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Autore: Clockwise    01/09/2013    1 recensioni
Teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sultans Of Swing
 
Tim era in ritardo. Era un fatto strano, per lui, di solito preciso e puntuale. Eppure quel giorno – giorno del concerto di uno dei suoi migliori amici, fra l’altro – era in terribile ritardo. Per cosa, poi, non lo sapeva nemmeno lui. Forse se avesse messo giù il suo libro qualche minuto prima… Guardò per l’ennesima volta l’orologio, tamburellando freneticamente il piede sul pavimento del treno. Dieci minuti di ritardo, e Delilah lo aspettava, sola, di sera, al freddo… La signora accanto a lui lo guardava con un penetrante sguardo di disapprovazione. Tim non se ne curò: era troppo impegnato a imprecare silenziosamente contro quella stupida metropolitana e il suo stupido ritardo. Scese a Camden Town, e corse fino a casa di Delilah, che per fortuna non era lontana. La ragazza lo aspettava in strada, tranquilla.
«Sei… Sei qui da molto?» ansimò Tim, piegandosi con le mani sulle ginocchia. Lei rise.
«Ma insomma, Timothy Rice-Oaxley, ti sembra questa l’ora di presentarti? Per di più tutto sudato a ansimante, dopo aver appena corso, ma dico io, che modi…» lo accolse l’amica, con un divertito tono di rimprovero che a Tim ricordò tanto sua nonna e la vecchietta in metropolitana.
«Ho… preso la metro.»
«Quindi non hai nemmeno fatto l’atto cavalleresco di correre fin qui? Sei proprio un miserabile» lo schernì di nuovo lei.
«Piantala con questi paroloni e andiamo» la esortò il ragazzo, deglutendo. Si incamminarono verso il Falcon, il locale dove Chris e i ragazzi si sarebbero esibiti.
«Gli altri?»
«Julia e Phil sono con i ragazzi, Joanna e Mark dovrebbero già essere arrivati con Guy.»
«Povero Guy» commentò Tim, sincero. Non doveva essere una bella situazione, per Guy, considerando che Joanna era la sua – iperprotettiva - ragazza e Mark suo fratello, e che Joanna e Mark non si sopportavano.
«Joanna sarebbe potuta venire con noi» mormorò il ragazzo.
«Certo, così avrebbe fatto tardi anche lei» sottolineò Delilah, sorridendo sotto i baffi.
«Spiritosa.»
La ragazza rise. Era una risata aperta e cristallina, contagiosa. Tim la guardò affascinato.
«Piuttosto, Chris mi ha detto che hanno scritto una nuova canzone, ma non me l’ha fatta sentire. Tu sai niente?» chiese la ragazza. Tim scosse la testa.
«So che hanno qualcosa di nuovo, ma non so altro. Sarà un’altra smanceria delle sue» buttò lì Tim.
«Chris non scrive smancerie» lo difese Delilah, con uno strano retrogusto amaro in bocca.
«Tu non hai mai sentito Shiver» la smentì il ragazzo «è la più dolce, malinconica e triste canzone del mondo. Al confronto, Jeff Buckley era un Beatle mancato.»
«Addirittura? Dev’essere proprio un concentrato di malinconia.» Rise piano, guardando altrove, poi si fece improvvisamente pensierosa.
«Non me l’ha mai fatta sentire. Mi chiedo poi per chi l’abbia scritta. Non sapevo avesse, ecco, una cotta» ammise, le sopracciglia corrugate. Lei e Chris si conoscevano da poco più di un anno, andavano nella stessa classe, ma erano diventati grandi amici, si confidavano di tutto. Il pensiero che a Chris piacesse una ragazza e che non gliel’avesse detto la infastidiva, la faceva sentire male. E non capiva perché.
Tim notò il turbamento improvviso della ragazza, ma non disse nulla. Arrivarono al Falcon pochi minuti dopo, e trovarono una Joanna alquanto irritata che li attendeva fuori.
«Siete in ritardo» constatò, trapassandoli con i suoi occhi freddi.
«Come mai qui fuori?» domandò Delilah, ignorando il commento. Joanna sbuffò, mal celando la sua irritazione.
Non riusciva a capire perché Guy si fosse portato dietro quell’idiota di un fratello. Era un peso inutile, oltre che un rompiscatole assurdo, sempre lì a fare battutine. Strinse i denti. La cosa peggiore, però, era che Guy non faceva nulla per difendersi - o difenderla – e lo lasciava fare. A quanto pare lui era abituato a farsi prendere in giro da qual menomato cerebrale di fratello.
