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Autore: eri_softballer    02/09/2013    3 recensioni
Storia nata dalla collaborazione delle menti malate di Kilian_Softballer_Ro ed eritrophobia
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"Dopo la caduta del Signore Oscuro, Hogwarts è diventato il posto più sicuro del mondo magico. Fa loro da casa, protteggendoli da ogni pericolo. Ma se un anno tutto questo cambiasse?
Agli studenti di Hogwarts si prospetta un anno molto caotico...ma quando mai ce n'è stato uno normale?
I nostri amici dovranno combattere le forze oscure, che questa volta potrebbero essere più grandi di loro"
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[Crossover: Sonic, Sherlock BBC, Doctor Who] [Hogwarts!AU] [Presenza di OC e personaggi OOC]
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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John POV

-Ragazzi, per favore, muovetevi!-

La voce di mia madre riecheggia in tutta la casa, provocandomi in brivido innaturale. Sono ancora in bagno, in mutande, con una faccia a dir poco assonnata e la voglia di vivere di un suicida. Ma c’è una cosa che mi rende allegro: oggi partiremo per Hogwarts e inizierò il quinto anno. Per non dimenticare che sono stato eletto Prefetto della mia Casa. Mi sciacquo la faccia ed esco dal bagno e vedo Alice sfrecciare fuori dalla porta della sua stanza, già vestita e pronta per partire.

-Santo cielo, Jawn, muoviti. E’ la volta che tua madre ci appende sul tetto!- sibila, per poi guardare in direzione della mia stanza.-Ricordati di portare anche Kurt, altrimenti niente lettere a casa quest’anno.-

E detto questo scende i gradini velocemente, sicuramente per andare in sala dove si trova mamma. Passo una mano tra i capelli biondi e continuo ad osservare la figura della mia amica, magra come un chiodo, sparire dietro l’angolo. Entro in camera mia e sospiro, mentre le mani si allungano verso i jeans. E’ in quel momento, mentre saltello per mettermi i pantaloni, poso lo sguardo su una foto. L’abbiamo fatta l’ultimo giorno di scuola ed è fatta con una di quelle macchine fotografiche magiche, che mi ha regalato Harriet per il compleanno: siamo io, Alice e Sherlock, stretti in un abbraccio, mentre dietro di noi si vedono il Lago Nero e la Foresta Proibita. I miei due migliori amici sorridono-o almeno cercano di farlo- mentre io li stringo a me. Questo è uno dei motivi per cui adoro tornare a scuola: malgrado abbia la possibilità di vedere Alice tutti i giorni, la cosa non vale per Sherlock.
Sherlock è la mia persona, il migliore amico che possa desiderare. E’ più piccolo di me di due anni, ma ha un’intelligenza sopra la media. A volte mi fa veramente incazzare, ma non riuscirei a immaginare la mia vita ad Hogwarts senza le sue frasi acide, i suoi comportamenti insoliti o i suoi sorrisi sarcastici.
Finisco di vestirmi e, dopo aver preso la gabbietta dove sta il gufo di famiglia-Kurt- esco dalla stanza e mi lancio giù per le scale.

-Oh, era ora John!-esclama mia madre, spingendo sia me e Alice verso il garage.-Siete sempre i soliti! Insomma, lo sapete che non sono come Harriet con le Passaporte e la Metropolvere…ho solo una macchina, dannazione! E abbiamo mezz’ora di macchina fino a King’s Cross!-

Mamma era sempre la solita: tendeva sempre a fare del vittimismo sul fatto che fosse l’unica della famiglia a non avere dei poteri magici. Mamma infatti è una maganò, l’unica della famiglia Watson.
Saliamo velocemente in macchina-fortunatamente Harriet ci aveva aiutati ieri a caricare i nostri bauli prima di partire per Hogwarts- e partiamo. Io e Alice viaggiamo nei sedili posteriori, mentre la gabbia di Kurt è appoggiata sul sedile posteriore. Mamma sembra più tranquilla, tanto che ora vedo un sorriso spuntarle sulle labbra.

-Ragazzi, vi va se metto un po’ di musica?- chiede mamma, guardandoci dallo specchietto retrovisore.

