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Autore: julierebel17    02/09/2013    3 recensioni
"Dunque lei è la contessina Emily Spencer?" le chiese un baldo giovane dai lineamenti angelici dopo averle baciato la mano.
La fanciulla sorrise appena, intimidita dal suo gesto:"Si, in persona, lei è?" fece per chiedergli il nome.
"Stephan" rispose.
"Stephan cosa?". "Solo Stephan, mi concede questo ballo?". Il ragazzo non proferì altre parole e la convinse a danzare con lui...
Genere: Erotico, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Raccolta | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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-Grazie mille per le recensioni! Mi sono impegnata molto, sto scrivendo il più possibile prima che cominci la scuola (non avrò molto tempo, purtroppo). Quindi, ecco a voi il terzo capitolo. Prima di dimenticarmi vi dico che il titolo della storia è lo stesso di una canzone del mio gruppo preferito, i Doors, per questo userò spesso citazioni di Jim Morrison (anche non sue, ma rielaborate da lui, come quella citata sotto). Vi ricordo che la piccola Emily aveva incontrato un giovane alquanto interessante al ballo, cosa succederà? Leggete e appagherete la vostra curiosità (e recensite ù.ù). Baci, Ju-
Ama ragazza, ama perdutamente,
e se ti dicono che l’amore è peccato,
ama il peccato e sarai innocente
J.D.M.

Stephan…questo nome risuonava nella mente della contessina. Doveva avere circa ventitré anni. Aveva notato che era più maturo degli altri invitati che quasi sembravano ragazzini in confronto a lui.
Stephan non era un bambino, Stephan era un uomo. Si diressero al centro della sala. Danzavano piacevolmente, d’altronde Emily aveva preso lezioni di portamento, sapeva ballare con leggiadria. Dopo pochi minuti notò qualcosa che la fece sobbalzare, il ragazzo che aveva di fronte le aveva stretto la vita con un braccio portandola violentemente contro di sé. Piccoli brividi pervasero il suo corpo. Non le dispiaceva affatto una tale vicinanza, ma era timida, troppo per accettarla.
“M-mi scusi, Stephan, po-potrebbe allentare un po’ la presa? Mi sta facendo male, sa il vestito…”
Provò a giustificarsi del proprio imbarazzo.
Lui le si avvicinò all’orecchio, i boccoli della fanciulla gli sfiorarono il naso:
“Devo proprio? Speravo di poterle stare ancora più vicino di così”.
Emily avvampò di calore. Nessun uomo aveva mai osato parlarle così, tantomeno uno sconosciuto.
Represse l’idea di dargli uno schiaffo. Le aveva mancato di rispetto, ma quella frecciatina…da un lato le aveva provocato dolci visioni.
Continuarono a danzare, in silenzio, finché qualcosa fece rabbrividire la contessina:
tutti gli ospiti si erano appostati lungo le pareti della stanza osservando la coppia ballare al centro di essa. I genitori di Emily la guardavano felici e soddisfatti, le duchesse, le dame, le serve la guardavano con invidia.
Aveva l’uomo più bello dell’intera festa dinanzi ai suoi occhi, stretto al suo corpo, avvinghiato ad essa come un avido predatore d’oro.
I musicisti smisero di suonare. Il signor Albert, padre di Emily, la guardò facendole un cenno col capo, quasi come se apprezzasse quella “scelta”. Davvero voleva vivere con quell’uomo per il resto della sua vita?
Per ora, l’aspettava il fidanzamento.
La contessina era titubante, ma la figura che rispecchiava il proprio sguardo nel suo, l’affascinava e non poco.
Emily, sempre razionale, aveva deciso di dar sfogo alla follia repressa.
Ma si! Doveva godersi a pieno il  momento, era la SUA festa. Stephan voleva lei. Pensò di conoscerlo meglio. Sorrise ai genitori ed andò con lui a fare una passeggiata.

*In giardino*
“Allora, signor Stephan, vuole tenere nascosto ancora per molto il suo cognome?” disse Emily con lo sguardo innocente.
“Mmh, un altro po’ può bastare” rispose l’altro sorridendole. La guardava dritto negli occhi e doveva ammetterlo, quegli occhi la incantavano.
“D’accordo”. Camminarono per un po’, fino ad arrivare in un posto isolato del giardino.
“Brrr, stasera il vento fa brutti scherzi” fece la contessina incrociando le braccia come per scaldarsi.
Nonostante il vestito avesse le maniche lunghe, la scollatura lasciava ampi spazi del corpo scoperti.