«Ho già passato troppo tempo con quella sottospecie di scimmia di Mark, ne ho più che abbastanza.»
Delilah e Tim sogghignarono.
«Eppure è il tuo futuro cognato, dovrai farci presto l’abitudine» disse Tim. Joanna gli sferrò un pugno sul braccio.
«Hey!» protestò lui, massaggiandosi il punto in cui l’aveva colpito. «Fai male!»
«Dai, andiamo, si gela qui fuori» disse Delilah, desiderosa di evitare altri pugni a Tim e di vedere Chris; doveva saperne di più su quella canzone. Joanna la guardò fredda.
«Vacci tu dentro con quei due, se ci tieni, io resto qui.»
«Ci vado, non c’è bisogno di ordinarmelo» rispose, d’un tratto algida. Joanna alzò gli occhi al cielo.
«Scusate tanto, se ho ferito il vostro orgoglio. Volete che vi stenda un tappeto per entrare?»
«Si può sapere che ti prende? Hai un diavolo per capello e te la prendi con me? Che cosa…»
«Hey, hey, basta» si intromise Tim, alzando le mani fra le due ragazze: Joanna era pronta a ribattere, e aveva tutta l’aria di volergliene dire quattro. O di tirare un altro pugno.
«Calmatevi. Non c’è bisogno di litigare, su. Tu, tu entra pure» propose, rivolto a Delilah, che non se lo fece ripetere due volte.
«Tu sei sicura di non voler venire?» esitò, rivolto a Joanna. Gli dispiaceva lasciarla da sola.
«Sicura. E poi, non vorrai certo lasciare la dolce Delilah da sola» fece Joanna, sarcastica. Tim gonfiò il petto ed entrò, senza ribattere. Joanna trattenne una risata amara, mettendosi le mani fra i capelli. Perché, perché diamine si comportava così? Era sempre pronta a battibeccare, in particolare con Delilah. Bah, a volte proprio non la sopportava, non capiva nemmeno il motivo. Da quando l’aveva conosciuta, all’inizio dell’estate, non riusciva a sopportarla. Né lei, né i suoi capelli perfettamente rossi, il suo viso ovale, la sua gentilezza, la sua simpatia, o il fatto che tutti andassero così schifosamente d’accordo con lei. Forse, pensò con amarezza, perché Delilah era tutto ciò che lei non poteva essere.
 
♪♬
 
«Eccoli laggiù. Hey, Delilah!»
Guy alzò lo sguardo dalla bottiglia di fronte a lui e seguì la voce di Chris verso la porta: sulla soglia c’erano Delilah e Tim che avanzavano verso di loro. Si avvicinarono e seguirono vari minuti di pacche sulle spalle e saluti più o meno festosi, fra le scuse imbarazzate di Tim per il ritardo. Con una stretta allo stomaco, Guy notò che Joanna non c’era.
Chris si alzò e trascinò con sé una ragazza bionda dall’aria alquanto contrariata.
«Hey Lila, questa è Julia, mia sorella. Jules, lei è Delilah, una mia amica» fece Chris, gli occhi improvvisamente accesi. Delilah strinse la mano di una ragazza sui diciassette anni, con gli stessi occhi azzurri del fratello, che la guardava curiosa. Chris la presentò anche a Tim, che rise per lo sguardo rassegnato della ragazza.
«È qui soltanto per il finesettimana, domani pomeriggio riparte. Così, per il concerto, per vedere l’Università…» spiegò Chris, senza che nessuno glielo avesse chiesto. Iniziava ad agitarsi, spostando il peso da un piede all’altro, quasi saltellando: la sua solita ansia pre-concerto.
«C’è troppa gente» mormorò, scrutando il locale. Guy si guardò intorno e constatò che sì, era pieno di gente. Saranno state almeno cento persone, sicuro. Ma non Joanna. E lo stomaco gli si contrasse di nuovo. Che idiota che era.
«Sì, be’, meglio se ci muoviamo, devo parlare con il gestore, per quelli della casa discografica…» mormorò Phil, il neoeletto manager dei ragazzi.
«È vero, la casa discografica, me n’ero scordato! Ecco, e se facciamo un casino? E se…»
«No, Chris, non cominciare, ti prego» lo interruppe Will: l’ansia di Chris rischiava di contagiare anche loro.
«Andrà tutto bene, come al solito» lo rassicurò Jonny. «Ora andiamo, è già tardi. A dopo!»
«A dopo! Andrete alla grande» dissero gli altri, sedendosi al grande tavolo all’angolo, mentre Chris, Jonny, Will, Guy e Phil si allontanavano. Una cameriera si avvicinò.