Annuiamo e l’abitacolo viene sommerso dalla voce del dj che parla di cose a caso, per poi mettere “Last Friday Night” di Katy Perry. Musica un po’ trash, ma sempre meglio che sentire Justin Bieber. Guardo accanto a me e vedo Alice muovere le labbra, come se stesse cantando, tuttavia non esce un suono dalle sue labbra.

Alice vive con noi da quasi tre anni. E’ una Nata Babbana, e mia madre si è presa l’onere di tenerla con noi. Ricordo ancora com’è iniziato tutto: mamma lavora per i servizi sociali e ogni tanto fa delle capatine negli orfanotrofi per controllarne lo stato. Mi ha raccontato che quel giorno, mentre ispezionava le camerate, un grosso gufo grigio è entrato dalla finestra aperta e ha appoggiato una lettera su un letto lì vicino. Mia madre l’avrebbe riconosciuta ovunque: era la stessa che aveva ricevuto suo fratello, Harriet e infine io, che ai tempi frequentavo il terzo anno. Alice l’aveva letta ad alta voce e aveva scatenato il panico tra i bambini, che continuavano a chiamarla strega, e anche tra le proprietarie dell’istituto. Da quello che sapeva ci erano voluti un casino di Obliviatori per rimettere tutto a posto. Mamma aveva deciso che, per il momento, l’unica decisione possibile era quella di tenerla con noi finchè non avrebbero trovato un nuovo tutore. Alla fine, il tutore di Alice è diventata lei.

Quando arriviamo alla stazione incontriamo il primo e vero ostacolo nello scaricare i bauli dalla macchina: mamma ha problemi alla schiena e Alice è scheletrica, e ho paura che si faccia male. Tuttavia io e lei riusciamo a fare qualcosa, coscienti che saranno gli addetti a caricare i bauli sul treno. Appoggio la gabbia di Kurt sopra i bauli e partiamo, cercando di evitare il mare di persone che inondano la stazione. Attraversiamo il muro e ci troviamo finalmente nel binario nove e tre quarti.
C’è chi saluta i propri genitori, chi mostra il suo animale agli amici con fare fiero, chi si abbraccia, chi si bacia. Continuo a spingere il carrello, finchè non devo una figura a me famigliare dirigersi verso di me. Spalanco gli occhi, mentre sul viso mi appare un sorriso. Il cuore mi batte all’impazzata.

-Sherlock!-

Lo abbraccio forte e sento il corpo magro del mio migliore amico sussultare, come se non si aspettasse una reazione del genere da parte mia. Dopo due secondi, sento le sue braccia avvolgermi. Mi sento finalmente a casa.
 
Alice POV

John abbandona il carrello, per poi buttarsi addosso a Sherlock, stringendolo in un abbraccio quasi disperato. E’ tutta l’estate che continua a dirmi quanto gli manchi Sherlock, di quanto non veda l’ora di vederlo…sembra quasi una ragazzina innamorata. Storco appena le labbra e sento la signora Watson accarezzarmi i capelli con dolcezza. Malgrado odi il contatto fisico, la lascio fare: senza di lei starei vagando nel buio. E’ la mia salvezza. Per questo posso stringere i denti e ignorare.

-Tesoro, va pure a salutare il suo amico. Ci penso io.-mi dice, spingendomi delicatamente verso Sherlock.

Mi avvicino ai due, che nel frattempo hanno sciolto l’abbraccio e mi trovo ad osservare il compagno di Casa. Sherlock ha la mia età, e ci siamo conosciuti perché nessuno dei due è incline ai rapporti sociali ma lo è molto nello studio. Alla fine abbiamo iniziato a studiare insieme. Sherlock è bello, molto bello: ha i capelli scuri, indomabili, e degli occhi azzurri che ti guardano l’anima.
Ci osserviamo per qualche secondo, senza dire nulla, finchè non sento le sue mani gelide avvolgermi e non vengo stretta in un abbraccio impacciato.

-Un po’ imbarazzante, Holmes.-sussurro sul suo orecchio, senza ricambiare.

Si stacca leggermente, guardandomi con quella sua solita faccia da schiaffi.

