uscirono stentate. Non potevo nemmeno bere un sorso di te o mi sarei strangolato.
Notai l'occhio buono stringersi leggermente, mentre Roy si metteva sulla difensiva.
- Allora... Perchè sei qui, Alphonse Elric? - chiese freddamente.
Rabbrividii e non mi preoccupai di nasconderlo.
- Io... Sono uno stupido. A mia discolpa posso solo dire che sono giovane, ingenuo ed inesperto. Che sono stato sempre e solo protetto. Incapace di camminare con le mie gambe, incapace di solo pensare come un adulto. Ma quando Edward se n'è andato... Io ho dovuto imparare a decidere, ad agire e ad assumermi le mie responsabilità. Ho avuto tempo, mentre cercavo i miei ricordi, di rianalizzare i fatti con mente più serena, più distaccata. Siccome non ricordavo ero meno emotivamente coinvolto e ho capito cose che altrimenti non avrei mai capito. Ho imparato a dare importanza alle cose che sono davvero importanti e non solo ai miei desideri che a volte possono anche chiamarsi capricci. -
- Alphonse... -
- Per favore Taisa... Roy... Mustang... Insomma, non mi interrompa o non avrò più il coraggio di parlare! - lo fissai in volto.
Sentivo le gote ardere, come la punta delle orecchie. Nessuna alchimia poteva far arrossire anche i capelli, vero?
- Va bene. Hai la stessa determinazione di tuo fratello, quindi immagino sia inutile stare a questionare. - sorrise lui.
- Lei, a modo suo ci ha sempre aiutati e protetti ed io non lo avevo compreso. Non lo avevo compreso perchè il suo modo di fare non era trasparente e cristallino. Non era diretto. Io non sono mai riuscito a dirle grazie. -
- Non è necessario - sorrise lui sorbendo un sorso di te.
- Io so che lei si sta attribuendo la colpa di quello che è successo a Ed. Pensa che sia colpa sua se lui se ne è andato. Che avrebbe potuto fare o dire qualcosa per trattenerlo. Lei... soffre. Non riesce a lascirsi questo senso di colpa alle spalle. Forse non vuole farlo, come ho già detto, io fatico a comprendere. Ma poichè questa cosa l'ho vissuta anch'io, seppure in modo diverso, so che lei sta camminando sull'orlo del precipizio e non vuole chiedere aiuto a nessuno perchè nel caso dovesse cadere, nel caso lei non trovasse la forza di risalire il baratro, non vuole avere la responsabilità di trascinare altri con se.-
- Avresti un futuro come psicologo - disse sarcasticamente amaro l'uomo.
- No. In realtà... La ragione per cui sono qui... e' una cosa solo mia. E' un mio desiderio, una mia scelta dettata dal libero arbitrio. E' che non voglio... Mai più... Non voglio mai più perdere ciò che ritengo importante. Anche se è tremendamente dura. Sono innamorato di lei, Roy Mustang. -
L'ex militare boccheggiò e la tazza gli sfuggì di mano, infrangendosi al suolo.
Ne approfittai per terminare quello che avevo da dire, poi probabilmente mi sarei ritrovato spedito al villaggio a calci nel didietro...
- So che abbiamo quindici anni di differenza, so che a lei sono sempre piaciute le donne e so che ha un pessimo carattere che ferisce chi le si avvicina troppo... Tuttavia... Io non ho paura di essere ferito! - sbottai alzandomi di scatto e abbracciando l'uomo che era immobile fra le mie braccia. Pobabilmentre troppo shokkato per schioccare le dita e incenerirmi, per mia fortuna!
- Ti rendi conto... Di quello che hai detto? - chiese improvvisamente l'uomo sollevando le braccia per posarle sulle mie spalle.
- Sono tre anni che ho maturato questa consapevolezza. Non è una cosa che ho deciso di dirle tanto per dire. Sono consapevole che lei non potrà mai ricambiare questo mio sentimento ma negarlo sarebbe fare una violenza a me stesso. Quando io uscirò da quella porta lei... Lei portà anche pensare di aver fatto solo un sogno bizzarro e folle... Va bene, lo posso accettare. -
Sentii la mano dell'uomo accarezzarmi i capelli e poi scendere lungo la gota.
- Nessuno mi aveva mai detto una cosa simile... Io... Sono spiazzato e non so cosa dire. -
- Non ha riso di me, è sufficiente. Non mi servono altre parole. Davvero. - dissi sorridendogli.
- Io non so se sono in grado di ricambiare con la stessa fiduciosa innocenza e la stessa intensità il tuo sentimento... Ma se può valere qualcosa, ti voglio bene piccolo Elric. - mi sorrise l'uomo dai capelli neri.
Le lacrime mi riempirono gli occhi e scesero sulle gote.
- Non piangere... Non ti ho detto una cosa brutta, no? - scherzò lui per poi posare un lieve bacio all'angolo delle mie labbra.
- Taisa... Io non sono come Ed... Io sono un tipo molto, molto, molto paziente. E sono giovane. Posso aspettare che anche lei si innamori di me! - dichiarai serissimo.
Lui sbattè le palpebre poi piegò le labbra ad un sorriso sensuale.
- Resti ancora un po'? - chiese.
Forse non ero così senza speranza.
- Sicuramente il tempo di pulire il disastro che ho fatto! - sorrisi indicando il pavimento dove si era rovesciato il te e dove avevo camminato sui cocci della tazza.


FINE
NDWAR: Una one shot senza troppe pretese, con una coppia molto, molto azzardata... Che però mi ronzava in testa da un po'. Mi sono presa un sacco di licenze poetiche, probabilmente ho anche sbagliato a scrivere alcuni nomi, chiedo scusa anticipatamente a tutti i fan più puristi.
  
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