«Li avete già sentiti? Come sono?» domandò Julia, curiosa, una volta finite le ordinazioni.
«Chris non ti ha mai fatto sentire nulla?» domandò Tim, incredulo; quando Chris dormiva al campus non faceva che girare con la chitarra per il dormitorio a cantare e suonare a chiunque fosse disposto ad ascoltarlo. La ragazza scosse la testa.
«Vedrai» disse Delilah, sorridendo. Almeno non sono l’unica a cui Chris nasconde canzoni.
«Il mio fratellone» disse Julia, con una punta d’orgoglio, guardando il piccolo palcoscenico, dove i ragazzi non erano ancora saliti. «Se solo vedesse che sto bevendo birra.»
Tim e Delilah risero, prendendo le bibite che la cameriera porgeva loro.
«Fratello protettivo, eh?» chiese Mark, guardandola con l’aria di chi la sa lunga. Julia sorrise.
«È semplicemente più grande ed è maschio, e io sono la sua unica sorella. È convinto che il mondo sia pronto ad aggredirmi appena esco di casa» rispose tranquilla, guardando per la prima volta il ragazzo sorridente. Assomigliava molto a Guy, aveva solo i lineamenti più marcati, la mascella più squadrata, gli occhi scuri più grandi. Julia sperava che non fosse riservato come il fratello, che aveva conosciuto il giorno prima col resto della band. Quel ragazzo aveva avuto il potere di farla stare zitta con una sola occhiata, l’aveva fatta sentire fuori posto e a disagio. Lei, che era capace di chiacchierare anche con un muro. Sbuffò al ricordo.
In quel momento, Joanna rientrò nel locale e si sedette accanto a Julia, ignorando a bella posta gli altri tre. Le due si presentarono e si strinsero la mano. Delilah strinse i denti e guardò verso il palco; Mark sogghignò.
I Coldplay salirono sul palco. La folla nel locale nel frattempo era aumentata, e nuova gente continuava ad arrivare. Chris si avvicinò al microfono, augurò buona sera. E poi iniziarono, e al grande tavolo all’angolo non ci fu più molto spazio per le parole, occupato com’era dalla loro musica.
Joanna sospirò e i suoi occhi incrociarono quelli di Delilah, sognanti. Bah, che senso aveva tenere il broncio e guastarsi la serata? Certo, Delilah rimaneva una insopportabile principessina, ma riconosceva che era stata lei a cominciare e che forse, non fosse stato per il suo amabile caratterino, sarebbero anche potute andare d’accordo. Mentre la canzone entrava nel vivo, si sorrisero.
 
♪♬
 
«Sono bravi, eh?»
Domanda retorica, quella di Phil, che si guardava intorno nervosamente, alla ricerca di talent scout: tutto il gruppo dondolava a tempo di musica senza staccare gli occhi dai quattro sul palco, e un misto di euforia ed eccitazione aleggiava sul tavolo.
«Spadroneggiano sul palco come se fossero a casa loro» confermò Julia, entusiasta. «Insomma, guardate Chris: se ne sta lì, con la sua chitarra a cantare tutto convinto… Se penso che solo tre anni fa passava i suoi venerdì sera davanti alla televisione a piagnucolare davanti a Casablanca insieme a nostra madre…» Gli altri risero e la guardarono stupiti.
«Ma dai? Chris? Lo prenderò in giro a vita…» rise Delilah, guardando il ragazzo sul palco, che, beatamente ignaro, continuava a cantare con passione.
«Ah, posso raccontarvene a milioni di cose simili… ho vissuto con lui per più di quattordici anni, conosco tutte le sue stranezze meglio delle mie.»
«Racconta, racconta! Ho proprio bisogno di munizioni per le mie prese in giro» propose Delilah. Julia rise.
«No, no, aspetto che arrivi anche il resto della band, così l’umiliazione sarà più universale.»
Tim la guardò fra l’incredulo e l’ammirato.
«La dolce sorellina…» Julia rise.
«Però è vero. Sono proprio i re del palco» asserì Phil, orgoglioso, bevendo un sorso della sua birra.
«Te non dovevi vedere dei tipi della casa discografica?» gli chiese Joanna, accorgendosi della sua presenza. Phil annuì, a disagio.
«Sì, ma non li ho incontrati prima, e ora non so dove possano essere, se ci sono… » esitò.
«Beh, valli a cercare, no? È una grande occasione per Chris e gli altri» disse Delilah. Phil distolse lo sguardo dai suoi occhi accigliati e borbottò qualcosa, per poi alzarsi e cercare quei maledetti talent scout, di nuovo.