-E’ imbarazzante solo perché tu vuoi che lo sia, Cross.-dice, divertito, per poi lasciarmi.-Se Mycroft dovesse chiedervi se è dimagrito, ditegli che è ingrassato.-

Osservo il fratello di Sherlock avvicinarsi. Mycroft è effettivamente dimagrito, forse merito di una delle sue continue diete, che puntualmente andrà a puttane nel momento stesso in cui vedrà le pietanze nella Sala Grande. Non che avesse mai avuto bisogno di dimagrire, ma a quanto pare è fissato. Il maggiore degli Holmes ci osserva, passandosi una mano tra i capelli rossicci pettinati con cura.

-Buongiorno John. Alice. –ci saluta, freddamente- Immagino sappiate che sono diventato Caposcuola.-
-Non aspettavi altro per tirartela, vero?- chiede Sherlock, roteando gli occhi.
-Ho solo informato i tuoi amici. John, ho sentito che sei diventato Prefetto. Congratulazioni.-quindi mi guarda, come se mi stesse scannerizzando.-Non ti pare che quei pantaloncini siano un po’ troppo corti?-

Porto le mani sull’orlo degli shorts di jeans, sentendomi appena in imbarazzo. Ricambio lo sguardo di Mycroft, per poi schioccare la lingua sul palato.

-Almeno io non ho le gambe come due prosciutti e posso permettermelo, caro.-

Lo vedo sbiancare e Sherlock ammicca in mia direzione, come a dirmi che ho fatto un buon lavoro. John mi osserva, come se volesse sgridarmi. Lo ignoro completamente.

-Vi consiglio di salire, il treno parte tra poco.-ci liquida Mycroft, gelidamente, per poi salire sul treno.

Sherlock lo segue e io e John andiamo a salutare la signora Watson. Dopo averci augurato un buon anno e averci velatamente minacciato di fare brutte cose se non ci fossimo comportati bene, saliamo anche noi sul treno. Vediamo che Sherlock ci ha aspettati e lo seguiamo, alla disperata ricerca di uno scompartimento vuoto. Riusciamo a trovarne uno e ci accomodiamo: io e Sherlock siamo l’uno davanti all’altro, accanto al finestrino, mentre John siede accanto a me.

-Come sono andate le vacanze?-chiede Sherlock, appena John chiude la porta dello scompartimento.
-Bene. Io e Alice siamo stati nel Sussex a casa dello zio.-spiega John, lanciandomi un’occhiata- Ci siamo esercitati tantissimo a Quidditch insieme ai vicini. Quest’anno non ci batterà nessuno!-
-Non oso pensare quando ci sarà la partita Tassorosso contro Corvonero.-mormoro, guardando fuori dalla finestra. Il treno è finalmente in movimento.
-Beh, non passerà nessuna Pluffa! Poi sarai te a dovertela vedere con il nostro Cercatore.- continua John.
-Quidditch? Noioso.-ci liquida Sherlock-Alice, cosa hai scelto come materia facoltativa?-
-Rune Antiche.-
-Come me. Prevedibile.-
-Perché sarei prevedibile?-
-Divinazione è una materia troppo stupida per una come te, consideri Aritmanzia una materia simile a Divinazione, ma leggermente più complicata, non faresti mai Cura delle Creature Magiche e, soprattutto, non vorresti mai studiare Babbanologia, dal momento che vuoi dimenticare la tua vita babbana.-dice Sherlock, senza quasi prendere fiato.
-Non ti sopporto quando fa così…ma come sempre hai ragione.- replico.
-Non è una novità…-continua, per poi tirare fuori un pacchetto dalla tasca del cappotto e lanciarlo a John.-Sono gelatine Tuttigusti +1. Non ringraziarmi.-
-Oh! Sono mesi che sogno di mangiarne!-esclama John, per poi aprire il pacchetto e ficcarne subito una in bocca.

Sento la porta dello scompartimento aprirsi e mi volto. Vedo il viso sorridente di Rouge e la saluto con un cenno del capo. I rapporti tra me e Rouge sono del tutto particolari: è una Serpe del sesto anno, e ci siamo conosciute in una sessione punitiva da parte dell’ex insegnante di Difesa contro le Arti Oscure. Abbiamo iniziato a parlare e abbiamo “legato”, per quanto due persone completamente diverse possano farlo. Sherlock le scocca un’occhiata, per poi mettersi a leggere un libro, mentre John le rivolge un mezzo sorriso e continua a mangiare.