“La prego, prenda il mio mantello, è in lana, starà calda, non vorrei si ammalasse” disse il marchese cingendole le spalle con il tessuto caldo.
“La ringrazio”. Per un attimo rimasero in silenzio, insicuri di ciò che stava per accadere.
“Cosa c’è?” chiese Emily al giovane con un sorriso rassicurante.
“E’ molto bella, sa?” rispose l’altro mettendola lievemente a disagio. Odiava i complimenti.
“Oh…ehm..grazie”. “Perché abbassa lo sguardo quando le faccio un complimento? Non dovrebbe” la rimproverò Stephan.
“Mi…mi scusi, abitudine” disse Emily mortificata. Il ragazzo le si avvicinò dolcemente, le prese il mento tra l’indice e il pollice e le sollevò delicatamente il volto.
“Già, davvero bellissima”. Le stampò un bacio caldo sulle labbra, lasciandola stupita. Emily non sapeva cosa fossero gli uomini, o almeno, non lo sapeva in pratica.
Non sapeva di cosa fossero capaci, né cosa amassero, né quale fosse la loro priorità di vita.
“Oh…” si limitò a rispondere al bacio. “Mi scusi, forse non avrei dovuto” fece il marchese quasi in preda al panico.
“N-no, è stato…b-bello” disse la fanciulla. Camminarono per altri venti o trenta metri e si fermarono nuovamente.
Si sedettero sull’erba fredda, strana cosa per una contessina. Poggiò il suo capo alla spalla dell’accompagnatore e chiuse per un attimo gli occhi.
Improvvisamente si sentì prendere per le spalle; Stephan, lo stesso cortese ed affascinante Stephan che danzava con lei poco tempo prima, le era letteralmente piombato addosso.
Una cascata di baci le si riversò sul corpo, a partire dal capo, per poi continuare dietro all’orecchio, lungo il collo ed infine sui seni, trattenuti da quell’aggeggio infernale detto “corsetto”.
In quell’attimo, tutto ciò che Stephan voleva era sfilarle quella trappola di dosso. La stava letteralmente divorando con lo sguardo.
I suoi baci sempre più avidi volavano sullo sterno, soffermandosi sulle clavicole, per poi tornare alle labbra di Emily, ai suoi occhi, al suo naso, dal profilo perfetto.
La ragazza invece era insicura, spaventata, emozionata, non sapeva cosa fare, semplicemente si lasciò andare.
Abbracciava il giovane che aveva di fronte senza fargli domande. Si limitava ad assecondarne le voglie.
Improvvisamente sentì la sua mano muoversi al di sopra dell’ampia gonna. Era impossibile far qualcosa in quelle condizioni, troppa roba scomoda.
“Ma quanta stoffa è servita per la sottogonna? E’ infinita!” ribatté scocciato il ragazzo facendole scappare un risolino.
“Non lo dica a me che sono costretta ad indossarla”. Anche lui rise, arrendendosi.
“Direi che non è il caso, o almeno, non conciati in questo modo” ammise. Si rialzarono come se nulla fosse accaduto. Emily si sistemò i capelli, Stephan l’abito.
“Andiamo dentro, contessina?” le disse sorridendo. “Certo, marchese”. Lo prese sottobraccio e tornarono nella grande sala da ballo.
Gli ospiti mangiavano, ridevano, bevevano. Il tutto continuò fino a notte fonda quando i genitori di Emily li congedarono.
L’unico rimasto era Stephan. Il conte sapeva che il ragazzo veniva da una famiglia nobile, era l’ultimo della sua stirpe ed aveva una grossa eredità tra le mani, oltre ad essere un giovane dagli ottimi modi.
“Mi scusi, signor conte, vorrei disturbarla per un attimo, se posso” disse deciso, ma imbarazzato.
“Parli pure”. Il signor Spencer già sapeva di cosa si trattasse.
“Vorrei poter passare a prendere Emily domani per portarla alla mia tenuta, insomma, come avrà capito ho intenzione di sposarla e vorrei mostrarle cosa sarà suo dopo il matrimonio, non che sua figlia apprezzi solo i beni materiali, sia chiaro” era così confuso che si stava tirando la zappa sui piedi da solo.
“Capisco cosa intende, comunque, le do il permesso, purché possa tenersi in contatto con me ogni giorno”.
Eh già, Emily doveva partire, la tenuta di Stephan era a circa tre ore di strada da casa sua. Un paradiso immerso nei boschi.
“La ringrazio” disse cortesemente al conte. “Se vuole può dormire qui per questa notte, così eviterà quelle locande puzzolenti e partirete insieme” disse sorridente l’altro.
Il giovane accettò volentieri.