«Guardate Guy com’è rigido» disse Mark, con un ghigno beffardo.
«Smettila, sappiamo tutti che sei geloso di tuo fratello» scattò Joanna, scostandosi i lunghi capelli castani dalla spalla, senza guardarlo.
«Ooh, come siamo protettivi, eh, Jo? Guai a chi tocca il tuo piccolo Guy…» la stuzzicò Mark. Lei si voltò inviperita.
«Chiamami un’altra volta Jo e ti ritrovi con la faccia blu.»
«Ho-ho, ora sì che tremo.»
«Ragazzi!» li interruppe Tim, prima che Joanna gli sferrasse un pugno, mentre le altre ridevano.
«Voglio solo riempirgli la faccia di pugni, che male c’è?» si difese Joanna, con aria innocente.
«Oh, Jo, ammetti che esci con mio fratello solo per arrivare a me, andiamo…» la provocò ancora Mark, bevendo un sorso dalla birra della ragazza.
«Tu cerchi rogne.»
«Finitela, Chris sta parlando» li interruppe Delilah, agitando una mano verso di loro, lo sguardo rivolto al palco e un sorriso che iniziava a dispiegarsi sul suo volto. Julia e Tim si scambiarono un’occhiata sollevando le sopracciglia.
«Grazie a tutti per essere venuti, speriamo che vi siate divertiti. Ricordatevi di noi, un giorno saremo famosi. Questa è Brothers&Sisters, noi siamo i Coldplay.»
Il pubblico nel locale fumoso applaudì ed emise fischi di acclamazione; il gruppo di ragazzi al grande tavolo nell’angolo applaudì e urlò più forte di tutti.
«È la canzone nuova!» esclamò Delilah, non riconoscendo gli accordi iniziali in nessuna delle loro canzoni.
Mentre Chris attaccava a cantare e la ragazza lo fissava rapita, Tim si sporse verso Julia:
«Non pensi che quei due non ce la raccontino giusta?» mormorò.
«Ma figurati. Delilah esce con un tale Nathan Jones, me l’ha detto prima. E Chris è cotto come una pera, sì, ma è talmente idiota che si accontenta di scriverle canzoni piuttosto che chiederle di uscire. È un imbranato con le ragazze, un fallimento totale, lo è sempre stato.»
«Ma che ti ha fatto, lo stai riempiendo di pugnalate verbali alle sue spalle!» disse Tim, allibito.
«Hai ragione, povero Chris. Gli voglio un bene dell’anima, dopo tutto.»
«Pensa se non gliene volevi…» sbuffò Tim, divertito. Quella ragazza era una forza.
Julia sorrise, guardando il palco.
La canzone finì e i quattro sul palco scesero tra applausi e acclamazioni. Posati gli strumenti, si diressero al tavolo nell’angolo, euforici e sudati.
«Acqua, acqua» boccheggiò Chris, come se avesse appena corso una maratona. Mark gli allungò una lattina di Coca-Cola. Chris fece spallucce e ne tracannò quanta più possibile.
«Siete stati grandiosi!» esclamò Delilah, arrossendo.
«Grazie!» rispose Jonny, sedendosi contento. Guy venne accolto dalle braccia di una Joanna dispiaciuta ancor prima che potesse dire una parola, mentre Will si sedeva accanto a Tim.
«È stato tremendo, una corda si è scordata» disse Chris, cupo, poggiando la sua bibita.
«Quando?» chiese Julia «Io non mi sono accorta di nulla.»
«A metà di Such A Rush» borbottò il fratello. «Non ho idea di come, ma la corda del Mi era arrivata almeno al Do. Suonava orribile.»
Will ridacchiò.
«Ma dai! Solo a te capitano cose del genere!» Gli altri risero mentre Chris, scuotendo la testa, beveva un altro sorso.
«Sei un fallimento anche come musicista, insomma» lo punzecchiò Delilah, con aria noncurante.
«Come sarebbe a dire anche? Scusa, in che altro sarei un fallimento?» chiese Chris, punto sul vivo, ma con un’ombra di sorriso sulle labbra. Delilah sorrise e fece per rispondere, ma Tim la precedette.
«Con le ragazze, tanto per dirne una.» Chris arrossì e gli altri risero. Delilah abbassò gli occhi.
«Stronzi» mormorò fra i denti il ragazzo, accrescendo l’ilarità generale.
Phil arrivò trafelato al tavolo qualche minuto dopo, mentre il gruppo era impegnato in un’animata discussione su ex-fidanzati e figuracce ed esperienze correlate.