-Ciao, tesoro!-esclama Rouge, sorridendomi-Come stai?-
-Ciao. Tutto bene, non vedo l’ora di arrivare a scuola.- rispondo.
-Anch’io!-
-Stai cercando uno scompartimento?-
-Sì, ma non sono da sola…sono con altre Serpi.-
-Ehi, Rouge! Con chi stai parlando?-

Una voce sconosciuta interrompe il nostro dialogo e poi lo vedo: capelli neri, occhi scuri e profondi, grandi come quelli di un bambino. Sento il cuore battermi dolorosamente nel petto, mentre un sentimento si fa largo dentro di me. Paura. Perché mai Alice Cross, la ragazza di ghiaccio-così mi chiamano i ragazzi del mio anno-dovrebbe avere paura di un ragazzo? Perché la sua fama lo precede- una bruttissima fama. Il ragazzo che mi osserva sorridendo è James Moriarty.
 
Jim POV

Inizia un altro anno. Sono appena salito sul treno, e sono già certo che sarà un altro anno noioso. In fondo, la magia è noiosa: sempre le stesse cose, gli stessi movimenti,le stesse parole, la solita routine. E io sono una persona che si annoia facilmente, se non viene stimolata. Mentre cammino lungo il corridoio del treno per Hogwarts, sento il treno iniziare a muoversi. Oh, quanto avrei voluto frequentare Hogwarts al tempo della Battaglia contro il Signore Oscuro! Sarebbe stato tutto così…divertente!
Apro la porta per spostarmi in un’altra carrozza, quando vedo uno dei miei compagni di Casa in lontananza: è Shadow. Riconoscerei ovunque il suo taglio di capelli orrendo e i suoi vestiti completamente fuori moda. Per non parlare del fatto che lui sia un Nato Babbano. Cosa ci si può aspettare da uno così?

-Ciao, Shadow.- lo saluto.

Lui si volta e mi guarda, con la sua solita aria triste e-in parte- irritata. E’ così dal primo giorno di scuola per primo anno. E ormai ci conosciamo da sei anni. Insomma, vi immaginate sei anni così? NOIOSO!

-Ciao, Jim.- mi saluta.
-Stai cercando uno scompartimento libero,veeeroo?-
-Sì, Rouge è andata in avanscoperta. Io mi sono fermato un attimo per prendere una Cioccorana.-alza la mano mostrandomi una figurina- Amarillo Lestoat. Ne ho almeno tre o quattro. La vuoi?-
-No, grazie. La raggiungiamo? Che ne dici?-
Camminiamo per almeno un’altra carrozza, finchè non sentiamo la voce di Rouge provenire da uno degli scompartimenti. Un’altra voce le risponde: una voce di ragazza, che oserei definire dolce, anche se parla con tono annoiato.
-Sì, ma non sono da sola…sono con delle altre Serpi.-dice Rouge, e in quel momento io e Shadow facciamo -la nostra entrata in scena.
-Ehi, Rouge! Con chi stai parlando?-

Guardo all’interno dello scompartimento e vedo tre figure, oltre a quella di Rouge. La prima è John Watson, di Tassorosso, intento a mangiare delle gelatine tutti gusti +1; la seconda è il più piccolo degli Holmes, Sherlock, che appena mi vede stringe il libro che ha in mano con rabbia e sdegno; la terza è una figura a me sconosciuta:  pelle bianchissima e perfetta, come quella di una bambola di porcellana, occhi grandi e dorati, capelli rossi e appena spettinati, espressione sorpresa e terrorizzata.
A quanto pare la mia fama mi precede: dicono di tutto su di me; alcune cose sono vere, altre sono delle storielle che non so neanche come abbiano fatto a venire loro in mente. Dicono che io abbia abusato di ragazze: sbagliato, erano tutte consenzienti e ben felici di finire sotto le mie grinfie. Dicono che abbia rubato: vero, tutto vero, anche se affermano che io abbia rubato i gioielli della Corona. Storielle. Ah, dicono anche che io abbia ucciso: nessun essere umano, neanche una creatura magica. Solo stupidi GATTI. A quanto pare la bestia non fa così paura, hmmmh? Ma a quanto pare non lo sanno. No, nessuno sa.