Il giorno seguente, Janine aiutò la contessina a fare i bagagli.
“Sai, Janine, non riesco ancora a crederci, andare a casa di Stephan, non vedo l’ora”. La dama ovviamente le avrebbe fatto compagnia.
“Signorina sono felice per lei”.
Preparate le valigie, si incamminarono comodamente seduti in carrozza verso la nuova meta.
Emily salutò i suoi genitori con calorosi abbracci, nonostante dovesse restare via solo per quattro, massimo cinque giorni.
Giunti a destinazione, scesero dalla carrozza con calma, avevano attraversato enormi boschi di abeti, l’edificio sembrava isolato dal resto del mondo.
Stephan si muoveva con disinvoltura, era pur sempre casa sua.
La contessina invece rimase stupefatta da ciò che vide:
un’enorme villa dai colori opachi. La mura erano di un verde chiaro che quasi si fondeva col resto del paesaggio.
Le finestre giallo canarino accoglievano lussuose tende in seta e questo era solo quello che poteva percepire esternamente, al primo sguardo.
Stephan le sorrise compiaciuto:
“Cosa ne pensa? Ci verrebbe a vivere in un lontano futuro?”. Un’altra delle sue frecciatine. Emily le trovava al contempo sfrontate ed appaganti.
“Si, mi piacerebbe” rispose infine soddisfatta.
La casa all’interno era cupa, le luci soffuse. Forse addirittura inquietante, ma Emily non ci badò. Il resto del pomeriggio volò, ci fu molto da fare, riporre i vestiti, leggere, conoscere la servitù.
Anche i servi erano strani, spesso, aveva notato sorrisi complici scambiati col padrone di casa o si era impressionata e basta.
Dopo cena Janine tornò in camera sua, il viaggio l’aveva sfiancata ed aveva una forte nausea.
“Contessina, ha gradito la cena?” chiese Stephan mentre sedevano soli nel suo studio su un comodo divano.
“Si, era squisita, la ringrazio”. “Che ne dice se la smettiamo di darci del lei?” chiese lui speranzoso.
“Mi sembra giusto, ormai siamo amici” disse Emily sorridendo.
“Certo” ammiccò con lo sguardo mettendola a disagio, di nuovo.
Cominciò a versarle da bere. Vino rosso, rosso come il sangue, come le pareti della stanza.
Emily beveva. Bevve due bicchieri di vino, non di più. Non si era mai ubriacata e non ne aveva l’intenzione. Adesso aveva la mente leggermente offuscata, ma non sapeva se si trattasse della bellezza di Stephan, del vino o di entrambi.
Si sorrisero teneramente. Poi, il giovane fece il primo passo.
Le diede un bacio, un altro, un altro ancora. Questa volta non c’erano impedimenti. Emily indossava una leggera sottoveste in cotone che ne mostrava le forme.
“Niente corsetti, mi piace” disse Stephan ridendo. Rise anche lei. Sapeva cosa stava per accadere e si abbandonò all’idea che si era fatta di quel momento.
Il giovane d’un tratto si fermò. La contessina pensò di aver sbagliato in qualcosa, ma la rassicurò. “Ti va se andiamo a vedere le stelle?” le chiese dolcemente. Annuì. Presero due enormi coperte ed andarono in un posto sconosciuto alla ragazza. Era notte fonda ed era sola, con Stephan, in un bosco.
Ricominciò a baciarla, più avidamente di prima. Questa volta, però, le strappò la sottoveste e si eccitò al pensiero di essere il primo uomo della sua vita.
Emily arrossì di scatto, abbassando come al solito il capo, ma Stephan non se ne curò, semplicemente, si posò su di lei, guidò i movimenti del suo fragile corpo finché non la sentì urlare, un grido misto tra piacere e dolore.
Continuò fin quando furono sazi d’amore e si stesero l’uno accanto all’altra, avvolti in un abbraccio.
Era sua, l’aveva fatta sua prima di ognuno, adesso poteva liberarsene. Si allontanò per un attimo dopo essersi rivestito. La fanciulla gli chiese ripetutamente cosa dovesse fare, ma il giovane riuscì a tranquillizzarla. Poi, prese il coltello da caccia…la guardò negli occhi, un’altra vittima della passione, quella spudorata doveva morire. Voleva vedere il suo sangue, macchiato di peccato, scorrere.
Riuscì a scorgere appena il terrore nel suo sguardo, un urlo si alzò, il corpo di Emily era ormai un cubicolo di ferite…la luna piena era stata l’unica testimone di quell’atroce delitto, una vita stroncata sul nascere...
  
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