«Il contratto, io… ho, abbiamo… un contratto!» esclamò Phil, sventolando trionfante un fascio di fogli. La tavolata lo guardò sconcertata, l’atmosfera d’un tratto tesa, incredula.
«Scherzi?» chiese Guy. Phil scosse la testa, deglutendo.
«Quei tipi della Fierce Panda, la casa discografica. Domani andiamo tutti al loro ufficio e segniamo il contratto come si deve, ma oggi, adesso, mi hanno appena detto che sono interessati a produrre un disco! Un EP, ma meglio di niente…» La tavolata lo fissava ancora silenziosa.
«Parli sul serio? Un EP?» disse Chris, senza osare respirare.
«Cosa diamine è un EP?» mormorò Joanna, diretta a Guy, che le rispose senza guardarla
«Un Cd breve, tipo un singolo.»
Phil annuì.
«Domani mattina, alle undici, qui a Camden, ho l’indirizzo da qualche parte…»
«Ma è grandioso!» urlò Chris, alzandosi di scatto. «È fantastico, è stupendo, è… Oh, Phil!»
Fece il giro del tavolo e abbracciò il ragazzo, che lo guardava imbarazzato, poi si rivolse ai suoi tre compagni di band, che si erano alzati anche loro e si scambiavano occhiate stupefatte.
«Abbiamo un contratto!» esclamò, e abbracciò anche loro. «Abbiamo un contratto» mormorò Jonny, gli occhi brillanti.
«Il mio fratellone diventerà una rockstar!» gridò Julia, correndo a infilarsi fra le braccia del fratello, tra le risate degli altri. Chris la strinse a sé, mentre anche Delilah, Joanna, Mark e Tim si alzavano per complimentarsi con loro, festosi dopo lo stupore iniziale.
«Un giro di birra per tutti!» propose Tim, conscio che Chris era troppo euforico per badare alla sua sorella minorenne.
Brindarono ai Coldplay e al nuovo disco, gioiosi e pieni di energie.
«Dovremmo trovargli un titolo. Avete in mente qualcosa?» chiese Will, pratico.
«Brothers&Sisters» dichiarò Chris, tranquillo, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Will si guardò intorno, fra quei volti amici e sorridenti. Chris aveva ragione.
Brothers&Sisters.
E il viaggio poteva iniziare.

 
 
 
Hello, tutti quanti! Il vostro peggiore incubo è tornato con una nuova storia in cui si divertirà a strapazzare a più non posso questi quattro poveri musicisti sfigati, yeah!
Innanzi tutto, un paio di precisazioni: ho tentato di essere il più realistica possibile con le ambientazioni e i fatti riguardanti il disco e la carriera della band, ma ditemi se c’è qualcosa che non vi quadra. Il personaggio di Julia è inventato di sana pianta: non ho idea se Chris Martin abbia davvero una sorella che si chiama Julia, o quante sorelle abbia, e non riuscivo a trovare informazioni precise su Internet (senza contare che mi sembrava piuttosto maniacale andare a cercare informazioni sulla sua famiglia, e che ormai mi sono affezionata a Julia), mentre il nome di Mark, fratello di Guy, l’ho trovato su Wikipedia senza tanti sforzi. Joanna esiste, così come Tim e Phil, mentre Delilah è un mio personaggio, assolutamente inventato, protagonista anche dell’altra mia fan fiction sui Coldplay (che fareste meglio a non leggere, dato che non ha nulla a che fare con questa). Vorrei dire inoltre che non tutti i capitoli saranno lenti come questo, e non credo così lunghi. Ogni capitolo avrà per titolo una o più canzoni di artisti che ho pensato che i personaggi avrebbero potuto ascoltare (e se i Coldplay non li ascoltavano, mi riservo di affermare che lo facevano i miei personaggi inventati u.u); in questo capitolo, ci sono i Dire Straits.
Direi che non ho più nulla da dire, scusate per queste note lunghissime e inutili, prometto che sarò più breve la prossima volta. Spero vivamente che abbiate voglia di continuare a leggere, dopo quel prologo inutile (dovrei cancellarlo?) e questo capitolo un po’ lento e, se non ne avete voglia e il capitolo non vi è piaciuto, vi prego, vi imploro di farmelo sapere. Ho davvero bisogno di capire dov’è che sbaglio.
Prima di concludere queste note più lunghe del capitolo, tengo a ringaziare Mrclean per il suo supporto e la mia Heart perché mi ha dato il suo prezioso parere per prima (anche se il capitolo è un tantino diverso da come l'hai letto tu... Scusa, ma proprio non mi convinceva). Ci vediamo (si spera) nel prossimo capitolo, bye for now,
E.
 
  
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