-Ma ciao a tuuuutti!-esclamo, alzando le braccia al cielo, come una diva.-Cosa sono quei musi lunghi, hmmm? Non siete contenti di vedermi?- guardo la ragazza con i capelli rossi, e mi avvicino a lei-Ciao,bambina.-

Il suo sguardo impaurito si trasforma in un’espressione contrita. Sembra quasi una bambina: quanti anni avrà? L’età di Sherlock Holmes, o forse un anno in meno. Le faccio un sorriso affabile, ma intercetto l’occhiata di Rouge: sembra una madre che protegge il suo piccolo. La ignoro e mi avvicino un po’ di più alla rossa.

-Oh oh oh! A quanto pare mamma e papà non ti hanno insegnato che si risponde al saluto? Come ti chiami, bambina?- chiedo.
-Per prima cosa non ho i genitori, re del ritardo mentale.-dice, piccata- E poi mi chiamo Alice. Alice Cross.-
-Vedo che qui siamo un po’ acidelli, Alice.-
-Va a cagare.-

Quella ragazzina spara insulti con una naturalezza quasi inumana. E i suoi occhi-oh, i suoi occhi!- sono così seri, che non dovrebbero appartenere neanche a una ragazza così giovane. Sembra averne passate tante, e che usi la faccia dura solo per proteggersi.

-Alice, perché non andiamo a cambiarci?-propone Rouge, con urgenza, lanciandole un’occhiata.
-La migliore idea della giornata.-dice Alice, alzandosi rapidamente.

Le due ragazze si allontanano, e io le guardo camminare di fretta. Sul viso mi spunta un sorrisetto. Mi sbagliavo, quest’anno sarà decisamente interessante.

Dodgeball POV

Ho una paura terribile. E non sono nemmeno l’unico. Siamo decine qui, decine di undicenni in divisa nera  ammassati nel’atrio di una scuola in cui non siamo mai entrati. E’ vero che la maggior parte di noi avrà genitori e fratelli o sorelle più grandi che hanno studiato qui, ma non ci si può sempre fidare di loro. Quando ero piccolo mio fratello Silver mi raccontava che si arriva a scuola a cavallo di draghi, e qualcuno ha visto un drago oggi?

Comunque, sono qui. Mi chiamo Dodgeball Whitness e sono appena arrivato alla “Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts”. Fra poco io e gli altri del primo anno dovremo partecipare alla cerimonia dello smistamento, e  sembra che nessuno sappia cosa voglia dire. Neanch’io, se è per questo. Però alcuni degli altri ragazzi si conoscono già fra di loro e parlano e cercano di farsi coraggio a vicenda, mentre io non ho mai incontrato un mago o una strega della mia età, e sul treno non ho fatto altro che stare in un angolo dello scompartimento dove c’erano mio fratello e i suoi amici, che sono tutti più grandi di me. E sulle barchette che ci hanno portato fin qui attraverso il lago eravamo tutti impegnati a cercare di non cadere in acqua (tra l’altro, uno ci è caduto davvero: era talmente sorpreso di vedere la scuola che non ci è stato attento).

Finalmente una porta si apre e un uomo con corti capelli ramati e l’aria da matto da legare (non so perché è la mia prima impressione, ma così a vederlo non sarebbe fuori posto in un manicomio) entra e si ferma davanti a noi, rivolgendoci un largo sorriso.
-Salve! Benvenuti al vostro primo anno a Hogwarts!  Ora vi porterò in Sala Grande, dove avrà luogo la vostra cerimonia dello smistamento, in cui saprete a quale Casa apparterrete d’ora in avanti. Seguitemi! – E così dicendo si volta, pronto a tornare da dov’è venuto.
-Mi….mi scusi, signore…- Balbetta coraggiosamente una ragazzina in prima fila. – Ma lei…lei chi è?-
-Io? – Ripete l’uomo, guardandoci sorpreso. – Io sono il professor John Smith, insegnante di Incantesimi e vicepreside di Hogwarts. E ora, bando alle ciance. Allons-y!-

Avevo ragione, è matto.  Ma siamo costretti a seguirlo, ora più preoccupati di prima. Attraversiamo la porta da cui è arrivato e rimaniamo tutti a bocca aperta. La Sala non è solo grande, è enorme. Ci sono quattro lunghissime tavolate,  credo quelle delle quattro Case, e in fondo un’altra piena di adulti. E’ illuminata da centinaia di candele e sul soffitto…Restiamo tutti col naso per aria a guardarlo. E’ identico al cielo che c’è fuori, blu notte e pieno di stelle, ma non può essere davvero il cielo, dev’essere una magia. Insomma, una stanza fantastica. Non so neanche dove guardare.
Tutti gli studenti ci stanno fissando. Posso sprofondare? Non posso neanche mimetizzarmi fra gli altri della mia età, sono più alto della maggior parte di loro. Per fortuna riconosco la massa di capelli argentati e gli occhi gialli (uguali ai miei:praticamente, a parte l’altezza, siamo identici)  di mio fratello in mezzo alla folla,al tavolo di Grifondoro, e lui mi fa un cenno di incoraggiamento. Io rispondo con un sorriso, ma un movimento più avanti mi fa voltare.
Non ci eravamo nemmeno accorti che il professor Smith era sparito, e ora è già tornato con uno sgabello su cui è appoggiato un cappello da mago distrutto e un rotolo di pergamena. Posa lo sgabello a terra, e poi all’improvviso uno strappo del cappello si allarga e quello comincia a cantare. Sì, a cantare.
Non riesco a capire cosa sta cantando, mi fischiano le orecchie, è successo praticamente di tutto oggi. Capisco solo che la canzone parla di quattro maghi che non sapevano come dividersi la scuola o qualcosa del genere, finché quell’oggetto non tace e gli altri studenti applaudono.

Poi Smith srotola la pergamena e dice ad alta voce: - Quando chiamo il vostro nome, venite avanti e il Cappello Parlante vi smisterà nelle Case. Abercrombie, Mary!-

Allora di questo si tratta! Circolavano storie su sfide magiche e prove di forza per gli studenti del primo anno, ma se dobbiamo soltanto usare quel Cappello…Tiro un sospiro di sollievo mentre Mary Abercrombie se lo infila. Qualche secondo e poi lo strappo nel Cappello si allarga di nuovo e grida –Grifondoro!
Il tavolo di Silver scoppia in un applauso mentre Mary li raggiunge, e l’elenco prosegue. Incrocio le dita. Voglio finire anch’io a Grifondoro, con mio fratello. Non so come sarebbe stare in una Casa diversa. Silver mi ha spiegato pressappoco come sono divisi gli studenti: i Grifoni sono quelli coraggiosi, in Corvonero ci sono i più intelligenti, in Tassorosso quelli che più o meno se la cavno e in Serpeverde…le carogne.
Come prevedibile, sono l’ultimo dell’elenco, ed è una cosa odiosa. Tutti quanti non vedono l’ora che lo Smistamento finisca e quindi ho l’attenzione  dell’intera scuola addosso.
-Whitness, Dodgeball!-

Risate, un sacco di risate. Lo sapevo. Perché non mi hanno dato un nome normale, accidenti! Raggiungo lo sgabello quasi di corsa e mi infilò il Cappello fin sotto le orecchie, sperando di non sentirle più.

Il Cappello non urla solo, parla anche con sé stesso. Lo sento che rimugina su dove smistarmi, e mi fa diventare pazzo. – Un buon cervello, vedo…e un’ottimismo quasi impossibile…
Stringo il sedile dello sgabello, tanto che probabilmente mi pianto una tonnellata di schegge sotto le unghie. Passano i secondi e quel maledetto cappello continua a borbottare, fino a che non urla, assordandomi: - TASSOROSSO!
Riemergo da sotto la stoffa e mi precipito verso il tavolo dove ho visto che andavano gli altri smistati a Tassorosso. Loro applaudono, però sotto sotto sento ancora le risatine riguardo al mio nome. Beh, che ridano. Me ne importa meno che niente. Però volevo finire a Grifondoro con Silver.

Un ragazzo più grande, biondo e robusto, con una spilla da Prefetto sulla veste, mi sorride e mi fa spazio sulla panca di fianco a lui. – Non ascoltarli – mi sussurra quando mi siedo – smetteranno, prima o poi. Soprattutto quando fra sei o sette anni vedranno il nome che credono strano nella lista dei nuovi assunti al Ministero della Magia.

Sorrido anch’io. Forse non andrà tutto così male come è cominciato.
  
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